TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I, 8 maggio 2025, n. 194

Appalto – White list – Iscrizione – Diniego – Condizioni e presupposti – Poteri del giudice amministrativo – Testo integrale della sentenza

In materia di interdittiva antimafia e di diniego di iscrizione nella c.d. “white list” i provvedimenti prefettizi interdittivi sono connotati da ampia discrezionalità amministrativa, apprezzabile con sindacato c.d. “debole” dal giudice amministrativo, limitatamente ai profili di palese travisamento e manifesta irragionevolezza o illogicità che rivelino quindi con immediatezza il cattivo esercizio del potere: tale discrezionalità deve essere articolata sulla base di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti (emergenti anche dal procedimento penale quali fatti concreti), vagliati alla luce dei peculiari caratteri del metodo mafioso (come i rapporti di soggiacenza/compiacenza nel quadro di strutture familiari di tipo “clanico”) in forza del criterio della “probabilità cruciale” (ossia del nesso causale del “più probabile che non”), al fine di una prognosi inferenziale di permeabilità criminale, a tutela preventiva dell’interesse primario ad evitare condizionamenti mafiosi nelle attività economiche e nei rapporti tra operatori economici e pubblica Amministrazione.

Pubblicato il 08/05/2025

  1. 00194/2025 REG.PROV.COLL.
  2. 00234/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 234 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Annalisa Bassi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

U.T.G. – Prefettura di Reggio Emilia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege in Bologna, via A. Testoni, 6;
Ministero dell’Interno, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

del provvedimento con il quale la Prefettura di Reggio Emilia, emesso il -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS-, ha rigettato l’istanza della -OMISSIS-, C.F. -OMISSIS-, di rinnovo della iscrizione nella White List della Prefettura di Reggio Emilia, presentata ai sensi del disposto di cui all’art. 5-bis del Decreto Legge n. 74/2012, e contestuale cancellazione della stessa dall’elenco delle imprese richiedenti.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di U.T.G. – Prefettura di Reggio Emilia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 aprile 2025 la dott.ssa Paola Pozzani, nessuno presente per le parti come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con il ricorso introduttivo la ricorrente ha chiesto l’annullamento del provvedimento dell’U.T.G. – Prefettura di Reggio Emilia, emesso il -OMISSIS-, di rigetto dell’istanza della -OMISSIS- (C.F. -OMISSIS-) di rinnovo della iscrizione nella White List della Prefettura di Reggio Emilia, presentata ex art. 5-bis del D.L. n. 74/2012, e contestuale cancellazione della stessa dall’elenco delle imprese richiedenti.

L’U.T.G. – Prefettura di Reggio Emilia, costituitasi in giudizio il 13 giugno 2022, ha depositato memoria difensiva il 17 giugno 2022.

Con ordinanza n. -OMISSIS- del -OMISSIS- questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare “Considerato che il ricorso, ad un sommario esame proprio della sede cautelare, non appare assistito dai prescritti requisiti per la concessione della richiesta misura cautelare, poiché, dagli elementi di valutazione acquisiti in corso di causa, non emergono profili che inducono ad una ragionevole previsione sull’esito favorevole del ricorso, anche alla luce della consolidata giurisprudenza in materia di interdittive antimafia da cui il Collegio non intende discostarsi; ritenuto infatti che il provvedimento impugnato appare legittimo sotto il profilo procedurale e conforme alla normativa in materia, essendo stati assolti gli obblighi di legge, con particolare riferimento alla garanzia del contraddittorio con l’impresa che ha potuto partecipare depositando scritti difensivi a fronte del provvedimento di avvio del procedimento regolarmente notificato; ritenuto che il provvedimento sia stato, inoltre, adeguatamente istruito come risulta dalla documentazione versta in atti e dai rapporti del Gruppo Interforze che dimostrano l’esistenza dei presupposti per adottare l’atto impugnato; ritenuto che per quanto attiene il profilo del pregiudizio, l’interesse di parte ricorrente appare recessivo rispetto all’esigenza di tutela della trasparenza e correttezza delle attività economiche e della loro difesa dall’infiltrazione della criminalità organizzata”.

