Convegno Roma 1 ottobre 2015

LOCANDINA-APPIA-ANTICA WTutela, valorizzazione e fruizione  dei beni culturali e paesaggistici: finanziamento privato e criticità gestionali del territorio

Giovedì 1 ottobre 2015, ore ore 9,30/13,00 – 14,30/17,30
Parco Regionale dell’Appia Antica – Cartiera Latina – Sala conferenze
Via Appia Antica, 42 – Roma

ore 9:30
Registrazione dei partecipanti

ore 10,00-13,00
Saluti:
Dott. Vito CONSOLI Direttore dell’ A. R. P. – Regione Lazio
Dott. Maurizio DIEGHI Direttore Relazioni Esterne Ordini Professionali  ed Enti Gruppo 24

Presiede:
Dott. Alma ROSSI Direttore del Parco dell’Appia Antica

Relatori:

Dott. Maurizio DE PAOLIS
Presidente dell’Associazione Romana di Studi Giuridici
La sponsorizzazione del patrimonio culturale nazionale nuova risorsa per la P.A. e per l’economia del Paese: il ruolo dei musei e dei distretti culturali

Avv. Guglielmo SAPORITO
Foro di  Reggio Emilia
Regime vincolistico e proprietà privata

Prof. Salvatore SFRECOLA
Presidente di Sezione della Corte dei Conti  Sezione regionale di controllo per l’ Umbria
Esperienze di interventi per la valorizzazione dei beni culturali al di fuori delle iniziative ordinarie della P.A.

Avv. Isabella Maria STOPPANI
Foro di Roma
Il mecenatismo dei privati e delle aziende in Europa

ore 13,00-14,30
Lunch

ore 14,30-17,30

Presiede: Dott. Maurizio DE PAOLIS
Presidente dell’ A. R. S. G.

Relatori:

Prof. Simone BUDELLI Università degli Studi di Perugia
La tutela “multilivello” dell’ambiente e del paesaggio

Avv. SVEVA ROSSI
Foro di Padova
Forme innovative di finanziamento a favore del patrimonio culturale nazionale: piccolo mecenatismo, adozione di monumento, finanza di progetto e concessione di spazi pubblicitari

Avv. Gerardo RUSSILLO
Foro di Roma
Rapporti tra piano paesaggistico e strumenti  di pianificazione del territorio:  aspetti amministrativi e penali

Avv. Giuseppina SCHETTINO
Foro di Roma
Attività agricole in aree vincolate

Chiusura dei lavori

Il RESOCONTO DEI LAVORI

a cura di Francesca Pileggi

Il primo ottobre 2015 si è tenuto a Roma, nella splendida cornice del Parco Regionale dell’Appia Antica il convegno “Tutela, valorizzazione e fruizione dei beni culturali e paesaggistici: finanziamento privato e criticità gestionali del territorio”, su iniziativa dell’Associazione Romana di Studi Giuridici con il patrocinio del Parco Regionale dell’Appia Antica, dell’Agenzia Regionale dei Parchi, de Il Sole 24 Ore  e dell’Associazione Italiana Giuristi di Amministrazione.

Sul tema oggetto del convegno, di grande interesse specialmente nel periodo attuale, sono intervenuti diversi giuristi, esperti nel settore, i quali hanno analizzato il tema sotto differenti prospettive, offrendo diversi spunti di riflessione.

  • Il primo intervento è stato quello deldott. Maurizio De Paolis, Presidente dell’Associazione Romana di Studi Giuridici, il quale ha tenuto una relazione su “La sponsorizzazione del patrimonio culturale nazionale nuova risorsa per la P.A. e per l’economia del Paese: il ruolo dei musei e dei distretti culturali”.

Il Dott. De Paolis ha esordito con due dati numerici, il primo attinente al numero dei beni architettonici vincolati e regolarmente censiti nel nostro Paese, 46.025, il secondo, più drammatico, relativo alla quota percentuale del bilancio dello Stato italiano destinata al Mibact, pari allo 0,39 % nel 2000 e  allo 0,19 % nel 2011[1].

