Straniero – Permesso di soggiorno – Reddito insufficiente – Sentenza Corte Costituzionale n. 209/2023 – Effetti – Testo interale della sentenza
Considerato che la Corte costituzionale, con sentenza n. 209 del 2023, ha dichiarato in parte inammissibili ed in parte infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 103, commi 4, 5 e 6, d. l. n. 34/2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 77 del 2020, nella parte in cui non prevede che, laddove il rigetto della dichiarazione di emersione del lavoro irregolare sia dovuta esclusivamente a fatti e condotte ascrivibili al datore di lavoro e per di più laddove il rapporto di lavoro abbia avuto un inizio di esecuzione ma si sia stato interrotto per l’inadempimento datoriale, al lavoratore straniero vada comunque rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione o per un altro titolo corrispondente alla situazione lavorativa che l’interessato riesca a comprovare, l’effetto di tale pronuncia nel giudizio a quo è quello di determinare il rigetto del ricorso.
Pubblicato il 14/06/2024
- 00471/2024 REG.PROV.COLL.
- 00325/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 325 del 2022, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Catia Mosconi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, e l’Ufficio territoriale del Governo di Perugia in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Perugia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
previa sospensione cautelare
– del provvedimento prot. n. -OMISSIS- della Prefettura di Perugia, emesso a seguito dell’annullamento del provvedimento prot. n. -OMISSIS-, con cui è stata rigettata istanza di emersione rapporti di lavoro ai sensi dell’art. 103, co. 1, del decreto legge n. 34/2020;
– nonché di ogni altro atto presupposto, connesso, altrimenti collegato e comunque consequenziale, ancorché di data e tenore sconosciuto, che incida sfavorevolmente sulla posizione giuridica del ricorrente, se ed in quanto lesivo degli interessi del ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e dell’Ufficio territoriale del Governo di Perugia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 maggio 2024 il dott. Davide De Grazia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
- – L’odierno ricorrente, cittadino extracomunitario titolare di permesso di soggiorno rilasciato il -OMISSIS- e rinnovato fino alla scadenza del -OMISSIS-, riferisce di essere rimasto continuativamente in Italia (come risulta dalla tessera sanitaria, dal contratto con operatore telefonico italiano, dalle ricevute dell’invio di somme di denaro ai familiari nel Paese di origine, da un biglietto nominativo relativo ad un viaggio all’interno del territorio nazionale), di avere lavorato alle dipendenze della società cooperativa sociale “-OMISSIS-” con sede in Perugia con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato sottoscritto il -OMISSIS- con decorrenza fino al -OMISSIS- e di avere poi continuato a prestare con cadenza stagionale la propria attività lavorativa nel settore della zootecnia presso altre aziende agrarie ed in favore della suddetta cooperativa.
- – In data -OMISSIS-, il legale rappresentante della società cooperativa sociale “-OMISSIS-” presentava istanza di emersione dal lavoro irregolare ai sensi dell’art. 103, co. 1, del decreto legge n. 34/2020 in favore di diciotto cittadini extracomunitari, tra i quali l’odierno ricorrente.
- – Dalla documentazione allegata agli atti del giudizio risulta che, in relazione all’istanza presentata in favore del ricorrente, è stato versato in contributo dovuto ai sensi di legge, è stata effettuata la comunicazione dell’assunzione all’ARPAL Umbria, come da ricevuta di invio comunicazione ordinaria del -OMISSIS-, sono state emesse le buste paga in relazione alle mensilità di -OMISSIS- e che, poi, il legale rappresentante della cooperativa datrice di lavoro si è reso irreperibile e non ha corrisposto al ricorrente la retribuzione relativa al mese di -OMISSIS-, tanto da indurre quest’ultimo a chiedere l’intervento dell’Ispettorato territoriale del lavoro, come risulta dalla richiesta sottoscritta davanti al funzionario dell’Ispettorato il -OMISSIS-.
Il ricorrente riferisce inoltre di avere successivamente ottenuto da diverse aziende la disponibilità all’assunzione, possibilità che non si sarebbe mai concretizzata a causa della perdurante pendenza della procedura di emersione dal lavoro irregolare.
