Corte di Cassazione penale, sez. I, 26 gennaio 2022, n. 2885

Istruzione pubblica – Alunno – Minore di età – Certificazione dei vaccini obbligatori ex lege – Presentazione da parte dei genitori – Omissione – Sospensione adottata dal dirigente scolastico – Legittimità – Testo integrale della sentenza

 

Presidente e Relatore Sandrini

Ritenuto in fatto

  1. A seguito di richiesta di emissione di decreto penale di condanna formulata dal pubblico ministero, il GIP del Tribunale di Pesaro ha pronunciato ai sensi dell’ art. 129 c.p.p., la sentenza indicata in epigrafe, con cui ha prosciolto, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, gli imputati M.P. e P.F. dalla violazione di cui all’art. 650 c.p., agli stessi contestata in concorso, in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sulla figlia minore, e consistita nell’inosservanza del provvedimento di sospensione dalla frequenza scolastica emesso nei confronti della minore dal dirigente competente, al fine di assicurare la tutela della salute pubblica e il mantenimento delle condizioni di sicurezza epidemiologica, mediante la condotta realizzata dall’ottobre 2018 al giugno 2019 continuando ad accompagnare a scuola la figlia. Il GIP rilevava che l’inosservanza dell’obbligo vaccinale previsto dalle l. n. 119 del 2017e l. n. 108 del 2018 con riguardo a taluni vaccini costituisce illecito amministrativo, e non illecito penale, mentre solo in caso di urgenza e in occasione di epidemie in atto il d.lgs. 112 del 1998, all’art.117 legittima l’emissione di provvedimenti contingibili e urgenti di esecuzione coattiva dell’obbligo vaccinale; richiamava il principio, immanente nell’ordinamento costituzionale, dell’autodeterminazione in materia di salute, rilevando che il dirigente scolastico è tenuto, in caso di inottemperanza dei genitori all’obbligo di presentare la documentazione attestante l’assolvimento dei doveri vaccinali nei confronti dei figli, ad effettuare una segnalazione all’azienda sanitaria competente finalizzata all’instaurazione di un procedimento suscettibile di concludersi con l’irrogazione di una sanzione amministrativa e l’attivazione dei controlli sul corretto esercizio della potestà genitoriale; riteneva che la sospensione della frequenza scolastica si atteggiava invece a mero atto amministrativo non trovante la propria fonte in una norma di legge, in assenza di epidemia o contagio in corso, con conseguente irrilevanza penale della condotta ascritta agli imputati.
  2. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro, deducendo con unico motivo violazione di legge, in relazione al D.L. n. 73 del 2017, art. 3, comma 3, convertito nella l. n. 119 del 2017, che stabilisce come requisito di accesso ai servizi educativi per l’infanzia e le scuole di infanzia la presentazione della documentazione attestante l’assolvimento degli obblighi vaccinali; rileva che proprio in forza di tale norma primaria le circolari ministeriali attuative hanno previsto la comunicazione con provvedimento formale, adeguatamente motivato, del diniego di accesso ai genitori inottemperanti alla presentazione della ridetta documentazione; che il provvedimento di sospensione dalla frequenza scolastica conseguentemente emanato dal dirigente scolastico costituisce presidio dell’interesse collettivo al bene della salute pubblica, tutelato mediante l’obbligo vaccinale al fine di prevenire il rischio di epidemie e contagi, in particolare con riguardo agli alunni della classe frequentata; che la natura di atto amministrativo del provvedimento del dirigente scolastico di diniego di accesso non esclude la punibilità ex art. 650 c.p., della relativa violazione, in quanto la condotta incriminata non è quella rappresentata dall’omessa vaccinazione del minore (sanzionata solo in via amministrativa), ma quella costituita dall’inosservanza dell’ordine legalmente dato di non accompagnare e introdurre il soggetto non vaccinato nell’istituto scolastico.

Considerato in diritto

  1. Il ricorso è fondato, nei termini e per le ragioni che seguono.
  2. Come risulta chiaramente dalla lettura dell’imputazione in relazione alla quale il pubblico ministero aveva formulato al GIP la richiesta di decreto penale di condanna, la condotta inottemperante a un provvedimento legalmente dato per ragioni di salute dalla pubblica autorità (nella persona del dirigente scolastico competente), contestata agli imputati come idonea a integrare il reato di cui all’ art. 650 c.p., non è costituita dall’inadempimento degli obblighi di vaccinazione della figlia minore, sotto il profilo della mancata sottoposizione della stessa alla somministrazione dei vaccini previsti come obbligatori dalla legge, ma bensì – testualmente – dall’inosservanza del “provvedimento di sospensione dalla frequenza scolastica” emanato a seguito della mancata presentazione della documentazione attestante l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie, che il d.l. n. 73 del 2017, art. 3, comma 3, convertito nella l. n. 119 del 2017, prescrive come requisito di accesso ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie: inosservanza che si è sostanziata, secondo l’accusa, nell’aver continuato ad accompagnare la figlia minore presso l’istituto scolastico, dal mese di ottobre del 2018 al mese di giugno del 2019, facendole frequentare le lezioni, nonostante il diniego di accesso in vigore.

