LE CITTÀ D’ARTE TRA TURISMO DI MASSA E TURISMO CULTURALE* Dell’Avv. Gerardo Russillo

  1. Premessa

I beni culturali e le città d’arte sono temi da sempre sensibili nel nostro paese.

Si pensi che, In Italia, poco meno della metà del territorio nazionale (46,9%) è composto da aree di particolare pregio, sottoposte a vincolo di tutela dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) mentre i beni censiti dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (Mibac) superano, considerando siti archeologici, architettonici e museali, le 100.000 unità[1].

Inoltre, l’Italia annovera ben 54 siti UNESCO nella Lista del Patrimonio dell’Umanità, la World Heritage List. Tale riconoscimento, concesso a siti con eccezionale valore universale, si traduce in un particolare marchio di qualità, con promozione dei territori e importanti ricadute economiche: cresce infatti l’offerta ricettiva, le presenze turistiche, la spesa media pro-capite degli stranieri (+10,3% rispetto al resto dell’Italia, secondo un’indagine condotta in occasione della candidatura di Bologna)[2].

Si tenga conto, inoltre, che alle attività turistiche sono direttamente riconducibili oltre il 5 per cento del PIL e oltre il 6 per cento degli occupati del Paese[3].

Per tali motivi, in conformità con l’art. 9 della Costituzione, il quale dispone che “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” il Codice dei Benni Culturali sancisce i fondamentali principi di conservazione, valorizzazione e tutela del nostro patrimonio storico-artistico, in coerenza con l’art. 117 Cost.

Tali disposizioni sono strettamente legate alla necessità di tutela del patrimonio, fenomeno che si accresce in particolare nelle grandi città d’arte, tanto legate al turismo di massa quanto più famose.

  1. Turismo di Massa
    • La storia: brevi cenni

Nell’Ottocento “il viaggio” era una prerogativa delle classi più agiate, a causa della richiesta di ingenti risorse economiche e lunga preparazione organizzativa e logistica, soprattutto dovuta all’assenza di adeguati mezzi di trasporto.

E’ questo il periodo dei Gran Tour, organizzati da nobili europei ed americani alla scoperta delle grandi rovine del mondo antico, soprattutto italiane.

Tra il XIX ed il XX secolo il fenomeno inizia ad assumere maggiore concretezza grazie all’industrializzazione con diffusione di ferrovie, ampliamento della rete stradale e delle macchine, pur restando circoscritto ad un ambito aristocratico,

Soltanto alla fine del XX secolo l’idea del viaggio cambia progressivamente, permettendo a sempre più persone di spostarsi da un luogo a un altro non solo per necessità ma anche per piacere.

Nel XXI secolo il fenomeno del turismo di massa insorge nella sua complessità, assumendo proporzioni globali, soprattutto grazie al miglioramento delle condizioni socio-economiche generali, l’alfabetizzazione, aumento del tempo libero disponibile, la collaborazione di internet ecc.

  • Il fenomeno

Tale situazione, sebbene positiva, ha causato un sovraffollamento dei principali luoghi turistici, incluse le città d’arte, pur non in via esclusiva.

Nel 2017, secondo i dati provvisori dell’Organizzazione Mondiale del Turismo[4], gli arrivi internazionali, attestatisi intorno agli 1,32 miliardi di turisti, sono cresciuti del 6,8% rispetto all’anno precedente. In Italia vi sono stati 58,7 milioni i viaggiatori stranieri, in aumento dell’11,8% rispetto al 2016, Si tratta del più alto tasso di incremento fra i Paesi top five.

Più in particolare, secondo uno studio della Banca d’Italia[5], i flussi sono concentrati nelle regioni del Nord Est e del Centro, anche grazie alla presenza di Roma, Firenze e Venezia, città visitata almeno una volta da qualsiasi turista straniero che venga in Italia: nel 2017 l’incidenza di queste due macroaree sulla spesa degli stranieri era rispettivamente del 27% e del 33%.

Il Nord Ovest ha solo di recente visto rafforzarsi la propria posizione nei confronti dei viaggiatori internazionali, arrivando a rappresentarne il 25% della spesa, anche beneficiando dei grandi eventi ospitati da città come Milano e Torino.