Dinanzi a questa critica situazione, ha evidenziato il Relatore, risulta di preminente importanza riuscire ad acquisire finanziamenti privati da destinare al patrimonio culturale nazionale, patrimonio che, come precisato dal d.lgs. 42/2004, è comprensivo sia dei beni culturali che dei beni paesaggistici.

A tal proposito il Dott. De Paolis ha esaminato i differenti elementi che entrano in gioco per l’acquisizione di finanziamenti privati.

Innanzitutto occorre tener conto del livello di interesse culturale e di attrazione che esercita un determinato bene paesaggistico e culturale nei confronti del pubblico e dunque dei movimenti turistici nazionali e internazionali. È d’altronde logicamente più semplice trovare finanziamenti per beni culturali di sommo pregio artistico-storico e di rilevante importanza e “fama” (quali ad esempio il Colosseo o il sito archeologico di Pompei), piuttosto che per un bene culturale, sì importante per la storia dell’arte del nostro Paese, ma non molto conosciuto o sfortunatamente ubicato in un piccolo centro, difficilmente raggiungibile (un rilevante esempio è Matera, città Capitale europea della cultura per il 2019);  il livello di attrazione di un bene dipende infatti anche dalla capacità di poterlo raggiungere facilmente.

Secondo elemento rilevante è la capacità manageriale e di marketingdi chi è preposto a gestire questi beni e dunque gli amministratori locali, i sindaci, i presidenti delle Regioni e tutti i dirigenti della pubblica amministrazione che hanno a che fare con beni facenti parte del patrimonio culturale del Paese.

In terzo luogo occorre considerare i procedimentiprevisti per l’acquisizione di finanziamenti privati.

Per quel che concerne le sponsorizzazioni il nucleo centrale della normativa è abbastanza ristretto. Le disposizioni in questione sono: l’articolo 120 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che regolamenta in maniera specifica il contratto di sponsorizzazione dei beni culturali; l’art. 199-bis del Codice dei contratti pubblici, che disciplina il procedimento per la selezione dello sponsor; il decreto ministeriale 19 dicembre 2012, n. 67128, che propone norme tecniche e linee guida in materia di sponsorizzazioni di beni culturali e di fattispecie analoghe o collegate (regolamento peraltro poco organico e chiaro); il decreto legge 83 del 2014, che ha cercato di rimodulare le competenze dei musei statali e il decreto ministeriale 23 dicembre 2014 che ha dato attuazione a quanto previsto dal decreto legge 83. Poche norme dunque che creano però un quadro tutt’altro che organico e razionale della materia, con conseguenti difficoltà oggettive per chi intende acquisire finanziamenti privati con contratti di sponsorizzazione.

Infine un ulteriore elemento che rileva in questo settore è costituito dalle agevolazioni fiscalipreviste per chi pone in essere erogazioni a favore della cultura, agevolazioni chenel nostro Paese sono ancora piuttosto contenute.

Rilevati i differenti fattori da considerare in tale materia, il Dott. De Paolis ha concentrato l’attenzione sul ruolo che possono svolgere, nell’acquisizione di finanziamenti privati per il patrimonio culturale, i musei pubblici e i distretti culturali.

Il museo, nella sua accezione tradizionale, è una struttura permanente che conserva, ordina ed espone i beni culturali.

In particolare, accanto ai musei tradizionali vi sono due categorie di musei sui quali si è concentrata l’attenzione del Relatore: i musei specializzati in ambito locale e i cd. “ecomusei”. I musei specializzati in ambito locale sono musei che nascono per iniziativa delle amministrazioni locali e delle associazioni culturali del posto (pro-loco) ed hanno lo scopo di valorizzare la tradizione e l’eccellenza specifica di un luogo ( si tratta dei musei delle tradizioni contadine, dei musei specializzati in singoli oggetti e di quelli dedicati a specifiche attività artigiane e a particolari prodotti legati all’agricoltura), i c.d. ecomusei invece costituiscono l’antitesi, la negazione stessa dei musei tradizionali, in quanto tutelano i beni culturali e paesaggistici nel luogo in cui si trovano e possono quindi coincidere con un intero cento storico, un territorio rurale o un intero ambiente naturale con le sue articolazioni e le sue componenti essenziali. Gli ecomusei hanno peraltro anche degli “agganci normativi”, sono infatti oggetto di diverse leggi regionali che li hanno previsti, regolamentati e favoriti.

