Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sez. III, 30 gennaio 2024, n. C. 225/21

Affollamento pubblicitario nei programmi televisivi. Testo integrale.

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

30 gennaio 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2010/13/UE – Servizi di media audiovisivi – Articolo 23, paragrafi 1 e 2 – Limiti imposti al tempo di trasmissione oraria di pubblicità televisiva – Deroghe – Nozione di “annunci dell’emittente relativi ai propri programmi” – Annunci effettuati da tale emittente per promuovere le trasmissioni di una stazione radio appartenente al medesimo gruppo di detta emittente»

Nella causa C‑255/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con ordinanza del 25 marzo 2021, pervenuta in cancelleria il 21 aprile 2021, nel procedimento

Reti Televisive Italiane SpA (RTI)

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM),

nei confronti di:

Elemedia SpA,

Radio Dimensione Suono SpA,

RTL 102,500 Hit Radio Srl,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da K. Jürimäe, presidente di sezione, N. Piçarra (relatore), M. Safjan, N. Jääskinen e M. Gavalec, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: C. Di Bella, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 settembre 2022,

considerate le osservazioni presentate:

–        per Reti Televisive Italiane SpA (RTI), da F. Lepri, M. Molino e G. Rossi, avvocati;

–        per Elemedia SpA, Radio Dimensione Suono SpA e RTL 102,500 Hit Radio Srl, da F. Di Ciommo, avvocato;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da R. Guizzi, avvocato dello Stato;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da G. Braun e L. Malferrari, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 luglio 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 23, paragrafo 1, e paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi) (GU 2010, L 95, pag. 1, e rettifica in GU 2010, L 263, pag. 15), nonché del considerando 43 della direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018 (GU 2018, L 303, pag. 69), che ha modificato la prima direttiva ma non è applicabile ratione temporis alla controversia di cui al procedimento principale.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra Reti Televisive Italiane SpA (RTI) e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) (Italia) in merito alla legittimità di tre decisioni di tale autorità che infliggono a RTI sanzioni per violazione, da parte delle emittenti televisive Canale 5, Italia 1 e Rete 4, della normativa italiana relativa ai limiti di affollamento orario della pubblicità televisiva.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

Direttiva 2010/13

3        I considerando 23, 25, 87, 96 e 97 della direttiva 2010/13 così recitano:

«(23)      Ai fini della presente direttiva, il termine “audiovisivo” dovrebbe riferirsi a immagini in movimento, siano esse sonore o meno, includendo pertanto i film muti, ma non le trasmissioni audio né i servizi radiofonici. (…)

(…)

(25)      Il concetto di responsabilità editoriale è essenziale per la definizione del ruolo del fornitore di servizi di media e, di conseguenza, per quella dei servizi di media audiovisivi. Al momento di adottare le misure di attuazione della presente direttiva, gli Stati membri possono specificare ulteriormente gli aspetti della definizione di responsabilità editoriale, in particolare il concetto di “controllo effettivo”. (…)

(…)

(87)      Dovrebbe essere previsto un limite del 20% per spot di televendita e pubblicità televisiva per ora d’orologio, applicabile anche nelle ore di maggiore ascolto. Il concetto di spot televisivo pubblicitario dovrebbe essere inteso come pubblicità televisiva, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera i), della durata massima di dodici minuti.

(…)

(96)      Occorre chiarire che le attività di autopromozione costituiscono una forma particolare di pubblicità con cui l’emittente promuove i propri prodotti, servizi, programmi o canali. In particolare, le presentazioni contenenti brani di programmi dovrebbero essere considerate quali programmi.

(97)      Il tempo di trasmissione quotidiano dedicato agli annunci effettuati dall’emittente in relazione ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati ovvero ad annunci di servizio pubblico e appelli a scopo di beneficenza trasmessi gratuitamente non dovrebbe essere incluso nel tempo di trasmissione massimo quotidiano o orario concesso per la pubblicità e la televendita».

