L’intelligenza artificiale tra profili giuridici ed alcune delle più attuali applicazioni al servizio della società. (Vittorio Guarriello )

                                                                     

Sommario: 1. Premessa; 2. La definizione di intelligenza artificiale; 3 Profili giuridici problematici; 3.1 La soluzione adottata in Russia; 3.2 Le soluzioni proposte dalle Istituzioni Europee; 3.3 Il rapporto con il diritto d’autore; 3.4 Le soluzioni proposte in Italia riguardo la problematica relativa al diritto d’autore; 3.5 Osservazioni conclusive; 4 L’intelligenza artificiale al servizio della sicurezza interna degli Stati; 4.1 I sistemi di intelligenza artificiale in uso alle forze di polizia italiane; 4.2 Il software “Molecola” approntato dalla Guardia di Finanza; 4.3 I sistemi in uso all’Arma dei Carabinieri; 4.4 I sistemi in uso alla Polizia di Stato; 5 L’intelligenza artificiale al servizio della sicurezza esterna degli Stati; 5.1 I vari progetti di implementazione dell’I.A. ad impiego bellico; 5.2 I tipi di dispositivi di I.A. in ambito militare; 6 L’intelligenza artificiale nella tutela e valorizzazione del patrimonio artistico e culturale: le varie tecnologie applicabili ed i loro possibili utilizzi; 6.2 Il progetto “PSYCHE”; 6.3 I progetti in atto in Italia.

             

  1. Premessa. La storia insegna che le evoluzioni tecnologiche hanno sempre comportato svariati risvolti in molteplici ambiti. Invero, un’innovazione tecnica, soprattutto nel momento in cui viene perfezionata e implementata, difficilmente rimane confinata esclusivamente al settore per cui era stata concepita in origine. Ciò è avvenuto anche per l’informatica e per i sistemi logici e matematici che ne sono alla base del funzionamento.

Uno dei temi maggiormente discussi al giorno d’oggi riguarda l’intelligenza artificiale, da taluni considerata una branca dell’informatica[2], perché basata sui medesimi processi logici e su simili procedure automatizzate, ma che ne espande le potenziali applicazioni ben oltre il tradizionale ambito d’utilizzo. In questo scritto affronteremo la problematica in relazione a vari aspetti ad essa afferenti: innanzitutto, si proverà a fornire, senza alcuna pretesa di esaustività, una definizione di intelligenza artificiale. In secondo luogo, verranno trattati gli aspetti giuridici maggiormente problematici relativi ai dispositivi basati sulla stessa, offrendo una panoramica delle soluzioni adottate in alcuni Stati. In seguito, si esamineranno gli utilizzi dell’intelligenza artificiale in Italia ad opera delle Forze dell’Ordine al fine di garantire la sicurezza interna del nostro Paese e delle varie Forze Armate a livello internazionale per tutelare la sicurezza esterna delle proprie nazioni. Infine, verranno passati in rassegna gli utilizzi dei sistemi basati sull’intelligenza artificiale volti a garantire una maggiore tutela del patrimonio artistico e culturale ed i principali progetti finalizzati alla loro implementazione.

 

  1. 2. La definizione di intelligenza artificiale. Il termine Intelligenza artificiale (sovente abbreviato in I.A. o in A.I.) indica “quei sistemi tecnologici che mostrano un comportamento intelligente analizzando il proprio ambiente e compiendo azioni, con un certo grado di autonomia, per raggiungere specifici obiettivi”[3]. La prerogativa dei suddetti sistemi è quella di adottare, per raggiungere gli obiettivi prefissati, algoritmi che tentano di riprodurre le modalità di pensiero proprie dell’essere umano. I dispositivi di I.A., in altre parole, cercano di risolvere i problemi che gli vengono posti allo stesso modo in cui lo farebbe un uomo.

Esistono svariate tipologie di sistemi di intelligenza artificiale, alcuni dei quali sono divenuti già da qualche anno di uso comune. Si parte da sistemi di I.A. molto semplici nel loro funzionamento, quali i diffusissimi generatori di sottotitoli o i filtri anti-spam delle caselle di posta elettronica, sino ad arrivare a sistemi particolarmente complessi e dalle funzionalità avveniristiche, ad esempio droni particolarmente avanzati o automobili a guida totalmente autonoma.

In via generale, i sistemi di intelligenza artificiale possono essere classificati in base alla tecnologia di funzionamento, al settore di utilizzo e/o alla loro incorporazione in dispositivi hardware.

I dispositivi di I.A., invero, possono consistere in software che agiscono esclusivamente nel mondo virtuale, quali assistenti vocali o sistemi di riconoscimento vocale e/o facciale, oppure essere incorporati all’interno di apparati hardware e agire sinergicamente ad essi, come robot automatici o applicazioni dell’Internet of Things.

Per di più, è possibile effettuare una distinzione in relazione alle modalità mediante le quali analizzano il proprio contesto di azione e assumono le conseguenti decisioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Alcuni sistemi di I.A. utilizzano un sistema di “reti neurali artificiali”, cioè un modello computazionale matematico composto da “neuroni” artificiali (le informazioni), che si relazionano tra di loro tentando di riprodurre le modalità di scambio di informazioni che avvengono in una rete biologica naturale. In estrema sintesi, un neurone naturale è composto da due parti, sinapsi e dendriti. I dendriti sono le estensioni del neurone che lo connettono ad altri neuroni per formare una rete neurale, mentre le sinapsi sono delle porte di accesso che si connettono ai dendriti provenienti da altri neuroni. Attraverso queste connessioni vengono trasmesse sotto forma di impulsi elettrici le informazioni che il nostro cervello elabora. Un neurone riceve, in questo modo l’informazione da altri neuroni, la processa e la rilascia a sua volta ad altri neuroni ancora. Al fine di elaborare un’informazione compiuta, il neurone deve, pertanto, generare un qualche genere di output che si basi sugli input che si accumulano. Di conseguenza, il neurone integra gli impulsi che riceve e, quando questa integrazione eccede un certo limite, emette a sua volta un impulso. Ovviamente, un neurone artificiale non è un robot né una struttura biologica, ma solamente un tipo di calcolo utilizzato per integrare algebricamente un certo numero di input, e produce solamente un singolo output numerico, equivalente alla somma pesata degli input[4]. Nel suddetto contesto, gli input sono gli elementi descrittivi di una qualche problematica che si intende sottoporre al dispositivo. L’output, invece, consiste in una assegnazione di classe, ossia nell’ricondurre l’input ad una categoria predefinita di soluzione o di classificazione, dopo aver processato l’informazione. Al pari di quelli presenti nel nostro cervello, i neuroni artificiali sono collegati l’uno con l’altro. Tale collegamento tra neuroni artificiali si sostanzia nell’esecuzione simultanea ed in parallelo di calcoli singoli. In conclusione, una Rete Neurale artificiale è una complessa tecnica logico-statistica che consente di associare una spiegazione (output) ad una descrizione (input), mediante una procedura di trattamento automatico e simultaneo delle informazioni. Altre tecnologie di intelligenza artificiale, pur essendo basate su meccanismi di funzionamento meno evoluti rispetto alle reti neurali artificiali, adoperano, invece, algoritmi[5] di tipo “euristico”. Viene definito di tipo euristico un algoritmo che, basandosi sull’analisi delle circostanze contingenti e sul raffronto di esse con informazioni e procedure archiviate all’interno del dispositivo, garantisce di restituire una soluzione “accettabile” ed in brevissimo tempo al problema postogli, a differenza degli algoritmi “deterministici” che restituiscono una soluzione quasi certa ed ottimale ma che, in caso di problemi di particolare complessità, potrebbero impiegare moltissimo tempo nel farlo e che, comunque, presentano un margine d’errore. Il compito del giurista, in tale ambito, può essere quello di intervenire per porre rimedio agli errori dei sistemi di I.A., nel caso di utilizzo degli stessi nella risoluzione di problematiche strettamente giuridico (es. utilizzo di sistemi tecnologici per l’emanazione e redazione di atti amministrativi) ed elaborare criteri generali di risoluzioni delle controversie afferenti l’uso dei sistemi di Intelligenza Artificiale.

La maggior parte delle tecnologie di I.A., essendo basate su un’interazione di informazioni presenti in un dispositivo, necessitano di dati al fine di migliorare le proprie prestazioni, e una volta raggiunto un elevato livello di prestazioni potranno contribuire a migliorare ed automatizzare i processi decisionali e di problem-solving in un determinato ambito. Stante la notevole implementazione delle tecnologie finalizzate all’archiviazione ed alla trasmissione dei dati che si è avuta negli ultimi anni, anche le tecnologie di intelligenza artificiale si sono sviluppate in maniera esponenziale[6].

Tale diffusione e miglioramento dei sistemi di I.A., se da un lato ha già portato e continuerà a portare innumerevoli vantaggi alla società umana, quali la velocizzazione dei processi decisionali, la razionalizzazione di alcune fasi dei processi produttivi industriali, il miglioramento dei servizi di emergenza e delle diagnosi in ambito sanitario, dall’altro pone tutta una serie di interrogativi e di problematiche in ambito giuridico, economico, scientifico ed etico.

 

  1. Profili giuridici problematici. Una delle questioni maggiormente dibattute riguardanti l’intelligenza artificiale, implicante al contempo risvolti attinenti all’etica ed al diritto, è quella relativa alla responsabilità (in particolare quella per danni a cose e/o persone) ed all’eventuale riconoscimento di una personalità giuridica ai sistemi intelligenti.

Infatti, secondo taluni operatori del settore le legislazioni nazionali e sovranazionali dovrebbero oramai prevedere il riconoscimento di profili responsabilità in capo ai sistemi intelligenti e, nell’ambito del diritto d’autore, l’attribuzione agli stessi di una vera e propria “soggettività giuridica”[7]. Tuttavia tali prospettive vengono generalmente respinte dalla dottrina e dai rappresentanti delle Istituzioni, in quanto ritenute innaturali e foriere di notevoli rischi dal punto di vista etico e morale.

Per quanto concerne la prima questione relativa all’imputabilità in sede civile e/o penale dei sistemi intelligenti per danni cagionati a persone o cose, i sostenitori di tale proposta affermano che dovrebbe essere estesa ai dispositivi di I.A. la responsabilità giuridica sulla scorta di quanto avviene per le persone giuridiche nel diritto societario. In particolare, il rendere imputabili i sistemi intelligenti, servirebbe a limitare la responsabilità di coloro che li hanno sviluppati o che li adoperano, proprio come avviene nell’ambito del diritto commerciale per le società a responsabilità limitata. Per di più, ad opinione di vari sostenitori della teoria “causalista” del reato, secondo cui non sono richiesti elevati requisiti di volontà per controllare un comportamento, i robot dotati di un apparato fisico sarebbero imputabili in sede penale, in quanto loro “agiscono”, nel senso che pongono in essere un movimento corporeo voluto (perché frutto dell’esecuzione delle specifiche di programmazione e quindi pienamente previsto).  A costoro rispondono coloro che sostengono la più moderna teoria “finalistica” del reato, per la quale l’atto umano è differenziato da tutti gli altri eventi naturali perché esprime una volontà particolarmente intenzionale e cosciente (una sorta di contenuto ulteriore del movimento corporeo rispetto al mero atto fisico in sé), che i dispositivi artificiali non posseggono[8]. Alcuni studiosi del settore propongono addirittura l’idea di creare in alcuni casi, come quelli dei taxi a guida automatica, delle società ad hoc, delle quali conferire alcune o tutte le quote stesso al sistema intelligente[9], proposta che ovviamente pone ulteriori interrogativi in merito alla possibilità di autorizzare un sistema intelligente a possedere delle proprietà. Taluni studiosi hanno anche ipotizzato, nel caso di dispositivi di I.A. particolarmente avanzati, di paragonare i processi decisionali dei robot a quelli degli esseri umani, in quanto i sistemi intelligenti maggiormente avanzati non si limiterebbero ad eseguire le istruzioni impartite dal programmatore ma elaborerebbero autonomamente le informazioni ricevute dall’ambiente circostanze al fine di assumere un determinato comportamento. Da ciò conseguirebbe una modifica dello statuto ontologico delle macchine, in quanto esse passerebbero da oggetti giuridici a soggetti di diritto, con conseguente imputabilità. Tuttavia, a coloro che propugnano tale visione viene obiettato che ciò che contraddistingue gli esseri umani è la coscienza di sé stessi e della propria esistenza, che nei robot manca in quanto sono esseri artificiali privi di emozioni e sentimenti. Inoltre, pur volendo estendere l’imputabilità, specialmente quella in sede penale, a dispositivi artificiali si pone l’interrogativo di come possa essere possibile sanzionare un robot. Difatti, qualsiasi tipo di sanzione si adottasse nei confronti di un sistema di I.A., compresa la distruzione o la riprogrammazione, a ben vedere, ricadrebbe sul proprietario o sul programmatore dello stesso, non essendo paragonabile l’esistenza dei robot a quella degli essere umani: di certo la distruzione di un dispositivo artificiale non assolverebbe a quella funzione di prevenzione generale nei confronti degli altri sistemi che, invece, ascrivibile all’irrogazione una dura condanna penale tra gli esseri umani. Invero, anche lo strumento della responsabilità delle persone giuridiche, al quale dovrebbe ispirarsi il modello di responsabilità dei robot, in fin dei conti, è finalizzato a sanzionare le persone fisiche (azionisti e/o amministratori) della società cui viene imputata la violazione di legge.