Entrambe queste categorie di musei mirano a tutelare e valorizzare una “categoria” di beni culturali che non trova spazio nel Codice dei beni culturali e del paesaggio: i beni culturali immateriali, beni che non si sostanziano in una res, come ad esempio le tradizioni contadine e artigiane, e che sono per ora tutelati esclusivamente da ordinamenti sovranazionali (UNESCO).

Occorre quindi domandarsi, rileva De Paolis, cosa può fare un museo per acquisire finanziamenti privati.

Innanzitutto i musei possono sfruttare le entrate derivanti dai biglietti d’ingresso, opzione che vale in particolar modo per gli istituti di cultura di grande fama e importanza (come ad esempio il Colosseo).

Per i luoghi e gli istituti di cultura che non hanno invece un’affluenza di visitatori analoga a quella del Colosseo, un modo per incrementare le visite è rappresentato dall’applicazione delle regole del marketinge dall’analisi della domanda e dell’offerta di cultura.

Per quel che concerne la domanda, possono essere individuati tre tipi di visitatori che si rapportano ad un museo: i visitatori intenzionali, che hanno interesse per la cultura e la soddisfano con la frequentazione del museo; i visitatori eventuali, che hanno un interesse per la cultura, ma non necessariamente intendono soddisfarlo visitando un museo e i non visitatori. Chi gestisce i musei deve agire sulle due ultime categorie di visitatori, al fine di attirarle all’interno dei musei. Per fare questo è necessario che l’offerta museale non consista esclusivamente nell’esposizione di collezioni di beni culturali, ma includa anche una serie di attività integrate, specialmente con il mondo della scuola e delle università, e una serie di servizi, quali la creazione di spazi supplementari di sosta e accoglienza e l’utilizzazione di prodotti cartacei e digitali, che stimolino un dialogo tra la persona e il bene. In questo modo il museo può acquisire risorse non solo con contratti di sponsorizzazione, ma anche con l’incremento dell’offerta, che deve essere rispondente alle esigenze dei visitatori stessi.

Un ostacolo rispetto a questo modo di ragionare è costituito però dalla quasi esclusiva formazione umanistica delle personalità che operano nei musei. L’assenza di personale con capacità manageriale porterebbe infatti i musei ad ovviare a tale mancanza sottoscrivendo contratti con aziende specializzate, possibilità remota se si considera l’esiguità dei fondi a disposizione degli istituti e luoghi di cultura.

Un altro ostacolo consiste nell’incertezza in merito agli obiettivi che le strutture museali statali si prefiggono di raggiungere.

Un piccolo passo in avanti in tal senso si può, in ogni caso,ravvisare nel già citato decreto legge 83, che ha conferito autonomia gestionale ai direttori dei 20 poli museali più importanti nel nostro Paese, passo che peròè ancora lontano dal colmare la lacuna originaria di personale museale e professionalità manageriale.

Il secondo istituto che il dott. De Paolis ha preso in considerazione ai fini dell’acquisizione di finanziamenti esterni è il distretto culturale.

Si tratta di un modello già operativo in alcune città italiane (come a Trieste e nella provincia di Monza e Brianza), il quale trova un aggancio normativo nell’art. 112 del Codice dei beni culturali, norma che prevede una serie di accordi tra Stato regioni e altri enti pubblici territoriali al fine di valorizzare il patrimonio culturale nazionale.