4        L’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva contiene le seguenti definizioni:

«(…)

  1. a)      “servizio di media audiovisivo”:
  2. i)      un servizio, quale definito agli articoli 56 e 57 [TFUE], che è sotto la responsabilità editoriale di un fornitore di servizi di media e il cui obiettivo principale è la fornitura di programmi al fine di informare, intrattenere o istruire il grande pubblico (…);
  3. ii)      una comunicazione commerciale audiovisiva;
  4. b)      “programma”, una serie di immagini animate, sonore o non, che costituiscono un singolo elemento nell’ambito di un palinsesto o di un catalogo stabilito da un fornitore di servizi di media la cui forma e il cui contenuto sono comparabili alla forma e al contenuto della radiodiffusione televisiva. Sono programmi, ad esempio, i lungometraggi, le manifestazioni sportive, le commedie di situazione (sitcom), i documentari, i programmi per bambini e le fiction originali;
  5. c)      “responsabilità editoriale”, l’esercizio di un controllo effettivo sia sulla selezione dei programmi sia sulla loro organizzazione in un palinsesto cronologico, nel caso delle radiodiffusioni televisive, o in un catalogo, nel caso dei servizi di media audiovisivi a richiesta. La responsabilità editoriale non implica necessariamente la responsabilità giuridica ai sensi del diritto nazionale per i contenuti o i servizi forniti;
  6. d)      “fornitore di servizi di media”, la persona fisica o giuridica che assume la responsabilità editoriale della scelta del contenuto audiovisivo del servizio di media audiovisivo e ne determina le modalità di organizzazione;
  7. e)      “radiodiffusione televisiva” o “trasmissione televisiva” (vale a dire un servizio di media audiovisivo lineare), un servizio di media audiovisivo fornito da un fornitore di servizi di media per la visione simultanea di programmi sulla base di un palinsesto di programmi;
  8. f)      “emittente”, un fornitore di servizi di media di radiodiffusioni televisive;

(…)

  1. h)      “comunicazione commerciale audiovisiva”, immagini, sonore o non sonore, che sono destinate a promuovere, direttamente o indirettamente, le merci, i servizi o l’immagine di una persona fisica o giuridica che esercita un’attività economica. Tali immagini accompagnano o sono inserite in un programma dietro pagamento o altro compenso o a fini di autopromozione. Tra le forme di comunicazione commerciale audiovisiva figurano, tra l’altro, la pubblicità televisiva, la sponsorizzazione, la televendita e l’inserimento di prodotti;
  2. i)      “pubblicità televisiva”, ogni forma di messaggio televisivo trasmesso dietro pagamento o altro compenso, ovvero a fini di autopromozione, da un’impresa pubblica o privata o da una persona fisica nell’ambito di un’attività commerciale, industriale, artigiana o di una libera professione, allo scopo di promuovere la fornitura, dietro pagamento, di beni o di servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;

(…)».

5        L’articolo 23 della direttiva 2010/13 prevede quanto segue:

«1.      La percentuale di spot televisivi pubblicitari e di spot di televendita in una determinata ora d’orologio non deve superare il 20%.

  1. Il paragrafo 1 non si applica agli annunci dell’emittente relativi ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati, agli annunci di sponsorizzazione e agli inserimenti di prodotti».

Direttiva 2018/1808

6        La direttiva 2018/1808, al suo considerando 43, così recita:

«Il tempo di trasmissione dedicato agli annunci effettuati dall’emittente in relazione ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati ovvero ad annunci di servizio pubblico e appelli a scopo di beneficenza trasmessi gratuitamente, ad eccezione dei costi sostenuti per la trasmissione di questi ultimi, non dovrebbe essere incluso nel tempo di trasmissione massimo concesso per la pubblicità televisiva e la televendita. Inoltre numerose emittenti fanno parte di grandi gruppi di emittenti e trasmettono annunci che riguardano non soltanto i propri programmi e i prodotti collaterali direttamente derivati da tali programmi, ma anche i programmi e i servizi di media audiovisivi di altre entità appartenenti allo stesso gruppo di emittenti. Neanche il tempo di trasmissione dedicato a tali annunci dovrebbe essere incluso nella durata massima del tempo di trasmissione che può essere concesso per la pubblicità televisiva e la televendita».