3.1 La soluzione adottata in Russia. In molti stati extraeuropei (quali Stati Uniti d’America, Cina, India, Corea del Sud) si sta dibattendo su come declinare tale problematica nei rispettivi ordinamenti giuridici, in modo tale da riconoscere l’innovazione portata dai sistemi di I.A. senza, tuttavia, giungere a provvedimenti legislativi azzardati ed ambigui dal punto di vista etico.

Una soluzione, probabilmente non estremamente raffinata dal punto di vista tecnico e certamente suscettibile di miglioramenti, ma efficace dal punto di vista dell’applicazione pratica è quella adottata dalla Federazione Russa che ha esteso ai sistemi di I.A. la norma di cui all’articolo 1064 del proprio codice civile relativa alla responsabilità degli animali[10], estendendo ai sistemi di intelligenza artificiale il cosiddetto “modello zoologico”. Anche gli esseri animali, i mammiferi in particolare, infatti, sono esseri intelligenti ed in parte coscienti delle proprie azioni, tuttavia non per questo i proprietari vengono esonerati dai danni cagionati dagli stessi, segnatamente quando sono prevedibili e/o evitabili. Una simile norma, potenzialmente estensibile ai dispositivi di I.A. è presente anche nell’ordinamento giuridico italiano. Difatti, l’art. 2052 c.c. prevede che il proprietario di un animale o colui che lo ha in uso per il tempo in cui se ne serve è responsabile dei danni dallo stesso cagionati, anche se l’animale è fuggito o è stato smarrito, salvo che venga provato il caso fortuito.

 

3.2 Le soluzioni proposte dalle Istituzioni Europee. Le istituzioni dell’Unione Europea, già da qualche anno a questa parte, stante la progressiva diffusione dei sistemi di I.A. negli Stati membri, si stanno occupando della questione, giungendo tuttavia, fino ad ora ad opinioni contrapposte tra loro.

Difatti, il Parlamento Europeo ha emanato in data 16 febbraio 2017 una serie di “Raccomandazioni alla commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica”.

In tale documento di proposta legislativa, la tematica di diritto sostanziale sulla quale si insiste maggiormente è quella relativa alla creazione di un vero e proprio status giuridico per i robot, con la prospettiva di una futura classificazione degli stessi come “persone elettroniche” responsabili delle proprie azioni. Inoltre, viene sancita la necessità di istituire una nozione unitaria e condivisa di robot e di intelligenza artificiale.

Dal punto di vista prettamente regolamentare, nei principi generali della risoluzione si fa riferimento alla Direttiva sulla responsabilità per danno dei prodotti difettosi (Direttiva 85/374/CEE del 25 luglio 1985), interrogandosi tuttavia riguardo i limiti intrinseci del citato provvedimento, dato che i robot sono capaci di apprendimento e di adattamento. Afferma, infatti, la risoluzione Parlamento Europeo del 16 febbraio 2017 che “per quanto riguarda la responsabilità extracontrattuale, la Direttiva 85/374/CEE riguarda solamente i danni causati dai difetti di fabbricazione di un robot ed a condizione che la persona danneggiata sia in grado di dimostrare il danno effettivo, il difetto del prodotto ed il nesso di causalità tra il difetto ed il danno e che pertanto la responsabilità oggettiva o la responsabilità senza colpa potrebbero non essere sufficienti; e che nonostante l’ambito di applicazione della Direttiva 85/374/CEE, l’attuale quadro giuridico non sarebbe sufficiente a coprire i danni causati dalla nuova generazione di robot, in quanto questi possono essere dotati di capacità di apprendimento e di adattamento che implicano un certo grado di imprevedibilità del loro comportamento, dato che imparerebbero in modo autonomo, in base alle esperienze diverse di ciascuno ed interagirebbero con l’ambiente in modo unico ed imprevedibile”[11].

Un’altra questione affrontata all’interno della risoluzione in esame riguarda il fatto che il tradizionale criterio di imputabilità è collegato ad una condotta da parte del soggetto agente, e rimane dubbio il fatto che un’intelligenza artificiale possa porre in essere un’autonoma condotta nel mondo fisico.

A tal riguardo, nel prosieguo del citato provvedimento vengono richiamati i principi tradizionali della responsabilità del produttore, affermando, però, che essi devono adeguarsi all’autonomia decisionale che assumono i sistemi di I.A. e al fatto che essi possono riprogrammati da vari soggetti e in un momento successivo a quello della loro fabbricazione, circostanza che potrebbe coinvolgere, nella determinazione delle responsabilità, soggetti diversi dal solo produttore, quali i programmatori o coloro che hanno realizzato o impostato gli algoritmi decisionali, come avviene nell’esperienza giuridica statunitense[12].

Un’altra soluzione prospettabile in tale ambito è quella di adottare quale criterio di imputazione della responsabilità la culpa in vigilando di colui che sta adoperando il sistema intelligente, nel momento in cui si accorge che quest’ultimo sta adottando decisione sbagliate e/o potenzialmente dannose.

E dato che non sembra ancora ipotizzabile affermare che i robot siano soggetti di diritto, risulta maggiormente coerente con gli orientamenti della Western Legal Tradition, categorizzare i robot quale oggetti, ossia proprietà di chi li possiede. Infatti, anche gli oggetti più evoluti dal punto di vista sensoriale non presentano ancora caratteri umani che permettono di derogare a tale classificazione[13].

Il parlamento europeo formula, poi, un’altra serie di proposte alla Commissione.

In primo luogo, si suggerisce che in caso di danni causati da robot il legittimato passivo sia responsabile in base al proprio grado di conoscenza del sistema ed alla quantità di istruzioni dal lui impartite all’I.A.

Oltre a ciò, viene proposto anche di rendere obbligatorio per produttori e proprietari di sistemi di I.A. la stipula di una polizza assicurativa, finalizzata proprio a coprire gli eventuali danni causati dai loro robot.

Per di più, si prospetta anche l’ipotesi di rendere possibile per i produttori, programmatori, proprietari ed utenti di automi intelligenti la costituzione di un fondo di risarcimento o la sottoscrizione di un’assicurazione collettiva in caso di danni arrecati da robot e di istituire un fondo pubblico di garanzia in caso di danni cagionati da dispositivi non assicurati.

Viene poi caldeggiata, come detto in precedenza, “L’istituzione di uno status giuridico specifico per i robot nel lungo termine (…) in modo tale che almeno i robot autonomi più sofisticati possano essere considerati come persone elettroniche responsabili di risarcire qualunque danno da loro causato”.

Tale proposta appare, però, estremamente problematica, per una serie di ragioni.

Innanzitutto, i robot dovrebbero essere dotati di autonomia patrimoniale perfetta che li renda in grado di assolvere ad eventuali obbligazioni pecuniarie ed andrebbero approntate una serie di procedure, anche di carattere coercitivo, per il risarcimento dei danni.

Inoltre, una simile scelta potrebbe incentivare una deresponsabilizzazione di ideatori e produttori di I.A., i quali, agendo su scala globale e sfruttando le differenze tra i vari ordinamenti giuridici, potrebbero non rispondere mai delle loro scelte sbagliate[14].

Peraltro, il 31 maggio 2017 il Comitato economico e sociale europeo (CESE) nel parere C-238, pubblicato il 31 agosto 2017, ha espresso una serie di perplessità riguardo la proposta avanzata dal Parlamento europeo, in particolare per quanto concerne l’attribuzione di soggettività giuridica ai robot intelligenti.

In particolare, per ciò che concerne il profilo della responsabilità dei sistemi di I.A. nei casi in cui a causare un danno siano sistemi che apprendono autonomamente e continuano ad apprendere anche dopo la loro messa in funzione.

Il CESE esprime un’opinione contraria all’introduzione di una forma di personalità giuridica per i robot o per l’I.A. (o i sistemi di I.A.), proposta dal Parlamento europeo nelle raccomandazioni concernenti norme di diritto civile sulla robotica, in cui veniva formulata la proposta di introdurre il concetto di “personalità elettronica”, per i robot in modo tale che essi possano essere ritenuti responsabili degli eventuali danni causati, in quanto essa comporterebbe un rischio di azzardo morale inaccettabile. Difatti, alle norme in materia di responsabilità civile viene generalmente attribuita una ratio preventiva di correzione del comportamento, la quale potrebbe venir meno ogni volta che la responsabilità civile non ricade più perché viene trasferita al robot (o al sistema di I.A.). Inoltre, vi è il rischio di un uso inappropriato e di abuso di uno status giuridico di questo tipo. In questo contesto, il confronto con la responsabilità limitata delle società viene ritenuto fuori luogo in quanto, nel diritto societario, è sempre la persona fisica ad essere responsabile in ultima istanza[15].

Si deve, poi, considerare anche il fatto che l’imprevedibilità dei comportamenti di un sistema di I.A. è essa stessa prevedibile e proprio per tale ragione programmatori ed utilizzatori devono prestare maggiore cautela nell’approntamento e nell’utilizzo di questa tipologia di dispositivi. Di conseguenza, sarebbe opportuno che in caso di comportamenti negligenti o imprudenti essi vengano chiamati a rispondere dei danni che eventualmente ne sono conseguiti.

Infine, allo stato delle conoscenze attuali è condivisibile l’opinione secondo cui l’apprendimento ed i processi decisionali di un sistema di intelligenza artificiale non possono comunque essere equiparati a quelle umane poiché sono basati su algoritmi matematici ed alcune questioni che l’intelligenza umana riesce a concepire e ad affrontare non possono essere espresse e/o risolte sotto forma di algoritmo[16].

 

3.3 Il rapporto con il diritto d’autore. Un’altra questione estremamente complessa è quella relativa al rapporto tra intelligenza artificiale e diritto di copyright.

Infatti, secondo taluni essendo i sistemi di I.A. dotati della capacità di elaborare autonomamente le proprie decisioni, in determinati ambiti dovrebbero essere considerate, quantomeno sotto il profilo morale come gli effettivi autori di, ad esempio, un’opera artistica. Essi, invero, a differenza dei tradizionali programmi di elaborazione informatica non si configurerebbero più come meri strumenti di supporto al processo creativo, bensì quali autori o co-autori delle opere.

Difatti, ad opinione di parte della dottrina, esaminando la definizione di proprietà intellettuale fornita dall’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale essa si riferisce “alle creazioni della mente”, senza specificare che la mente debba essere necessariamente umana.

Tuttavia, tale impostazione non viene condivisa dalla quasi totalità degli Stati occidentali.

Difatti, negli Stati Uniti d’America l’Ufficio del copyright ha esplicitamente dichiarato che “registrerà un’opera attribuendone la paternità a condizione che l’opera sia creata da un essere umano”[17]. Anche vari tribunali federali hanno ribadito tale orientamento, escludendo addirittura anche le persone giuridiche dallo status di inventori perché “le persone concepiscono non le aziende”. In Europa, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha più volte dichiarato, in particolare nella sua fondamentale decisione C-5/08 “Infopaq” che il copyright si applica esclusivamente alle opere originali e tale originalità deve riflettere la creazione intellettuale dell’autore.

In ogni caso, sulla base di tali orientamenti risulta evidente che se un’opera originale deve riflettere la personalità del proprio autore, è indispensabile la presenza di un creatore umano affinché possa applicarsi la normativa sul copyright[18], dato che i sistemi di Intelligenza Artificiale non possiedono la capacità di provare emozioni e sentimenti.

Una possibile soluzione potrebbe essere quella di considerare quale autore di un’opera generata da (o tramite) dispositivi I.A. l’inventore o l’utente dello stesso (o considerarlo un lavoro derivato).