Il distretto culturale può essere descritto come un sistema, territorialmente limitato, d’integrazione di attività culturali con attività imprenditoriali ed economiche. Attraverso questa integrazione viene da un lato garantito lo sviluppo culturale della collettività, dall’altro lo sviluppo delle attività imprenditoriali, agricole, artigianali o anche industriali presenti sul territorio, in modo tale da incrementare non solo la cultura, ma anche il capitale sociale, il reddito e l’occupazione del territorio.

Si tratta dunque di un sistema d’integrazione in grado di innovare  salvaguardando la tradizione, sistema che, specialmente nell’attuale contesto di globalizzazione economica dei mercati, può svolgere un ruolo importante per la valorizzazione di prodotti di grande eccellenza presentiin una determinata area territoriale, a fronte di prodotti di scarsa qualità, frutto della globalizzazione e della conseguente ricerca di manodopera a basso costo.

  • Il secondo intervento è stato quello del Prof. Salvatore Sfrecola, Presidente di Sezione della Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo dell’Umbria, il quale ha tenuto una relazione dal titolo “Esperienze di interventi per la valorizzazione dei beni culturali al di fuori delle iniziative ordinarie della P.A.[2].

Nel suo intervento il Prof. Sfrecola ha portato la sua esperienza concreta e diretta nel settore dei beni culturali quale magistrato della Corte dei Conti addetto alla procura generale. Nel corso della sua attività professionale infatti, il Relatore ha svolto molte inchieste su danneggiamenti e furti di beni culturali e per anni ha controllato Arcus S.p.a., società sulla quale si è concentrata principalmente la relazione.

Il dato di partenza dell’intervento è stato anche in questo caso il bilancio. D’altronde, ha ricordato il Professore, uno dei più grandi uomini politici italiani, Camillo di Cavour, diceva “datemi un bilancio ben fatto e vi dirò come un Paese è governato”. Nel bilancio di uno Stato vi sono difatti le cifre che un Paesedestina alle varie funzioni pubbliche, per cui dall’analisi del bilancio si può dedurre l’interesse della classe politica per le differenti funzioni. Si può dunque tristemente constatare come in Italiala cultura “valga” un misero 1,1 % del PIL, la metà della media dei paesi dell’Unione Europea, meno della Grecia, dove mancano persino farmaci e siringhe negli ospedali.

D’altra parte la disattenzione politica per la cultura nel nostro Paese è testimoniata da un’infelice frase di un Ministro dell’economia e delle finanze, che qualche anno fa ha affermato che “con la cultura non si mangia”. Gli ha risposto Michele Ainis, costituzionalista, nella introduzione ad un libro di Vittorio Sgarbi, dicendo che “con la cultura si mangia eccome quando i governi sanno apparecchiare la tavola”.

Del resto, come affermato da Andrea Caradini, “il nuovo dell’Italia è nel passato”, poiché il grande patrimonio culturale di cui il nostro Paese è ricco, oltre ad essere motivo di soddisfazione e orgoglio, è soprattutto una possibilità ed una ricchezza per la popolazione[3].

Purtroppo però, rileva il Relatore, quest’enorme patrimonio storico e artistico è ancora troppo poco fruito e valorizzato.

In questa situazione non molto rosea si è inserita la legge, lan. 352 del 1997, che ha qualificato gli interventi in materia di beni culturali quali “investimenti” (art. 10, comma 1), “allo scopo di sottolineare il collegamento virtuoso con lo sviluppo e la crescita economica del Paese, che trova in un’offerta culturale di elevatissimo livello, variegata e distribuita su tutto il territorio nazionale, le ragioni del turismo interno ed internazionale che mobilita un indotto rilevante in vari settori dell’economia”[4].

Ancora una legge “virtuosa” è stata la n. 291 del 16 ottobre 2003 (Disposizioni in materia di interventi per i beni e le attività culturali, lo sport, l’università e la ricerca e costituzione della Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo – ARCUS S.p.a.”), che ha costituitoArcus S.p.a.