7        Ai sensi dell’articolo 1, punto 21, di tale direttiva, l’articolo 23 della direttiva 2010/13 è sostituito dal seguente testo:

«1.      La percentuale di spot televisivi pubblicitari e di spot di televendita nella fascia oraria compresa fra le ore 06.00 e le ore 18.00 non supera il 20% di tale fascia oraria. La percentuale di spot televisivi pubblicitari e di spot di televendita nella fascia oraria compresa fra le ore 18.00 e le ore 24.00 non supera il 20% di tale fascia oraria.

  1. Il paragrafo 1 non si applica:
  2. a)      agli annunci effettuati dall’emittente in relazione ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati ovvero in relazione a programmi e servizi di media audiovisivi di altre entità appartenenti al medesimo gruppo di emittenti;
  3. b)      agli annunci di sponsorizzazione;
  4. c)      agli inserimenti di prodotti;
  5. d)      agli schermi neutri tra il contenuto editoriale e gli spot televisivi pubblicitari o di televendita, e tra i singoli spot».

 Diritto italiano

8        L’articolo 38, commi 2 e 6, del decreto legislativo del 31 luglio 2005, n. 177 – Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (supplemento ordinario alla GURI n. 208, del 7 settembre 2005), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 177/2005»), così dispone:

«2.      La trasmissione di spot pubblicitari televisivi da parte delle emittenti in chiaro, anche analogiche, in ambito nazionale, diverse dalla concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, non può eccedere il 15 per cento dell’orario giornaliero di programmazione ed il 18 per cento di una determinata e distinta ora d’orologio; un’eventuale eccedenza, comunque non superiore al 2 per cento nel corso dell’ora, deve essere recuperata nell’ora antecedente o successiva. (…)

(…)

  1. Le disposizioni di cui ai commi da 2 a 5 non si applicano agli annunci delle emittenti, anche analogiche, relativi ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati, agli annunci di sponsorizzazione e agli inserimenti di prodotti».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9        RTI è una società di diritto italiano che fornisce servizi di media audiovisivi a copertura nazionale attraverso i suoi canali televisivi Canale 5, Italia 1 e Rete 4. Essa detiene l’80% del capitale di Monradio Srl, che gestisce la stazione radio R101, mentre un’altra società appartenente, come RTI, al gruppo Mediaset, detiene il restante 20%.

10      Con tre decisioni del 19 dicembre 2017, notificate l’8 gennaio 2018, riguardanti, rispettivamente, Canale 5, Italia 1 e Rete 4, l’AGCOM ha inflitto sanzioni a RTI per violazione dell’articolo 38, paragrafo 2, del decreto legislativo n. 177/2005. Per calcolare l’affollamento pubblicitario televisivo sottoposto ai limiti previsti da tale disposizione, l’AGCOM ha preso in considerazione gli annunci promozionali dell’emittente radiofonica R101 effettuati sui canali televisivi Canale 5, Italia 1 e Rete 4.

11      Avverso tali provvedimenti, RTI ha presentato tre ricorsi dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia). Essa ha affermato che gli annunci promozionali dell’emittente radiofonica R101 avrebbero dovuto essere considerati annunci relativi ai «propri programmi» di RTI, ai sensi dell’articolo 38, paragrafo 6, del decreto legislativo n. 177/2005, e, di conseguenza, esclusi dal calcolo del tempo di trasmissione oraria di pubblicità televisiva.

