I beni culturali religiosi: innovative forme di valorizzazione e fruizione utilizzabili dagli enti locali

Di Maurizio De Paolis

Nel patrimonio culturale nazionale rientra a pieno titoloquel complesso di beni, immobili e mobili, conosciuti come beni culturali religiosi comprendente non soltanto quelli della Chiesa Cattolica di Roma, ma anche tutti quelli delle altre confessioni religiose presenti sul territorio nazionale nei confronti dei quali si stanno realizzando innovative forme di valorizzazione e fruizione attraverso una stretta collaborazione tra gli enti religiosi e quelli pubblici statali, regionali e comunalicompresi quelli di piccole dimensioni rivalutati dalla recente legge 6 ottobre 2017, n. 158

 

I beni culturali religiosi*

Il bene culturale religioso è tale non soltanto per gli intrinseci valori culturali o storici, ma anche per il significato squisitamente religioso, attuale o anche solo storico[1]. Pertanto, questo bene culturale è dotato di valori religiosi che, nella pur ampia categoria unitaria dei beni culturali cui appartiene, gli attribuiscono una fisionomia del tutto particolare, meritevole di una disciplina e di una tutela speciale. Qualora, ai nostri giorni, il bene culturale religioso abbia una sua vita religiosa operativa in quanto oggetto di culto o al servizio del culto dei fedeli, o comunque costituisca arredo o complemento di un monumento, è necessario che la tutela si estenda anche a questa sua particolare componente.

Quasi tutti i beni culturali religiosi hanno conservato e conservano nel tempo la loro funzione originaria in vista della quale erano stati realizzati. Mentre vi sono, ad es.castelli o regge che non svolgono più le loro originarie funzioni in vista delle quali vennero edificati.

L’art. 9, D. Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) si riferisce ai beni culturali d’interesse religioso e dispone che il ministero e le regioni[2], per quanto di loro competenza, nell’esercizio delle loro funzioni di tutela debbano considerare nella giusta dimensione le esigenze di culto[3]. Il legislatore ha tenuto conto di beni appartenenti agli enti ed istituzioni non solo della Chiesa cattolica, ma anche di altre confessionireligiose[4]. Ciò assume un significato di attualità nel momento in cui la nostra società si avvia a diventare multirazziale e mentre cadono le barriere confinarie tra gli Stati del vecchio Continente con un ruolo sempre più penetrante a livello economico e politico svolto dall’Unione Europea.

Si deve sottolineare come l’accordo concordatario del 1984 sottoscritto tra fra lo Stato italiano e lo Stato del Vaticano unitamente alle intese attuative facciano un espresso riferimento ai beni culturali appartenenti agli enti e alle istituzioni ecclesiastiche, mentre le intese con confessioni religiose diverse da quella cattolica si riferiscano a concetti più sfumati e ampi ovvero ai beni afferenti al patrimonio storico, culturale, morale e materiale delle rispettive Chiese (Tavola Valdese e Chiese cristiane avventiste).

L’intesa sottoscritta con le Comunità ebraiche si riferisce, con una formulazione ancora più ampia, ai beni afferenti al patrimonio storico, artistico, culturale, ambientale, architettonico, archeologico, archivistico e librario dell’ebraismo italiano e ai beni culturali ebraici.

 

Il patrimonio culturale nazionale e i beni della Chiesa

Nel patrimonio culturale italiano un ruolo di fondamentale importanza viene svolto dalle “cose” destinate all’uso religioso.

La Chiesa di Roma è presente da oltre duemila anni in maniera diffusa e capillare sull’intero territorio nazionale ed i suoi beni, realizzati nel corso di decine di secoli rappresentano tutti gli stili architettonici, scultorei e della pittura. Accanto a questa presenza fisica, parte rappresentativa della nostra identità nazionale, i beni della Chiesa sono la testimonianza di una cultura che ha notevolmente inciso sulla formazione e sullo sviluppo della nostra civiltà.  Quindi, anche per questa particolare categoria di beni è dato riscontrare la duplice componente fisica e culturale comune a tutti i beni costituenti il patrimonio culturale nazionale del quale costituiscono parte integrante.