Tuttavia, è nel Mezzogiorno che si evidenzia lo scollamento fra flussi di viaggiatori internazionali e potenziale turistico: sebbene l’area rappresenti il 78% delle coste italiane, ospiti i tre quarti del territorio appartenente a Parchi nazionali e accolga più della metà dei siti archeologici e quasi un quarto dei musei, nel 2017 la spesa degli stranieri nel Mezzogiorno era pari ad appena il 15% del totale.

I luoghi di maggior attrazione e forte rappresentatività sono le città storiche di lunga tradizione, grande risorsa quali luoghi di concentrazione dell’esperienza storica, delle memorie ed espressioni d’arte.

Benché apparentemente il turismo di massa generi diversi aspetti positivi, quali la crescita del PIL, non sono da trascurare i potenziali effetti negativi: si pensi che il tema dello “overtourism” è così attuale da essere proposta dal The Telegraph come parola dell’anno 2018.

La più corretta definizione di overtourism, fornita dal dizionario inglese Collins è “fenomeno secondo cui una destinazione popolare o una particolare vista viene invasa dai turisti in modo insostenibile”.

L’afflusso di turisti nelle mete più famose e gettonate come ad esempio Venezia, Roma e Firenze rischia di sconvolgere la vita dei residenti e di trasformare i centri storici, facendo perdere loro identità ed unicità. Il fenomeno, più in larga scala, non interessa solo le città ma anche le spiagge, le isole e le aree naturali, con conseguenze negative per l’ecosistema di queste zone.

  • Quando si può parlare di troppo turismo?

L’overtourism si verifica quando i residenti devono adeguare in modo eccessivo le proprie attività quotidiane ai flussi di visitatori. In questo caso il turismo può diventare un problema, causando il pericolo che la percezione del “troppo” capovolga completamente l’attitudine dei residenti, con una tendenza sempre più critica verso il turismo e disinteresse verso i vantaggi che comporta.

Infatti, il fenomeno dell’overtourism ha al centro la percezione del turismo da parte dei residenti, ovvero il livello di sopportazione della società. Questa percezione include sia la dimensione fisica – quanti visitatori ed escursionisti può sopportare un parco naturale? – ma soprattutto la soglia psicologica: quando turismo è talmente eccessivo da diventare insopportabile per i residenti? La risposta dipende dalla società di riferimento, non esistendo definizioni universalmente valide.

Infatti, il fenomeno è strettamente legato all’accettazione della popolazione in situazioni specifiche. Non tutte le destinazioni amate e molto frequentate combattono il fenomeno del sovraffollamento.  Un altro aspetto importante riguarda la scelta della meta, buona parte dei turisti globali desidera visitare attrazioni riconosciute a livello internazionale e contribuiscono così a ridurne l’attrattiva in quanto percepite come troppo turistiche.

  • Quali cause?

Le cause dell’overtourism possono essere molteplici e diverse a seconda della località. Gli sviluppi globali svolgono senz’altro un ruolo importante. Ad esempio determinati cambiamenti della società, come la crescente mobilità, comportano la nascita di “masse” che per molte persone rappresentano un eccesso.

Possono inoltre concorrere anche fattori specifici per ogni località, da valutare di caso in caso se si vuole ottenere un’analisi profonda del fenomeno. Ad esempio, fattori quali i collegamenti efficienti e la facilità di raggiungimento di una località, il livello dei servizi turistici o vantaggi legati al cambio di valuta possono rappresentare un’attrattiva.

Sicuramente uno dei fattori essenziali è la facilità con cui si viaggia, grazie anche ad internet, con il boom delle compagnie low cost, cui si aggiunge il calo dei prezzi degli alloggi legato alla diffusione di Airbnb.

Sotto accusa è in particolare il cosiddetto turismo “mordi e fuggi”, che invade in maniera incontrollabile le località turistiche più gettonate, concentrandosi nei weekend o in pochi giorni nei periodi di vacanza.

La forte concentrazione turistica e la visita veloce, rivolta verso i principali monumenti d’arte delle città, non presuppone un’informazione sulla varietà dei lavori presenti nel patrimonio urbano. Le città storiche sono invase da enormi flussi di turisti non consapevoli del valore del patrimonio urbano da loro visitato. Il turismo di massa, non controllato, non gestito e non informato crea un forte impatto negativo sulla struttura stessa delle città storiche come sovraffollamento, grandi parcheggi per bus, shop turistici, impossibilità di movimento, riduzione delle attività turistiche tradizionali, visibilità negata agli spazi architettonici etc., con un’esperienza priva di qualunque comprensione dell’autenticità del luogo.

