Appalto – Principio del risultato – Principio della fiducia – Rapporto – Ambito applicativo – Fattispecie
La ratio che pervade il nuovo impianto adottato in materia di contratti pubblici con il d.lgs. n. 36/2023, il quale erge, tra i suoi capisaldi, il c.d. “principio della fiducia”, introdotto dall’art. 2 con il preciso fine di valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni oggetto di gara. Tale principio guida, pur ampliando i poteri valutativi e la discrezionalità della P.A., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile, pone in capo alla stazione appaltante la responsabilità di svolgere le gare tenendo sempre presente, a prescindere dalla regolarità formale, che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica, o ad acquisire forniture o, come nel caso di specie, ad affidare dei servizi, nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento. Proprio il perseguimento di tale interesse pubblico costituisce il “risultato” che l’appalto deve raggiungere, rappresentando, come previsto dall’art. 1 del predetto d.lgs. 36/2023, il “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale”. Il principio del risultato, in base al quale la tutela della concorrenza e del mercato non deve trasmodare in un pregiudizio per la causa finale e per l’oggetto diretto e principale della tutela approntata dalla disciplina di settore, è stato reso esplicito dal nuovo Codice dei contratti pubblici ma costituisce un principio “già immanente nel sistema” (Consiglio di Stato, sez. III, 15 novembre 2023, n. 9812), suscettibile di trovare piena applicazione anche con riguardo alle procedure di gara anteriori all’entrata in vigore del d.lgs. 36 del 2023. Esso implica che il risultato che l’Amministrazione deve perseguire debba essere “virtuoso”, risultando tale quello che possa portare a diminuire i costi di un servizio assicurando allo stesso tempo l’accrescimento della qualità e della produttività. Se è vero che, nell’impostazione del nuovo Codice dei contratti pubblici l’amministrazione è chiamata a compiere la scelta più “virtuosa”, assicurando il “miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”, non può ritenersi che tale “miglior rapporto” sia stato raggiunto nella gara in oggetto, ove la stazione appaltante, addivenendo alla propria decisione di aggiudicare l’appalto in favore della società controinteressata, ha disatteso, irragionevolmente, ogni potenziale verifica in ordine ai presidi di qualità ed efficienza del servizio integrato che quest’ultima è chiamata a svolgere, finendo per tradire la funzionalizzazione verso il miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico cui essa deve tendere (T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 7 febbraio 2024, n. 478).