Con ordinanza n. -OMISSIS- del -OMISSIS- il Consiglio di Stato, Sez. III, ha respinto l’appello sulla predetta ordinanza cautelare «Considerato che il TAR, al contrario di quanto sostenuto dall’appellante, ha valutato il dedotto profilo del periculum, ritenendolo peraltro “recessivo rispetto all’esigenza di tutela della trasparenza e correttezza delle attività economiche e della loro difesa dall’infiltrazione della criminalità organizzata”; Considerato inoltre, quanto al fumus, che il TAR ha correttamente escluso “una ragionevole previsione sull’esito favorevole del ricorso”; Rilevato, infatti, che il concordante quadro indiziario di possibili infiltrazioni mafiose non risulta contraddetto né dalla natura del reato di contabilizzazione di operazioni inesistenti, che potrebbe ben inserirsi strumentalmente nel quadro di un sodalizio mafioso, né dal tardivo recesso dagli evidenziati consorzi controindicati, né dalla dedotta mancanza di vincoli di parentela, che non esclude la sussistenza degli evidenziati rapporti con soggetti controindicati».

Con ordinanza presidenziale n. -OMISSIS- del -OMISSIS- si è chiesto alle parti di comunicare se fossero intervenuti fatti o atti ulteriori nel corso del giudizio e alla parte ricorrente di confermare l’attualità dell’interesse alla definizione del giudizio.

Con atto depositato in giudizio il 10 ottobre 2024 parte ricorrente ha dichiarato la persistenza del proprio interesse alla decisione.

Alla pubblica udienza del 29 aprile 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

  1. Il primo motivo di ricorso “Eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto di istruttoria in relazione alla posizione del socio -OMISSIS-” è rivolto a censurare il difetto di motivazione laddove il gravato atto mostrerebbe una valutazione astratta senza evidenziare elementi effettivamente riconducibili al caso concreto.

In particolare, sottolinea la difesa attorea, il socio -OMISSIS- è stato assolto dal reato di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000 (contabilizzazione di operazioni inesistenti) e, in ogni caso, la fattispecie ascritta non sarebbe in rivelatrice di alcun condizionamento mafioso né in astratto né nel caso concreto, e ciò, infatti, non sarebbe stato dimostrato dalla Prefettura; inoltre, ad avviso della ricorrente, l’Amministrazione avrebbe apoditticamente valorizzato il coinvolgimento nell’operazione Billions di soggetti condannati nel processo Aemilia in assenza di alcuna ipotesi di concorso né di concreti elementi che palesino il legame tra tali soggetti ed il socio -OMISSIS-.

Con il secondo motivo di ricorso “Eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto di istruttoria, errore nei presupposti in relazione al vincolo parentale” parte ricorrente lamenta che le parentele indicate dall’Amministrazione non siano giuridicamente tali e che non ne sia evidenziato il rilievo effettivo, mancando la precisazione delle frequentazioni con i soggetti controindicati che possano essere espressive di un collegamento con l’ambiente mafioso o di un condizionamento dello stesso.

In particolare, quanto alle figure di -OMISSIS- e -OMISSIS-, tali soggetti non sarebbero giuridicamente parenti ma affini (parenti del coniuge) dei soci della ricorrente né sarebbero indicati nel gravato atto alcuna frequentazione o contatto nemmeno occasionale, precisando la difesa attorea che l’intera famiglia -OMISSIS- abita a Cutro e non ha nessun tipo di attività o interesse nella provincia reggiana dove, invece, la società ricorrente è attiva nell’edilizia dal lontano 1998 (riportando le dichiarazioni rese dalla parte e riportate nel verbale “operazioni compiute / acquisizione documentazione” del 13 aprile 2021 – doc. 4 – cui non avrebbe fatto seguito alcun approfondimento istruttorio).

Anche in riferimento alla figura di -OMISSIS-, sarebbe valorizzato solamente il diniego alla iscrizione alla White List senza evidenziare alcun rapporto tra questo e i soci della -OMISSIS-

Secondo la tesi attorea, l’assenza di elementi concreti quali contatti o frequentazioni nel caso in esame escluderebbe la sussistenza di alcun rapporto di soggiacenza o compiacenza tra la società ricorrente ed una “regia clanica” mafiosa.

Il terzo motivo di ricorso “Eccesso di potere per carenza di motivazione, contraddittorietà e difetto di istruttoria, in relazione ai rapporti consortile” è articolato avverso le argomentazioni prefettizie in ordine all’inserimento della società ricorrente nei consorzi -OMISSIS- e -OMISSIS-.