In questo modo la ricchezza e la diversità del patrimonio è troppo spesso ignorata dai visitatori, ma anche degli stessi abitanti.

A tutto ciò si collega anche una modifica della percezione del turismo. In molte destinazioni in cui il turismo negli anni ha portato benessere e un forte sviluppo economico, le nuove generazioni vivono questa attività in modo diverso rispetto ai propri nonni o genitori. Gli addetti più giovani notano anche i lati negativi, come per esempio gli effetti dei flussi turistici sull’ambiente: il traffico congestionato, le spiagge e i sentieri sporchi e sovraffollati non vengono più accettati passivamente, ma con una nuova consapevolezza e sensibilità ambientale.

 

  1. Turismo Culturale: una soluzione?

L’unicità del patrimonio culturale italiano – arricchita ad esempio di altri contenuti come la qualità della cucina e l’eccellenza del made in Italy – è un vero e proprio vantaggio competitivo per il nostro paese, particolarmente apprezzato soprattutto fra i viaggiatori provenienti dai paesi più lontani, fra quelli che visitano l’Italia per la prima volta e fra i turisti più giovani.

  • Una definizione

Un tema ampiamente dibattuto in letteratura è la definizione di “turismo culturale”.

Nel 1985 il UNWTO (United Nation World Tourism Organisation) associa il turismo culturale ad un movimento di persone per le essenziali motivazioni culturali, come viaggi di studio, viaggi per festival, arti dello spettacolo, visite culturali e pellegrinaggi.

Questa forma di turismo viene associata ad un’esperienza culturale, che permette ai fruitori di entrare in una realtà nuova e diversa, da vivere e sperimentare divenendo una forma di cultura interattiva, creando relazioni con i popoli che si incontrano. In questo modo, il turismo diventa lo strumento per capire, sentire e interpretare il territorio e la sua storia.

In base a questi paramenti Papa (2007) sostiene la causa del nostro “bel paese”, già elaborata in dottrina, secondo cui la meta prioritaria per questa tipologia di utenza è l’Italia, vista come museo a cielo aperto, che contempla in sé tutte le peculiarità maggiormente ambite dal “turista culturale” in quanto città d’arte con un forte patrimonio storico-artistico, uno splendido paesaggio, forti tradizioni popolari e una rinomata enogastronomia.

  • In particolare: il turismo culturale “informato”

La tematica del turismo culturale “informato” fonda le sue radici nella consapevolezza della necessità di una maggiore comunicazione della storia delle città al fine di far conoscere ai cittadini, visitatori e turisti la storia urbana del territorio unitamente ai “valori” che la caratterizzano.

La conoscenza del patrimonio è il principio base per la sua conservazione secondo i concetti fondamentali dell’ICOMOS[6] sulla conservazione integrata del patrimonio culturale.

Questi fondano su tre operazioni basilari: Conoscere, Valutare, Informare e Comunicare alla pubblica opinione. La promozione dei siti è il punto di partenza per agevolare una fruizione rispettosa del patrimonio e promuovere un’adeguata salvaguardia e conservazione.

Luoghi centro del turismo culturale sono le città storiche, per la concentrazione delle memorie del passato quali luoghi straordinari, fortemente caratterizzati dalla peculiarità degli ambienti antichi di lunga tradizione.

Le città storiche attraggono per la loro unicità, per la stratificazione e complessità del loro patrimonio, per il paesaggio e l’autenticità di un luogo straordinario fortemente identitario, il cui punto focale è riconosciuto negli spazi pubblici e piazze storiche, per la loro particolare atmosfera, quali spazi di vivibilità e memoria, dalle caratteristiche di fruibilità e di pubblico godimento, sedi privilegiate di riti e tradizioni locali di lunga data, principali veicoli di scambio culturale in tutte le città storiche europee.

Le città storiche, con la ricchezza del patrimonio artistico-culturale costituiscono la maggiore attrattiva del viaggio culturalmente determinato e, anzi, ne rappresentano l’irrinunciabile motivazione.

