NOTA A SENTENZA Consiglio di Stato – Adunanza Plenaria Sentenza 26 aprile 2018, n. 4

NOTA A SENTENZA
Consiglio di Stato – Adunanza Plenaria
Sentenza 26 aprile 2018, n. 4

a cura di Maria Eugenia Civilotti

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si pronuncia in ordine alla legittimazione ad impugnare il bando in capo all’operatore economico di settore che non abbia presentato domanda di partecipazione alla gara

INDICE

1. Premessa – 2. La legittimazione ad impugnare il bando in capo all’operatore economico di settore che non abbia presentato domanda di partecipazione alla gara – 3. La impugnazione immediata o differita delle clausole del bando di gara non recanti disposizioni immediatamente escludenti – 4. Tentativi di superare l’orientamento maggioritario – 5. Conclusioni

1. Premessa

La terza sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 7 novembre 2017, n. 5138, ha deferito alla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato tre quaestiones iuris. La prima, di carattere squisitamente processuale, relativa alla possibilità per il giudice di secondo grado di rilevare ex officio la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la proposizione del ricorso di primo grado, in assenza di una pronuncia del giudice di prime cure sul punto; le altre due, di merito, rispettivamente concernenti la legittimazione ad impugnare il bando in capo all’operatore economico di settore che non abbia presentato domanda di partecipazione alla gara e la impugnazione immediata o differita delle clausole del bando di gara non recanti disposizioni immediatamente escludenti.

2. La legittimazione ad impugnare il bando in capo all’operatore economico di settore che non abbia presentato domanda di partecipazione alla gara

Con riferimento alla prima questione affrontata dal Supremo Consesso, concernente la partecipazione alla gara quale condizione legittimante l’impugnazione della lex specialis, già in passato, sul tema, si è espressa la giurisprudenza amministrativa.

Invero, proprio i Giudici di Palazzo Spada, con due distinte pronunce1, hanno consacrato due principi generali, secondo i quali:

a) soltanto colui che ha preso parte alla gara risulta legittimato ad impugnare l’esito della medesima;

b) i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno impugnati unitamente agli atti, successivi, che di essi fanno applicazione.

Benché un orientamento giurisprudenziale risalente nel tempo avesse affermato l’inesistenza di clausole immediatamente lesive e, conseguentemente, escluso qualsiasi interesse a ricorrere avverso il bando di gara, con la pronuncia n. 3 del 2001, l’Adunanza Plenaria – pur confermando le regulae iuris di cui sopra – ha individuato, quale presupposto per l’impugnazione immediata del bando, la presenza di clausole cc.dd. escludenti, come tali idonee a determinare una lesione nella sfera giuridica del ricorrente, per tali intendendo le clausole che “prescrivono requisiti soggettivi di ammissione o di partecipazione alle gare”, nonché quelle “manifestamente incomprensibili o implicanti oneri per la partecipazione del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della gara o della procedura concorsuale”. Tutte le altre clausole non sono escludenti e risultano, pertanto, soggette al principio generale della impugnazione congiunta e differita.

Successivamente, sulla scorta di quanto affermato con sentenza n. 1 del 29 gennaio 20032, la stessa Adunanza ha pacificamente ammesso tre ipotesi tassative al verificarsi delle quali è possibile derogare all’applicazione dei due principi suesposti.

Trattasi dei casi in cui:

I) si contesti in radice l’indizione della gara;

II) all’inverso, si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto l’affidamento in via diretta del contratto;

III) si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti.3

Con la sentenza oggetto del presente commento, l’Adunanza Plenaria ha rammentato che, sulla base delle pronunce giurisprudenziali intervenute sul tema, è possibile ricondurre nell’alveo delle “clausole immediatamente escludenti” le fattispecie di:

a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale;4

b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile;5

c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta;6

d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente;7

e) clausole impositive di obblighi contra ius;8

f) bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta, ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate;

g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso”.9

Inoltre, l’Adunanza ha ricordato che l’interesse ad agire in giudizio, disciplinato dall’art. 24 della Costituzione – secondo il quale “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi” – e dall’art. 100 c.p.c. – che stabilisce che “Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa essa è necessario avervi interesse” – e da intendersi richiamato nel processo amministrativo dall’art. 39, comma 1, c.p.a. – secondo il quale “Per quanto non disciplinato dal presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali”– deve essere personale, diretto, attuale e concreto.