Proprio sull’esperienza di questa società si è concentrata l’attenzione del Prof. Sfrecola, che ha infatti controllato, quale magistrato della Corte dei Conti, l’operato di Arcus per circa otto anni.

Occorre innanzitutto precisare che Arcusè una società legale, costituita con lo scopo di promuovere e sostenere finanziariamente e tecnicamente progetti einiziative di investimento per la realizzazione di interventi di restauro e recupero dei beni culturali e di altri interventi a favore delle attività culturali e dello spettacolo.

Non si tratta dunque di una stazione appaltante, ma di un organismo “facilitatore”, chiamato a svolgere compiti di promozione e di sostegnodi progetti ed iniziative nel settore culturale, su sollecitazione anche di privati o di esponenti di esigenze locali.

La società ha d’altronde una notevole disponibilità finanziaria, in quanto destinataria di una parte dei finanziamenti dedicati alle infrastrutture, il 3 %, cifra non modesta, nonostante vi siano state sistematiche limitazioni da parte del Parlamento.

Il Relatore ha peraltro rilevato come a suo avviso tali risorse siano gestite e spese bene. Nel 2013 il totale delle attività di Arcus ammontava a 187.277.805 euro, un’attività importante dunque e costantemente in positivo. Un esempio di proficua utilizzazione delle risorse di Arcus si è avuto qualche anno fa, gli utili dell’esercizio 2011, pari a circa 1,8 milioni, sono infatti stati destinati ad iniziative di restauro e messa in sicurezza di manufatti storici danneggiati dagli eventi sismici che nel maggio del 2012 hanno colpito l’Emilia Romagna.

Altri rilevanti interventi di Arcus richiamati dal Prof. Sfrecola sono stati la costituzione, nel 2011, dell’“Associazione parchi e giardini d’Italia” (A.P.G.I.), soggetto nazionale privato senza scopo di lucro che interviene nella Federazione Europea per i Parchi e Giardini (Parks&Gardens of Europe), e del quale fanno parte una serie di associazioni e enti (Associazione Civita, Associazione Dimore Storiche Italiane, FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano, Fondazione Ente Ville Vesuviane, TCI – Touring Club Italiano); il finanziamento di festival musicali (come il Festival Pucciniano a Torre del Lago); il finanziamento della bibbia di Marco Polo, un manoscritto del XIII secolo; la Biennale internazionale dei beni culturali e ambientali Florens; la catalogazione e il censimento del patrimonio d’interesse storico artistico del Ministero degli esteri, ricognizione questa di grandissima importanza se si tiene conto del vastissimo e spesso sconosciuto patrimonio presente nelle ambasciate.

Si tratta di interventi che, come ben sottolineato dal Relatore, non hanno la funzione di sostituire gli ordinari interventi dell’amministrazione, bensì quella di sviluppare e promuovere iniziative inambiti in cui l’amministrazione è più lenta (mentre Arcus riesce a esaminare e istruire rapidamente i progetti presentati), nonché priva di sufficienti risorse.

Il giudizio complessivo sull’operato di questa società è dunque, secondo il Prof Sfrecola, del tutto positivo. L’esperienza di Arcus lascia sperare in un cambiamento nel futuro di questo rilevante settore del Paese.

  • Terzo intervento è stato quello dell’Avv. del foro di Roma, Isabella Maria Stoppani, che ha presentato una relazione su “Il mecenatismo dei privati e delle aziende in Europa”.

L’Avv.Stoppani ha analizzato il tema in chiave comparatistica, richiamando impostazioni, esperienze e normative vigenti in altri Paesi europei.

La Relatrice ha in primo luogo evidenziato la differenza d’impostazione esistente  nel settore culturale tra il mondo statunitense-anglosassone e l’Europa continentale, specialmente per quel che concerne lo spazio concesso all’intervento dei privati, i quali, negli Stati Uniti in particolare, hanno avuto modo di creare grandi poli museali, modelli di istituti culturali poi esportati anche in altri Paesi (un esempio è il Guggenheim Museum a Venezia e a Bilbao).

