TAR Toscana, sez. IV, 18 marzo 2024, n. 303

Pubblico impiego – Mobbing – Condizioni e presupposti

Il mobbing nel rapporto di impiego pubblico si sostanzia in una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del dipendente nell’ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all’ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del medesimo dipendente, tale da provocare un effetto lesivo della sua salute psicofisica (Consiglio di Stato sez. II 13 gennaio 2023 n. 467; Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 12 marzo 2015, n.1282; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III 2 luglio 2018, n. 1643).

In particolare, ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro, va accertata la presenza di una pluralità di elementi costitutivi, dati:

a) dalla molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti, posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente secondo un disegno vessatorio;

b) dall’evento lesivo della salute psicofisica del dipendente;

c) dal nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e la lesione dell’integrità psicofisica del lavoratore;

d) dalla prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio (Consiglio di Stato, sez. III, 1 agosto 2014, n. 4105; sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4135; sez. VI, 12 marzo 2012, n. 1388).