Evidenzia la difesa attorea che la ricorrente ha formalizzato il recesso sia dal Consorzio -OMISSIS- (doc. n. 5) che dal consorzio -OMISSIS- in data 15 ottobre 2020 (docc. nn. 6-7 inizio della procedura, nn. 8-9 conclusione della procedura in data successiva al gravato provvedimento), come emergerebbe dalla documentazione resa all’Amministrazione.

La mancata considerazione di tale documentazione da parte della Prefettura avrebbe, secondo la tesi dell’esponente, compromesso la correttezza del bilanciamento tra interesse pubblico e privato alla libera iniziativa economica.

Infine, la menzione del Consorzio -OMISSIS- nel provvedimento di diniego sarebbe inconferente, in quanto lo stesso sarebbe stato regolarmente iscritto alla White List nell’anno 2016.

L’Amministrazione resistente, richiamate le controdeduzioni endoprocedimentali riportate nel gravato atto nonché lo sviluppo delle motivazioni con cui il Gruppo Interforze nella seduta del 13 gennaio 2022 propone il rigetto dell’istanza della società (doc. 5), replica, quanto al primo motivo di ricorso, che l’assunto attoreo relativo all’assenza di istruttoria ed alla carenza motivazionale è smentito dalla ricostruzione procedimentale riportata esplicitamente nel corpo del provvedimento interdittivo, laddove è possibile verificare la scrupolosa e dettagliata elencazione dei presupposti di adozione del medesimo, frutto di una approfondita disamina della mole istruttoria, che consente pienamente all’interessato la conoscenza di ogni passaggio procedimentale ai fini della più completa difesa delle proprie ragioni.

Richiamata, altresì, la natura del provvedimento prefettizio in esame nonché la relativa esegesi giurisprudenziale, l’Avvocatura dello Stato evidenzia che il coinvolgimento del socio -OMISSIS- nell’operazione Billions è rilevante non solo per l’importanza dell’indagine (sebbene non venga contestata l’aggravante dell’associazione mafiosa, la tipologia dei comportamenti illeciti contestati sarebbe comunque sintomatica) ma anche perché ad essere coinvolti in “Billions” sono numerosi soggetti condannati pure nel maxi-processo di mafia “Aemilia”.

Aggiunge la resistente che per giurisprudenza comune “… i legami consortili non possono essere derubricati a rapporti instabili, occasionali, o irrilevanti” (citando Cons. di Stato, Sez. III, n. 2774/2016).

Quanto alle parentele o affinità, l’Avvocatura dello Stato sottolinea che tali rapporti sono accertati e di forte controindicazione specie considerando il contesto socio-familiare in cui le stesse si esplicano, caratterizzate da strutture claniche chiuse e particolarmente solidali, dove nei confronti del soggetto malavitoso frequentemente scatta una contiguità “soggiacente e/o compiacente” in giurisprudenza ampiamente descritta; inoltre, la doglianza relativa alla mancanza di frequentazioni sarebbe apodittica, mentre la partecipazione a consorzi controindicati farebbe presumere una qualche sorta di frequentazione per il perseguimento dei comuni interessi economici insiti nella forma associativa.

Sul recesso dai consorzi controindicati, la resistente precisa che dalle emergenze camerali ante provvedimento non era evincibile alcun recesso da tali consorzi la cui partecipazione evidenzia l’allora condivisa comunanza di interessi lavorativi utile a supportare un “pronostico” di scambi di favori, o comunque di possibili reciproche influenze, anche nell’attualità.

Quanto alle risultanze penali, l’Avvocatura dello Stato sottolinea che l’Amministrazione può trarre elementi dal procedimento penale, autonomamente apprezzabili in sede amministrativa nella logica preventiva e prognostica immanente nei provvedimenti interdittivi.

  1. Illustrate le posizioni delle parti, il Collegio richiama l’ampia giurisprudenza in materia di interdittiva antimafia e di diniego di iscrizione nelle c.d. white lists, ricordando che “Giova premettere, richiamando una ormai consolidata giurisprudenza della Sezione (tra le tante, 16 giugno 2023, n. 5964; 22 maggio 2023, n. 5024; 27 dicembre 2019, n. 8882; 5 settembre 2019, n. 6105; 20 febbraio 2019, n. 1182), che l’informativa antimafia implica una valutazione discrezionale da parte dell’autorità prefettizia in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, capace di condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa. Tale pericolo deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non” il pericolo di infiltrazione mafiosa. La funzione di “frontiera avanzata” dell’informazione antimafia nel continuo confronto tra Stato e anti-Stato impone, a servizio delle Prefetture, un uso di strumenti, accertamenti, collegamenti, risultanze, necessariamente anche atipici come atipica, del resto, è la capacità, da parte delle mafie, di perseguire i propri fini. E solo di fronte ad un fatto inesistente od obiettivamente non sintomatico il campo valutativo del potere prefettizio, in questa materia, deve arrestarsi (Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758)” (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 7796 del 25 settembre 2024; sul criterio della c.d. “probabilità cruciale” si veda anche Consiglio di Stato, Sez. III, n. 9357 del 31 ottobre 2023).

