Corte di Cassazione, sez. II, ordinanza 19 ottobre 2021, n. 28871

Famiglia – Coniugi – Separazione personale o divorzio – Casa familiare – Comunione – Scioglimento – Valore dell’immobile – Criteri di valutazione – Liquidazione al coniuge non affidatario – Contrasto di giurisprudenza – Rimessione alle Sezioni Unite

Viene rimessa all’esame delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la questione con oggetto i criteri da applicare per calcolare il valore dell’immobile adibito a casa di famiglia al fine di liquidare la somma spettante al coniuge non affidatario sia in sede di separazione personale che in quella di divorzio. Infatti si contrappongono due indirizzi giurisprudenziali antitetici.

Il primo ritiene che l’assegnazione del godimento della casa familiare, in sede di separazione personale o divorzio non può formare oggetto di considerazione, in occasione della divisione dell’immobile in comproprietà tra i coniugi, al fine di determinare il valore di mercato del bene, qualora l’immobile venga attribuito al coniuge titolare del diritto al godimento sullo stesso; tale diritto, infatti, è attribuito nell’esclusivo interesse dei figli e non del coniuge affidatario cosicché, decurtandone il valore dalla stima del cespite, si realizzerebbe una indebita locupletazione a favore del medesimo coniuge affidatario, potendo egli, dopo la divisione, alienare il bene a terzi senza alcun vincolo e per il prezzo integrale (cfr. Corte di Cassazione, n. 33069/2018; n. 17843/2016; 27218/2014; n. 11630/2001).

Il secondo ritiene che l’assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi, cui l’immobile non appartenga in via esclusiva, instaura un vincolo (opponibile anche ai terzi per nove anni, e, in caso di trascrizione, senza limite di tempo) che oggettivamente comporta una decurtazione del valore della proprietà, totalitaria o parziaria, di cui è titolare l’altro coniuge, il quale da quel vincolo rimane astretto, come i suoi aventi causa, fino a quando il provvedimento non sia eventualmente modificato, sicché nel giudizio di divisione se ne deve tenere conto indipendentemente dal fatto che il bene venga attribuito in piena proprietà all’uno o all’altro coniuge ovvero alienato a terzi (cfr. Corte di Cassazione, n. 8202/2016; n. 20319/2004).