Lo Stato della Città del Vaticano ha adottato due nuove disposizioni normative:

–  la L. 25 luglio 2001, n. CCCLV, sulla tutela dei beni culturali, riguardante le cose, mobili e immobili, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnografico di spettanza della Santa Sede, dello Stato della Città del Vaticano, degli organismi degli enti e degli Istituti aventi sede nello Stato e negli immobili di cui agli artt. 15 e 16, Trattato fra Santa Sede e Italia dell’11 febbraio 1929.

– il relativo regolamento alla legge summenzionata incardinato nel Decreto 26 luglio 2001, n. CCCLVI del Cardinale Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano.

La normativa in questione ripete nella sostanza e in forma sintetica taluni principi già presenti nella Legge 1 giugno 1939, n. 1089, disciplinando l’obbligo dell’inventariazione dei beni culturali, prescrivendo regole sulla loro conservazione, integrità e sicurezza, dettando severe regole sulla alienazione e sulle esportazioni, ovvero provvedendo anche in merito al loro ritrovamento.

Classificazione

Particolar attenzione deve essere indirizzata verso:

  1. gli archivi ecclesiastici attraverso cui far rivivere la memoria storica dell’intera comunità e non soltanto quella dei fedeli[5];
  2. i musei ecclesiastici considerato che proprio la religione cristiana ha favorito da tempo immemorabile la raccolta di beni con rilevanza artistica che, nel corso di centinaia di anni, hanno finito per assumere anche valore storico[6];
  3. il patrimonio immobiliare storico-artistico della Chiesa presente anche al di fuori de confini nazionali.

Enti ecclesiastici gestori

L’articolo 9 del Codice dei beni culturali si deve interpretare confrontandolo con le disposizioni della Legge 20 maggio 1986, n. 222, recante disposizioni sul riconoscimento della personalità giuridica agli effetti civili degli enti costituiti, o comunque approvati dall’autorità ecclesiastica, i quali abbiano fini religiosi o di culto. Per il riconoscimento della personalità giuridica bisogna distinguere tra gli enti ecclesiastici il cui fine di religione o di culto sia presunto e gli enti ecclesiastici il cui fine di religione o di culto, ai fini del riconoscimento giuridico, deve essere accertato. Rientrano nella prima categoria gli enti ecclesiastici dell’ordinamento della Chiesacome le regioni e le province ecclesiastiche, le diocesi, gli istituti diocesani o interdiocesiani per il sostentamento del clero, i capitoli, le cattedrali, le parrocchie, le chiese, gli istituti religiosi e i seminari.

 

 

Istituti diocesani o interdiocesiani per il sostentamento del clero

Gli istituti diocesani o interdiocesiani per il sostentamento del clero sono titolari di personalità giuridica ai sensi della Legge n. 222/1986, e tra le loro competenze hanno quelle di amministrare il patrimonio immobiliare, svolgendo anche attivitàdi  valutazione, di preservazione, di custodia o  di alienazione dei beni del predetto patrimonio. Siccome la funzione principale di tali istituti è quella di garantire un sostentamento dignitoso al clero, per raggiungere tale scopo, uno dei mezzi più significativi è quello dei trasferimenti o comunque delle gestioni immobiliari.

Qualora, un istituto per il sostentamento del clero intenda commercializzare un immobile ha l’obbligo di darne notizia al prefetto della Provincia ove è ubicato l’immobile per consentire l’esercizio del diritto di prelazione da parte di enti pubblici. All’interno della diocesi la competenza di coordinare, disciplinare e promuovere i beni culturali ecclesiastici appartiene al vescovo che può disporre della consulenza della Commissione diocesana per l’arte sacra e i beni culturali ovvero di un apposito ufficio presso la Curia diocesana, ai quali è demandato il compito di verificare le richieste dei singoli enti ecclesiastici, di curarne la trasmissione agli enti pubblici e di seguire le singole pratiche in tali sedi.

E’ sempre competente il vescovo ad intrattenere i rapporti con gli enti pubblici e privati, le associazioni, gli artisti e i cultori dei beni culturali ecclesiastici al fine di assicurarne la tutela, la valorizzazione e la fruizione.

 

 

La conferenza episcopale regionale

La Conferenza Episcopale Regionale si avvale dell’apparto consultivo istituito presso la Consulta Regionale per i beni culturali ecclesiasticial fine di garantire il coordinamento all’interno della Regione. La predetta Consulta svolge un ruolo molto importante poiché è una sorta di “cerniera” tra le diocesi e le Regioni, le autonomie locali (città metropolitane, province e comuni) ovvero il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, assicurando al contempo i collegamenti tra le singole Diocesi Regionali, le altre Consulte Regionali e con la Consulta Nazionale per i beni culturali ecclesiastici[7]. Quest’ultima è contemporaneamente un organo di consulenza e di coordinamento per le singole Consulte regionali, per il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ovvero per qualsiasi altro Ministero della Repubblica Italiana.