Quanto alla rilevanza condizionante di rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, la citata decisione del Consiglio di Stato n. 7796/2024, richiamati i propri precedenti (29 maggio 2023, n. 5227; 7 febbraio 2018, n. 820), ha avuto modo di chiarire che “l’Amministrazione può dare loro rilievo laddove tali rapporti, per la loro natura, intensità o per altre caratteristiche concrete, lascino ritenere, per la logica del “più probabile che non”, che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto con il proprio congiunto. Nei contesti sociali, in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia si può verificare una “influenza reciproca” di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza; una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch’egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della ‘famiglia’, sicché in una ‘famiglia’ mafiosa anche il soggetto, che non sia attinto da pregiudizio mafioso, può subire, nolente, l’influenza del ‘capofamiglia’ e dell’associazione. Hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo l’Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l’esistenza – su un’area più o meno estesa – del controllo di una ‘famiglia’ e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti. In altri termini, tale influenza può essere desunta dalla doverosa constatazione che l’organizzazione mafiosa tende a strutturarsi secondo un modello “clanico”, che si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della famiglia (Cons. St., sez. III, 29 maggio 2023, n. 5227)”.

Pertanto, in estrema sintesi, l’esegesi giurisprudenziale richiamata evidenzia che i provvedimenti prefettizi interdittivi sono connotati da ampia discrezionalità amministrativa, apprezzabile con sindacato c.d. “debole” di questo giudice, limitatamente ai profili di palese travisamento e manifesta irragionevolezza o illogicità che rivelino quindi con immediatezza il cattivo esercizio del potere: tale discrezionalità deve essere articolata sulla base di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti (emergenti anche dal procedimento penale quali fatti concreti), vagliati alla luce dei peculiari caratteri del metodo mafioso (come i rapporti di soggiacenza/compiacenza nel quadro di strutture familiari di tipo “clanico”) in forza del criterio della “probabilità cruciale” (ossia del nesso causale del “più probabile che non”), al fine di una prognosi inferenziale di permeabilità criminale, a tutela preventiva dell’interesse primario ad evitare condizionamenti mafiosi nelle attività economiche e nei rapporti tra operatori economici e pubblica Amministrazione.

Nel caso concreto parte ricorrente declina i tre motivi di ricorso in relazione al vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria/motivazione rispetto a tre profili: le imputazioni di -OMISSIS-, le “parentele” collegate ai soci della società ricorrente e i rapporti lavorativi con i consorzi -OMISSIS- e -OMISSIS-.

Va precisato che, in via generale, come emerge dalla piana lettura dello stesso, il gravato provvedimento, reso in seguito a due interlocuzioni difensive ex art. 10-bis della Legge n. 241/1990, è ampiamente motivato articolando concreti rilievi anche in controdeduzione alle osservazioni difensive endoprocedimentali, ciò escludendo, quindi, la lamentata astratta e superficiale disamina concreta della fattispecie da parte della Prefettura.

Quanto alla figura del socio -OMISSIS-, il gravato atto ne riporta alla terza pagina la definizione della posizione societaria quale proprietario al 25% delle quote, proseguendo poi nella allegazione degli elementi concreti che ne significano la controindicazione in ottica antimafia.