  • Evoluzione della destinazione culturale

La scelta della destinazione è generalmente legata ad una molteplicità di fattori che riguardano sia le caratteristiche del luogo di provenienza del turista (reddito, livello di istruzione, condizioni di lavoro, età e composizione della popolazione) che della meta (immagine turistica, attrattività, disponibilità di informazioni e accessibilità).

Per essere competitiva sul mercato globale è necessario che la destinazione trovi un vantaggio che la differenzi. Oggi l’esperienza sembra essenziale nel processo di scelta di una meta. Grazie alle possibilità offerta dalla tecnologia le città possono fornire al viaggiatore una pre-esperienza che permetta di immedesimarsi alla propria vacanza.

Ne consegue che il turista sta diventando sempre più esigente ed indipendente, il che comporta la necessità di interpretare i legami tra turisti e prodotti culturali della destinazione.

Da turismo “culturale” si sta passando ad un turismo “creativo”. Secondo l’UNESCO (2006) tale forma di turismo è «un viaggio diretto verso un’esperienza autentica ed impegnata, con apprendimento partecipativo nelle arti, cultura o nella vita di personaggi del luogo, e fornisce un legame con chi vive in questo luogo e genera questa cultura vivente.»

Con l’inizio del XXI secolo il concetto di cultura si è allargato, legandosi alle arti popolari, stili di vita, scienza e tecnologie, cibo locale e produzione contemporanee. In questo modo contente di diventare un momento di intrattenimento che consente di fuggire al consumismo passivo, condividendo dei valori.

In questo modo il turismo culturale può diventare una via alternativa rispetto alla produzione seriale di un turismo di massa, offrendo così un’esperienza flessibile ed autentica.

  • Il turismo Culturale in Italia

In Italia, i  più interessati a visitare le grandi città d’arte provengono da USA, Giappone, Austria, Francia, Germania, Paesi Bassi e Cina; i turisti che giungono da Belgio, Lussemburgo e Gran Bretagna sono più propensi a visitare i centri minori, luoghi storici, castelli, ville, a partecipare ad eventi e festival e a fare shopping e turismo enogastronomico. In crescita anche il turismo archeologico che rimane ancora di nicchia e praticato da inglesi, svizzeri e tedeschi; quest’ultimi hanno un interesse crescente verso i viaggi regionali a tappe il cui scopo è quello di scoprire il territorio e le realtà minori. I turisti scandinavi hanno motivazioni molto variegate che spaziano dalle grandi città d’arte ai piccoli centri, ad eventi ed itinerari culturali.

Il turismo culturale urbano si rivela quindi in Italia fonte importantissima di reddito, sempre in crescita anche in virtù delle molteplici offerte di nuove attrazioni turistiche, quali  nuovi eventi ed attività ricreative che tuttavia, necessita di una notevole capacità di valorizzazione e accessibilità delle ricchezze artistiche del Paese al fine di promuoverlo.

Rispetto ad altre destinazioni, l’Italia si caratterizza per una più ampia diffusione territoriale delle città di interesse turistico, strutture museali e siti archeologici. Sebbene di conseguenza vi  sia una minor concentrazione di visitatori rispetto a paesi che si caratterizzano per un modello di organizzazione dei musei più accentrato (si pensi ad esempio alla Francia con il Louvre), anche in Italia gran parte dei flussi si indirizzano verso le principali strutture museali e archeologiche del Paese e verso le principali città d’arte che le ospitano: i primi 20 dei circa 5000 musei italiani raccolgono oltre il 30 per cento delle visite annuali.

I musei italiani registrano un numero di visitatori mediamente basso nel confronto con i principali paesi europei; se da un lato quale dato riflette la capillarità dell’offerta museale italiana, dall’altro suggerisce la presenza di necessari margini di miglioramento nella gestione strutture e ed organizzazione: infatti, spesso l’offerta e le caratteristiche dei piccoli musei sono poco note ai potenziali visitatori ed è scarsa l’offerta di percorsi di visita articolati su più siti.

  • Un Caso Particolare: Venezia

Nel corso degli anni Venezia si è sempre contraddistinta per essere una delle città con maggiore appeal sui turisti di tutto il mondo; infatti, grazie alla sua conformazione territoriale e paesaggistica unica ed alla sua grande ricchezza culturale, è riuscita sin dalla nascita del fenomeno turistico a collezionare un numero di arrivi e presenze decisamente positivo, registrando un trend in continua crescita.