12      Con sentenze del 16 aprile 2019, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto tali ricorsi, per il motivo che annunci che promuovono i programmi di un’emittente radiofonica non potevano essere considerati annunci relativi a «propri programmi» di un’emittente televisiva, anche nel caso in cui, come nella fattispecie, le due emittenti di cui trattasi appartenevano al medesimo gruppo societario.

13      RTI ha impugnato tali sentenze dinanzi al Consiglio di Stato (Italia), giudice del rinvio, sostenendo che, dal momento che essa fa parte dello stesso gruppo societario dell’emittente radiofonica R101, per calcolare i limiti di affollamento pubblicitario e, di conseguenza, per applicare l’articolo 38, paragrafo 6, del decreto legislativo n. 177/2005 deve essere presa in considerazione l’unità economica formata dal gruppo di media, indipendentemente dalla pluralità di persone giuridiche.

14      RTI aggiunge che tale interpretazione è corroborata dalla modifica introdotta dalla direttiva 2018/1808 all’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2010/13. Dal momento che tale modifica prende atto di prassi di autopromozione incrociata tra media, ormai ampiamente diffuse, essa dovrebbe essere presa in considerazione al fine di interpretare il diritto anteriormente in vigore, anche se la direttiva 2018/1808, entrata in vigore il 18 dicembre 2018, non è applicabile ratione temporis.

15      Il giudice del rinvio, pur rilevando che la controversia di cui al procedimento principale verte sulla liceità della promozione, da parte di un’emittente televisiva controllante, dei programmi di un’emittente radiofonica controllata, e non sull’esercizio del controllo in seno al gruppo così formato, sottolinea al contempo che i fatti all’origine di tale controversia sono tutti precedenti alla modifica della direttiva 2010/13 ad opera della direttiva 2018/1808.

16      Tale giudice ritiene, inoltre, che l’interpretazione delle disposizioni del diritto nazionale e, soprattutto, di quelle del diritto dell’Unione sostenuta da RTI non sia l’unica possibile. A suo avviso, l’interpretazione contraria, seguita tanto dall’AGCOM quanto dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio «non presenta chiari tratti di patente irragionevolezza», dal momento che essa si ancora alla formulazione del decreto legislativo n. 177/2005, il quale riprende le disposizioni applicabili ratione temporis della direttiva 2010/13, e non trascura l’aspetto anticoncorrenziale che potrebbe discendere dall’interpretazione sostenuta da RTI nei riguardi delle emittenti radiofoniche non integrate con emittenti televisive o media audiovisivi.

17      Alla luce di tali considerazioni, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«a)      se, ai fini della disciplina comunitaria del divieto di affollamento pubblicitario, stante la generale rilevanza per il diritto [dell’Unione] della nozione di gruppo o di unica entità economica, ricavabile da molteplici fonti del diritto antitrust (ma, per quanto qui interessa, dal ricordato considerando n. 43 della direttiva [2018/1808] e dal nuovo testo dell’articolo 23 della direttiva [2010/13]), ferma l’esistente differenza nel diritto nazionale italiano di titoli abilitativi che l’articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 177/[2005] [prevede] tra le emittenti televisive e radiofoniche, possa essere adottata come comunitariamente conforme un’interpretazione del diritto nazionale sulla radiotelevisione che deduca dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del medesimo decreto legislativo 177/[2005], (…), che il processo di convergenza fra le diverse forme di comunicazioni (le comunicazioni elettroniche, l’editoria, anche elettronica, ed internet in tutte le sue applicazioni) valga a più forte ragione tra i fornitori di media televisivi e radiofonici, specialmente se già integrati in gruppi di imprese tra loro collegate, e si imponga con valenza generale, con i conseguenti riflessi in tema di interpretazione dell’articolo 38, comma 6, del [decreto legislativo] citato tale che l’emittente possa essere anche il gruppo come unica entità economica o se invece, secondo i ricordati principi comunitari, stante l’autonomia della materia del divieto di affollamento pubblicitario dal generale diritto antitrust, sia inibito dare rilevanza – prima del 2018 – ai gruppi e al predetto processo di convergenza e di cosiddetta cross-medialità considerandosi allora, ai fini del calcolo dell’indice di affollamento pubblicitario, solo la singola emittente pure se collegata in gruppo (e ciò perché tal rilevanza è stata menzionata solo nel testo consolidato dell’articolo 23 della direttiva [2010/13], formatosi a seguito della direttiva [2018/1808]);