 

3.4 Le soluzioni proposte in Italia riguardo la problematica relativa al diritto d’autore. Per quanto concerne l’esperienza italiana, vi sono opinioni divergenti. Tuttavia, molti criticano l’affermazione contenuta nella risoluzione del Parlamento Europeo che invita la Commissione ad elaborare criteri per definire una “creazione intellettuale propria” da parte del sistema I.A., in quanto tale modifica legislativa si porrebbe in netto contrasto con il nostro ordinamento giuridico (artt. 6 e ss., l. 633/41), secondo cui l’autore può essere solo un essere umano in quanto l’opera costituisce un’estrinsecazione del lavoro intellettuale[19].

Inoltre, secondo tale orientamento la soluzione di costituire un soggetto elettronico al quale sono imputabili i diritti d’autore, in quanto capace di effettuare molte decisioni senza l’intervento umano, risulta essere astrattamente condivisibile sul piano del diritto morale d’autore, ma appare difficilmente praticabile sul piano dei diritti patrimoniali sull’opera, non essendo possibile che il soggetto elettronico percepisca i ricavati dello sfruttamento di una propria creazione.

In conclusione, risulta quindi essere auspicabile che il legislatore, preferibilmente quello comunitario, in modo tale da uniformare la disciplina della materia tra i vari Stati, apporti modifiche normative finalizzate a disciplinare questo nuovo tipo di situazione giuridica e volte, inoltre, a consentire di imputare ad un soggetto giuridico “tradizionale”, (persona fisica o giuridica) i diritti economici e, preferibilmente, morali derivanti da un’opera dell’ingegno creata da un sistema di intelligenza artificiale[20].

 

3.5 Osservazioni conclusive. L’analisi effettuata delle principali questioni giuridiche connesse allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale consente di comprendere quanto tale tematica si delicata e necessiti di una crescente attenzione da parte dei legislatori nazionali e delle Istituzioni sovranazionali. Il settore dei dispositivi I.A. è destinato a crescere in futuro e le tecnologie che ne consentono il funzionamento sono in costante evoluzione. Per tale ragione, è assolutamente necessaria una costante opera di studio e di aggiornamento legislativo. Infatti, per il grande utilizzo di tali sistemi che si riscontra in svariati settori e su molti luoghi di lavoro l’Intelligenza Artificiale avrà ripercussioni sullo stile di vita di moltissime persone. Di conseguenza, è necessaria una regolazione giuridica chiara e tempestiva delle fattispecie e delle problematiche che possono riconnettersi all’implementazione dell’Intelligenza Artificiale. Invero, se ben delineata, una cornice legislativa chiara ed esaustiva può agevolare, anziché limitare, uno sviluppo efficace e produttivo dei sistemi di I.A. Inoltre, risulterà necessaria da parte delle Istituzione preposte, una costante opera di studio e di aggiornamento relativamente alle evoluzioni tecnologiche in atto, in modo tale da evitare che le norme di riferimento risultino obsolete rispetto alle tecnologie effettivamente disponibili. Infine, dato che una qualsiasi invenzione tecnologica e per sua natura “neutrale” ed i risvolti positivi o negativi che può avere dipendono dall’utilizzo che ne viene fatto da parte dell’uomo, risulterebbe opportuno informare e sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo l’Intelligenza Artificiale, i possibili pericoli connessi ad essa e le modalità di uso e di sviluppo etiche che è possibile adottare.

 

  1. L’intelligenza artificiale al servizio della sicurezza interna degli Stati. Uno degli ambiti nei quali si sta riscontrando una rapida e significativa implementazione dei sistemi basati sull’intelligenza artificiale, tanto che l’11 ed il 12 luglio 2018 è stato organizzato a Singapore dall’INTERPOL un incontro mondiale sul tema, è quello della sicurezza c.d. “interna” delle Nazioni, ossia l’insieme degli organismi istituzionali e degli strumenti che tradizionalmente lo Stato adotta per tutelare il proprio apparato ed i cittadini da minacce provenienti dall’interno della nazione (es. criminalità comune ed organizzata, terrorismo eccetera) e o che si manifestano all’interno del territorio dello Stato[21] e non riconducibili all’azione di potenze straniere.

 

4.1 I sistemi di intelligenza artificiale in uso alle forze di polizia italiana. In Italia, oltre alle agenzie di intelligence, A.I.S.I ed A.I.S.E, sulle cui attività e dotazioni viene mantenuto ,ovviamente ,un riserbo che non rende di pubblico dominio le informazioni ad esse relative, l’attività di tutela della sicurezza interna viene espletata dalle Forze dell’ordine (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza), che nell’ultimo periodo hanno decisamente aumentato la propria capacità operativa in materia di pubblica sicurezza e prevenzione di reati anche grazie all’adozione di dispositivi basati sull’intelligenza artificiale da affiancare ai tradizionali strumenti investigativi.

Difatti, i vertici delle forze di polizia italiane, in verità sempre estremamente sensibili alle innovazioni tecnologiche, hanno  da qualche anno a questa parte optato per una massiva adozione di dispositivi di I.A. in vari settori degli apparati posti alle loro dipendenze,in quanto reputati capaci di ottimizzare il lavoro di controllo del territorio, fornendo un apporto indispensabile nella  prevenzione dei reati, soprattutto quelli predatori, e permettendo al personale impiegato in attività di pubblica sicurezza di agire in maniera maggiormente efficace e sicura.  In generale, i sistemi basati sull’intelligenza artificiale esprimono la loro massima utilità ed efficacia nella ricerca e individuazione di specifici “pattern” all’interno di database con grandissime moli di dati. Di guisa che risulta evidente la loro impiegabilità come supporto alle indagini, nell’ambito della pubblica sicurezza.

I sistemi di intelligenza artificiale adottati dalle Forze dell’Ordine più noti e che hanno raggiunto una diffusione ed una frequenza di adozione  a livello nazionale che permette di catalogarli oramai come standard operativi sono:  il sistema “O.D.I.N.O” (Operational Device for Information, Networking and Observation) in uso all’ Arma dei carabinieri, il sistema “MERCURIO” della Polizia di Stato ed i software “X-Law” e S.A.R.I. (Sistema automatico di riconoscimento immagini) adottati dalla Polizia di Stato. Tuttavia, esistono, oltre a quelli attualmente in via di sperimentazione e/o sviluppo, anche un’altra serie di sistemi di I.A. adottati dalle Forze dell’ordine, spesso presso i loro organismi centrali. Risulta necessario segnalare, poi, l’utilizzo di droni in determinate circostanze: controlli mirati, sicurezza di grandi eventi, operazioni di search and rescue.

 

4.2 Il software “Molecola” approntato dalla Guardia di Finanza. Il primo esempio di adozione da parte delle forze di Polizia italiane di un sistema capace di processare grandi moli di dati e di elaborarli al fine di evidenziare specifiche informazioni risale al 2006, segnatamente con l’ideazione e l’approntamento da parte di specialisti appartenenti alla Guardia di Finanza di un software, tuttora utilizzato in una versione aggiornata, denominato “Molecola”. Tale sistema, quantomeno nel suo progetto originario, non può essere propriamente ricondotto alla categoria dei software basati sull’I.A., in quanto il suo funzionamento, sia per quanto concerne la piattaforma sia per quanto concerne le query e le dinamiche di estrapolazione delle informazioni d’interesse ad esse connesse, sono ispirate a quelle di Microsoft Access, il noto applicativo per database del pacchetto Microsoft Office. Tuttavia, lo scopo del suo sviluppo è il medesimo di quelli relativi ai sistemi di I.A. adottati in seguito dalle altre Forze dell’Ordine. Inoltre, costituisce il primo reale utilizzo da parte di un organismo investigativo italiano di un dispositivo basato su una tecnologia avanzata rispetto a quella delle tradizionali banche dati, capace di ottimizzare il lavoro di ricerca e sviluppo delle informazioni di interesse operativo. La decisione di progettare una tale tipologia di software nasce in seguito ad una specifica attività di studio sul comparto operativo degli accertamenti economico-patrimoniali finalizzati al sequestro/confisca dei patrimoni illeciti, svolta in collaborazione tra la Direzione Nazionale Antimafia e lo S.C.I.C.O.[22]. Tale attività di studio aveva individuato una serie di fattori di criticità[23]:nel suddetto settore: in particolare, l’eterogeneità delle procedure operative, la non agevole aggregazione e gestione dei dati acquisiti da uffici/reparti diversi, e soprattutto la non organica rappresentazione ed interpretazione di rilevanti masse dati relative ad ampie platee di soggetti. Di conseguenza, il comando Generale della Guardia di Finanza decise di approntare una soluzione tecnica al fine di implementare la proiezione operativa del Corpo nel settore delle indagini patrimoniali.  Il software “Molecola” nasce quindi in funzione degli specifici compiti di polizia economico-finanziaria attribuiti dal nostro ordinamento alla Guardia di Finanza. Infatti, esso costituisce sostanzialmente uno strumento mediante il quale, nelle more di un’indagine patrimoniale, gli investigatori possono avere acceso in maniera più speditiva a tutte le informazioni concernenti i rapporti finanziari del soggetto nei confronti del quale si stanno effettuando le verifiche. Il sistema è collegato, invero, alle altre banche dati della Guardia di Finanza, all’Anagrafe Tributaria, al sistema Telemaco delle Camere di commercio ed alle Banche dati delle Forze di Polizia. In tal modo, l’operatore nel momento in cui effettua una ricerca ha a disposizione un report completo, standardizzato nella forma e nei contenuti, della situazione patrimoniale relativa alle persone su cui si sta investigando. Per di più il software in automatico evidenzia, tramite un sistema di warning, le eventuali anomalie ed incongruenze tra redditi ufficiali ed effettive disponibilità economico-patrimoniali. Il software Molecola permette, inoltre, di interfacciare i suoi dati con l’applicativo di analisi operativa Analyst’s Notebook, un programma della IBM ideato per facilitare la lettura dei dati da parte degli analisti, al fine di fornire una rappresentazione grafica dei risultati della ricerca e di offrire una visione ancora più intuitiva della situazione afferente i soggetti nei confronti dei quali approfondire l’indagine. L’implementazione del sistema “Molecola” è stata un successo dal punto di vista operativo, in particolare nel corso delle operazioni di aggressione patrimoniale nei confronti dei rami imprenditoriale delle organizzazioni di stampo mafioso,  attività in cui ha consentito l’effettuazione in un breve arco temporale di numerose e rilevanti indagini finalizzate al sequestro ed alla confisca di beni proventi di attività illecite, tale da meritare il plauso da parte dell’allora Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso in una relazione indirizzata al Parlamento, il quale segnalava che “la necessità di assicurare un sempre più proficuo e veloce scambio delle informazioni di carattere economico e finanziario e l’esigenza di evitare inutili parcellizzazioni nella raccolta dei dati utili alle investigazioni hanno spinto l’Ufficio verso la costituzione di un progetto di informatizzazione delle indagini patrimoniali, bancarie, fiscali e societarie che sia in grado di orientare e agevolare l’attività delle singole Procure, in ciò avvalendosi dell’esperienza maturata dai Reparti specializzati delle forze di polizia (si pensi al progetto “Molecola” studiato dalla SCICO della Guardia di Finanza in cooperazione con la Direzione nazionale antimafia)”[24] ,  indurre il comando generale della Guardia di Finanza ad aggiornare varie volte nel corso degli anni il software e spingere le altre Forze di Polizia a dotarsi di sistemi simili, calibrati sui rispettivi ambiti di competenza.

 

4.3 I sistemi in uso all’Arma dei Carabinieri. Il sistema “O.D.I.N.O.” (acronimo di Operational Device for Information, Networking and Observation – Dispositivo interconnesso per l’attività informative ed il controllo del territorio) è un apparato mobile, con un funzionamento  estremamente simile a quello delle comuni applicazioni per tablet o smartphone, sviluppato dal Comando generale dei Carabinieri in cooperazione con l’azienda “Intellitronika” e concepito ad uso dei reparti dell’Arma dei Carabinieri impiegati in attività del controllo del territorio e/o investigative. La ragione alla base dell’ideazione e del successivo sviluppo tecnico di tale sistema è stata quella di implementare ulteriormente la proiezione funzionale dell’Arma nell’ambito del controllo del territorio, facilitando e rendendo maggiormente documentabili le attività espletate dal personale impegnato in tali compiti.