Stando alle ultime stime relative al 2017, i visitatori totali durante l’arco dell’anno arrivano a toccare i 37 milioni, una soglia ben al di sopra di quante la città stessa riesca a gestirne e a tollerarne[7].

A fronte di un manifestato e sempre maggiore gradimento da parte dei visitatori il Comune di Venezia nel corso degli anni ha irrobustito i beni e servizi preesistenti e ne ha creati di nuovi volti ad accogliere i turisti e favorirli nella visita della città.

Tuttavia, a determinare la propensione del singolo a scegliere una località come meta delle proprie vacanze non è soolo la rete di servizi e i beni offerti dalla città ma il cosiddetto prodotto turistico primario comprensivo di tutti i beni di immane valore paesaggistico e naturalistico propri della città.

Venezia, spinta dalla consapevolezza degli impatti negativi che la grande industria provoca su ambiente e popolazione, ha deciso orientarsi verso un’economia basata sulla promozione delle proprie risorse naturalistiche, paesaggistiche e culturali, in grado di sviluppare turismo, uno dei settori maggiormente in sviluppo che riesce a garantire un fatturato in costante crescita.

La città lagunare ha intrapreso questa nuova strada convinta che un progresso del settore terziario improntato su servizi e attività immateriali abbia una pressione inferiore sull’ambiente rispetto a quella industriale. Tale affermazione necessita di alcune precisazioni data la complessità del fenomeno, in quanto il turismo ha un impatto forte non solo sulla società nella quale si innesta ma anche sulla realtà ambientale.

La prima maggiore conseguenza della pressione turistica è senza dubbio derivata dall’ovvio e forte legame instauratosi tra il turismo ed il settore dei trasporti, con inevitabile inquinamento atmosferico. Una posizione di particolare rilievo, in questo senso, è data senza dubbio le navi da crociera. Infatti quest’ultime, sono inevitabilmente diventate famose per l’enorme quantità di turisti “mordi e fuggi” che riversano nella città lagunare e per la degradazione ecologica derivata dal loro passaggio.

Venezia è di sé una città dall’assetto territoriale fragile con una forte predisposizione al deterioramento dovuto al frequente innalzamento del livello del mare la cui presenza di questi colossi galleggianti nella laguna complica una situazione già precaria.

Il secondo impatto ambientale riguarda la produzione di rifiuti, soprattutto urbani, che sebbene meno tossici e nocivi di quelli di attività industriali, devono comunque essere smaltiti piuttosto che riciclati e trattati e comportano dei costi elevati.

Infine, la più forte conseguenza ambientale riguarda i danni lesivi del patrimonio naturalistico ed artistico della città, compromissivi dell’attrattività stessa del luogo. Un sovraffollamento eccessivo e un comportamento immaturo ed irresponsabile dei visitatori potrebbero complicare ancor di più la situazione.

E’ anche importante distinguere tra gli effetti provocati dai turisti – ovvero dai visitatori pernottanti all’interno del centro storico – e quelli prodotti dagli escursionisti – ovvero tutti coloro che visitano la città in giornata. Quest’ultimi, infatti, risultano congestionare il territorio maggiormente contribuendo in quantità maggiore ad aumentarne l’impronta ecologica.

L’appeal di Venezia è sempre stato molto forte sui viaggiatori, arrivando a superare già alla fine degli anni ’80 e nei primi anni ’90 del secolo scorso la sua capacità di carico. La parte antica della città lagunare, infatti, stando ai modelli elaborati dagli economisti J. vander Borg e P. Costa e da quest’ultimo con la collaborazione del collega E. Canestrelli, è in grado di sopportare all’incirca 9 milioni di visitatori l’anno, riuscendo a garantire benefici. Superato questo limite il turismo diventa tutt’altro che sostenibile e arreca danno al centro storico, sia dal punto di vista ambientale che sociale.

E’ proprio questo il caso di Venezia, schiacciata dalla sua stessa risorsa.