- – Con provvedimento del -OMISSIS-, notificato il -OMISSIS-, lo Sportello unico per l’immigrazione di Perugia rigettava l’istanza di emersione sulla base del parere non favorevole dell’Ispettorato territoriale del lavoro motivato dal fatto che «i redditi certificati risultano inferiori rispetto al parametro di legge (ex art. 9, comma 2, decreto interministeriale del 29.05.2020, in attuazione del d.l. n. 34/2020; cfr. circ. congiunta Min. Interno M.L.P.S. n. prot. n. 1395 del 20.05.2020) previsto per accogliere l’istanza di emersione in oggetto, tenuto anche conto del personale in forza».
- – Il lavoratore interessato impugnava quindi dinnanzi a questo Tribunale amministrativo regionale il suddetto provvedimento.
- – Questo Tribunale accoglieva l’istanza cautelare ai fini del riesame, da parte dell’Amministrazione intimata, della posizione del ricorrente onde verificare la sussistenza delle condizioni per l’emissione di un permesso di soggiorno per attesa occupazione tenuto conto del contenuto delle circolari ministeriali in materia.
- – Con atto del -OMISSIS-, la Prefettura di Perugia annullava in autotutela il provvedimento impugnato e disponeva il riavvio del procedimento amministrativo e la riapertura dell’istruttoria.
- – Quindi, con sentenza n. -OMISSIS-, questo Tribunale dichiarava l’improcedibilità del ricorso proposto.
- – Con provvedimento del -OMISSIS-, lo Sportello unico per l’immigrazione di Perugia concludeva il procedimento come sopra riavviato confermando il rigetto dell’istanza di emersione dal lavoro irregolare proposta in favore dell’odierno ricorrente.
Il nuovo diniego era motivato dalla conferma, da parte dell’Ispettorato territoriale del lavoro, con nota prot. -OMISSIS-, del parere sfavorevole precedentemente espresso, in ragione della «mancanza di capacità economica idonea all’assunzione di tutti e 18 i lavoratori» per i quali era stata avanzata la richiesta di emersione, e dalla considerazione per la quale il rilascio di un titolo di soggiorno per attesa occupazione sarebbe stato possibile solo in una fase successiva all’acquisizione del parere positivo dell’Ispettorato territoriale del lavoro, come previsto dal comma 15 dell’art. 103 del d.l. n. 34/2020 e come stabilito nelle circolari del Ministero dell’Interno n. 3020 del 21.04.2021, n. 2399 del 24.07.2020, n. 4623 del 17.11.2020 e n. 3625 del 11.05.2021, con la conseguenza che non potrebbero ritenersi sussistenti i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione nel caso in cui il datore di lavoro che ha presentato istanza di emersione da lavoro irregolare risulti privo dei requisiti reddituali richiesti.
- – Con ricorso notificato il 13.06.2022 e depositato il 14.06.2022, il sig. -OMISSIS- ha impugnato dinnanzi a questo Tribunale amministrativo regionale il provvedimento da ultimo citato e ne ha chiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare.
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denunzia l’illegittimità del provvedimento per eccesso di potere dovuto all’errata e travisata o comunque incompleta valutazione dei fatti, deducendo che l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto dell’effettiva instaurazione ed esecuzione del rapporto di lavoro.
Con il secondo mezzo, il ricorrente deduce ulteriori profili di eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità e irragionevolezza della motivazione, sostenendo che sarebbero in inconciliabile contraddizione l’accertamento positivo della sussistenza del rapporto di lavoro e l’affermazione della insussistenza del requisito della previa instaurazione del rapporto di lavoro.
Con il terzo motivo, vengono dedotti la violazione dell’art. 103 del decreto legge n. 34/2020 e dell’art. 22 del d.lgs. n. 286/1998 e l’eccesso di potere sotto diversi profili sintomatici: secondo il ricorrente, il provvedimento di rigetto dell’istanza di emersione sarebbe illegittimo per il mancato rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione, considerato che, ai sensi dell’art. 103, c. 4, del d.l. n. 34/2020, «se il rapporto di lavoro cessa, anche nel caso di contratto a carattere stagionale, trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 22, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni, al fine dello svolgimento di ulteriore attività lavorativa», disposizione che sarebbe applicabile quale che sia il motivo della cessazione del rapporto di lavoro, senza che sia necessario che detta cessazione sia dipesa da causa di forza maggiore, decesso del datore di lavoro o fallimento dell’azienda, come invece indicato nella circolare n. 4623 del 2020 – nel caso di specie l’effettività dello svolgimento del rapporto di lavoro sarebbe dimostrata dalla documentazione in atti.
