Consiglio di Stato, sez. III, 18 novembre 2024, n. 9211

Atto amministrativo – Stalking – Misura dell’ammonimento – Prova del reato – Non necessita – Testo integrale della sentenza

Per applicare la misura dell’ammonimento adottata dal Questore ex art. 8, d. l. n. 11 del 2009, convertito in legge n. 28 del 2009 non è necessario che sia stata raggiunta la prova del reato di atti persecutori di cui all’art. 612-bis, c.p., (stalking), in quanto è sufficiente che si faccia riferimento ad elementi dai quali sia possibile desumere con una sufficiente livello di attendibilità, un comportamento persecutorio che abbia ingenerato nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e paura, considerato che il provvedimento di ammonimento assolve a una funzione tipicamente cautelare e preventiva, poiché risulta finalizzato ad impedire che gli atti persecutori posti in essere contro la persona non siano ripetuti e non procurino esiti irreparabili.

 

 

Pubblicato il 18/11/2024

  1. 09211/2024REG.PROV.COLL.
  2. 01020/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1020 del 2024, proposto dal Ministero dell’Interno e dalla Questura di Viterbo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

il signor -OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 13108/2023, resa tra le parti.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 novembre 2024 il Cons. Antonio Massimo Marra e uditi per le parti gli avvocati presenti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

  1. Il 23 agosto 2017 il Questore della Provincia di Viterbo ha notificato un provvedimento di ammonimento exart. 8, d.l. n. 11 del 2009, conv.in l. n. 28 del 2009, nei confronti dell’odierno appellato, signor -OMISSIS-.

1.1. L’atto amministrativo trae fondamento da quanto riferito dalla ex coniuge dell’odierno appellato, signora -OMISSIS-. In particolare, quest’ultima, nel premettere di essersi separata legalmente dal mese di luglio 2014, esponeva che il di lei coniuge, in più occasioni, aveva manifestato nei suoi confronti atteggiamenti ossessivi e aggressivi, asseritamente dovuti a motivi di gelosia, accusando la ex moglie …” di averlo ridotto in povertà”.

1.2. Il Questore ha ritenuto non infondata la richiesta di ammonimento, tenuto conto “dell’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni dell’istante e dei riscontri esterni forniti dalle persone informate sui fatti”.

  1. Avverso il sopra menzionato provvedimento, l’interessato ha proposto ricorso per l’annullamento avanti al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma.
  2. Con sentenza n. 13108 del 26 maggio 2023 il Tribunale ha accolto il ricorso, sull’assorbente motivo che il provvedimento si basava sul presupposto del rinvio a giudizio dell’interessato, il cui giudizio si è, peraltro, concluso con sentenza di assoluzione, “perché il fatto non sussiste”; da questa considerazione il primo giudice ha tratto l’inferenza secondo cui è stata acclarata, seppure ex post, l’insussistenza del presupposto su cui fonda la misura cautelare il gravame è fondato.
  3. Il Ministero dell’Interno ha impugnato l’indicata sentenza con appello ritualmente, notificato il 24 febbraio 2024 e depositato il successivo 7 marzo.

4.1. Con un unico e articolato motivo d’impugnazione si deduce il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti posti a fondamento del provvedimento gravato. In particolare, in primo luogo l’Amministrazione appellante contesta il fatto -erroneamente affermato dalla sentenza impugnata- che, il provvedimento questorile avesse trovato la sua giustificazione solo nel rinvio a giudizio del ricorrente per il reato di atti persecutori. In senso contrario a quanto ha affermato il primo giudice la Questura ha, sempre ad avviso dell’appellante Ministero, adottato il contestato atto svolgendo un’approfondita istruttoria, sentendo testimoni ed acquisendo documenti, in relazione ai fatti (che si collocano temporalmente tra il 17 marzo e il 2 luglio 2017), descritti dalla ex moglie dell’appellato, nell’istanza di ammonimento e, puntualmente richiamati nella motivazione del provvedimento impugnato.

4.2. Diversamente da quanto affermato dal signor -OMISSIS- in primo grado, e condiviso dal primo giudice, i due capi infra indicati di imputazione -relativi a due procedimenti penali poi riuniti, entrambi per il reato di atti persecutori- in relazione ai quali il Giudice ordinario ha deciso, sono i seguenti e precisamente: i.) “perché sottoposto a provvedimento di ammonimento del Questore di Viterbo, emesso ai sensi dell’art. 8 del d.l. n. 11 del 23.02.2009, notificatogli il 23 agosto 2017, con condotte vessatorie e reiterate nel tempo, molestava la coniuge separata -OMISSIS-…in -OMISSIS-, dal mese di luglio 2017 al 23.02.2018”; b) “perché mediante condotte reiterate e vessatorie, consistite nel … molestava la coniuge; separata -OMISSIS-, …. Commesso in -OMISSIS-dal 19 al 23 aprile 2019.”

4.2.1. Da questa considerazione l’appellante ha tratto l’inferenza che, il primo capo d’imputazione, si sarebbe riferito, dunque, a condotte che l’imputato aveva commesso quando era già stato adottato il provvedimento di ammonimento; misura cautelare che avrebbe riguardato condotte antecedenti all’arco temporale già sopra richiamato (tra il 17 marzo e il 2 luglio 2017).