Se nei primi anni si superava la capacità di carico solo a ridosso delle festività, dei ponti e durante i mesi estivi, attualmente il numero di visitatori è così elevato da spalmarsi durante tutto l’arco dell’anno, superando quasi sempre la soglia massima tollerabile.

Le principali conseguenze le ha riportate senza dubbio la popolazione residente che, se già prima del boom turistico diminuiva per ambire a condizioni di vita migliori con l’avvento dell’overtourism ha intrapreso un vero e proprio esodo verso la terraferma. Inoltre, i nativi veneziani si sentono spogliati di ogni loro tradizione, uso, costume e diritto dato che la maggior parte dei servizi presenti è stato spostato fuori dal centro storico con aumento prevalente di servizi turistici.

A preoccuparsi delle sorti veneziane non è solo lo stesso comune di Venezia, ma il mondo intero, infatti come possiamo leggere nel articolo del 29 agosto 2016 del The New York Times, Salvatore Settis scrive: “Una cultura turistica rapace minaccia l’esistenza di Venezia, decimando la città storica e trasformando la Regina dell’Adriatico in un centro commerciale Disney”.

Il quotidiano statunitense non è il solo, però, a destare interesse per le sorti della città lagunare; infatti l’UNESCO, vedendo uno dei siti patrimonio dell’umanità in pericolo ‘di sopravvivenza’, ha lanciato l’ultimatum al comune di Venezia di fornire delle risposte concrete per contrastare la depauperazione ed il degrado sia sociale che dell’ecosistema del centro storico, a pena di perdita del privilegio dell’inserimento nella lista dei beni patrimonio dell’umanità.

In particolare, l’azione necessaria riguarda un’alternativa al passaggio delle grandi navi nel Bacino San Marco, della tutela dell’identità locale e delle tradizioni.

Attualmente, tra i progressi principali che sono stati riconosciuti a Venezia dall’UNESCO ci sono lo spostamento delle stazioni di arrivo dei “lancioni” gran turismo, il blocco del cambio di destinazione d’uso degli immobili da residenzialità a ricettività, la presentazione del decalogo “Rispect Venice” contro il degrado, il biglietto unico per la città metropolitana a 28 euro – vaporetti compresi, bambini gratis -, il censimento dei turisti attraverso contapersone e celle telefoniche, ormai prossimo ad essere attivato.

Proprio in virtù di tale estrema situazione il Consiglio comunale della Città di Venezia durante la seduta del 26 febbraio 2019 ha approvato il “Regolamento per l’istituzione e la disciplina del Contributo di accesso, con qualsiasi vettore, alla Città antica del Comune di Venezia e alle altre isole minori della laguna” e ha confermato l’istituzione di una “zona a traffico limitato per veicoli a motore in accesso a Venezia Centro storico“.

L’atto dichiara che ci sarà una tariffazione per gli accessi alla Città antica “che avvengono con mezzi motorizzati privati, al fine di preservare il patrimonio storico e ambientale della laguna“. La delibera dà inoltre mandato alla Giunta comunale “di approvare le tariffe degli accessi” e di adottare, assieme alla Direzioni comunali competenti, “gli atti volti a realizzare un sistema telematico di pagamento delle tariffe e di controllo elettronico degli accessi alla zona a traffico limitato del centro storico di Venezia“.

Il Consiglio Comunale, con deliberazione n. 19 del 28.03.2019, ha stabilito nel 1 settembre 2019 la decorrenza per la corresponsione del contributo di accesso a Venezia ed alle isole minori.

Il contributo dovrà essere pagato “da ogni persona fisica che, utilizzando qualsiasi vettore (ossia ‘qualunque soggetto, sia pubblico che privato, che svolga servizio di trasporto di persone a fini commerciali’) acceda alla Città antica del Comune di Venezia o alle altre isole minori della laguna, salvo i soggetti esclusi o esenti“. Il contributo sarà alternativo all’imposta di soggiorno.

  1. CONCLUSIONI

Il turismo di massa, pur nascendo a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, vede il suo pieno sviluppo solo a partire dalla fine del XX secolo. Pur nel forte impatto economico che deve riconoscersi al fenomeno non può tuttavia non convenirsi che lo stesso abbia influssi unicamente positivi: infatti, l’overturism comporta che i residenti debbano adeguare in modo eccessivo le proprie attività quotidiane ai flussi di visitatori. Le cause sono da riconoscersi in molteplici fattori tra i quali risalta la facilità con cui si viaggia, grazie anche ad internet, alle compagnie lowcost ed alla possibilità di effettuare crociere a costi contenuti.