Infatti, come scrive il generale di brigata Vincenzo Galli, vicecomandante del III reparto “Telematica” del Comando generale dell’Arma dei carabinieri[25],  per la capillarità della loro presenza territoriale garantita dalle 4589 stazioni dislocate in tutto il territorio nazionale, i Carabinieri rappresentano una vera e propria “macchina molecolare” della sicurezza pubblica, la cui cifra distintiva è quella di analizzare direttamente il territorio e coglierne le dinamiche sociali (e criminali) mediante una vigilanza ininterrotta. Proprio per tale ragione, è stato ritenuto indispensabile sfruttare le più moderne tecnologie al fine di adeguare l’attività di vigilanza territoriale ai tempi e di migliorarne l’efficienza.

Il sistema O.D.I.N.O. è basato su di un’applicazione installabile su tablet ( di cui sono stati dotati le autovetture dell’arma deputate al pattugliamento) o su uno smartphone. Il programma fornisce, poi, una suite di funzioni estremamente variegata le cui principali sono:

– collegamento in tempo reale alle banche dati: tramite O.D.I.N.O. l’operatore può interrogare direttamente, simultaneamente ed in tempo reale, ricevendo una risposta dal sistema entro cinque secondi,  le banche dati della motorizzazione civile ( per la verifica della regolarità della revisione dell’auto), dell’ANIA (per gli accertamenti sulla regolare copertura della polizza assicurativa) e la Banca dati delle forze di Polizia ( per verificare eventuali pregiudizi di natura penale a carico della persona sottoposta al controllo), georeferenziando,altresì, il risultato dell’accertamento. Tali interrogazioni possono essere effettuate, inoltre, anche semplicemente inquadrando la targa del veicolo da attenzionare. Ciò rappresenta un’enorme novità, in quanto in precedenza le suddette attività potevano essere svolte solamente procedendo ad un’interrogazione radio della Centrale operativa, con maggior dispendio di tempo e con il rischio, dato che sovente risultava necessario fermare il veicolo o la persona da controllare, di compromettere un’eventuale attività investigativa in svolgimento. Oltre a ciò, tramite O.D.I.N.O., l’operatore può anche verificare, mediante scansione, immediatamente se il documento esibitogli da un soggetto sottoposto a controllo risulta essere vero o contraffatto. Tali funzionalità permettono, inoltre, di sgravare la centrale operativa dall’incombenza di effettuare i vari controlli richiesti via radio dal personale impiegato sul territorio e di concentrarsi su altre attività di maggiore urgenza (coordinamento soccorsi o situazioni di emergenza, etc.);

– geolocalizzazione e navigazione satelittare: il sistema consente, per di più, di inviare alla centrale operativa le coordinate satellitari del luogo in cui si trova l’operatore in quel momento e di ricevere dalla stessa, in caso di richiesta d’intervento, una specifica destinazione con l’indicazione del percorso ottimale per il suo raggiungimento;

– allarmi e videosorveglianza: nel momento in cui dovesse verificarsi un’emergenza, l’operatore può, mediante O.D.I.N.O., inviare un messaggio di allarme alla centrale operativa, attivando al contempo videocamera e registratore del dispositivo sul quale il sistema è installato, fornendo, in tal modo, all’operatore della centrale una visione chiara e dettagliata della situazione in svolgimento. Oltre a ciò, il sistema consente di registrare in locale foto e video e, in contemporanea, di inviare un video in modalità streaming alla centrale operativa o di salvare sul dispositivo tali file multimediali, geolocalizzati, e di condividerli in un secondo momento. Quest’ultima funzione risulta particolarmente utile al fine di documentare quanto avviene nel corso del servizio, soprattutto al fine di prevenire o bloccare sul nascere successive contestazioni strumentali alla correttezza degli operanti. Infine, grazie ad un sistema di sensori denominato “I protect” appena un operatore estrae l’arma da fuoco in dotazione viene inviato un segnale d’allarme alla centrale operativa.

Il programma SI.CO.TE., a sua volta, è un sistema integrato di controllo dell’intero territorio nazionale finalizzato ad accrescere le capacità operative ed investigative dell’Arma dei Carabinieri. Il sistema consente di raccogliere ed integrare dati provenienti da sorgenti diversificate e di ottimizzare la ricerca dei dati su categorie definite, su base geografica[26]. Tale programma, realizzato dall’Arma in cooperazione con l’industria nazionale operante nel settore della difesa “Leonardo-Finmeccanica” rappresenta un utile supporto alle investigazioni, ma anche un valido ausilio per i comandanti dei vari reparti nell’ambito delle decisioni di carattere generale che sono chiamati ad assumere. Il sistema, la cui implementazione è stata resa possibile grazie al potenziamento dell’intera rete su cui poggia l’infrastruttura telematica dell’Arma e alla reingegnerizzazione della sala operativa del comando generale, consiste in una piattaforma software basata sull’intelligenza artificiale all’interno della quale convergono dati provenienti da svariate fonti aperte, dai dispositivi dotati del sistema O.D.I.N.O., dagli elicotteri e dalle centrali operative mobili. I suddetti dati una volta effettuata una ricerca vengono poi restituiti, grazie all’I.A. , in forma aggregata, georeferenziati e filtrati in base al target utilizzato. Vengono, altresì, messe in evidenza dal sistema le correlazioni tra enti e persone ed effettuata la Sentiment Analysis in base alla chiave di ricerca adottata. Di particolare rilievo è anche la funzione di Social Network Analysis presente nel sistema che consente, in particolare nell’ambito di investigazioni su gruppi criminali organizzati di evidenziare modus operandi comuni nei dati osservati ed analizzare le varie fenomenologie criminali, attenzionando le reti criminali e ponendo in risalto il ruolo di ciascun componente all’interno delle stesse.

Con tale sistema si è quindi realizzato un vero e proprio strumento di analisi intelligente “netcentrico” capace di acquisire, organizzare e collegare, rappresentandoli su un’unica piattaforma, enormi moli di dati eterogenei.

Ciò pone l’Arma dei carabinieri in una condizione di “superiorità informativa” negli scenari di riferimento, da sfruttare sia a fini info-investigativi sia in ragione di organizzare la dislocazione del personale sul territorio in base alle situazioni registrate nelle varie località.

L’Arma adotta, infine, anche alcuni droni per specifici compiti. In particolare, tale tecnologia viene adottata per garantire un efficace sorveglianza nell’ambito di rilevanti manifestazioni pubbliche, nelle operazioni di soccorso, e in operazioni mirate (es. ricerca di piantagioni di sostanze stupefacenti)[27] quale supporto al personale. Al fine di formare il personale all’utilizzo di tali strumenti tecnologici l’Arma dei carabinieri, unitamente alla Polizia di Stato ed alla Guardia di Finanza ha preso parte ad un progetto di sperimentazione in cooperazione con l’ENAC.

Uno dei reparti specializzati che ha maggiormente portato lustro all’Arma è il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, nato nel 1969, operante alle dirette dipendenze del Ministero per i Beni e le attività culturali del quale costituisce ufficio di diretta collaborazione ed avente il precipuo compito di espletare indagini di Polizia Giudiziaria, contrastando tutte le violazioni di legge in materia di patrimonio culturale poste in essere da singoli individui o da organizzazioni criminali. Tra gli strumenti principali adottati dal suddetto reparto nell’assolvimento dei propri compiti istituzionali vi è la Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti denominata “Leonardo”. Essa risale al 1980 ed è, quindi, stata la prima banca dati costituita nel settore dei beni culturali tuttora unanimemente riconosciuta come il database dedicato più ampio al mondo. In essa sono quotidianamente inserite tutte le informazioni descrittive e fotografiche relative ai beni culturali illecitamente sottratti e/o da ricercare, provenienti dai Reparti territoriali dell’Arma, dalle altre Forze di Polizia, dalle Soprintendenze, dagli Uffici Doganali e dall’INTERPOL per i beni all’estero. Inoltre, il personale addetto, grazie ad uno specifico accordo stipulato in tal senso, può accedere al sistema informativo della Conferenza Episcopale Italiana relativo al patrimonio culturale ecclesiastico, la cui importanza è rilevante sia sotto il profilo artistico sia dal punto di vista devozionale e del sentimento religioso delle identità locali. La Banca Dati, quindi, proprio in ragione dell’utilizzo di una sofisticata tecnologia informatica e delle numerose informazioni in essa contenute, è ormai divenuto uno strumento di avanguardia per l’elaborazione e l’analisi dei fenomeni criminali concernenti i beni culturali, in grado di indirizzare l’attività preventiva e investigativa dei vari reparti. Essa viene oramai alimentata ed aggiornata giornalmente e consente, tramite software basati sull’Intelligenza Artificiale, sia l’inserimento e la ricerca di eventi, persone, oggetti e loro relazioni, sia l’elaborazione di statistiche. Inoltre, è possibile adoperarla su un interfaccia web ed è dotata di un supporto multilingua e permette modalità di ricerca visuale e capacità di georeferenziazione di eventi (appositi applicativi consentono il posizionamento delle entità sul territorio in base al collegamento tra dati alfanumerici e geografici, nonché l’individuazione di zone a rischio e dei percorsi legati alla criminalità e la rappresentazione grafica di tutte le connessioni logiche tra le informazioni censite). Per di più, interagendo in tempo reale con palmari e personal computer portatili, agevola la redazione da parte del personale operante di documentazione sul luogo dell’intervento e la consultazione e l’alimentazione dirette del sistema.[28] Ulteriore implementazione della banca dati “Leonardo” è costituita dall’applicazione per smartphone, tablet e dispositivi mobili denominata “iTPC Carabinieri”. L’applicazione sfrutta le potenzialità della Banca dati “Leonardo”, al fine di poter fornire al cittadino la possibilità, mediante una ricerca visuale, di effettuare un rapido tra un’opera d’arte con quelle contenute all’interno del database delle opere trafugate. L’applicazione consente, inoltre, di creare l’Object ID, ossia una scheda descrittiva del bene, che consente una esaustiva descrizione e fotografica di beni culturali e risulta estremamente utile in caso di furto, in quanto consente al personale incaricato delle indagini di disporre di elementi oggettivi per l’identificazione dello stesso[29].

 

 4.4 I sistemi in uso alla Polizia di Stato. Il sistema “Mercurio” rappresenta, nell’ambito dell’infrastruttura tecnologica della Polizia di Stato, il corrispettivo del sistema O.D.I.N.O. dell’Arma dei Carabinieri. Esso è la piattaforma tecnologica della Polizia di Stato per il controllo del territorio. Tale sistema consiste in un tablet fissato alla plancia della Volante, ma rimovibile ed adoperabile all’esterno dell’autovettura, dotato di schermo multi-touch da 10 pollici e videocamera esterna, viene utilizzato per la video-sorveglianza in mobilità e la lettura automatica delle targhe (ANPR).Tramite il sistema Mercurio, gli operatori della Polizia di Stato potranno procedere autonomamente alla verifica dell’originalità dei documenti che vengono loro esibiti, compiere accertamenti su persone e/o mezzi di trasporto presso le banche dati delle Forze di Polizia, della motorizzazione civile e dell’ANIA. La piattaforma consente, inoltre, di compiere una lettura automatica delle targhe dei veicoli inquadrati, effettuando, poi, una comparazione autonoma con quelle presenti nella banca dati dei mezzi di trasporto rubati.

Anche Mercurio, così come il sistema O.D.I.N.O., permette una geo-localizzazione costante tramite l’invio alla centrale operativa delle coordinate cartografiche del dispositivo sul quale è installato e consente all’operatore di inviare alla stessa un segnale d’emergenza, attivando contestualmente la videoregistrazione.

La Polizia di Stato offre la possibilità, poi, al singolo appartenente all’Amministrazione di richiedere al responsabile della Sala operativa della Questura di appartenenza l’installazione sul proprio smartphone personale di un’applicazione loro riservata denominata “Mercurio App”, compatibile con i sistemi operativi Android 5.0 e seguenti. L’installazione dell’applicazione avviene su base volontaria, non influisce con il regolare funzionamento dello smartphone e non prevede la raccolta di dati sensibili. Prima di effettuare il login l’utilizzatore dovrà segnalare se in quel momento è in possesso o meno dell’arma di ordinanza. Fornita tale informazione, l’operatore verrà riconosciuto e geolocalizzato dalla Sala operativa della Questura. In caso di emergenza, come avviene per la versione installata sulle auto di servizio, egli potrà inviare un segnale d’allarme e, in contemporanea, il sistema attiverà l’ascolto e la trasmissione video ambientale e trasmetterà le coordinate dell’operatore alla struttura operativa competente per territorio, che potrà rapidamente inviare pattuglie in ausilio.