In particolare, il provvedimento prefettizio (pag. 3) evidenzia che egli era indagato ex art. 2 (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) del D.Lgs. n. 74 del 10 marzo 2000 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205) quale rappresentante legale della società ricorrente, riportando il fatto concreto dell’imputazione (ricezione di fatture per operazioni inesistenti, per gli anni 2014 e 2015, dalla -OMISSIS-, c.d. “-OMISSIS-”) che ha comportato anche la richiesta di sequestro preventivo diretto delle somme presenti sui conti della ditta (c.d. sequestro preventivo per equivalente); ulteriormente, è fatta allegazione della circostanza che il Sig. -OMISSIS-, quale legale rappresentante della società ricorrente, è stato attinto in data -OMISSIS- da decreto penale di condanna emesso dal Tribunale di Reggio Emilia per il reato di cui all’art. 21 della Legge n. 646/1982 (Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, 10 febbraio 1962, n. 57 e 31 maggio 1965, n. 575. Istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia) per aver subappaltato, senza l’autorizzazione dell’Autorità competente, lavori di posa di pluviali e lattoneria ad altra società, violazione per la quale è stato poi successivamente assolto perché il fatto non costituisce reato bensì comporta solo una sanzione amministrativa.

Alla sesta pagina del provvedimento impugnato l’Amministrazione riporta le osservazioni endoprocedimentali della ditta interessata in merito alla figura del socio -OMISSIS- (con le quali si assume l’assenza di collegamenti dello stesso con la criminalità organizzata nonché la non sintomaticità quale reato-spia della fattispecie delittuosa di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000) ed evidenzia che (pag. 7) egli era imputato nell’operazione Billions per aver intrattenuto rapporti con la -OMISSIS-.

Alla pagina ottava del gravato atto si precisa che, in sede di ulteriore contraddittorio endoprocedimentale, la ditta interessata ha censurato la risalenza nel tempo dell’imputazione del socio -OMISSIS- nonché l’unico contatto con -OMISSIS- titolare della -OMISSIS- tra i 191 coimputati in detto procedimento; a pag. 9, poi, si sottolinea l’assoluta rilevanza della partecipazione del socio -OMISSIS- alla realizzazione dell’illecito commesso nell’operazione Billions in concorso con la -OMISSIS- -OMISSIS-, riconducibile all’imprenditore -OMISSIS-, operazione dove risultano coinvolti alcuni tra i soggetti condannati nel processo di mafia Aemilia.

Sulla sintomaticità della fattispecie di reato ex art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000, come considerato dal Consiglio di Stato nell’ordinanza cautelare in narrativa indicata, il concordante quadro indiziario di possibili infiltrazioni mafiose non risulta contraddetto dalla natura del reato di contabilizzazione di operazioni inesistenti, che potrebbe ben inserirsi strumentalmente nel quadro di un sodalizio mafioso.

Infatti, l’orientamento del Consiglio di Stato in materia, come evidenziato dalla decisione della Sez. III, 17 gennaio 2024, n. 552, assume che «per la valida emissione di una informazione antimafia, la quale non ha carattere vincolato o automatico nemmeno a fronte di condanne per delitti-spia (e, quindi, a fortiori in caso di semplice rinvio a giudizio), il Prefetto deve necessariamente tenere in conto – ed è questo il tratto, imprescindibile, di doverosità – l’emissione o, comunque, il sopravvenire di un provvedimento giurisdizionale, nel suo valore estrinseco, tipizzato dal legislatore, di fatto sintomatico di infiltrazione mafiosa a fronte di uno dei delitti-spia, previsti dall’articolo 84, comma 4, lettera a), del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159; ma deve nel contempo – ed è questo il tratto, immancabile, di discrezionalità – effettuare anche un autonomo apprezzamento, nel loro contenuto intrinseco, delle risultanze penali, senza istituire un inammissibile automatismo tra l’emissione del provvedimento giurisdizionale e l’emissione dell’informativa ad effetto interdittivo (cfr. Cons. Stato, sez. III, 2 luglio 2021, n. 5043)».

Nel caso concreto non v’è evidenza che il Prefetto abbia proceduto alla automatica conclusione inferenziale della permeabilità mafiosa del socio -OMISSIS- dalla imputazione per il reato di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000, emergendo, invece, il rilievo dei fatti che, al momento della emanazione del provvedimento impugnato, risultavano espressivi di un contatto sintomatico: si evidenzia, come sopra riportato, che il fatto ascritto (ricezione di fatture per operazioni inesistenti dalla società “-OMISSIS-” di -OMISSIS- di cui è indiscussa la controindicazione) era talmente significante da necessitare dell’applicazione della misura cautelare patrimoniale a carico della società ricorrente in ragione della condotta del socio e legale rappresentante -OMISSIS-.