 

 

La Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa

Nell’anno 1993 è stata istituita la Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa con la funzione di conservare e valorizzare il patrimonio storico ed artistico della Chiesa di Roma[8].

Il lavoro della Commissione si muove lungo quattro direzioni.

Una prima è diretta alla individuazione dei beni culturali religiosicon l’intento di restaurarli, custodirli, catalogarli, difenderli e di promuovere nuove produzioni.

Una seconda stabilisce la filosofiadeibeni culturalisecondo la mensdella Chiesa attraverso la loro valorizzazione che ne favorisca una migliore conoscenza e un’adeguata utilizzazione sia nella catechesi quanto nella liturgia.

Una terza di carattere formativo sollecita la ricerca innovativa suibeni culturali per fornire agli artisti contemporanei stimolanti contenuti teologici, liturgici, iconografici e per promuovere la loro attività con nuove committenze rafforzando una rinnovata alleanza fra il mondo dell’arte e la Chiesa.

Un’ultima direzioneriguarda l’organizzazione istituzionale impegnando la Commissione per individuare gli autori principali del servizio ecclesiale operanti nel settore dei beni culturali come le Conferenze Episcopali, i Pastori delle Diocesi, le Congregazioni romane dell’Educazione Cattolica, del Culto Divino e il Pontificio Consiglio della Cultura.

 

 

La Parrocchia

Nella organizzazione della Chiesa, la parrocchia rappresenta da tempo immemorabile la struttura ecclesiastica di maggiore penetrazione e significativa presenza sul territorio raccogliendo intorno a sè una stabile comunità di fedeli affidata ad un parroco dipendente gerarchicamente ed amministrativamente dal vescovo titolare della diocesi nel cui territorio sorge la parrocchia stessa[9].

Dopo l’entrata in vigore della Legge 25 marzo 1985, n. 121 con cui è stato ratificato l’accordo 18 febbraio 1984, tra lo Stato italiano e quello della Città Stato del Vaticano, ovvero dopo la Legge 20 maggio 1985, n. 222, la Parrocchia ha conseguito personalità giuridica e ha assunto la qualificazione di ente ecclesiastico riconosciuto agli effetti civili, risultando assimilata in tutto e per tutto alle persone giuridiche di diritto privato senza scopo di lucro.

L’ autorevole giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione la definisce come ente ecclesiastico riconosciuto con atto del Ministero dell’interno anche ai fini civilistici.[10] Il Consiglio di Stato in sede consultiva ha ribadito che le Parrocchie per effetto del regime giuridico concordatario non possono avere natura di enti pubblici né tanto meno di enti privati: si tratterebbe quindi di un ente del tutto diverso con finalità diculto  provvistodi regime patrimoniale speciale[11].

 

 

Le Chiese e i luoghi di culto: accesso, visite culturali, spettacoli e concerti  

Le Chiese, considerate nel loro aspetto fisico e quindi sotto il profilo edificatorio, sono beni immobili e, in quanto tali, suscettibili di essere assoggettate alla normativa sui beni culturali qualora abbiano un interesse particolarmente rilevante sotto il profilo storico, politico, militare, letterario e artistico[12]. Inoltre, in quanto appartenenti a un ente o ad una istituzione della Chiesa, quindi ad enti ecclesiastici, possono venire assoggettate alle norme racchiuse nel nuovo Codice dei beni culturali.

Le Chiese, come le “cose” in esse ospitate, non possono venire adibite ad usi contrari o comunque incompatibili con il loro intrinseco carattere storico-artistico[13] oppure tali da pregiudicare, sia pure parzialmente, la loro integrale conservazione[14].

L’accesso alle Chiese è liberodurante la celebrazione delle funzioni religiose al fine di consentire la partecipazione alle stesse.