Il sistema “X-Law”, in uso alla Polizia di Stato, rappresenta una rilevante novità nei sistemi di controllo del territorio adottati dalle Forze dell’Ordine. Esso, infatti, rappresenta la prima applicazione pratica in Italia del concetto di “Polizia predittiva”[30].  Il software, ideato dall’ ispettore Elia Lombardo in servizio presso la Questura di Napoli, si basa su un approccio di tipo euristico che, mediante un algoritmo probabilistico che estrapola una serie di dati provenienti dalle denunce inoltrate alla Polizia di Stato, consente di prevedere con un alto grado di attendibilità il verificarsi di un crimine, in particolare i reati predatori urbani.

Infatti, secondo l’approccio della cosiddetta “predictive analysis”, i reati predatori sono una tipologia di crimine ciclico e stanziale, posto in essere per massimizzare il profitto in un breve arco temporale. Di conseguenza, talvolta determinati fattori ricorrenti e coincidenti in un fenomeno criminale (es. rapine e furti commessi sempre negli stessi luoghi, con le stesse modalità e da soggetti indossanti i medesimi capi d’abbigliamento), consentono al sistema di elaborare a fini predittivi  tali informazioni e,quindi, di tracciare una mappa del territorio, evidenziando le zone e gli orari a maggiore rischio, facendo scattare un alert quando alcuni di tali fattori si incrociano tra di loro, che mette in moto le Volanti della Polizia, chiamate a verificare se la previsione del sistema si sia realmente avverata o meno. Inoltre “X-Law”, mediante l’approccio proprio del machine learning, compara con i dati provenienti dall’archivio denunce della polizia anche quelli socioeconomici, demografici e degli eventi in programma nel luogo in cui viene utilizzato, fornendo, in tal modo, alert georeferenziati ancor più precisi. Ad esempio, nel caso in cui in una città venga segnalato il continuo perpetrarsi di scippi in luoghi affollati e sia in programma in una certa data un evento pubblico di rilievo, il sistema, incrociando questi dati, disporrà l’invio di pattuglie a sorvegliare l’evento in questione, poiché viene ritenuta molto probabile la commissione di reati predatori in una tale occasione.

Il sistema oramai diffuso in via sperimentale in varie Questure italiane ha già dato i suoi primi risultati. Infatti, a Venezia, un uomo di 55 anni che aveva perpetrato un furto in un albergo ha trovato ad attenderlo, nel parcheggio dello stesso, una volante della Polizia, allertata dal sistema dell’alta probabilità che si verificasse tale avvenimento in quel luogo ed a quell’ora.

Il S.A.R.I., acronimo di sistema automatico riconoscimento immagini, è un sofisticato software di riconoscimento facciale sviluppato dalla Polizia di Stato in cooperazione con l’azienda leccese operante nel settore informatico “Parsec 3.26”. Esso consente di identificare in brevissimo tempo un soggetto a partire da un fotogramma, confrontando lo stesso, tramite algoritmi propri dell’I.A. con le banche dati dell’A.F.I.S. (Automatic Fingerprint Identification System), una banca dati contenente i dati biometrici e le fotografie dei vari soggetti fermati dalle Forze dell’Ordine a fini preventivi o repressivi, o con le immagini delle telecamere di sorveglianza di una determinata zona.

Il sistema S.A.R.I., infatti, funziona secondo due modalità

Enterprise: compara il fotogramma immesso nel sistema con le immagini presenti nella banca dati AFIS, restituendo, poi, una serie di risultati ordinati in base alla percentuale di corrispondenza tra le immagini riconosciuta dal sistema;

Realtime: partendo da un’area geografica ristretta, il sistema compara il fotogramma inserito con i volti ripresi dalle varie telecamere di sorveglianza, una volta individuata una possibile corrispondenza, il sistema invia un alert agli operatori. Tale modalità di funzionamento risulta particolarmente utile nel momento in cui si ritiene che l’autore di un reato ancora non si sia potuto allontanare dal luogo di commissione dello stesso.

Tuttavia, per poter acquisire valore probatorio nel corso di un dibattimento le corrispondenze del sistema S.A.R.I. devono essere riscontrate e confermate da personale specializzato della Polizia Scientifica. L’adozione di tale tecnologia risulta particolarmente utile anche per un altro motivo,  infatti, l’unico strumento per identificare un soggetto non collaborativo ma non indagato fino ad ora era rappresentato dal fermo per l’identificazione (art. 349 c.p.p.) dalla durata di 12 ore, prorogabile dall’Autorità giudiziaria fino ad un massimo di 24 ore, mentre ora anche tale procedura potrà essere ottimizzata.

Il sistema è operativo sull’intero territorio nazionale ed ha recentemente portato anche i primi risultati. Nel caso di un furto di appartamento commesso a Brescia, difatti, gli autori sono stati identificati proprio grazie alla comparazione delle immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza effettuata dal sistema S.A.R.I.

Anche la Polizia di Stato, così come l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza, adotta droni per specifici compiti istituzionali ed a supporto di determinate attività operative. Tale tecnologia è stata, difatti, impiegata con funzioni di sorveglianza in occasione del 67° Festival della canzone italiana di Sanremo nel febbraio 2017 e durante il vertice del G7 svoltosi in varie città italiane nel maggio dello stesso anno. La Polizia di Stato partecipa, inoltre, unitamente alle altre Forze dell’Ordine al progetto di formazione dei piloti di droni nei campi volo convenzionati ENAC ed ha lanciato nel corso del 2015 un invito alle aziende operanti nel settore a presentare progetti di comodato d’uso funzionali alla sperimentazione di droni. L’amministrazione della Pubblica Sicurezza partecipa, per di più, insieme alle altre forze di Polizia a tavoli tecnici finalizzati a razionalizzare il quadro giuridico in materia di droni e ad individuare strumenti tecnologici idonei a neutralizzare droni ostili[31].

 

  1. L’intelligenza artificiale al servizio della sicurezza esterna degli Stati. Nel corso della storia umana, un settore nel quale si è sempre riscontrato un ampio utilizzo delle innovazioni tecnologiche è quello militare. Difatti, quasi tutte le più importanti scoperte scientifiche (aerei; elettricità; energia atomica), seppur nate inizialmente per altri scopi, sono state spesso approntate rapidamente dagli eserciti in sistemi d’arma da adoperare in chiave difensiva e/o offensiva. Nel suddetto contesto, l’Intelligenza artificiale riveste oramai da qualche anno un ruolo rilevante a livello mondiale per quanto riguarda le prospettive di sviluppo tecnologico delle Forze Armate. Osservando i progetti attualmente in fase di sviluppo o già portati a termine si comprende, inoltre, che l’Intelligenza artificiale potrà avere in ambito militare effetti ben maggiori di quelli portati dall’informatica. Le tecnologie informatiche sono state utilizzate, difatti, principalmente per migliorare le telecomunicazioni o per avere una visione più precisa della dislocazione del personale impiegato nello scenario operativo. L’intelligenza artificiale, al contrario, consentirà, qualora i progetti attualmente in via di sviluppo giungessero ad una diffusione planetaria, una radicale modifica del concetto di combattimento militare come lo conosciamo oggi. La massiva introduzione all’interno delle Forze Armate di dispositivi tecnologici quali smart soldiers, droni totalmente autonomi e veicoli da combattimento a guida autonoma capaci di ricercare da soli l’obiettivo da colpire, comporterebbe una sempre minore presenza umana nei teatri di battaglia, ma aprirebbe anche una serie di interrogativi riguardo la pericolosità di tali apparati e la capacità dell’essere umano di esercitare un effettivo controllo su di essi.

 

5.1 I vari progetti di implementazione dell’I.A. ad impiego bellico. Attualmente, sono numerosi i progetti relativi all’implementazione di dispositivi di intelligenza artificiale ad uso militare messi in atto dalle varie potenze Mondiale,  quelli di maggior rilievo sono:

il progetto finanziato dal Pentagono denominato “A.I. Next”.  Nato nell’estate del 2018 in risposta alle analoghe sperimentazioni attuate da Russia e Cina è gestito dalla D.A.R.P.A., l’agenzia governativa del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti incaricata dello sviluppo di nuove tecnologie per uso militare. Lo scopo di tale ricerca è quello di “esplorare nuove teorie e applicazioni che potrebbero consentire alle macchine di adattarsi a situazioni mutevoli, compiendo un salto di qualità rispetto alle tecnologie oggi disponibili” ed ai fini della sua effettiva realizzazione sono stati stanziati circa 2 miliardi di dollari.  Al progetto in questione si aggiungeranno, inoltre, il bando Artificial Intelligence Exploration (AIE) annunciato a luglio scorso,rivolto a  ricercatori universitari e finalizzato verificare  la fattibilità di nuovi concetti di I.A. entro 18 mesi dall’aggiudicazione del lavoro, e l’ampio disegno di riorganizzazione dell’intero sistema di ricerche nel settore I.A. anticipato dal segretario alla Difesa Jim Mattis, il quale parlando nell’ aprile 2018 alla Commissione Forze Armate della Camera, aveva spiegato di stare lavorando all’istituzione di un unico centro ricerche che potesse ottimizzare la miriade di programmi di I.A. del Dipartimento. Nell’ambito del progetto “A.I. Next” verranno avviate inoltre una serie di partnership con il mondo dell’università e della ricerca e con le aziende private, al fine di reperire investimenti e di estendere l’uso delle tecnologie eventualmente elaborate anche a scopi civili. A tal proposito, a maggio 2018, la Casa Bianca ha convocato i CEO di colossi del Web come Facebook, Amazon, Google e Microsoft, ma anche manager di gruppi come Boeing, Ford, MasterCard e Pfizer, oltre a esponenti del Pentagono e di varie agenzie per propiziare le creazione di un comitato avente come membri alcune dei maggiori esperti nell’ambito dell’industria, dell’accademia e delle istituzioni. Scopo finale di tale comitato dovrebbe essere quello di elaborare una strategia concreta che coordini ed ottimizzi le ricerche dell’amministrazione relative all’I.A., operando insieme al governo U.S.A. all’interno del comitato tecnologico del Consiglio nazionale della scienza e della tecnologia, presieduto istituzionalmente dallo stesso presidente degli Stati Uniti;

il programma “Made in China 2025”. Ricerca concernente la trasformazione dell’intero sistema industriale cinese in una industria 4.0, assicurando alla nazione la leadership in campo tecnologico entro il 2030[32]. Tra i vari ambiti interessati, il settore militare è quello che sicuramente riveste la maggiore importanza. Invero, le sperimentazioni sono focalizzate sull’implementazioni di sistemi aventi un’adoperabilità dual use (militare e civile). Anche tale progetto si avvale della collaborazione delle principali università e dei più importanti centri di ricerca industriali cinesi. Lo scopo finale della ricerca, per quanto concerne il comparto difesa, è quello di creare sistemi d’arma “intelligenti, con il compito di elaborare enormi volumi di dati informativi e di situazione, e così decidere autonomamente, e in tempo reale, le linee di azione da intraprendere”[33]. In tale scenario, l’essere umano non sarà più chiamato a svolgere, un ruolo diretto nel ciclo di funzionamento dei sistemi (in the loop), ma solo a supervisionare sull’intera attività dei dispositivi (on the loop). Ciò marca una grande differenza di approccio rispetto agli Stati Uniti d’America, che nelle loro ricerche sul tema non pongono mai l’uomo fuori dal ciclo di funzionamento dei sistemi I.A. sia per ragioni valoriali sia per le profonde implicazioni riguardo il rispetto delle regole di ingaggio. Attualmente, le ricerche cinesi in questo ambito hanno raggiunto un discreto livello di avanzamento riguardo: sistemi autonomi e intelligenti senza pilota; fusione e elaborazione di dati; elaborazione di informazioni; capacità difensiva e offensiva in ambito “info-warfare” (utilizzo delle informazioni nel teatro operativo); simulazione, wargaming e combat training; supporto al processo decisionale.