  1. b)      se, alla luce dei ricordati principi del diritto dell’[Unione] in tema di gruppi ed impresa come unità economica, ai fini del divieto di affollamento pubblicitario e del ricordato succedersi dei testi dell’articolo 23 citato, ferma la predetta differenza tra i titoli abilitativi, sia possibile dedurre anche dalla normativa anticoncorrenziale del [Sistema integrato delle comunicazioni], di cui all’articolo 43 del decreto legislativo 177/[2005], la rilevanza del concetto di «fornitore di servizi di media» di gruppo (o secondo il lessico dell’appellante: impresa editoriale di gruppo) ai fini dell’esenzione dei messaggi di promozione cross-mediali infragruppo dai limiti di affollamento di cui all’articolo 38, comma 6, del decreto legislativo [177/2005] stesso o se invece tal rilevanza debba escludersi prima del 2018 stante l’autonomia del diritto televisivo antitrust rispetto alla disciplina dei limiti all’affollamento pubblicitario;
  2. c)      se il nuovo testo dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), della direttiva [2010/13] sia ricognitivo di un principio preesistente nel diritto antitrust di generale rilevanza dei gruppi oppure sia innovativo e se, quindi, nel primo caso descriva una realtà giuridica già immanente nel diritto europeo – tale, quindi, da coprire anche il caso in esame, antecedente detto nuovo testo, e da condizionare le interpretazioni dell’[autorità nazionale di regolamentazione] imponendole comunque di riconoscere il concetto di «fornitore di servizi di media» di gruppo –, oppure se, nel secondo caso, osti a riconoscere la rilevanza dei gruppi societari per i casi formatisi prima della sua introduzione perché inapplicabile ratione temporis, stante la sua portata innovativa, a fattispecie verificatesi prima della sua introduzione;
  3. d)      se, comunque e al di là del sistema dei titoli autorizzativi posto dall’articolo 5 del decreto legislativo 177/2005 e della novità dell’articolo 23 introdotta nel 2018, ossia nel caso che la nuova norma non abbia significato ricognitivo ma innovativo secondo quanto chiesto sub c), i rapporti [di] integrazione televisione – radiofonia considerati in via generale nel diritto antitrust siano, per la generalità e trasversalità delle nozioni di entità economica e di gruppo, la chiave alla luce della quale interpretare i limiti all’affollamento pubblicitario, regolati quindi comunque con implicito riguardo all’impresa di gruppo (o, più precisamente, [alle] correlazioni di controllo tra le imprese di gruppo) ed all’unità funzionale di dette imprese, affinché la promozione dei programmi da televisione a radiofonia infragruppo o viceversa se detti rapporti di integrazione siano irrilevanti nel campo dei limiti all’affollamento pubblicitario e quindi si debba ritenere che i programmi «propri» di cui all’articolo 23 (testo originario) sono tali in quanto appartenenti alla sola emittente che li promuove, e non al gruppo societario nel suo insieme in quanto [tale articolo 23] è una disposizione a sé stante che non consente alcuna interpretazione sistematica che la estenda ai gruppi intesi come unica entità economica;
  4. e)      se, infine, l’articolo 23, nel suo testo originario, ove anche non dovesse essere interpretabile come norma da leggersi sullo sfondo del diritto antitrust, vada inteso comunque come disposizione incentivante che descrive la peculiare caratteristica della promozione, che è esclusivamente informativa e non intende convincere alcuno ad acquistare beni e servizi altri rispetto ai programmi promossi e, come tale, debba intendersi esclusa dal campo di applicazione delle norme sull’affollamento, perciò applicabile, nei limiti di imprese appartenenti al medesimo gruppo, in ogni caso di promozione cross-mediale integrata, ovvero se si debba intendere come una norma di carattere derogatorio ed eccezionale rispetto al calcolo dell’affollamento pubblicitario e, come tale, di stretta interpretazione».

