“IL PATRIMONIO CULTURALE NAZIONALE TRA INNOVAZIONI LEGISLATIVE E TECNOLOGICHE: PROSPETTIVE FUTURE”
Mercoledì 25 ottobre 2023
dalle ore 12.00 alle ore 14.00
Aula Avvocati del Palazzo di Giustizia
Piazza Cavour – ROMA
Conclusioni del dott. Maurizio De Paolis, Presidente dell’Associazione Romana di Studi Giuridici
Durante lo svolgimento del Convegno in merito all’art. 134, comma 4, d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, nuovo Codice dei contratti pubblici, Maurizio De Paolis, Presidente dell’Associazione Romana di Studi Giuridici, ha fatto emergere le seguenti criticità.
- Per gli istituti e luoghi di cultura, le fondazioni lirico-sinfoniche e i teatri di tradizione non viene specificato il contenuto del termine “sostegno” finanziabile attraverso i contratti di sponsorizzazione.
- Per l’avviso di sponsorizzazione della P.A. nulla è detto circa il suo contenuto. Sarebbe opportuno precisare gli elementi essenziali come: oggetto, costo stimato, controprestazione in termini di pubblicità, tipologia di sponsorizzazione (pura o tecnica).
- Per il procedimento da seguire per individuare lo sponsor nulla viene specificato qualora, dovendosi rispettare il principio di imparzialità e di parità di trattamento, siano pervenute due o più offerte. Sarebbe opportuno precisare come la P.A. si debba comportare in presenza di criticità nelle offerte pervenute: offerte irregolari, o inammissibili in relazione ai requisiti degli offerenti e/o delle offerte, offerte non rispondenti ai requisiti formali della procedura. Ovvero, quale condotta la P.A debba adottare se non venga presentata alcuna offerta o nessuna offerta sia considerata appropriata.
Ulteriori considerazioni e proposte
- Considerato che anche l’art. 120, D.lgs. n. 42/2004 disciplina anche il contratto di sponsorizzazione con oggetto i beni culturali sarebbe opportuno unificare questa disposizione con l’art. 134, d.lgs. 36 per evitare uno sdoppiamento normativo che impone un coordinamento tra le due norme.
- L’epigrafe dell’art. 134, d.gs. n. 36 “nasconde” i contratti di sponsorizzazione riguardanti i beni culturali perché non è affatto chiaro adottando nell’epigrafe la generica formula “contratti gratuiti e forme speciali di partenariato”, inoltre essendo confluiti nella predetta norma, l’art. 19 e l’art. 151, d.lgs. n. 50/2016, risulta non scorrevole l’interpretazione delle disposizioni che confondono aspetti sostanziali e procedurali.
Conclusioni dell’Avv. Giuseppina Schettino, Foro di Roma
- Prima riflessione di ordine generale
Ai sensi dell’art. 132, al settore dei beni culturali si applicano, ad eccezione dell’istituto dell’avvalimento, tutte le pertinenti disposizioni del codice dei contratti pubblici.
Ne discende che si estendono al settore tutte le riflessioni critiche generate dall’aumento della discrezionalità delle stazioni appaltanti, attraverso l’innalzamento della soglia degli affidamenti diretti, l’eliminazione dei limiti percentuali al subappalto, l’eliminazione del divieto del subappalto a cascata, la possibilità di reintrodurre il massimo ribasso, l’eliminazione del sorteggio nelle procedure negoziate senza bando.
Le predette eliminazioni, come noto, erano ineludibili, perché costituiscono applicazione dei principi euro-unitari di libertà di mercato e di concorrenza. Quindi adesso è compito del Responsabile del progetto calibrare la suddetta normativa con le esigenze specifiche del settore ovvero salvaguardare al massimo i beni tutelati autovincolando e motivando le proprie scelte in ragione del risultato.
- Seconda riflessione in merito all’archeologia preventiva
Con riferimento alla archeologia preventiva (disciplinata dagli articoli 39,41 e, in dettaglio, dall’Allegato I.8 del Codice dei contratti pubblici), si evidenzia come l’istituto abbia lo scopo di assicurare velocità nell’esecuzione dei lavori, attraverso la anticipazione alla fase di progettazione della valutazione della possibile interazione tra la realizzazione dell’opera pubblica ed il patrimonio culturale ed archeologico.
Tuttavia l’attuale disciplina presta il fianco ad alcune critiche.
Il potere della Sopraintendenza viene ridimensionato e incapsulato, come noto, nel c.d. dissenso costruttivo. Anche nel caso in cui il procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico avesse come esito la scoperta di un sito di particolare rilevanza, la Sovrintendenza non potrebbe bloccare i lavori, dovendo viceversa indicare le misure mitigatrici, ovvero le soluzioni tecniche, che rendano possibile l’opera pubblica, in tempi relativamente ristretti.
La previsione della valutazione dell’interesse archeologico in sede di conferenza di servizi, ovvero in fase di approvazione del progetto di fattibilità tecnico economica dell’opera, e l’assegnazione alla Sovraintendenza di un termine che comunque non può andare oltre l’avvio dei lavori per trovare soluzioni, non sempre agevoli, in grado di armonizzare i due interessi in conflitto, rischia di far riemergere a posteriori, ovvero in sede di esecuzione dell’opera, problemi e costi aggiuntivi non previsti né prevedibili in sede di progettazione.
Queste criticità potrebbero essere superate programmando meglio l’intervento della Sovrintendenza in fase di progettazione dell’opera, ossia anticipandolo al momento della redazione del DOCFAP (Documento di fattibilità delle alternative progettuali). In questa fase anticipata dell’iter di progettazione della opera pubblica la Sopraintendenza potrebbe anche esprimere con maggiore pienezza tutti i poteri che le sono propri per la piena tutela del patrimonio culturale.
- Terza riflessione è in merito alle piccole imprese e alla manodopera
Il codice, all’art. 60, ha previsto l’inserimento nei documenti di gara della clausola di revisione prezzi e le Regioni, come noto, adottano i prezzari, per far fronte all’aumento dei prezzi dei materiali da costruzione, ma potrebbe non essere sufficiente.
Il settore di pertinenza – si pensi a quello del restauro – è composto anche da piccole imprese altamente specializzate la cui stabilità economica può essere messa ugualmente a rischio dall’aumento dei prezzi dei materiali e degli strumenti, come i ponteggi, a causa dell’inflazione.
L’art. 57 (clausole sociali del bando di gara e degli avvisi e criteri di sostenibilità e criteri di sostenibilità economica), riferendosi, in particolare, al settore dei beni culturali e del paesaggio obbliga le stazioni appaltanti e gli enti concedenti ad inserire negli atti di gara specifiche clausole sociali volte a garantire la stabilità della occupazione e ad evitare il lavoro mal retribuito ed irregolare.