Dal canto suo, la Federazione Russa ha creato nel 2015-2016 il “Centro nazionale di sviluppo delle tecnologie robotiche e dei componenti basici dei robot”. Inoltre, nel corso 2017, il presidente Vladimir Putin ha disposto l’implementazione di “complessi robotici autonomi”,per il solo utilizzo militare. Per di più la Russia ha già sviluppato elicotteri a guida totalmente autonoma e sperimentato l’uso, diretto da remoto, di robot “killer” che attaccano da soli, senza alcun intervento umano, obiettivi autonomamente selezionati in base a parametri preimpostati. Infine, Mosca si sta anche concentrando nello sviluppare sistemi I.A.  finalizzati al controllo delle frontiere, basati su una serie di reti neurali che si collegano automaticamente alle telecamere, ai sensori sismici, a quelli umani e alle reti di UAV, al fine di fornire una tempestiva risposta alle minacce eventualmente rilevate[34]. Israele, invece, è stato il primo Paese ad adottare in un teatro operativo robot totalmente automatizzati, autoveicoli militari a guida autonoma, oltre a costruire il drone “Harpy”, l’UAV (Unmanned Aerial Vehicles ) [35]anti-radiazioni che cerca, individua ed attacca  i centri radar nemici senza alcun controllo e supervisione umana.

 

5.2 I tipi di dispositivi I.A. in ambito militare. Molteplici sono attualmente le categorie di sistemi di I.A. da adoperare in ambito bellico su cui si sta concentrando la ricerca. Tuttavia, quelli riguardo i quali si è già raggiunto un livello di sviluppo che li rende concretamente impiegabili in uno scenario operativo sono quelli che ricalcano le tradizionali funzioni espletate durante un conflitto da esseri umani, e in particolare:

– robot militari. Sono robot, non ricalcanti fattezze umane, autonomi e dotati di capacità decisionale. Tendenzialmente le prospettive di tale tipologia di dispositiva è quella di fornire un sempre maggior supporto alle truppe convenzionali sul campo di battaglia. I prototipi, attualmente in via di sviluppo, maggiormente rappresentativi della categoria sono di vario genere: “Big-Dog”, ad esempio, è un robot da trasporto finanziato dalla D.A.R.P.A, capace di spostare carichi fino a 180 chilogrammi, la cui implementazione ha,però, subito una battuta d’arresto in quanto ritenuto troppo rumoroso e complicato da riparare in caso di guasto. I ricercatori del M.I.T. di Boston hanno, invece, ideato “Cheetah”, un robot da ricognizione che raggiunge la velocità di 47 km/h e può saltare ostacoli fino a 45 cm. Esistono, poi, i droni acquatici come “Ghost Swimmer”, uno squalo robot alimentato a batterie testato dalla U.S Navy che raggiunge grandi profondità e verrà utilizzato in missioni di Intelligence. L’Azienda israeliana “I.A.I.” ha, infine, ideato “RoBattle” un robot modulare intelligente, che si muove su cingoli ed adatta il proprio funzionamento in base ai compiti che gli sono stati assegnati, grazie alla dotazione di un vasto equipaggiamento che “RoBattle” è capace di assemblare all’occorrenza;

– robot “Killer” e soldati elettronici. I robot killer sono robot militari capaci di sostituirsi ad un combattente umano in un teatro operativo, dotati di Intelligenza artificiale ed in possesso di capacità decisionali autonome. Sostanzialmente, un robot militare può, in base alle impostazioni di programmazione, selezionare gli obiettivi da colpire, scegliendo, al contempo, come e quando attaccarli senza alcun intervento umano. Sperimentazioni riguardo tali sistemi sono in atto da parte di Stati Uniti, Cina, Gran Bretagna, Russia e Corea del Sud. Tuttavia, ad oggi, l’unica applicazione pratica di un dispositivo simile ad un Robot “Killer” è rappresentata dal robot sentinella “Samsung Techwin SGR-A1” che vigila sulla zona demilitarizzata tra le due Coree. Il dispositivo è dotato di intelligenza artificiale ed il suo equipaggiamento comprende videocamere a infrarossi, mitragliatrice e lanciagranate, che lo rendono in grado di individuare e colpire bersagli in movimento in un raggio di 3,2 km. Per il momento viene ancora comandato a distanza, ma sono in atto ricerche per renderlo totalmente autonomo dall’intervento umano. Un’ulteriore evoluzione concettuale di tali sistemi è rappresentata dai cosiddetti “soldati elettronici”, una sorta di cyborg, costituiti da un esoscheletro integrato da nanotecnologie. I cyborg, secondo taluni, oltre ad assicurare un maggiore rendimento operativo[36] (non sono insubordinati, non provano stanchezza, possono resistere a condizioni di stress insostenibili per un essere umano, non hanno dubbi di natura etica o religiosa  e non necessitano di addestramento),  risultano anche più accettabili da un punto di  vista sociale: difatti i cyborg, se resi inutilizzabili, non lasciano un vuoto nel proprio reparto di appartenenza  ed una famiglia distrutta dal dolore da assistere. Infine, far combattere. in battaglia un essere artificiale sembra essere moralmente più ammissibile per la pubblica opinione. Attualmente, risultano essere in atto solamente sperimentazioni relative ad integrare le capacità di un operatore umano mediante un esoscheletro, progetti TALOS degli Stati Uniti d’America e Ratnik della Russia[37], ma il futuro potrebbe riservare a breve sorprese in tale ambito;

gli aeromobili a pilotaggio remoto (c.d. “droni”).  Gli UAV, acronimo di Unmanned Aerial Vehicle (Aeromobili a pilotaggio remoto), comunemente noti come droni, sono aeromobili pilotati da un operatore non presente fisicamente sul veicolo, controllati via satellite e solitamente dotati di videocamere e sensori.

In ambito militare, tale tipologia di veicoli viene sovente adoperata per missioni di sorveglianza e ricognizione o per operazioni di intelligence sul territorio nemico. Tuttavia, essi possono essere equipaggiati anche di sistemi d’arma. Gli Stati Uniti hanno, ad esempio, sviluppato alcune versioni dei droni “Predator” equipaggiate con missili anticarro, impiegati nella lotta contro l’ISIS nel Sahel. Per quanto riguarda l’Italia, la nostra Aeronautica militare dispone di 12 aeromobili a pilotaggio remoto, 6 Predator A (non armati) e 6 Predator B (armabili), in forza al 32° Stormo di stanza ad Amendola, in provincia di Foggia. Si tratta di droni equipaggiati per effettuare esclusivamente missioni di sorveglianza e ricognizione. Presto potrebbe entrare a far parte dell’organico dell’Aeronautica militare anche un drone tutto italiano, il Piaggio P.1HH “Hammerhead. Tale veicolo, derivato dall’aereo turboelica Piaggio P.180 Avanti II, è stato progettato e sviluppato da Piaggio Aerospace in collaborazione con Selex ES, azienda del gruppo Finmeccanica. Possiede un’autonomia di circa 16 ore di volo, può raggiungere una velocità massima di 730 km/h ed è armabile. Tuttavia, secondo l’osservatorio “Mil€x” sulle spese militari italiane[38], da documenti del Ministero della difesa si evincerebbe lo stanziamento di circa 20 milioni di euro finalizzato ad armare i 6 droni di tipo Predator B, in modo tali da predisporli anche per l’espletamento di operazioni militare a carattere offensivo.

Il timore che un sistema intelligente, specialmente se armato, possa sfuggire al controllo dell’essere umano e costituire una minaccia per esso è parte oramai da tempo dell’immaginario collettivo, a riscontro di ciò basta considerare le opere di Isaac Asimov o l’ampia gamma di film sul tema. Fortunatamente, ad oggi siamo ancora molto lontani da uno scenario distopico nel quale “macchine ribelli” possano sfidare l’uomo, fino a minacciarne la stessa sopravvivenza. Il recente episodio in cui due sistemi chatbot[39] appartenenti a Facebook hanno dialogato tra loro in una lingua non conosciuta all’essere umano e la conferma che tali episodi si sono verificati anche nell’ambito delle sperimentazioni di Google afferenti i sistemi di traduzione automatici permette di comprendere che il rischio che l’Intelligenza Artificiale sfugga al controllo umano è realistico; di conseguenza, specialmente in ambito militare, andrà prestata la massima attenzione nell’ implementazione di tali sistemi.

 

  1. L’Intelligenza artificiale nella tutela e valorizzazione del patrimonio artistico e culturale. Un settore in cui l’Intelligenza artificiale potrebbe presto conseguire ampi spazi di applicazione è quello relativo alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale. I sistemi I.A., infatti, nelle loro varie declinazioni, possono essere impiegati in vari compiti che consentono di proteggere i beni culturali, di restaurarli e di tecnologizzare ulteriormente la fruizione delle opere d’arte. Inoltre, l’I.A. può trovare applicazione anche nella riqualificazione urbana, compresa quelle delle aree di interesse archeologico. In particolare, nell’ultimo decennio si è riscontrato un sempre crescente interesse all’adozione di sistemi tecnologicamente avanzati nell’ambito dei beni culturali, in quanto vi è stato un cambio di mentalità nell’approccio alla gestione dei beni culturali[40]. Infatti, si è passati dal considerare il bene culturale un mero oggetto rappresentante un “frammento del passato” da preservare al reputarlo una risorsa, da integrare nel sistema di valorizzazione delle risorse locali del territorio in cui si trova. Difatti, un reperto archeologico è un qualcosa di pienamente connesso al territorio in cui si trova e può concorrere a migliorarlo: si pensi ad un palazzo storico che diventa il cardine di una riqualificazione di determinate aree urbane (come avvenuto nella città di Catania a metà degli anni novanta). In tale contesto, le tecnologie informatiche e soprattutto l’Intelligenza Artificiale rappresentano un contributo fondamentale al raggiungimento degli obiettivi.

 

6.1 Le varie tecnologie applicabili ed i loro possibili utilizzi. Come detto in precedenza, molteplici sono gli utilizzi che si possono fare dell’Intelligenza Artificiale nell’ambito della tutela del Patrimonio culturale, quelli riguardo i quali si è discusso maggiormente e sui quali è stata già effettuata qualche forma di sperimentazione o sono già stati adottati sono:

analisi automatica delle opere e dei reperti. Lo scopo primario dei sistemi di I.A. è, come detto più volte, quello di creare dispositivi capaci di replicare nel loro funzionamento gli stessi processi di ragionamento propri dell’essere umano. Ciò può essere realizzato anche nel campo dei beni culturali. In particolare, sono stati ideati software in grado di analizzare un’opera d’arte come farebbe un archeologo[41]. In particolare, tali sistemi sono basati sulle reti neurali artificiali, complessi sistemi di calcolo basati su algoritmi, capaci di processare le informazioni, classificandole in maniera non dissimile da un essere umano. Di conseguenza, inserendo nei database dei dispositivi di questo genere informazioni attinenti ai risultati di precedenti scavi archeologi e sulle modalità mediante le quali gli esperti del settore categorizzano un’opera, è possibile, nel momento in cui si sottopone loro la “scansione” di una composizione artistica, avere in breve tempo una prima classificazione abbastanza attendibile della stessa;

– chatbot. I chatbot sono dispositivi basati sull’Intelligenza Artificiale programmati per conversare ed interagire con gli esseri umani. Il loro utilizzo può risultare particolarmente utile al fine di digitalizzare ulteriormente la fruizione di musei e percorsi archeologici a tema. Infatti un dispositivo di I.A., grazie all’ imponente mole di dati che è capace di memorizzare, può rendere più attraente la visita a questo tipo di attrazioni. Inoltre, consentirebbe al visitatore di veder soddisfatte tutte le sue curiosità riguardo una specifica opera;

– biosensori. Un biosensore è un qualunque dispositivo analogico o digitale che funziona con organismi viventi (indicatori) in grado di rispondere a determinati stimoli ambientali, producendo un segnale elettro-chimico o ottico al raggiungimento di un valore soglia, concernente un determinato fattore ambientale (es. il glucometro utilizzato dai diabetici per misurare la concentrazione di glucosio nel sangue). L’intelligenza artificiale è in grado di migliorare l’utilità di questa tipologia di dispositivi poiché consente di renderli maggiormente efficiente nell’analisi dei dati velocizzando, quindi, l’eventuale trasmissione di un segnale d’allarme e, rendendo possibile la connessione e l’analisi contestuale dei dati provenienti da più biosensori, implementarne la capacità di monitoraggio. I biosensori possono essere particolarmente utili nella tutela di beni culturali facilmente deteriorabili. Invero, un biosensore automatico che funziona in tempo reale e continuativamente per segnalare in ambienti indoor il raggiungimento di condizioni favorevoli a fattori germinativi consentirebbe al personale addetto al controllo di essere informato in tempo reale qualora si realizzassero condizioni ambientali pericolose per una specifica opera d’arte;