Perprendere parte avisite culturaliguidate da storici dell’arte possano essere richiesti dei compensi, predeterminati o liberi: infatti, qualora l’edifico sia per se stesso un’opera d’arte e contenga opere artistiche si generano costi di gestione aggiuntivi costituiti dalla sicurezza, dalla pulizia, dalla illuminazione, dalla stessa manutenzione più frequente per l’elevato numero di visitatori  piùintenso rispetto a quello degli abituali fedeli.

L’utilizzazione delle Chiese e dei luoghi di culto per spettacolie concerti deve essere valutata caso per caso e preventivamente autorizzata[15].

L’aumento quantitativo dei concerti ha portato recentementealla frequente utilizzazione delle chiese per la loro esecuzione. Diversi sono i motivi: necessità di ambienti, non trovandosi con facilità luoghi adeguati; ragioni acustiche, per le quali le chiese generalmente danno buona ga­ranzia; ragioni estetiche, desiderio che il concerto venga eseguito in un am­biente di significativa bellezza; ragioni di convenienza, per ridare alle composizioni eseguite il loro ambiente nativo, come nel caso della musica sacra vocale e strumentale; ragioni anche semplicemente pratiche, soprattutto per i concerti di organo: le chiese, infatti, nella loro generalità ne sono dotate.

 

Formazione e attività didattica

Le attività di formazione in tema di beni culturali della Chiesa si realizzano mediante la creazione di apposite strutture didattiche tra le quali si segnala la Scuola Superiore per gli operatori dei beni culturali della Chiesa, istituita già all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso presso la Pontificia Università Gregoriana[16].

I parchi culturali ecclesiali

I pellegrinaggi (vecchie e nuove vie), la così detta spiritualità di strada, gli itinerari religiosi legati ai santuari e lo stesso turismo religioso sono riconducibili nell’alveo dei parchi culturali ecclesiali. Questi ultimi rappresentano un innovativo sistema che consente di non disperdere un imponente patrimonio di risorse umane, culturali, storiche rappresentato dalle cattedrali, dai santuari, dai monasteri, dagli eremi, dai musei ecclesiastici, dalle feste patronali (quelle processionali a spalla, ad es. la Macchina di S. Rosa a Viterbo, sono state incluse nel patrimonio culturale immateriale dall’UNESCO), dalle vie di pellegrinaggio (ad es. la Via francigena) sino alle foresterie, alle case vacanze per ferie e alle strutture di semplice accoglienza.  Le predette risorse, messe opportunamente in rete e collegate funzionalmente tra di loro attraverso eventi e iniziative di elevata qualità, diventano un sistema che produce cultura generando una ricaduta di carattere economico in ambito locale.

La nascita dei parchi culturali con oggetto i beni culturali religiosi si fonda su di una sinergia tra gli enti ecclesiastici e gli enti locali (città metropolitane, province e comuni), le regioni e gli organi periferici dello Stato operanti nel settore della cultura e del turismo. A tal proposito si possono utilizzare: intese, atti paritetici, commissioni,progetti sulla falsa riga di quanto già accade per i distretti culturali[17].

La fondazione per i beni culturali ebraici in Italia

La Fondazione per i beni culturali ebraici in Italia è una onlus costituita nell’anno 1986 dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI) con lo scopo di promuovere il recupero, la conservazione, il restauro e la valorizzazione del patrimonio storico-artistico ebraico italiano,compreso ogni bene di interesse culturale, religioso, archeologico, archivistico, bibliografico e musicale e di diffonderne la conoscenza in Italia e all’estero.

L’obiettivo è garantire la preservazione dei beni culturali ebraici in Italia, che rappresentano la memoria diffusa e capillarmente radicata nel Paese di una presenza che dura da oltre duemiladuecento anni.

In questi anni la Fondazione ha interagito strettamente con il Centro Bibliografico dell’Ebraismo Italiano che ha quale primario fine istituzionale quello di preservare il patrimonio bibliografico, archivistico e documentario a rischio di dispersione.

Il Centro Bibliografico raccoglie infatti gli archivi storici delle comunità ebraiche scomparse o in via di estinzione, li custodisce, li ordina e li mette a disposizione degli studiosi: si tratta di un ingente patrimonio documentario fino a pochi anni fa poco conosciuto dagli storici.

La Fondazione ha inoltre promosso e incoraggiato giornate di studio e convegni, sostenuto e curato pubblicazioni, erogato borse di studio per ricerche storico-archivistiche e si è impegnata direttamente in progetti di recupero, valorizzazione e fruizione dei beni culturali.