Caso esemplare (ma non unico) in Italia è rappresentato dalla città di Venezia, affollata ogni giorno da un numero di turisti ben superiore a quello “sopportabile” dal territorio ed in cui la situazione attuale ha costretto i residenti a lasciare il centro per allontanarsi in periferia, rendendo la città un territorio puramente turistico.

Per tali motivi, si è rivelata necessaria un’azione che andasse a tutelare il territorio, eliminando il rischio di essere inserita nella “danger list” al pari dei luoghi a rischio distruzione da eventi bellici. In particolare, l’azione riguarda una necessaria alternativa al passaggio delle grandi navi nel Bacino San Marco, della tutela dell’identità locale e delle tradizioni.

A tutto ciò si contrappone una visione diversa del turismo, definita “culturale”, che ha lo scopo di vivere un’esperienza che permette ai fruitori di entrare in una realtà nuova e diversa, da vivere e sperimentare divenendo una forma di cultura interattiva e creando relazioni con i popoli che si incontrano e con l’habitat del territorio su cui ci si muove. In questo modo, il turismo diventa lo strumento per capire, sentire e interpretare il territorio e la sua storia.

In genere il turista culturale ha una maggiore capacità di spesa, una più approfondita conoscenza della meta ed un interesse verso la cultura del territorio visitato. Tale genere di turista ha bisogni molto specifici ed è meno invasivo rispetto ad altre tipologie di turismo. Infatti, alla classica “visita al museo” si associano una vasta gamma di esperienze, come ad esempio festival, percorsi alternativi, musei interattivi.

Il fenomeno è in costante espansione, tanto da richiedere importanti scelte strategiche alla città, fondamentali per il suo successo negli anni futuri.

E’ infatti necessario per le destinazioni e l’industria turistica prendere le distanze da un turismo di massa in classificato per dirigersi verso un turismo aperti a nuovi segmenti di audience e che offra delle esperienze altamente personalizzate.

Avv. Gerardo Russillo

* Relazione svolta nel Convegno “Il turismo ed i beni culturali: uno stretto rapporto per la loro valorizzazione e fruizione” promosso dall’Associazione Romana di Studi Giuridici   e svoltosi a Roma il 22 maggio 2019.

[1] ISTAT, “Paesaggio e patrimonio culturale 2014” in https://www.istat.it/it/files//2014/06/09_Paesaggio-patrimonio-culturale-Bes2014.pdf

[2]    Marrazzo D, “L’Italia cala un poker di candidature per il Patrimonio Unesco” , Il Sole 24 ore, 30 gennaio 2018 in https://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2018-01-30/l-italia-cala-poker-candidature-il-patrimonio-unesco-124135.shtml?uuid=AEKsKPrD

[3] Petrella A., “Il peso del turismo in Italia, le caratteristiche della domanda e la capacità ricettiva: Turismo in Italia. Numeri e potenziale di sviluppo. Presentazione dei risultati di un progetto di ricerca della Banca d’Italia”, 11 dicembre 2018.

 

[4] Osservatorio Nazionale del Turismo, Turismo in cifre n.1 del 2018, 04 aprile 2018

[5] Banca d’Italia, Turismo in Italia Numeri e potenziale di sviluppo: Presentazione dei risultati di un progetto di ricerca della Banca d’Italia, 20 dicembre 2018, n. 23.

[6] ICOMOS, Consiglio Internazionale dei Monumenti e dei Siti, è un’organizzazione internazionale non-governativa, senza fini di lucro impegnata a promuovere la conservazione, la protezione, l’uso e la valorizzazione del patrimonio culturale mondiale. Si dedica allo sviluppo di dottrine comuni, l’evoluzione e la diffusione delle conoscenze, la creazione di migliori tecniche di conservazione, e la promozione del patrimonio culturale.

 

 

[7] Rapporto Statistico del Veneto 2018, “Unicità e Varietà del turismo Veneto”, Regione Veneto, in: http://statistica.regione.veneto.it/Pubblicazioni/RapportoStatistico2018/pdf/capitolo-3.pdf