Questa differenza originaria d’impostazione, rileva l’Avv. Stoppani,è andata gradualmente attenuandosi grazie ad una serie di interventi legislativi che, a partire dagli anni ’90, hanno modificato parzialmente la concezione, presente nell’Europa continentale, dell’assoluta paternità pubblica del settore culturale.

Il motivo di tale progressiva apertura all’intervento dei privatirisiede innanzitutto nella necessità di reperire, nell’assenza di risorse pubbliche, fondi che finanzino il settore culturale, settore che, specialmente nel nostro Paese, potrebbe essere volano di un’economia allargata e di una società in sviluppo. Tale apertura ha comportato dunque un mutamento della considerazione del privato,da soggetto speculatore a “occasione” per un intervento sui beni culturali che tenda al loro recupero e alla loro fruizione collettiva, con una conseguente produzione di reddito per l’intera collettività.

Tra le forme di intervento dei privati nel settore culturale, l’attenzione della Relatrice si è concentrata particolarmente sul mecenatismo, termine con il quale si fa riferimento al complesso di erogazioni liberali che soggetti privati decidono di destinare al settore culturale.

Esistono in particolare due tipologie di mecenatismo, nella prima il soggetto privato ha, a fronte dell’erogazione liberale, una contropartita di carattere fiscale, nella seconda – il cd. mecenatismo puro – l’erogatore non ha alcun ritorno di carattere fiscale. Questa seconda tipologia trova oggi espressione nel crowfunding, termine con il quale si fa riferimento alla raccolta capillare di somme, anche di modesta entità, diretta a finanziare progetti imprenditoriali o iniziative di diverso genere, utilizzando siti internet (“piattaforme” o “portali”)[5]. Questo microfinanziamento può ed è stato utilizzato anche per finanziare la realizzazione di opere e interventi di conservazione e valorizzazione. In Italia un esempio si è avuto a Firenze, dove un supermercato ha lanciato una raccolta fondi destinata a raccogliere quanto necessario per il restauro di un’opera scelta dai clienti stessi.

Accanto a questa peculiare ipotesi di mecenatismo puro, ha rilevato la Relatrice, vi sono stati altri grandi esempi di mecenatismo nel nostro Paese, primi fra tutti il restauro di Ercolano e della Piramide Cestia. In questi casi, a ben vedere, il  soggetto donante è stato uno straniero e questo, ha rilevato l’Avvocato, è significativo dell’assenza, nel nostro Paese,di una cultura del mecenatismo e dell’ insufficiente informazione sulla possibilità e i benefici delle erogazioni in tale settore.

Rivolgendo lo sguardo ad esperienze straniere ed in particolare alla Francia, Paese con una situazione simile alla nostra (in quanto anch’esso caratterizzato da una forte ingerenza dell’amministrazione statale), la Relatrice ha sottolineato poi l’organicità e la chiarezza della normativa in materia di erogazioni liberali rispetto all’Italia. In particolare la legislazione francese disciplina la donazione (che può essere economica, materiale o di funzione) da parte di privati e imprese, prevedendo undifferente ritorno fiscale a seconda del soggetto donante, una detrazione fino al 66% per i privati, una fino al 50 % per le imprese. La normativa francese prevede inoltre la possibilità per il privato di acquistare un tesoro nazionale a favore del pubblico e conseguentemente detrarre, dalla denuncia dei redditi, il 90% di quanto speso.

L’Avv. Stoppani ha quindi concentrato l’attenzione sulla formazione dei soggetti preposti alle strutture museali, richiamando l’esperienza della Spagna e della Germania. In questi Paesi, a persone provenienti dal mondo scientifico-universitario, con prevalente formazione umanistica, si sono affiancate persone con competenze manageriali e gestionali, che curano per l’appunto la gestione d’istituti e luoghi di cultura.

