Carte geografiche aventi carattere di rarità e di pregio: una nuova categoria di beni del patrimonio culturale nazionale

Di Maurizio De Paolis

Nella categoria dei beni culturali rientrano a pieno titolo le carte geografiche connotate dal carattere della rarità e del pregio[1].

Si parte idealmente dalle Mappae mundi del sec. XIV, basate sui testi degli auctores, vere e proprie raffigurazioni ecumeniche, in cui il mondo appare simmetrico, immutabile e universale, poiché immagine del disegno divino: le mappe a O-T e a zone climatiche rappresentano lo schema dell’Oceano circolare che racchiude le terre  emerse, divise in tre settori da una T, il cui tratto orizzontale è dato dal fiume Don e dal fiume Nilo, e il tratto verticale dal Mar Mediterraneo.

L’espansione delle scoperte geografiche e le nuove esigenze di una navigazione oceanica attivarono lo sviluppo di una produzione cartografica nettamente separata dai mappamondi medievali. In questo contesto si inseriscono il Mappamondo catalano estense e le Carte nautiche, anch’esse di origine catalana databili alla prima metà del sec. XV. Queste pergamene, piene di simboli e riccamente illustrate, recavano una descrizione dettagliata dei porti (“portolani”) e davano una ricostruzione fedele delle coste, basata sull’uso della bussola e del compasso, ma soprattutto sull’esperienza dei navigatori pur mancando di latitudine e longitudine stupiscono ancora oggi per l’esattezza dei particolari.

Caratteristica delle carte nautiche, ripresa anche nelle carte miniate dei secoli successivi, era la fitta rete di semirette che, partendo dalle rose dei venti, suddividevano la superficie in rombi regolari, cui si aggiungevano le altre semirette dei punti secondari, tracciando le rotte per le navi.

Alla fine del sec. XV le spedizioni portoghesi in Africa e in Asia ampliarono le conoscenze e divennero fondamentali anche sotto il profilo economico e politico. Il Planisfero o Carta del Cantino si colloca subito dopo i viaggi di Bartolomeo Diaz e Vasco de Gama, che aprirono la “via delle Indie”, e documenta il terzo viaggio di Colombo, che introdusse all’esplorazione dell’America meridionale.

Il Planisfero Castiglioni è splendido esempio della grande scuola della Casa de la  Contratacion di Siviglia, in cui si tenevano i corsi per cartografi e piloti navali della Corona di Castiglia, dove si formò e insegnò Amerigo Vespucci.

Gli atlanti miniati dei sec. XVI-XVII circondano quello che tradizionalmente è considerato il “primo atlante” conosciuto, la Cosmographia di Tolomeo, esemplare di presentazione a Borso d’Este, cui si ispirarono tutte le carte dei sec. XV-XVI, attingendo ad una nomenclatura sterminata (settemila località) e ai valori di latitudine e longitudine, utilizzando la proiezione conica per rappresentare la sfericità della Terra.

Definiscono cronologicamente il percorso, su cui si collocano idealmente anche i secenteschi globi celeste e terrestre di Wilhelm Blaeu, le pergamene nautiche, rilegate per una più agevole consultazione, che non riportano le coste americane, insistendo sulla conoscenza approfondita del Mediterraneo, come negli atlanti di Jacopo Russo e Jean François Roussin, ultima espressione di un’arte antica mai abbandonata dai cartografi per contenere il mondo in un libro.

Per un maggiore approfondimento si veda, Maurizio De Paolis, Le erogazioni liberali e il contratto di sponsorizzazione con la P.A., IPSOA, 2015.

[1] Art. 10, comma 4, lett. d), D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.