Con la quarta censura, il ricorrente denunzia la perplessità dell’azione amministrativa, sostenendo che il nuovo provvedimento, successivo all’annullamento d’ufficio del precedente diniego disposto dall’Amministrazione, sarebbe stato emesso sulla base di valutazioni perfettamente sovrapponibili a quelle già svolte, eludendo l’ordinanza cautelare emessa da questo Tribunale, che esigeva la verifica delle condizioni per l’emissione di un permesso di soggiorno per attesa occupazione.
Con il quinto e ultimo motivo, viene dedotta la violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990 per omessa comunicazione al lavoratore dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di emersione (o di rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione).
- – L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio e, con successiva memoria,
– ha rilevato che, sebbene siano stati prodotti in giudizio documenti apparentemente riferibili all’ARPAL in cui si attesta il ricevimento della comunicazione obbligatoria di instaurazione del rapporto di lavoro, tale situazione no coinciderebbe con quanto risultante dall’applicativo UNILAV, in cui non vi sarebbe traccia dell’instaurazione del rapporto di lavoro; inoltre, all’ennesimo controllo effettuato sugli applicativi del Ministero, il ricorrente non risulterebbe aver mai instaurato un formale rapporto di lavoro;
– ha rilevato la correttezza del parere dell’Ispettorato territoriale del lavoro circa l’inaccoglibilità delle 18 richieste di emersione in considerazione della insufficiente capacità economica del datore di lavoro;
– ha sottolineato l’indefettibilità del requisito reddituale in capo al datore di lavoro, alla luce delle circolari ministeriali citate nel provvedimento e della giurisprudenza (TAR Campania, n. 1606/2022), anche ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione.
- – Con ordinanza n. -OMISSIS-, questo Tribunale ha ritenuto, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, che le esigenze cautelari rappresentate dal ricorrente potessero essere adeguatamente soddisfatte mediante la sollecita definizione del merito ed ha pertanto fissato l’udienza di discussione.
- – Con successiva ordinanza n. -OMISSIS-, questo Tribunale ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3, 10, 35, 76, 97 e 113 della Costituzione, delle norme contenute nell’art. 103 del d.l. n. 34/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 77/2020, nella parte in cui, a differenza di quanto era accaduto per la c.d. “emersione 2012” (art. 5, comma 11-bis, del d.lgs. n. 109/2012), non è previsto che, laddove il rigetto della dichiarazione di emersione sia dovuta esclusivamente a fatti e condotte ascrivibili al datore di lavoro (quale è, con riferimento al caso di specie, il mancato possesso del requisito reddituale minimo di cui all’art. 9 del d.m. 27.05.2020) e per di più laddove il rapporto di lavoro abbia avuto un inizio di esecuzione (con tanto di pagamento delle retribuzioni per alcuni dei mesi pattuiti) ma si sia interrotto per l’inadempimento datoriale, al lavoratore vada comunque rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione o un altro titolo corrispondente alla situazione lavorativa – anche sopravvenuta – che l’interessato riesca a comprovare, nonché nella parte in cui omette di stabilire qualsiasi criterio direttivo per il legislatore secondario delegato ai fini della definizione delle soglie minime di reddito del datore di lavoro per l’ammissione alla procedura di emersione.
Il giudizio è stato pertanto sospeso in attesa della pronuncia della Corte costituzionale.
- – Con sentenza n.-OMISSIS-, la Corte costituzionale ha dichiarato in parte inammissibili e in parte non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate da questo Tribunale amministrativo regionale.
- – In vista della discussione del ricorso, le parti non hanno svolto ulteriore attività difensiva.
- – All’udienza pubblica del 21 maggio 2024, le parti hanno discusso la causa, che è stata quindi trattenuta in decisione.
- – Il ricorso non può essere accolto.
17.1. – Con i primi due mezzi d’impugnazione, il ricorrente si duole della contraddittorietà del provvedimento impugnato nella parte in cui, pur a fronte del positivo accertamento positivo dell’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa da parte dei Carabinieri, verrebbe riferito che nessuna comunicazione di inizio del rapporto di lavoro è stata effettuata.
I passaggi sui quali si basa la censura di parte ricorrente, però, non si rinvengono nel provvedimento impugnato, con conseguente infondatezza delle doglianze in esame.
17.2. – Con i motivi terzo e quarto, il ricorrente si duole del mancato rilascio, da parte dell’Amministrazione procedente, del permesso di soggiorno per attesa occupazione.