4.3. Il controinteressato non si è costituito in giudizio

4.4. All’udienza pubblica del 7 ottobre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

  1. L’appello proposto dal Ministero dell’Interno, che con unico articolato motivo ha lamentato l’erronea applicazione delle norme dettate in materia di “sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori” da parte del primo giudice, è fondato.
  2. La sentenza qui impugnata ha ritenuto che, il quadro indiziario posto a base del provvedimento cautelare ex art. 8, d.l. n. 11/2009, conv. in l. n. 28/2009, risulti fondato esclusivamente sul presupposto del rinvio a giudizio dell’appellato, per avere posto in essere atti persecutori in danno dell’exconiuge,

4.1. Da questa considerazione il primo giudice ha tratto l’inferenza secondo cui sarebbe venuto meno il presupposto fondante la misura contestata in primo grado dall’odierno appellato.

4.2. Detto ordine di idee non è condiviso dal Collegio.

4.3. Anzitutto va ricordato che il provvedimento di ammonimento orale, disciplinato dall’art. 8 del d.l. n. 11/2009, convertito con l. n. 28/2009, si caratterizza per la sua spiccata natura preventiva e cautelare, essendo essenzialmente finalizzato a dissuadere dal tenere comportamenti persecutori e prevenire la commissione di reati contro la persona sulla base di un giudizio prognostico formulato ex ante.

4.4. Coerentemente con tale premessa, sotto il profilo probatorio, non è necessaria l’acquisizione di prove tali da poter resistere in un giudizio penale, né si richiede che le condotte poste alla base del provvedimento posseggano gli stringenti requisiti di cui all’art. 612-bis c.p. (cfr. Consiglio di Stato, III sezione, n. 4422/2022; 2545/2020). Quel che rileva è, dunque, la mera probabilità che gli atteggiamenti molesti o minacciosi oggetto dell’istanza di ammonimento possano sfociare e degenerare in condotte costituenti reato ai sensi dell’art. 612-bis c.p.

4.5. A questo scopo, l’Amministrazione gode di ampia discrezionalità nella conduzione dell’istruttoria procedimentale, dal momento che la norma afferma che il questore emana il provvedimento di ammonimento “assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti”. Infatti la disposizione in commento, nella parte in cui subordina ad una valutazione di necessità (“se necessario”) l’acquisizione delle informazioni, evidentemente affida alla libera valutazione dell’autorità di pubblica sicurezza la modulazione degli strumenti di approfondimento istruttorio. È quindi rimessa al Questore non solo la scelta di emettere o meno la misura, ma anche quella di stabilire la tempistica della sua iniziativa e le modalità dell’indagine (cfr. Consiglio di Stato, III sezione, n. 2620/2020).

  1. Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, deve rilevarsi che la sentenza impugnata non ha fatto buon governo delle norme applicabili in materia, secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (da ultimo, Cons. St., sez. III, sent. n. 3588/2024).

5.1 In senso contrario a quanto ha affermato il primo giudice si deve, anzitutto, rilevare che l’assoluzione in sede penale, sopravvenuta all’adozione del provvedimento amministrativo, non poteva, in ogni caso, condurre all’annullamento della misura cautelare de qua, dovendosi in proposito osservare che, altro è l’accertamento degli elementi essenziali del reato di atti persecutori, in sede penale della colpevolezza; altro è invece l’accertamento che effettua la Questura per stabilire se sussistono i requisiti per l’adozione del provvedimento di ammonimento.

5.2. Conferma tale conclusione la giurisprudenza di questo Consiglio di stato là dove ha chiarito che per l’applicazione della misura dell’ammonimento: “non è necessario che si sia raggiunta la prova del reato, ma è sufficiente che sia fatto riferimento ad elementi dai quali sia possibile desumere, con un sufficiente grado di attendibilità, un comportamento persecutorio che ha ingenerato nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e di paura, atteso che il provvedimento di ammonimento assolve ad una funzione tipicamente cautelare e preventiva, in quanto preordinato a che gli atti persecutori posti in essere contro la persona non siano più ripetuti e non cagionino esiti irreparabili” (sez. III, sent. 25 maggio 2015, n. 2599).

5.3. Ne deriva che non sussiste alcun automatismo tra sentenza di assoluzione penale e declaratoria di illegittimità del provvedimento di ammonimento.

  1. In esito alle ragioni esposte, l’appello deve essere accolto, con conseguente annullamento della sentenza impugnata.
  2. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio, attesa la costituzione meramente formale dell’Amministrazione resistente.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla la sentenza impugnata.

Spese compensate.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità del signor -OMISSIS- e della signora -OMISSIS-.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2024 con l’intervento dei magistrati:

Stefania Santoleri, Presidente FF

Giovanni Tulumello, Consigliere

Antonio Massimo Marra, Consigliere, Estensore

Luca Di Raimondo, Consigliere

Sebastiano Zafarana, Consigliere