Infine la Relatrice ha evidenziato l’importanza di un’educazione culturale, atta a stimolare, fin dalla giovane età, un rispetto del patrimonio culturale e una familiarità dei cittadini del domani con il mondo dell’arte, educazione fortemente incoraggiata e realizzata in molti Paesi europei (in particolare in Spagna e in Francia) e necessaria per un reale cambiamento della considerazione e del ruolo del patrimonio culturale nel nostro Paese.

  • Ultimo intervento richiamato è quello dell’Avv. del foro di PadovaSveva Rossi, che ha tenuto una relazione sulle “Forme innovative di finanziamento a favore del patrimonio culturale nazionale: piccolo mecenatismo, adozione di un monumento, finanza di progetto e concessione di spazi pubblicitari”.

L’Avv. Rossi si è soffermato su quelle che vengono presentate quali figure particolari nell’ambito della sponsorizzazione e dei finanziamenti privati nel settore culturale.

La Relatrice ha in primo luogo richiamato i principi costituzionali necessari per inquadrare correttamente il fenomeno e guidare l’azione della pubblica amministrazione nel settore:gli articoli 9 e 117 della Costituzione. L’articolo 9 dispone che “La Repubblica (..) tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”) e dunque sancisce la paternità pubblica della funzione di tutela; l’art. 117 comma 3 invece, fa riferimento all’altra funzione avente ad oggetto i beni culturali, la valorizzazione, funzione nell’ambito della quale trova, al contrario, spazio l’intervento dei privati.

Le forme di intervento dei privati nel nostro ordinamento sono d’altronde molteplici e quanto mai necessarie, vista l’esiguità di risorse pubbliche destinate al settore culturale nel nostro Paese. Alcune delle fattispecie d’intervento dei privati sono richiamate e tratteggiate nel decreto ministeriale 19 dicembre 2012, n. 67128, che propone norme tecniche e linee guida in materia di sponsorizzazioni di beni culturali e di fattispecie analoghe o collegate.

Si tratta di una serie di figure fluide tra di loro, che possono variamente essere ricondotte all’interno delle due categorie giuridiche dell’atto di liberalità – il cd. mecenatismo – e del contratto di sponsorizzazione. Nel primo caso il soggetto che agisce non si aspetta nulla in cambio e dona per mero spirito di liberalità; nel secondo caso invece, il soggetto sponsorizzante  ottiene,  in cambio dell’erogazione in denaro beni o servizi,la promozione del nome, del marchio, dell’immagine o dell’attività, mediante la sua associazione al bene o all’iniziativa culturale finanziata.

L’unico modo attraverso il quale lo Stato  ha tentato di favorire tali elargizioni è stato quello degli sgravi fiscali, per cui attività sostanzialmente no profit sono state promosse offrendo un vantaggio fiscale (e questo, a detta dell’Avv. Rossi, costituirebbe un controsenso). Tali vantaggi fiscali non sono peraltro sufficienti per creare un’adeguata cultura del mecenatismo, che infatti in Italia è ancora assente.

Identificate quindile due categorie giuridiche di riferimento e i loro tratti essenziali, la Relatrice ha preso in considerazione le diverse figure ad esse riconducibili.

La prima figura esaminata è stata quello del cd. piccolo mecenatismo, termine con il quale si fa riferimento a erogazioni di somme di modesta entità poste in essere da singoli privati o da piccole e medie imprese. Per incentivare l’intervento di tali soggetti, ha rilevato l’Avv. Rossi, bisognerebbe favorire la creazione di una relazione identificativa tra il soggetto donante e la realtà locale a lui più vicina per stimolareun maggiore coinvolgimento del privato nel supporto di interventi culturali. Un altro elemento sul quale puntare per favorire il piccolo mecenatismo è la trasparenza e dunque l’informazione corretta sulla destinazione finale dei fondi del soggetto erogatore.