La Fondazione si propone come punto di riferimento e di supporto per le Comunità ebraiche italiane, ed in particolare per le più piccole, per sostenerle nella loro attività di salvaguardia dei beni culturali; inoltre tende a rafforzarne la voce nel dialogo con le istituzioni locali per favorire la possibilità di avere accesso a finanziamenti pubblici e privati[18].

Nel promuovere la valorizzazione dei beni culturali si intende infine puntare sulla capacità degli stessi di generare valore economico attraverso il turismo e valore intellettuale attraverso la diffusione della loro conoscenza.

La legge 6 ottobre 2017, n. 158: il ruolo dei piccoli comuni

Facendo riferimento alle fonti dell’ISTAT per l’anno 2014, su 8057 comuni presenti nel territorio nazionale ben 5652 appartengono alla categoria dei piccoli comuni con meno di cinquemila abitanti pari quindi al 70,15% del totale.Nel corrente anno a seguito di fusioni e incorporazioni il numero complessivo dei comuni italiani è sceso a  7978.

A far data dal 17 novembre 2017 è entrata in vigore la L. 6 ottobre 2017, n. 158 che contiene molteplici misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuninonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei loro centri storici.

Nel contesto del discorso sino ad ora condotto assume una particolare rilevanza l’art. 7, che prevede per i piccoli comuni, anche in forma associata, la possibilità di sottoscrivere con le diocesi della Chiesa cattolica e con le rappresentanze delle altre confessioni religiose che abbiano concluso intese con lo Stato italianoconvenzioni per la salvaguardia e il recupero dei beni culturali, storici, artistici e librari degli enti ecclesiastici o degli enti delle confessioni religiose civilmente riconosciuti.

Articolo pubblicato sulla Rivista Azienditalia, n. 1/2018, Milano.

[1] L. LAMACCHIA, I beni culturali di interesse religioso alla luce dell’intesa 26 gennaio 2005, inNotariato, 2007, 4, 441; M. COSTANZA, Beni culturali e beni di enti ecclesiastici: un regime unitario, in Vita notarile, 2001, 1, I, 74 -77.

[2] G. FELICIANI, Le intese sui beni culturali ecclesiastici: bilanci e prospettive, in Il diritto ecclesiastico, 2006, 1-2, 5; F. VECCHI, La legislazione regionale e l’attività pattizia con l’episcopato della Valle d’Aosta in materia di beni culturali di interesse religioso d’ambito locale, in Il diritto ecclesiastico, 2001, 2, 574 – 636.

[3] A.G. CHIZZONITI, Il nuovo codice dei beni culturali e del paesaggio: prime considerazioni di interesse ecclesiastico, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 2004, 2, 399.

[4]Lo Stato italiano e le Chiese della Tavola Valdese collaborano per tutelare e valorizzare i beni culturali riguardanti il patrimonio storico, morale e materiale delle Chiese rappresentate dalla Tavola Valdese mediante l’istituzione di commissioni miste (art. 17, Legge 11 agosto 1984, n. 449).

Lo Stato italiano e l’Unione delle Chiese cristiane avventiste del settimo giorno collaborano per tutelare e valorizzare i beni culturali riguardanti il patrimonio storico, morale e materiale delle Chiese facenti parte dell’Unione (art. 34, Legge 22 novembre 1988, n. 516).

  1. GIOVETTI, Rassegna delle recenti intese regionali in tema di beni culturali di interesse religioso, in Il diritto ecclesiastico, 2005, 2-3, I, 737; L. SCALERA, Alcune riflessioni in tema di beni culturali delle confessioni acattoliche,Il diritto ecclesiastico, 1996, 1, I, 249-259; V. PARLATO, Tutela del patrimonio artistico delle confessioni acattoliche, in Studi urbinati, 1993, fascicolo 45, 165 -117.

[5] G. A. SENIN, Brevi annotazioni a proposito dell’intesa sugli archivi di interesse storico e sulle biblioteche appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 2000, 2, 495 – 501; F. PETROCELLI BUBER, In tema di tutela degli archivi storici delle confessioni religiose, in Il diritto ecclesiastico, 1995, 2, I, 473 – 483.

[6] O. FUMAGALLI CARULLI e A.G. CHIZZONITI, I musei ecclesiastici: organizzazione, gestione, marketing, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 2008, VII, 222; A. G. CHIZZONITI, I musei ecclesiastici e l’intesa sui beni culturali di interesse religioso del 2005, inIl diritto ecclesiastico, 2005, 4, I, 865.