 Sulle questioni pregiudiziali

18      Con le sue questioni, che devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 debba essere interpretato nel senso che la nozione di «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi» comprende gli annunci promozionali effettuati da un’emittente televisiva per una stazione radio appartenente al medesimo gruppo societario di tale emittente.

19      Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, la percentuale di spot televisivi pubblicitari e di spot di televendita in una determinata ora d’orologio non può superare il 20%. In forza del paragrafo 2 di tale articolo 23, tale paragrafo 1 non si applica, segnatamente, agli «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi». Tali annunci non sono quindi soggetti al limite stabilito da detto articolo 23, paragrafo 1.

20      Al fine di stabilire se gli annunci promozionali di una stazione radio effettuati da un’emittente televisiva che detiene la quota di maggioranza di tale stazione radio rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13, si deve esaminare, in primo luogo, se occorra operare una distinzione tra, da un lato, annunci pubblicitari diretti a incoraggiare l’acquisto di un prodotto o di un servizio e, dall’altro, annunci neutri, aventi come unica finalità l’informazione in merito a programmi, che, per tale motivo, non rientrerebbero nella nozione di «pubblicità televisiva», ai sensi di detto articolo, e, di conseguenza, sarebbero esclusi dall’ambito di applicazione delle disposizioni di tale direttiva relative alla pubblicità televisiva e alla televendita.

21      La nozione di «spot televisivi pubblicitari», che l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 include nella percentuale del tempo di trasmissione oraria di cui trattasi, è definita, come enunciato dal considerando 87 di tale direttiva, con riferimento alla nozione di «pubblicità televisiva», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera i), di detta direttiva. Secondo quest’ultima disposizione, la «pubblicità televisiva» concerne ogni forma di messaggio televisivo trasmesso dietro pagamento o altro compenso, ovvero a fini di autopromozione, da un’impresa pubblica o privata o da una persona fisica nell’ambito di un’attività commerciale, industriale, artigiana o di una libera professione, allo scopo di promuovere la fornitura, dietro pagamento, di beni o di servizi.

22      Al riguardo, il considerando 96 della direttiva 2010/13 precisa che le attività di autopromozione costituiscono una forma particolare di pubblicità con cui l’emittente promuove, segnatamente, i propri programmi o canali. L’autopromozione è, di conseguenza, disciplinata dalle disposizioni di tale direttiva relative alla pubblicità televisiva e alla televendita.

23      Orbene, conformemente all’articolo 1, paragrafo 1, lettera h), della medesima direttiva, la pubblicità televisiva è una delle forme assunte dalla «comunicazione commerciale audiovisiva», intesa quale «immagini, sonore o non sonore, che sono destinate a promuovere, direttamente o indirettamente, le merci, i servizi o l’immagine di una persona fisica o giuridica che esercita un’attività economica» e che «accompagnano o sono inserite in un programma dietro pagamento o altro compenso o a fini di autopromozione».

24      Dal combinato disposto di tali disposizioni risulta che, se è vero che la direttiva 2010/13 definisce la pubblicità televisiva tenendo conto dello scopo promozionale dell’immagine o dell’annuncio televisivo in questione, ciò non avviene in caso di carattere informativo dell’immagine o dell’annuncio di cui trattasi.