La seconda figura esaminata è stata l’adozione di un monumento, figura che non corrisponde ad un istituto giuridico preciso e non può quindi essere relegata all’interno di una determinata categoria, poiché può realizzarsi tanto mediante una sponsorizzazione quanto per mezzo di un atto di liberalità. Si tratta di uno strumento che consiste nella “cura” di monumenti, o poco conosciuti ma ben radicati nel territorio di una determinata realtà locale o che godono di maggior fama (l’istituto dell’adozione di monumenti è stato utilizzato ad esempio all’Aquila per il restauro di chiese e monumenti “vittime” del terremoto), per sopperire ad esigenze di tutela e valorizzazione degli stessi. In ogni caso, rileva la Relatrice, l’idea in questione deve essere veicolata con strumenti di pubblicità e marketing e necessita di associazioni, società o strutture che gestiscano e coordinino la raccolta di fondi a tal fine.

Un’altra forma di collaborazione pubblico-privato è poi quella del projectfinancing, strumento mediante il quale un soggetto estraneo all’amministrazione assume il rischio della realizzazione di un intervento, nel settore culturale nel nostro caso, con remunerazione mediante entrate derivanti dalla gestione dell’opera o del servizio. Si tratta invero di un istituto ancora poco utilizzato nel nostro Paese (in cui la sua applicazione è limitata alla gestione di servizi aggiuntivi), ma che presenta molte potenzialità.

Ultima figura presa in considerazione dalla Relatrice è la concessione di spazi pubblicitari, anch’essa fattispecie un po’ trasversale e non inquadrabile in uno dei due istituti sopra richiamati. In alcuni casi infatti il beneficiario dello spazio pubblicitario è il soggetto che sponsorizza l’intervento (l’utilizzo degli spazi pubblicitari collocati sulle impalcature è dunque in questo caso oggettodelle condizioni e delle regole contrattualizzate nell’accordo di sponsorizzazione), altre volte invece lo spazio pubblicitario può essere utilizzato nell’ambito di un rapporto trilaterale. In questa seconda ipotesi il soggetto sponsorizzante, o il soggetto che a diverso titolo assume l’esecuzione a proprie spese dei lavori di restauro, è concessionario di pubblicità ed ha dunque il diritto di gestire e rivendere, con rapporto di diritto privato, ad un terzo, lo spazio pubblicitario stesso. In ogni caso la pubblica amministrazione dovrà assicurarsi che gli spazi pubblicitari siano utilizzati compatibilmente con le esigenze di tutela e decoro del bene culturale.

La Relatrice ha infine fatto riferimento al fenomeno dell’informatizzazione dei beni culturali, richiamando una norma inserita nel decreto 83/2014, norma che ha in parte liberalizzato la pubblicazione e la riproduzione di immagini di beni culturali, nei limiti in cui ciò non costituisca un danno o un rischio per i beni, e sempre che non vi sia sfruttamento economico delle riproduzioni.

[1] Il Relatore ha sottolineato peraltro che si tratta di risorse destinate in gran parte a finanziare le spese fisse dell’amministrazione, in prima battuta le retribuzioni dei dipendenti.

[2] Il testo integrale della relazione è reperibile sul sito dell’ Associazione Giuristi di Amministrazione, al seguente link: http://www.giuristidiamministrazione.com/wordpress/esperienze-di-interventi-per-la-valorizzazione-dei-beni-culturali-al-di-fuori-delle-iniziative-ordinarie-della-pubblica-amministrazione/

[3] L’importanza del patrimonio culturale  di un Paese è testimoniata dall’intervento di ingenti gruppi di archeologici di Stati europei (come la Francia e in passato l’Italia) in luoghi che stanno vivendo gravi difficoltà, quali la Siria e l’Iraq,  intervento diretto a conservare e proteggere il patrimonio in pericolo.

[4] Frase, quest’ultima,contenuta in una delle relazioni  della Corte dei Conti, al Parlamento,sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Arcus S.p.a.

[5]A tal proposito l’ Avv. Stoppani ha richiamato un parere del 2014 del CESE (Comitato economico e sociale europeo) in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento e alla Commissione europea, sul crowfundingquale alternativa forma di finanziamento nell’Unione europea; per il parere si veda  http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52014AE4004