Del tutto inconferenti alla fattispecie si rivelano perciò i richiami operati dalla sentenza impugnata, al fine di motivare il proscioglimento degli imputati, al principio di autodeterminazione in materia di salute accolto nell’ordinamento, alla inesistenza nell’ordinamento di un obbligo vaccinale penalmente sanzionato (contemplando la legislazione vigente soltanto l’irrogazione di sanzioni amministrative in caso di mancata sottoposizione alle vaccinazioni obbligatorie), all’assenza di una situazione di epidemia in atto (con riguardo alle patologie coperte da obbligo vaccinale) tale da legittimare l’adozione di un ordine urgente di esecuzione delle vaccinazioni obbligatorie: la condotta ascritta agli imputati non riguarda infatti il mancato assolvimento degli obblighi vaccinali nei riguardi della figlia minore, che troverebbe un discrimine nei principi, nelle norme e nelle considerazioni appena esposte, ma l’inosservanza di un dovere comportamentale completamente diverso – quello di non accompagnare e introdurre a scuola la figlia minore – discendente da un provvedimento amministrativo statuente un diniego di accesso in assenza di presentazione della documentazione vaccinale prescritta dalla legge.

È, dunque, con esclusivo riguardo alla natura, ai contenuti e alle ragioni di questo provvedimento dirigenziale di diniego di accesso che il GIP doveva verificare l’esistenza dei requisiti di legalità di emissione e la sussistenza dell’inottemperanza al relativo contenuto precettivo, idonee a integrare il reato di cui all’art. 650 c.p.

Sul punto, la sentenza impugnata è effettivamente incorsa nella violazione di legge denunciata dal ricorrente.

Non appare, invero, controvertibile che il provvedimento adottato dal dirigente scolastico trovi la sua fonte legale nella norma primaria di cui al disposto del citato d. l. n. 73/2017, art.3, commi 1 e 3, convertito nella l. n. 119/2017, in quanto la previsione del dovere gravante (“sono tenuti”) sui dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e sui responsabili dei servizi educativi per l’infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie di richiedere, all’atto dell’iscrizione del minore, ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale, la presentazione di idonea documentazione comprovante l’esecuzione delle vaccinazioni obbligatorie indicate dalla legge (ovvero le ragioni di esonero, omissione o differimento delle stesse, nei casi previsti), come requisito di accesso all’istituto scolastico, postula e legittima il conseguente esercizio del potere di escludere, con provvedimento motivato, l’ammissione del minore i cui genitori non abbiano adempiuto alla prescrizione di documentare il possesso del requisito a cui la legge subordina la frequentazione scolastica, così come precisato dalla normazione secondaria di cui alle circolari ministeriali richiamate nel ricorso del pubblico ministero, aventi natura essenzialmente esplicativa di comportamenti doverosi già ricavabili dalle citate norme di legge.

Parimenti indiscutibili appaiono la legittimità del contenuto del provvedimento, corrispondente a un diniego di accesso logicamente consequenziale alle evidenziate previsioni di legge e alle finalità con esse perseguite, nonché le ragioni di tutela della salute e dell’igiene pubblica che ne hanno giustificato l’emissione, in quanto oggettivamente funzionale agli scopi di prevenzione del rischio epidemiologico che connota tutta la disciplina vaccinale, con particolare riguardo alle comunità scolastiche.

La verificata corrispondenza del provvedimento del dirigente scolastico allo schema legale dell’art. 650 c.p., determina l’annullamento, sul punto, della sentenza impugnata, con rinvio per un nuovo esame della richiesta di emissione di decreto penale al GIP del Tribunale di Pesaro, in diversa persona fisica, sul quale residua il compito di accertare, sulla scorta degli atti trasmessi dal pubblico ministero, la sussistenza delle condotte inosservanti ascritte agli imputati, riguardanti – si ribadisce – non già la sottoposizione della figlia minore alle vaccinazioni obbligatorie, ma l’accompagnamento a scuola e la frequentazione delle lezioni in violazione del diniego di accesso.

                                                                                                      P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Pesaro, ufficio del giudice per le indagini preliminari, in persona fisica diversa da quella del giudice che ha emesso la sentenza annullata.