Tale fatto imputato e la gravità delle evidenze dello stesso che hanno comportato l’applicazione del sequestro per equivalente, peraltro, non appaiono isolatamente considerate dall’Autorità prefettizia, ma risultano apprezzate unitamente alle risultanze fattuali del decreto penale di condanna per il reato di cui all’art. 21 della Legge n. 646/1982 (Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, 10 febbraio 1962, n. 57 e 31 maggio 1965, n. 575. Istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia) ascritto per subappalto non autorizzato, reato dal quale, solo successivamente, il socio della società ricorrente -OMISSIS- è stato assolto perché il fatto, comunque posto in essere, non costituisce reato bensì comporta solo una sanzione amministrativa.

Ebbene da ciò (il contatto conclamato con la “-OMISSIS-” di -OMISSIS- nell’ambito dell’operazione antimafia Billions collegata al maxi-processo Aemilia in relazione ad una fattispecie di reato che può ben inserirsi strumentalmente nel quadro di un sodalizio mafioso, nonché la condanna per la fattispecie delittuosa sintomatica in ottica antimafia del subappalto non autorizzato) emerge evidente che il profilo di doglianza in esame è infondato, non avendo l’Autorità prefettizia articolato la propria motivazione in termini di palese travisamento o manifesta irragionevolezza o illogicità, per avere valorizzato, invece, i fatti descritti nel perimetro della logica preventiva e prognostica consentita dal Legislatore.

Pertanto, sia in riferimento alla natura di reato spia della contabilizzazione di fatturazione per operazioni inesistenti che dell’illecito di subappalto non autorizzato, sia in relazione ai concreti elementi contestati (sequestro preventivo per equivalente per la prima fattispecie e condanna per la seconda), le conclusioni in termini prognostico-presuntivi cui è pervenuta l’Amministrazione nel gravato diniego rispondono correttamente al criterio della probabilità cruciale, dato che si palesa plausibile e non manifestamente illogico che il coinvolgimento, anche a prescindere dalla condanna, di uno dei soci (-OMISSIS-) della ricorrente in un’indagine così rilevante e sintomatica, in ragione degli specifici elementi surriferiti, sia espressivo dell’esposizione al tentativo di infiltrazione mafiosa; del resto, parte ricorrente, come riportato nel provvedimento (pag. 8), ammette, pur non condividendone la rilevanza, “l’unico contatto” con -OMISSIS- e, quindi, la sussistenza di tale elemento di fatto valorizzato nella determinazione prefettizia.

Quanto ai rapporti familiari, emerge che la cugina dei soci della società ricorrente -OMISSIS- (i rispettivi padri sono fratelli) risulta, incontestatamente, contigua all’ambiente criminale mafioso in quanto moglie di -OMISSIS- di cui è indiscussa la diretta implicazione in operazioni riconducibili all’associazione ‘ndgranghetista emiliana (pagg. 5 e 6 del diniego impugnato).

Ancora nell’ambito degli stretti rapporti familiari, la moglie (-OMISSIS-) di -OMISSIS-, socio della ditta ricorrente, risulta figlia di -OMISSIS- che è cugina di -OMISSIS- a sua volta cugina di -OMISSIS- ritenuto elemento di spicco della cosca -OMISSIS- (con riferimento all’esito dell’indagine -OMISSIS- n. -OMISSIS- RGNR DDA di Catanzaro) e condannato ad anni 6 e mesi 4 di reclusione per associazione di tipo mafioso all’esito del processo -OMISSIS- (n. -OMISSIS- RGNR DDA di Catanzaro).

Ulteriormente, -OMISSIS-, socio della ditta ricorrente, è cugino (le rispettive madri erano sorelle) di -OMISSIS-, moglie convivente di –OMISSIS- a sua volta cugino (i rispettivi padri erano fratelli) di -OMISSIS-.

Il quadro parentale e familiare, quindi, contrariamente alla tesi attorea, non appare caoticamente indicato dalla Prefettura, bensì, delineato in una ampia rete familiare di parenti ed affini stretti ed anche lontani che risulta collegata all’ambiente mafioso dato che la cugina (di padre) dei soci è, incontestatamente, contigua all’ambiente mafioso (attraverso il marito -OMISSIS-), e sia la moglie di -OMISSIS-, socio della ditta ricorrente, che la cugina (di madre) di -OMISSIS-, socio della ditta ricorrente, sono comunque riconducibili (l’una più latamente, l’altra più strettamente) alla medesima figura di -OMISSIS-, inserito nell’organizzazione criminale della cosca -OMISSIS-.