25      Pertanto, anche quando sono neutri e a carattere puramente informativo, gli annunci televisivi riguardanti i programmi o le trasmissioni di un’emittente costituiscono «pubblicità televisiva», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera i), della direttiva 2010/13, allorché siano finalizzati a indurre i telespettatori a guardare i programmi di cui trattasi e a promuovere, quindi, la prestazione di servizi a titolo oneroso.

26      Di conseguenza, tali annunci sono soggetti ai limiti imposti al tempo di trasmissione oraria di pubblicità televisiva, fissati dall’articolo 23, paragrafo 1, di tale direttiva, a meno che non possano essere qualificati quali «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi», ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo.

27      Ai fini di una siffatta qualificazione, occorre, in secondo luogo, esaminare se i programmi di una stazione radio che sono oggetto di annunci effettuati da un’emittente televisiva costituiscano «programmi», ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13.

28      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva, la nozione di «programma» riguarda «una serie di immagini animate, sonore o non, che costituiscono un singolo elemento nell’ambito di un palinsesto o di un catalogo stabilito da un fornitore di servizi di media la cui forma e il cui contenuto sono comparabili alla forma e al contenuto della radiodiffusione televisiva».

29      La nozione di «radiodiffusione televisiva» o di «trasmissione televisiva» è, dal canto suo, definita all’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), di detta direttiva come riferita ad «un servizio di media audiovisivo fornito da un fornitore di servizi di media per la visione simultanea di programmi sulla base di un palinsesto di programmi», mentre la nozione di «servizio di media audiovisivo» riguarda, conformemente a tale articolo 1, paragrafo 1, lettera a), i), un «servizio (…) il cui obiettivo principale è la fornitura di programmi».

30      Dai termini «immagini animate, sonore o non», «televisiva», «audiovisivo» e «visione» usati in tali definizioni, letti alla luce, segnatamente, del considerando 23 della direttiva 2010/13, emerge che tale direttiva esclude dal suo ambito di applicazione i servizi di radiodiffusione radiofonici, che consistono normalmente in trasmissioni o programmi di contenuto sonoro e quindi senza immagini, anche quando tali trasmissioni o programmi sono accompagnati da elementi audiovisivi accessori indissociabili (v., per analogia, sentenza del 21 ottobre 2015, New Media Online, C‑347/14, EU:C:2015:709, punti 34 e 37).

31      Un’interpretazione come quella sostenuta da RTI, nel senso che gli annunci televisivi relativi alle trasmissioni o programmi di una stazione radio rientrano normalmente nell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13, equivarrebbe, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 52 delle sue conclusioni, a estendere l’ambito di applicazione di tale direttiva oltre quanto consentito dalla formulazione delle disposizioni di quest’ultima. Tale interpretazione potrebbe inoltre portare a distorsioni della concorrenza a discapito degli operatori del mercato dei servizi di media radiofonici che non sono integrati in gruppi di radiodiffusione.

32      In terzo luogo, nell’ipotesi in cui gli annunci effettuati costituissero dei programmi, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13, occorre esaminare se, come sostenuto da RTI, qualora l’emittente televisiva che li effettua appartenga, assieme all’emittente radiofonica, al medesimo gruppo societario e formi un’impresa intesa come unità economica, tali annunci possano essere qualificati quali «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi», ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13.

33      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2010/13, l’«emittente» è «un fornitore di servizi di media di radiodiffusioni televisive». Il «fornitore di servizi di media» è definito all’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), di tale direttiva come «la persona fisica o giuridica che assume la responsabilità editoriale della scelta del contenuto audiovisivo del servizio di media audiovisivo e ne determina le modalità di organizzazione».

34      Inoltre, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), i), della direttiva in parola, un «servizio di media audiovisivo» è «un servizio (…) che è sotto la responsabilità editoriale di un fornitore di servizi di media». Il considerando 25 della medesima direttiva precisa che il concetto di responsabilità editoriale è essenziale per la definizione del ruolo del fornitore di servizi di media e, di conseguenza, per la definizione dei servizi di media audiovisivi.