17.2.1. – Al riguardo occorre premettere che, come già evidenziato dalla giurisprudenza di questo Tribunale (cfr. TAR Umbria, 27 dicembre 2023, n. 769), la procedura di emersione di cui si discute si articola in due fasi: la prima è finalizzata all’acquisizione dei pareri della Questura e dell’Ispettorato territoriale del lavoro (quest’ultimo al fine di verificare la capacità reddituale del datore di lavoro) e non vede la partecipazione dello straniero cui si riferisce la richiesta; soltanto qualora entrambi i pareri siano favorevoli, viene avviata la fase successiva, con la partecipazione dello straniero da regolarizzare, il quale viene convocato davanti allo Sportello unico, al quale deve produrre la documentazione di sua competenza (copia del passaporto, titolo legittimante l’alloggio, attestazione della propria presenza sul territorio dello Stato da data antecedente il -OMISSIS-) per poter poi sottoscrivere, dinanzi all’Ufficio procedente, il contratto di soggiorno. Ove la sottoscrizione del contratto di soggiorno non sia possibile per il venir meno del rapporto di lavoro originario, viene valutata la possibilità del rilascio di un permesso di soggiorno “per attesa occupazione”, concedendo un termine per l’eventuale subentro di un diverso datore di lavoro.
17.2.2. – La circolare del Ministero dell’Interno n. 4623 del in data 17.11.2020 precisa che «al lavoratore, vista l’interruzione del rapporto di lavoro, potrà essere rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione, previa una valutazione da parte degli Sportelli Unici volta ad escludere che la domanda di emersione sia stata inoltrata strumentalmente, proprio per far ottenere al cittadino straniero il permesso di soggiorno», così confermando l’indefettibilità del requisito reddituale ai fini del rilascio anche del permesso per attesa occupazione, e che «il d.l. 34/2020 non ha previsto la possibilità di concedere il permesso di soggiorno per attesa occupazione. Tuttavia, poiché il comma 4 del citato art. 103, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, rimanda all’art. 22 – comma 11 del d.lgs. 286/98 (il quale prevede che il cittadino straniero che perda il lavoro non abbia revocato il permesso di soggiorno e possa iscriversi alle liste di collocamento), si ritiene di poter ammettere una valutazione di ciascuna fattispecie», vale a dire una valutazione caso per caso da parte dello Sportello unico in ordine alla sussistenza dei requisiti per il rilascio di un titolo di soggiorno temporaneo.
In tutti i casi, comunque, la valutazione della concedibilità di un titolo di soggiorno temporaneo (“per attesa occupazione”) si colloca nella seconda fase della sopra delineata sequenza procedimentale, al momento della convocazione delle parti davanti allo Sportello unico, fase che, come esposto, si apre solo a seguito del superamento dei controlli preliminari sul datore di lavoro.
Ne discende che, ove a tale seconda fase non si abbia avuto accesso per il mancato superamento dei controlli sul datore di lavoro, non è possibile esprimere una valutazione sul rilascio del titolo “per attesa occupazione”.
La successiva circolare n. 3625 del 11.05.2021, invocata dal ricorrente, ha semplicemente esteso la possibilità di subentro nella procedura di un nuovo datore di lavoro anche nel rapporto di lavoro domestico e di assistenza alla persona in caso di cessazione del rapporto per cause non di forza maggiore, senza modificare la sopra ricordata impostazione del procedimento di emersione.
17.2.3. – La giurisprudenza, del resto, è consolidata nell’affermare che il possibile rilascio di un permesso di soggiorno “per attesa occupazione” è correlato all’esistenza di una domanda di emersione valida ed efficace e di un rapporto di lavoro che presenti i requisiti previsti dalla legge (cfr., tra le altre, Cons. Stato, sez. III, 8 marzo 2023, n. 2472; Id., 6 ottobre 2022, n. 8576; Id., 15 settembre 2022, n. 8006).
17.2.4. – Come esposto, con l’ordinanza n. -OMISSIS- cit., questo TAR ha rimesso alla Corte costituzionale la valutazione, sotto diversi ed argomentati profili, della legittimità costituzionale dell’art. 103 del decreto legge n. 34/2020, nell’interpretazione sopra ricordata.
La Corte Costituzionale – che già aveva dichiarato inammissibili, con sentenza n. 150/2023, le questioni di costituzionalità, in parte analoghe, sollevate dal TAR Marche mediante ordinanza n. 680/2022 – con la citata sentenza n.-OMISSIS- ha dichiarato in parte inammissibili ed in parte infondate le questioni di costituzionalità sollevate da questo Tribunale anche nella prospettiva della irragionevolezza della previsione, nonché della disparità di trattamento rispetto alla disciplina dettata, per altra procedura di emersione, dall’art. 5, co. 11-bis, del d.lgs. 109/2012, sul presupposto che quest’ultima disposizione consentisse il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione anche nel caso in cui il datore di lavoro fosse privo del requisito reddituale.