– realtà aumentata. La realtà aumentata è una tecnologia che consente la rappresentazione di una realtà alterata in cui, alla normale realtà percepita dai cinque sensi umani, vengono sovrapposte informazioni artificiali e virtuali. Nel campo dei beni culturali essa potrebbe costituire un ulteriore strumento volto a rendere più accattivanti le visite ai siti archeologici. Risultano essere, attualmente, allo studio tecnologie mobili per il rilievo tridimensionale e l’acquisizione di immagini relative a monumenti, architetture e scavi archeologici, utili, poi, per creare modelli di realtà aumentata a quattro dimensioni, nei quali oltre alle tre coordinate spaziali si aggiungerà anche la coordinata temporale di quanto visualizzato dall’utente. In tal modo, l’utente avrà a disposizione dei veri e propri “Musei o siti archeologici aumentati, nei quali, oltre a quanto fisicamente esposto, verranno poste a sua disposizione ulteriori informazioni e risorse che renderanno più complete ed interessanti le informazioni fornitegli. Un’ interessante applicazione di tale sistema si è avuta nell’ambito di un progetto sperimentale denominato “OMERO” posto in essere dalla sede di Bari del Consiglio Nazionale delle Ricerche che consente mediante input di carattere uditivo e vocale, che si attivano toccando una specifica parte dell’opera, la fruizione di composizioni artistiche anche ai non vedenti[42];

big data. Con il termine Big data, (grandi [masse di] dati), ci si riferisce ad una raccolta di dati talmente estesa in termini di volume e varietà da richiedere particolari tecnologie per poter essere analizzati. L’intelligenza artificiale è in grado di processare i Big Data. Per tale ragione l’I.A. potrebbe essere adoperata al fine di effettuare la catalogazione digitale di biblioteche e archivi storici e, nelle operazioni di ricerca archeologica, il riconoscimento automatico di caratteri e/o segni distintivi di un’opera d’arte, in modo tale da poterla datare più velocemente;

– restauro virtuale. Per restauro virtuale si intende quella tipologia di restauro effettuata con l’ausilio di tecnologie informatiche che permette la ricostruzione virtuale di un bene che per ragioni di degrado fisico non è possibile esperire in modo tradizionale. La possibilità di attingere alla grande massa di informazioni contenuta nei Big Data permette, al giorno d’oggi, di raggiungere riproduzioni virtuali delle opere particolarmente fedeli all’originali. L’utilizzo sinergico di tale tecnologia con le stampanti tridimensionali consente, inoltre, di riprodurre comunque oggetti estremamente simili al bene artistico originale. In ambito filologico, invece, l’utilizzo del restauro virtuale coniugato ai Big Data rende possibile la ricostruzione quasi totalmente fedele del contenuto di un testo antico;

– algoritmi di ricerca. Ai fini di individuare aree dove è possibile effettuare ricerche archeologiche, l’Intelligenza artificiale offre la possibilità di creare algoritmi particolarmente complessi, basati su grandi moli di informazioni concernenti lo stato dei luoghi, i risultati di precedenti esplorazioni, le civiltà che vi hanno vissuto nel corso del tempo, che restituirebbero risultati con un alto grado di attendibilità;

droni. L’utilizzo dei droni può aiutare a monitorare efficacemente il patrimonio culturale, soprattutto contro furti e tentativi di danneggiamento. Inoltre, in casi particolari può consentire di salvare almeno la memoria di opere d’arte delle quali non è possibile evitare la distruzione. Difatti, nella penisola arabica un gruppo di archeologi per cercare di tamponare i danni arrecati al patrimonio artistico dall’ISIS ha proposto di fotografare, mediante l’utilizzo di droni, monumenti, siti e reperti archeologici. Le immagini dovrebbero essere inviate, poi, a un archivio in Europa, e utilizzate per realizzare delle copie con stampanti 3D. Tale iniziativa è stata promossa dall’Institute for Digital Archeology in collaborazione con l’Unesco. I droni rendono, infine, possibili anche esplorazioni archeologiche in aree difficilmente accessibili all’uomo;

– motori di ricerca. Le tecnologie informatiche hanno reso accessibili in ogni luogo ed in ogni momento una grande quantità di documenti ad un’amplissima platea di persone. Tuttavia, ciò comporta sovente un sovraccarico informativo. Tale problematica viene definita con il nome di information overload. Difatti, spesso, anche adoperando un motore di ricerca, molti dei risultati restituiti non soddisfano le reali necessità informative dell’utente. Mediante l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale è possibile tentare di ovviare a questo problema. Invero, una delle principali dell’I.A. è la creazione di motori di ricerca “semantici”, ossia in grado di comprendere il bisogno informativo dell’utente e di restituirgli risultati quanto più possibile corretti, anche indicizzando nei risultati documenti contenenti sinonimi della chiave di ricerca utilizzata o, in caso di polisemia[43], individuare il significato della parola che intendeva attribuirgli l’utente. Al fine di facilitare la restituzione di risultati pertinenti, soprattutto nell’ambito di ricerche afferenti argomenti tecnici, risulta estremamente utile “profilare” l’utente ossia registrare le ricerche effettuate al fine di avere un quadro chiaro dei suoi interessi. Nell’ambito dei Beni Culturali oramai da qualche anno si stanno sviluppando motori di ricerca rivolti ad appassionati ed a professionisti del settore capaci di fornire, anche grazie alla profilazione degli utenti, risultati particolarmente rispondenti alle esigenze informative e provenienti da fonti affidabili. Un tale tipo di motore di ricerca è attualmente in via di creazione in Italia. Nel suddetto contesto, particolarmente difficoltosa risulta essere la ricerca di materiale audiovisivo. Infatti, Nell’ambito dell’elaborazione di video ed immagini, viene spesso enfatizzato il cosiddetto “semantic gap” tra la semantica di alto livello necessaria all’indicizzazione di materiale audio-visivo e le proprietà di basso livello offerte dall’analisi automatica[44]. Al fine, quindi, di consentire anche in questo settore la restituzione all’utente di un risultato pertinente alla ricerca effettuata è stato reputato indispensabile sfruttare i cosiddetti “metadati”. Con tale termine si intendono le informazioni che si riferiscono ad altri dati, permettendo di risalirvi con maggiore facilità. In Italia, è stato implementato già da oltre un decennio il software “Presto Space”[45]  che consente di indicizzare con estrema accuratezza i materiali audiovisivi grazie ad una catalogazione su base semantica dei metadati ad essi afferenti (ad esempio, titoli di coda o di testa, informazioni riguardanti il contenuto o legate alle componenti editoriali, etc.) e programmi basati sugli stessi concetti sono stati creati anche per il reperimento di dati, informazioni ed immagini concernenti opere pittoriche.

 

6.2 Il progetto “PSYCHE” (The Protection System for Cultural Heritage). Il progetto denominato PSYCHE (acronimo di the Protection SYstem for Cultural HEritage) è stato sviluppato in partnership dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale in collaborazione e dall’INTERPOL ed afferisce la realizzazione di un software utilizzabile a livello internazionale capace di riconoscere e ricercare le opere d’arte illecitamente trafugate.

Con l’implementazione del suddetto sistema ci si è posto l’obiettivo di migliorare lo scambio di informazioni sulle opere d’arte trafugate a livello globale, attraverso la modernizzazione del database Works of Art di INTERPOL. Il progetto è stato proposto il 18 ottobre 2011 al programma EUROPEAN ISEC dedicato alla “Prevention Of And Fight Against Crime”.

Hanno contributo al progetto svariate società ed enti pubblici italiani e sovranazionali tra cui: l’azienda REPLY, società di sviluppo di software che ha elaborato gli aspetti tecnici del progetto, FORMEZ PA, ente pubblico italiano che ha concorso nella gestione finanziaria ed amministrativa del progetto e la Commissione Europea, che ha concesso il finanziamento.

Il software trova fondamento giuridico ed espresso riconoscimento in molteplici provvedimenti  legislativi dell’Unione Europea, tra cui la 2008 EU Council Decision CRIMORG 166, ENFOPOL 191, n.14224/2/08, che ha consentito all’INTERPOL di modernizzare il proprio data base con il sostegno della UE, Council Decision 2007/125/JHA, che stabilisce il programma dell’Unione Europea a sostegno della “Prevenzione e lotta contro la criminalità” e la Council Framework Decision the 2006/960/JHA, che supporta la semplificazione dello scambio di informazioni e l’intelligence tra le autorità dedite al contrasto del crimine degli Stati membri aderenti al progetto.

Il progetto PSYCHE, è finalizzato a consentire a ciascun Paese membro di inserire, modificare e cancellare le informazioni dell’opera trafugata e gli eventi associati direttamente nel database dell’INTERPOL.
In passato, difatti, le informazioni venivano inviate dall’INTERPOL e l’inserimento dei dati veniva eseguito presso il Segretariato Generale da personale specializzato.

Adesso, invece, l’informazione viene inserita nel database direttamente dall’operatore di polizia dello Stato membro e resa disponibile per le ricerche al completamento di un processo di conva­lida. Per quanto concerne l’Italia lo sviluppo del sistema PSYCHE ha avuto quale obiettivo il ren­derlo interoperabile con “Leonardo”, il già citato database italiano dei beni culturali illecitamente sottratti, sviluppando uno specifico software di interfaccia per collegarli. In particolare, al termine di un normale flusso di immissione dei dati nel database italiano, l’operatore è in grado di inviare automaticamente le informazioni al database dell’INTERPOL, se lo ritiene opportuno. Dopo il pro­cesso di validazione, le informazioni vengono definitivamente memorizzati nel database Works Of Arts di INTERPOL. Il sistema PSYCHE consente, poi, di facilitare la ricerca dei beni culturali rubati memo­rizzati, in modo da aumentare la possibilità di recuperarli mediante uno strumento di confronto au­tomatico delle immagini, integrato nell’interfaccia web INTERPOL, che permette all’utente di cer­care con il semplice caricamento di una fotografia nell’apposito modulo per la ricerca automatica, la quale verrà poi raffrontata con le opere d’arte rubate presenti nel database. Sono state svolte, inol­tre, svariate attività di formazione, finalizzate a preparare gli operatori di polizia che utilizzeranno il sistema, sia attraverso sessioni remote sia con l’evento di formazione “Face to Face”, organizzato presso il Comando Carabinieri TPC, a Roma. Per di più, è stata implementata una piattaforma e-le­arning interattivo con strumenti multimediali utili, accessibile a tutti i Paesi comunitari ed extraco­munitario che aderiscono al progetto.

Infine, nell’ambito delle attività volte alla diffusione del sistema PSYCHE, è stato realizzato un manuale e un video, finalizzato alla divulgazione delle informazioni per supportare il singolo operatore all’uso di PSYCHE ed ampliare le competenze in materia[46].

 

6.3 I progetti attuati in Italia. Il nostro Paese, stante il proprio imponente patrimonio artistico e culturale, è una delle nazioni maggiormente interessate dalle innovazioni che l’Intelligenza artificiale potrà apportare in questo settore.

Per tale ragione sono attualmente in atto alcuni progetti sia pubblici sia privati volti ad implementare l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nella tutela del patrimonio artistico, I due attualmente più importanti sono:

– Lottomatica “Idee Vincenti”. Tale progetto, lanciato in cooperazione con Poli Hub, l’incubatore d’imprese del Politecnico di Milano si prefiggeva lo scopo di sostenere progetti imprenditoriali che valorizzino città e poli di attrazione artistica In particolare, le proposte dovranno riguardare tecniche di tutela e valorizzazione che adoperino realtà virtuale e aumentata, blockchain, intelligenza artificiale. Sono stati premiati, difatti, progetti che hanno creato sistemi in grado di facilitare la fruizione delle opere d’arte a persone affette da disabilità, di certificare la qualità estetica di una fotografia o di sviluppare una vera e propria mappa interattiva di una città, ad uso dei turisti;

– Ministero dei Beni e delle attività culturali “Periferia intelligente”. Progetto pubblico, svoltosi in cooperazione con l’associazione nazionale comuni italiani, riguardante le quattordici città metropolitane italiane finalizzato ad individuare una proposta concernente soluzioni creative di recupero, reinterpretazione e gestione dei territori interessati. I progetti presentati dovevano basarsi sullo studio di dati e metadati, prodotti dalla comunità residente, che saranno utilizzati da strumenti di intelligenza artificiale – come algoritmi di learning o reti neurali – allo scopo di migliorare una condizione critica di partenza. Ed era necessario avvalersi, inoltre, nella realizzazione della proposta della collaborazione di artisti, designer, architetti, o professionalità creative in campo tecnologico, il cui coinvolgimento fosse prodromico all’approntamento di soluzioni innovative e senza impatti negativi sulle popolazioni residenti. Al vincitore sono stati devoluti cinquantamila euro da parte del Ministero destinati all’effettiva realizzazione del piano di recupero. Il progetto vincitore è stato IAQUOS (acronimo di Intelligenza Artificiale di Quartiere Open Source), un avatar digitale, basato sull’intelligenza artificiale capace di raccogliere Big Data utili alla risoluzione dei problemi del quartiere e che stringe relazioni empatiche con gli abitanti coinvolgendoli in un’azione partecipativa a servizio della rigenerazione urbana. Il contesto territoriale in cui è stato posizionato è il quartiere periferico di Torpignattara a Roma, dove sta indagando la qualità dell’ecosistema relazionale raccogliendo dati e permettendo di comprenderli e utilizzarli in modi inediti (workshop, eventi, installazioni artistiche, visualizzazioni infografiche e infoestetiche ed esperienze interattive) per conoscere e affrontare le dinamiche di vita della comunità ivi residente.