[7] A.G. CHIZZONITI, L’intesa del 26 gennaio 2005 tra Ministero per i beni e le attività culturali e la conferenza episcopale italiana: la tutela dei beni culturali di interesse religioso appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche tra continuità e innovazione, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 2005, 2, 387.

[8] F. VECCHI, La valorizzazione del patrimonio storico-artistico di interesse religioso, in Il diritto ecclesiastico, 2006, 1-2, I, 208.

[9] C. BONA, Il sogno, il danno e la responsabilità di diocesi e parrocchia, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2014, 1, I, 70; A. S. MANCUSO, Alcune considerazioni sulle parrocchie alla luce delle prospettive aperte dal D. Lgs. n. 460 del 1997, inIl diritto di famiglia e delle persone, 2007, 4, II, 2047; M. FERRARIS, Sconto fiscale anche per i restauri della parrocchia, in Guida al lavoro, 2007, 27, 52.

[10]Cass. Civile, sez. I, 11 settembre 2003, n. 13380.

[11]Cons. Stato, sez. III, 31 gennaio 1989, n. 66.

[12] Art. 10, comma 3, lett. d), D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

[13] Art. 20, D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 22.

[14] Art. 20, comma 2, D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

[15] Art. 20, D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

Nel contesto contemporaneo ènecessario rileggere i documenti già pub­blicati dalla Chiesa di Roma, in particolare la Costituzione sulla Liturgia SacrosantumConcilium, l’I­struzione MusicamSacram, del 5 settembre 1967, l’Istruzione Liturgicaeinstau­rationes, del 5settembre 1970e anche tenere presente il Codice di Diritto Ca­nonico, ai cannoni n. 1210, 1213 (spetta all’autorità ecclesiastica esercitare liberamente i suoi poteri nei luo­ghi sacri e dunque regolare l’utilizzazione delle chiese, salvaguar­dando il loro carattere sacro) e 1222.

L’autorizzazione allo svolgimento di un concerto all’interno di una Chiesa deve seguire le seguenti regole:

  1. a) si dovrà fare domanda in tempo utile, per iscritto all’ordinario del luogo con l’indicazione della data del concerto, dell’orario, del programma contenente le opere e i nomi degli autori;
  2. b) dopo aver ricevuto l’autorizzazione dell’Ordinario, i parroci e i rettori delle chiese ne potranno accordare l’uso ai cori e alle orchestre che avranno le condizioni sopra indicate; c) l’entrata nella chiesa dovrà essere libera e gratuita;
  3. d) gli esecutori e gli uditori dovranno avere un abbigliamento e un compor­tamento convenienti al carattere sacro della chiesa;
  4. e) i musicisti e cantori eviteranno di occupare il presbiterio. Il massimo ri­spetto sarà dovuto all’altare, al seggio del celebrante, all’ambone;

f il  Santissimo Sacramento sarà per quanto è possibile, conservato in una cap­pella annessa o in un altro luogo sicuro e decoroso (C.I.C., can. 938 § 4);

  1. g) il concerto sarà presentato ed eventualmente accompagnato da commen­ti che non siano solamente di ordine artistico o storico, ma che favoriscano una migliore comprensione e partecipazione interiore degli uditori;
  2. h) l’organizzazione del concerto assicurerà per iscritto la responsabilità ci­vile, le spese, il riordinamento nell’edificio, i danni eventuali.
  3. MORETTI, Esecuzione di opere musicali tutelate dal diritto di autore nelle chiese aperte al pubblico, in Il diritto di autore, 2007, 2, 173; G. MACCARONE e M. FABIO, Contributi ENPALS e certificato di agibilità per i concerti musicali nelle chiese, in Guida al lavoro, 2007, 48, 47.

[16] In Francia, ad esempio, si trova l’InstitutCatholique con sede a Parigi.

[17] Per una panoramica sui distretti culturali italiani si veda,M. DE PAOLIS, Le erogazioni liberali e il contratto di sponsorizzazione con la P.A., paragrafi 6.7.1. – 6.7.12, 2015.

[18]A.S. MANCUSO, L’intesa della regione siciliana con l’Unione delle Comunità ebraiche italiane, in Nuove autonomie, 2006, 2-3, 383.