É utile sottolineare che, per ciò che concerne la violazione dell’art. 35 Cost. e del principio di tutela del lavoro e la ragionevolezza della necessità del presupposto reddituale datoriale, nella predetta sentenza n.-OMISSIS-, la Corte ha affermato che «Aver limitato il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione alle sole ipotesi in cui, per fatti sopravvenuti rispetto all’avvio della procedura di regolarizzazione, sia cessato il rapporto di lavoro e averlo, di conseguenza, escluso nei casi di difetto dei requisiti normativamente prescritti per conseguire la regolarizzazione stessa, e in particolare di quelli reddituali, non valica il limite della manifesta irragionevolezza. Il rilascio di un titolo di soggiorno temporaneo in caso di cessazione del rapporto di lavoro dopo l’emersione, infatti, consente, parallelamente a quanto accade nella procedura ordinaria, la concessione al lavoratore straniero, ormai regolarmente presente sul territorio nazionale, di un certo periodo di tempo per la ricerca di una nuova attività lavorativa (art. 22, comma 11, t.u. immigrazione). Tale rilascio presuppone, perciò, che si sia accertata la sussistenza, ab origine, dei requisiti di emersione, in assenza dei quali permane, per lo straniero, la condizione di irregolare. La previsione di un reddito minimo del datore di lavoro, inoltre, assolve alla funzione di prevenire elusioni del sistema di emersione del lavoro irregolare, assicurando la sostenibilità del costo del lavoro per garantire il rispetto dei diritti del lavoratore sotto il profilo retributivo e contributivo, nonché per evitare domande strumentali alla regolarizzazione di rapporti lavorativi “fittizi”, volti solamente a far conseguire allo straniero un titolo di soggiorno. Non deve trascurarsi, infatti, che l’emersione del lavoro “nero”, nel caso di cittadini stranieri, si intreccia alla regolarizzazione della loro presenza in Italia, come chiarito nella recente sentenza n. 149 del 2023. Nella medesima sentenza, questa Corte ha sottolineato come l’emersione del lavoro svolto “in nero” «persegue uno scopo socialmente apprezzabile, a tutela, oltre che delle parti del singolo rapporto di lavoro, dell’interesse pubblico generale, in particolare della regolarità e trasparenza del mercato del lavoro». Ciò non esclude, però, che sia necessario «prevenire eventuali elusioni del sistema di emersione del lavoro irregolare»; a tal fine il legislatore può porre dei «requisiti, oggettivi e soggettivi, […] per accedere alla procedura di regolarizzazione», tra cui rientra indubbiamente il possesso di un requisito reddituale. In conclusione, non è ravvisabile alcuna intrinseca contraddittorietà tra la complessiva finalità perseguita dal legislatore – che attiene «tanto alla tutela del singolo lavoratore quanto alla funzionalità del mercato del lavoro in un contesto d’inedita difficoltà» (sentenza n. 149 del 2023) – e la norma censurata, la quale dunque non lede il principio di ragionevolezza».