35      Come sottolineato dall’avvocato generale ai paragrafi 66 e 67 delle sue conclusioni, da tali disposizioni risulta che, per interpretare l’espressione «propri programmi», di cui all’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13, occorre prendere in considerazione non già, come nel diritto della concorrenza o in quello degli appalti pubblici, i legami giuridici e organizzativi delle imprese che giustificano la reciproca imputazione di azioni e capacità all’interno della stessa entità economica, bensì la responsabilità editoriale dei programmi in questione.

36      Tale approccio è corroborato dall’obiettivo perseguito da detto articolo 23, che è quello di tutelare i telespettatori, in quanto consumatori, contro una pubblicità eccessiva. Infatti, le norme relative all’affollamento pubblicitario stabilite dalla direttiva 2010/13 mirano a conciliare gli interessi finanziari delle emittenti televisive e degli inserzionisti, da un lato, con gli interessi dei telespettatori, dall’altro (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Sky Italia, C‑234/12, EU:C:2013:496, punti 17 e 18).

37      Ne consegue che le norme relative al tempo massimo di trasmissione pubblicitaria per ora d’orologio stabilite da tale direttiva si inseriscono in un quadro giuridico proprio e rientrano in una logica e in obiettivi distinti da quelli perseguiti dalle norme sulla concorrenza o da quelle applicabili agli appalti pubblici.

38      Orbene, i criteri applicabili per determinare le persone fisiche o giuridiche che assumono la responsabilità editoriale di un programma derivano dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2010/13. Tale disposizione definisce la nozione di «responsabilità editoriale» come «l’esercizio di un controllo effettivo sia sulla selezione dei programmi sia sulla loro organizzazione in un palinsesto cronologico, nel caso delle radiodiffusioni televisive, o in un catalogo, nel caso dei servizi di media audiovisivi a richiesta». Occorre inoltre valutare, in particolare, se l’interessato abbia il potere di stabilire, in via definitiva, l’offerta audiovisiva in quanto tale, il che presuppone che esso abbia a sua disposizione sufficienti mezzi materiali e risorse umane per poter assumere una simile responsabilità (v., in tal senso, sentenza del 4 luglio 2019, Baltic Media Alliance, C‑622/17, EU:C:2019:566, punti 40 e 43).

39      Ne consegue che, affinché i programmi di una stazione radio facente parte del medesimo gruppo societario dell’emittente televisiva interessata possano essere qualificati come programmi «propri» di tale emittente, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13, detta emittente deve assumere la responsabilità editoriale dei programmi in questione, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera c), di detta direttiva. Tale responsabilità non può quindi fondarsi sui soli legami economici, organizzativi e giuridici esistenti tra un’emittente televisiva e un’emittente radiofonica in seno a uno stesso gruppo societario.

40      Alla luce di tutti i motivi che precedono, si deve rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi» non include gli annunci promozionali effettuati da un’emittente televisiva per una stazione radio appartenente al medesimo gruppo societario di tale emittente, salvo che, da un lato, i programmi oggetto di tali annunci promozionali siano «servizi di media audiovisivi», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva, il che implica che siano scindibili dall’attività principale di tale stazione radio e, dall’altro, detta emittente televisiva ne assuma la «responsabilità editoriale», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera c), di detta direttiva.

 Sulle spese

41      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi),

deve essere interpretato nel senso che:

la nozione di «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi» non include gli annunci promozionali effettuati da un’emittente televisiva per una stazione radio appartenente al medesimo gruppo societario di tale emittente, salvo che, da un lato, i programmi oggetto di tali annunci promozionali siano «servizi di media audiovisivi», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva, il che implica che siano scindibili dall’attività principale di tale stazione radio e, dall’altro, detta emittente televisiva ne assuma la «responsabilità editoriale», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera c), di detta direttiva.