Oltre ai due progetti appena descritti, si stanno organizzando un numero sempre crescente di Workshop e dibattiti sul tema volti ad individuare soluzioni innovative sull’argomento. Il rilancio del settore dei beni culturali mediante l’I.A. può rappresentare invero un’imperdibile occasione di sviluppo per l’intera economia nazionale e, di conseguenza, per il nostro “Sistema-Paese”.

 

[1] Praticante avvocato, tirocinante ex art.73 d.l. 69/2013 presso il Tribunale di Napoli Nord.

[2]Sistemi esperti (voce), in http://www.treccani.it/enciclopedia/sistemi-esperti_%28enciclopedia-italiana%29/ (ultima consultazione 10 febbraio 2019).

 

 

 

 

[3]Cfr. Comunicazione della Commissione Europea al Parlamento Europeo, al Consiglio, Al Comitato economico e sociale europeo ed al Comitato delle Regioni, L’intelligenza artificiale per l’Europa, del 25 aprile 2018, reperibile all’ indirizzo web https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2018/IT/COM-2018-237-F1-IT-MAIN-PART-1.PDF (ultima consultazione 10 febbraio 2019).

[4] J.A. BARCELÓ, L’Intelligenza Artificiale in archeologia, in Atti del convegno ENEA Winter school intelligenza artificiale nei beni culturali, Milano, 2007, p. 142.

[5] In informatica, con il termine algoritmo viene definito il procedimento che consente la risoluzione di specifici problemi mediante l’applicazione di una sequenza finita di precise istruzioni che, a loro volta, devono essere interpretate ed eseguite fino alla loro conclusione seguendo un ben preciso ordine, così in http://www.andreaminini.com/informatica/algoritmo/ (ultima consultazione 10 febbraio 2019).

[6] F. SARZANA DI S. IPPOLITO; M. NICOTRA, Diritto della Blockchain,Intelligenza Artificiale ed Internet of Things, Ipsoa editore, 2018, p. 194.

[7] Ex plurimus A.TOMASI, Possiamo installare valori etici nelle intelligenze artificiali?, in  https://www.weca.it/rubriche/possiamo-installare-valori-etici-nelle-intelligenze-artificiali / (ultima consultazione 10 febbraio 2019).

[8] M.B. MAGRO, I robot hanno capacità criminale?, in AA.VV, Cybercrime, UTET giuridica editore, 2019, p. 392.

[9] J. KAPLAN, Intelligenza artificiale: guida al prossimo futuro, LUISS University Press, 2017, p. 304.

[10] U. PAGALLO, The laws of robots. Crimes, Contracts and torts, Springer, 2013, p. 36.

[11] Cfr. Punti AI ed AH, Norme di diritto civile sulla robotica, Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017, recante raccomandazioni alla Commissione concernenti le norme di diritto civile sulla robotica (2015/2013(INL)), reperibile all’indirizzo web  http://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2017-0051_IT.html (ultima consultazione 11 febbraio 2019).

[12]P. ASARO, The liability problem for autonomous artificial agents, AAAI Symposium on ethical and moral considerations in Non-Human Agents, Stanford University, 2016, p. 191.

[13] F. SARZANA DI S. IPPOLITO, M. NICOTRA, Diritto della Blockchain, Intelligenza Artificiale ed Internet of Things, op. cit., p. 206.

[14] S. TOFFOLETTO, Internet Of Things e Intelligenza artificiale: le nuove frontiere della responsabilità civile e del risarcimento, in http://www.questionegiustizia.it/articolo/iot-e-intelligenza-artificiale-le-nuove-frontiere-della-responsabilita-civile-e-del-risarcimento_13-06-2018.php (ultima consultazione 11 febbraio 2019).

[15]Cfr. Parere d’iniziativa numero C-288/2017 del Comitato economico e sociale europeo, L’intelligenza artificiale – Le ricadute dell’IA sul mercato unico (digitale), sulla produzione, sul consumo, sull’occupazione e sulla società, in https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52016IE5369 (ultima consultazione 12 febbraio 2019).

[16] S. IANNACCONE, Matematica, c’è un problema impossibile persino per l’ Intelligenza Artificiale , https://www.repubblica.it/scienze/2019/01/16/news/matematica_c_e_un_problema_impossibile_da_risolvere_persino_per_l_intelligenza_artificiale-216623687/ (ultima consultazione 12  febbraio  2019).

[17] U.S. COPYRIGHT OFFICE, The Compendium of U.S. copyright office practices, 3d ed., 2014, §306, reperibile su https://www.federalregister.gov/documents/2014/12/31/2014-30415/the-compendium-of-us-copyright-office-practices (ultima consultazione 12 febbraio 2019).

[18] A. GUADAMUZ, Artificial Intelligence and copyright, WIPO Magazine, 5/2017, p. 18.

[19] L. ATTOLICO, Per l’intelligenza artificiale il “nodo” del diritto d’autore, https://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2017-03-30/per-l-intelligenza-artificiale-nodo-diritto-d-autore-171013.shtml?uuid=AE2ASYw (ultima consultazione 12 febbraio 2019).

[20] In questo senso, L. ATTOLICO, Profili giuridici delle opere dell’ingegno create da intelligenze artificiali, in https://www.nctm.it/news/articoli/profili-giuridici-delle-opere-dellingegno-create-da-intelligenze-artificia-li (ultima consultazione 12 febbraio 2019); M. IASELLI, Robot con intelligenza artificiale, verso una soggettività giuridica?, in https://www.altalex.com/documents/news/2017/02/21/robot-con-intelligenza-artificiale-soggettivita-giuridica (ultima consultazione 12  febbraio 2019).

[21] Cfr. art. 7, l. 124/07 recante disposizioni in materia di Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto di Stato.

[22] L’acronimo S.C.I.C.O. indica il Servizio Centrale di investigazione sulla Criminalità Organizzata, reparto speciale della Guardia di Finanza preposto al coordinamento ed all’elaborazione di analisi relativamente alle attività di contrasto nei confronti della criminalità organizzata, così in http://www.gdf.gov.it/chi-siamo/organizzazione/reparti/reparti-operativi/reparti-speciali ( ultima consultazione 12 febbraio 2019).

[23] U. SIRICO, La Guardia di Finanza e le attività di prevenzione e repressione delle organizzazioni criminali, in http://www.vittimologia.it/rivista/articolo_sirico_2009-03_2010-01.pdf, p. 36.

[24]Relazione del Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso indirizzata alla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno della mafia, 2009.

[25]V.GALLI, Carabinieri: tutte le nostre tecnologie per la sicurezza del territorio, in https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/carabinieri-tutte-le-nostre-tecnologie-per-la-sicurezza-del-territorio/ (ultima consultazione 13 febbraio 2019).

[26] Camera dei deputati, XVII legislatura, Schemi di decreto ministeriale concernenti le modalità di utilizzo dei finanziamenti per l’attuazione dei programmi della difesa in materia di sviluppo tecnologico ,23 settembre 2013.

 

[27]Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (voce), http://www.carabinieri.it/cittadino/tutela/patri monio-culturale/compiti (ultima consultazione 13 febbraio 2019).

[28]La banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti (voce), http://www.carabinieri.it/cittadino/tutela /patrimonio-culturale/la-banca-dati-tpc (ultima consultazione 13 febbraio 2019).

[29]Applicazione per dispositivi mobili “ITPC”  (voce) in http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia /MiBAC/documents/feed/pdf/Comunicato%20stampa%20iTPC-imported-44388.pdf  (ultima consultazione 13 febbraio 2019).

[30]M. IASELLI, X-Law; La polizia predittiva è realtà, in https://www.altalex.com/documents /news/2018/11/28/x-law-la-polizia-predittiva (ultima consultazione 13 febbraio 2019).

[31]M.VALLONE, A. CARINI, Il drone con la divisa, in “Polizia Moderna, https://poliziamoderna.poliziadista to.it/articolo/3535a01cb03b650d306343761 (ultima consultazione 13 febbraio 2019).

[32] A. VECCHIO, Made in China 2025” e intelligenza artificiale: la Cina prepara la nuova rivoluzione industriale, in http://www.difesaonline.it/geopolitica/analisi/made-china-2025-e-intelligenza-artificiale-la-cina-prepara-la-nuova-rivoluzione (ultima consultazione 13 febbraio 2019).

[33]A. VECCHIO, Intelligenza artificiale e dual use nei programmi di Pechino,

in http://www.difesaonline.it/geopolitica/analisi/intelligenza-artificiale-e-dual-use-nei-programmi-di-pechino (ultima consultazione 13 febbraio 2019).

[34]G.ELIA VALORI, Vi spiego la geopolitica dell’intelligenza artificiale e il ritardo italiano, https://formiche.net/2018/06/geopolitica-intelligenza-artificiale/ (ultima consultazione 13 febbraio 2019)

[35]Unmanned Aerial Vehicles termine che in lingua inglese indica gli aeromobili a pilotaggio remoto, così https://internetofthingsagenda.techtarget.com/definition/drone (ultima consultazione 14 febbraio 2019).

 [36]R. MANTOVANI, Armi autonome e intelligenti: il futuro della guerra è già qui, in https://www.focus.it/tecnologia/digital-life/robot-killer-guerra-del-futuro (ultima consultazione 14 febbraio 2019).

[37]D. LIZZANI, La nuova fantascientifica armatura russa, in https://www.focus.it/tecnologia/innovazione /nuova-fantascientifica-armatura-russa (ultima consultazione 14 febbraio 2019).

[38]L. BAGNOLI, Droni militari, l’Italia spende 20 milioni per armarli, in https://www.osservatoriodirit ti.it/2018/06/08/droni-militari-italiani/ (ultima consultazione 14 febbraio 2019).

[39]Con il termine chatbot viene definito un software progettato per simulare una conversazione con un essere umano, così in https://www.robotiko.it/chatbot-chat-bot-cos-e/ (ultima consultazione 14 febbraio 2019).

[40] S. BANDINI, B. RONDELLI, G. VIZZARI, Cultural resources management: prospettive e contributi dell’intelligenza artificiale, in Atti del convegno ENEA Winter school intelligenza artificiale nei beni culturali, cit., p. 11.

[41] J.A. BARCELÓ, L’intelligenza artificiale in archeologia, in Atti del convegno ENEA Winter school intelligenza artificiale nei beni culturali, cit., p. 137.

[42] F. DE FELICE, F. RENNA, G. ATTOLICO, A. DISTANTE, Omero un sistema per permettere di “toccare” la realtà virtuale, in Atti del convegno ENEA Winter school intelligenza artificiale nei beni culturali, cit., p.85.

[43] In semantica, con il termine polisemia viene definita la coesistenza di significati diversi in una stessa parola, così Enciclopedia Online Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/polisemia/ (ultima consultazione 14 febbraio 2019).

[44] R. DEL PERO, G. DIMINO,  M. STROPPIANA, Multimedia Catalogue – the RAI experience, EBU Technical Review nr. 280, European Broadcasting Union, 1999, pp. 1-13.

[45] R. BASILI, Analisi multimediale e indicizzazione semantica: l’esperienza di Prestospace”, in “Atti del convegno ENEA Winter school intelligenza artificiale nei beni culturali”,cit., p. 45.

[46]Psyche: the protection system for cultural heritage (voce),  in http://tpcweb.carabinieri.it/SitoPubblico/ psyche/generic (ultima consultazione 14 febbraio 2019).