Sotto il profilo della violazione dell’art. 3 Cost. e della ingiustificata diversità di trattamento rispetto alla precedente procedura di regolarizzazione, la Corte ha ritenuto che «In disparte la correttezza del presupposto interpretativo da cui muove il giudice a quo – presupposto «controverso e, anzi, contestato dalla giurisprudenza amministrativa maggioritaria» (sentenza n. 150 del 2023) – questa Corte ricorda che i procedimenti per la legalizzazione del lavoro irregolare degli stranieri, attesa la loro natura eccezionale, sono caratterizzati ciascuno dalla propria specificità e dalla propria disciplina, discrezionalmente stabilita dal legislatore (sentenze n. 88 del 2023 e n. 172 del 2012). 13 Nella specie, inoltre, le due procedure di emersione messe a confronto dal giudice a quo sono ben distinte sia con riferimento all’ambito applicativo, sia con riferimento alle finalità specificamente perseguite. La procedura del 2020, infatti, riguarda due forme di regolarizzazione – l’assunzione di lavoratori stranieri o la dichiarazione di sussistenza di rapporti lavorativi irregolari, da un lato, e la concessione di permessi di soggiorno temporaneo per gli stranieri il cui titolo di soggiorno è scaduto, dall’altro – e la sua ratio «andava ravvisata nella necessità di rendere più efficaci le azioni di contenimento e contrasto alla diffusione del COVID-19, salvaguardando la salute pubblica e, contemporaneamente, sostenendo le famiglie e i settori produttivi gravemente colpiti dalla carenza di lavoratori disponibili a causa dell’emergenza pandemica» (sentenza n. 150 del 2023). Le procedure di emersione del 2012 e del 2020 sono, quindi, differenti per presupposti applicativi e finalità perseguite; proprio la non omogeneità delle situazioni normative messe a confronto esclude che la lamentata diversità di disciplina per esse dettate, in tema di rigetto della dichiarazione di emersione per difetto del requisito reddituale in capo al datore di lavoro, integri una lesione dell’art. 3 Cost. Secondo il costante orientamento di questa Corte, infatti, si è in presenza di una violazione dell’art. 3 Cost. sotto il profilo dell’irragionevole disparità di trattamento solamente qualora situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso e non quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non assimilabili (ex plurimis, sentenze n. 171 del 2022, n. 172 e n. 71 del 2021, n. 85 del 2020, n. 13 del 2018 e n. 71 del 2015)».
17.2.5. – Le valutazioni della Corte costituzionale tolgono ogni residuo spazio all’apprezzamento delle censure e delle pretese del ricorrente basate sull’interpretazione della normativa concernente l’emersione.
Peraltro, la circostanza che con l’ordinanza n. -OMISSIS- questo Tribunale avesse ipotizzato la possibilità del rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione, non può evidentemente inficiare il provvedimento con cui l’Ufficio territoriale del Governo ha dato esecuzione alla misura cautelare, considerato che l’obbligo riguardava il riesame della posizione del ricorrente, correttamente effettuato, e tenuto comunque conto del carattere interinale e provvisorio della misura cautelare.
Alla luce delle motivazioni addotte dalla Consulta con la sentenza n. -OMISSIS-, devono dunque essere rigettati anche i motivi con i quali il ricorrente si duole del mancato rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione.
17.3. – Infine, non meritevole di accoglimento è il quinto motivo, con il quale la parte ricorrente si duole della violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990.
Nessuna rilevanza può infine assumere l’assenza di un’ulteriore fase di partecipazione procedimentale ai fini dell’adozione del provvedimento confermativo impugnato.
Non è pacifica la giurisprudenza riguardo alla sufficienza della partecipazione procedimentale del solo datore di lavoro presentatore della domanda di emersione, ovvero alla necessità di estendere il confronto nei confronti del lavoratore straniero beneficiario della regolarizzazione.
Nel caso in esame, va tuttavia considerato che il provvedimento confermativo consegue ad un’ordinanza cautelare propulsiva, dopo che il ricorrente aveva potuto prospettare in giudizio le proprie considerazioni sugli aspetti del provvedimento originario da emendare.
In ogni caso, risulta dirimente che la parte del contenuto del provvedimento concretamente in contestazione, sia pure sotto diversi concorrenti profili, abbia carattere vincolato, conseguendo non ad una valutazione discrezionale della sussistenza di presupposti suscettibili di apprezzamento alla luce del contesto fattuale, bensì direttamente dall’applicazione dell’art. 103 del decreto legge n. 34/2020.
Il ricorrente, infatti, non contesta che il presentatore della domanda di emersione in suo favore fosse privo dei requisiti reddituali (valutazione che poteva mostrare aspetti di discrezionalità), ma soltanto che, alla luce della mancanza di detto presupposto, non gli sia stato rilasciato un permesso utile ad instaurare una diversa occupazione.
E, da quanto esposto ai punti precedenti, in coerenza con la posizione procedimentale e processuale dell’Amministrazione, discende l’impossibilità di addivenire ad una diversa conclusione del procedimento, con la conseguenza che il provvedimento impugnato non può essere annullato, a ciò ostando il disposto dell’art. 21-octies, co. 2, primo periodo, della legge n. 241/1990.
- – In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
- – La complessità della materia trattata, che ha richiesto anche il vaglio di costituzionalità delle norme applicate, giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità delle persone coinvolte nella vicenda dedotta in giudizio.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Pierfrancesco Ungari, Presidente
Daniela Carrarelli, Primo Referendario
Davide De Grazia, Primo Referendario, Estensore