Ha affermato il Supremo Consesso che, alla regola generale secondo la quale il bando di gara può essere impugnato solo congiuntamente all’atto che di esso fa applicazione (id est: aggiudicazione a terzi), poiché solo quest’ultimo rende attuale e concreta la lesione della situazione giuridica soggettiva dell’interessato, fa eccezione l’ipotesi di immediata impugnazione dei bandi che di per sé si rivelino idonei a produrre una lesione immediata e diretta della posizione dell’interessato.

Pertanto, ha concluso l’Adunanza, per “clausole immediatamente escludenti” si devono intendere le clausole che con assoluta certezza precludano all’operatore l’utile partecipazione alla gara.10

La pronuncia in questione, ammettendo un’eccezione ad un principio dalla portata generale, non ha fatto che corroborare l’orientamento interpretativo maggioritario supra richiamato, secondo il quale, di norma, legittimato ad impugnare l’esito della gara è soltanto colui che abbia preso parte ad essa, il quale è tenuto ad impugnare il bando solo unitamente all’atto o agli atti, successivi, che di questo fanno applicazione.

3. La impugnazione immediata o differita delle clausole del bando di gara non recanti disposizioni immediatamente escludenti

Giungendo ad esaminare la seconda quaestio iuris sottoposta alla sua attenzione, concernente il dies a quo l’offerente debba impugnare clausole del bando illegittime, l’Adunanza ha chiarito, sin da subito, che l’operatore economico non gode della possibilità di scegliere se impugnare il bando immediatamente o se attendere l’esito della procedura.

E poiché l’art. 120, comma 5, del c.p.a.11 ha fatto assurgere a principio di rango legislativo la decisione della medesima Adunanza Plenaria n. 1 del 29 gennaio 2003, vige l’onere di immediata impugnazione del bando di gara che contenga clausole immediatamente escludenti. Invero, considerando l’interesse diretto dell’operatore economico all’aggiudicazione, la sola clausola immediatamente escludente, determinando una preclusione in via definitiva, richiederebbe ex se la impugnazione immediata del bando.12

4. Tentativi di superare l’orientamento maggioritario

In passato, un primo tentativo volto a superare l’orientamento maggioritario si è verificato con l’ordinanza n. 634 del 2013. Tale pronuncia ha affermato la necessità di eliminare ogni criterio discretivo tra clausole escludenti e non escludenti, al fine di ammettere in via generale la regola della impugnazione immediata. In tale ottica, la lesione dell’interesse del ricorrente è stata individuata, più in generale, nella trasparenza e nella legalità della procedura, sulla base del fatto che la partecipazione ad una gara pubblica comporta oneri, dal punto di vista economico, che l’operatore ha diritto a sostenere soltanto dopo essere stato posto in condizione di conoscere perfettamente le regole di espletamento del procedimento.

Benché, con la decisione n. 8 del 2013, l’Adunanza Plenaria, non si sia pronunciata a riguardo, in ragione della legittimità della clausola contestata, la giurisprudenza successiva dello stesso Consiglio di Stato ha mostrato di aderire all’orientamento maggioritario e di non condividere, dunque, gli spunti offerti dalla suddetta ordinanza di rimessione.
Il contrasto giurisprudenziale, nuovamente instauratosi, ha condotto la terza sezione del Consiglio di Stato, a rimettere la questione concernente la portata dell’onere di immediata impugnazione delle clausole lesive, mediante ordinanza n. 5138 del 2017.  

La sezione rimettente, condividendo l’indirizzo delineatosi nella pronuncia del Consiglio di Stato, sez. III, 2 maggio 2017, n. 2014, ha riconosciuto che il bene della vita tutelato dalla normativa in materia di appalti pubblici è, ormai, da individuarsi non più nella mera aggiudicazione, bensì nell’interesse a competere con concorrenti che siano in possesso dei requisiti generali, secondo le regole di aggiudicazione individuate ex ante dal legislatore, nonché secondo qualità: “(…) l’onere di immediata impugnazione del bando [può] affermarsi più in generale per tutte le clausole attinenti le regole formali e sostanziali di svolgimento della procedura di gara, nonché con riferimento agli altri atti concernenti le fasi della procedura precedenti l’aggiudicazione, con la sola eccezione delle prescrizioni generiche e incerte, il cui tenore eventualmente lesivo è destinato a disvelarsi solo con i provvedimenti attuativi (…)”.

5. Conclusioni

Nella pronuncia oggetto della presente nota, la Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha ritenuto di non condividere l’indirizzo ermeneutico minoritario, osservando come la tesi estensiva dell’immediata impugnazione del bando non produrrebbe altro risultato se non quello di ostacolare la deflazione del contenzioso in materia di appalti. Invero, gli operatori economici, consapevoli del proprio onere di proporre tempestivamente ricorso, sarebbero spinti, per ciò solo, ad impugnare, a pena di inoppugnabilità, qualsivoglia clausola della lex specialis di gara, ancorché lesiva solo in via potenziale.

Il Consiglio di Stato, dunque, continua a seguire l’indirizzo inaugurato con la decisione n. 3/2001, confermando che le clausole del bando di gara che non rivestano portata immediatamente escludente devono essere impugnate congiuntamente al provvedimento lesivo che di queste faccia applicazione. 

1 Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 29 gennaio 2003, n. 1 e 7 aprile 2011, n. 4.

2 Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 29 gennaio 2003, n. 1: “(…) non può, invece, essere escluso un dovere di immediata impugnazione del bando di gara o della lettera di invito con riferimento a clausole, in essi contenute, che impongano, ai fini della partecipazione, oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara o della procedura concorsuale, e che comportino sostanzialmente l’impossibilità per l’interessato di accedere alla gara ed il conseguente arresto procedimentale. Fra le ipotesi sopra richiamate può, sul piano esemplificativo, essere ricompresa quella di un bando che, discostandosi macroscopicamente dall’onere di clare loqui, al quale, per i suoi intrinseci caratteri, ogni bando deve conformarsi, risulti indecifrabile nei suoi contenuti, così impedendo all’interessato di percepire le condizioni alle quali deve sottostare precludendogli, di conseguenza, direttamente ed immediatamente la partecipazione (…)”.

3 Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 25 febbraio 2014, n. 9.

4 C.d.S., sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5671.

5 Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 29 gennaio 2003, n. 1.

6 C.d.S., sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980.

7 Ex multis, C.d.S., sez. V, 21 novembre 2011, n. 6135; C.d.S., sez. III, 23 gennaio 2015, n. 293.

8 Ex multis, C.d.S., sez. II, 19 febbraio 2003, n. 2222.

9 C.d.S., sez. III, 3 ottobre 2011, n. 5421.

10 La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sez. VI, 12 febbraio 2004, nella causa C-230/02, ha stabilito che l’operatore economico il quale si ritenga leso da una clausola della legge di gara la quale impedisca la sua partecipazione ha la possibilità (rectius: l’onere) di impugnare in modo diretto tale clausola.

11 (…) Salvo quanto previsto al comma 6-bis, per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto. Per il ricorso incidentale la decorrenza del termine è disciplinata dall’articolo 42. (…)

12 Secondo un indirizzo ermeneutico minoritario, il giudice amministrativo avrebbe il potere-dovere di procedere alla disapplicazione del bando di gara illegittimo, anche dopo la scadenza del termine di proposizione del ricorso, nel caso in cui vengano contestati, per invalidità derivata, gli atti esecutivi. Infatti, poiché i bandi di gara sono da ricomprendere nella categoria delle fonti secondarie, si tratterebbe di disapplicazione normativa, analogamente a quanto avviene con i regolamenti. Tale indirizzo, tuttavia, non ha avuto seguito, poiché il Consiglio di Stato ha annullato la decisione, in virtù del fatto che i bandi di gara, privi del carattere della generalità e dell’astrattezza, differentemente dai regolamenti, non hanno natura normativa. Invero, i destinatari del precetto risultano individuabili solamente ex post. Ne consegue, dunque, che i bandi di gara non sono suscettibili di disapplicazione e, in difetto di una tempestiva impugnazione, divengono inoppugnabili.