Tali elementi sono chiaramente evidenziati nel provvedimento prefettizio e vanno letti alla luce dei criteri scanditi dalla giurisprudenza (TAR Puglia, Bari, Sez. II, n. 19 del 5 gennaio 2024) laddove si è chiarito che “Il “collegamento” oggetto di apprezzamento, ai fini della c.d. interdittiva, può essere: a) compiacente, quando il soggetto destinatario di interdittiva partecipa attivamente (o si teme che possa partecipare) alle attività criminali; b) soggiacente, quando si reputa che il soggetto destinatario di interdittiva partecipi passivamente (o si teme che possa partecipare), o ancora, per meglio dire, subisce l’influenza della criminalità, soprattutto quando vi sono stretti legami familiari (Cons. St., sez. III, 5 settembre 2019 n. 6105; Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018 n. 2343)”.

Sui caratteri dell’attività delle consorterie mafiose, la succitata pronuncia sottolinea che la giurisprudenza ha ormai assunto che “l’organizzazione della criminalità di stampo mafioso ha una c.d. struttura clanica, che si articola sul nucleo centrale di una famiglia (e propri sodali), quale compagine naturale composta da una pluralità di parenti e affini, che condividono comuni valori e interessi economici (T.A.R. Puglia, sez. II, 7 aprile 2023 n. 607; Cons. St., sez. III, 2 maggio 2019 n. 2855; Cons. St., sez. III, 20 settembre 2018 n. 5480). Ragion per cui, il contesto familiare e sociale nel quale il soggetto passivo destinatario della interdittiva antimafia è inserito assume ex se una sua rilevanza, ai fini della valutazione di P.S.”.

In estrema sintesi, alla luce dell’illustrata anticipazione della soglia di pericolo nonché dell’ampiezza dell’apprezzamento discrezionale, è possibile concludere che la presenza di un contesto ambientale e familiare pregiudizievole, se suffragata da precisa istruttoria, come avvenuto nel caso di specie, è idonea, quindi, a costituire elemento pregnante della motivazione della misura preventiva: nel caso in esame, i rapporti familiari sono rilevanti per numero e qualità, in quanto risultano indizianti di una situazione complessiva tale da non rendere implausibile un collegamento, anche non personale e diretto ma comunque significativo, tra soggetti imprenditori ed ambienti della criminalità organizzata.

Quindi, attese l’ampiezza della discrezionalità nella valutazione complessiva degli elementi rivelatori di tale collegamento e l’anticipazione della soglia di tutela voluta dal Legislatore per contrastare il rischio di condizionamento mafioso, anche riguardo ai contestati legami familiari il gravato provvedimento risulta aver apprezzato i descritti elementi sintomatici con il consentito ampio criterio di rilevanza indiziante, che non risulta sconfinare nel mero arbitrio.

Sulle cointeressenze economiche con i consorzi controindicati, il gravato provvedimento evidenzia (pag. 4) che in data 8 ottobre 2020 il Gruppo Interforze rilevava che la società -OMISSIS- risultava inserita all’interno dei seguenti consorzi: 1. “Consorzio -OMISSIS-”, 2. “Consorzio -OMISSIS-.”, incontestatamente di elevata controindicazione.

Quanto al recesso dai suddetti consorzi, alla pagina ottava del diniego gravato si menziona l’avvenuto recesso da -OMISSIS- il 9 novembre 2020 ma anche la perdurante detenzione (da visura camerale) di quote di partecipazione nel Consorzio Servizi e Appalti; quanto a quest’ultimo, parte attrice ne reclama l’avvenuto recesso, tuttavia, inconferentemente rinviando a mere comunicazioni intercorse tra i soggetti ed allegando un ritardo burocratico nell’adempimento camerale, elementi che però non possono costituire idonea evidenza dell’assunto (docc. nn. 5, 6, 7 8 e 9).

Pertanto, emergono dal provvedimento prefettizio la concreta partecipazione al consorzio -OMISSIS-, che si è conclusa poco prima dell’adozione del provvedimento impugnato, e la perdurante partecipazione al consorzio -OMISSIS- in mancanza di evidenza camerale contraria.

In ogni caso, come considerato dal Consiglio di Stato nell’ordinanza cautelare in narrativa indicata, il concordante quadro indiziario di possibili infiltrazioni mafiose non risulta contraddetto dal tardivo recesso dai consorzi controindicati, poiché ciò non esclude la sussistenza degli evidenziati rapporti con soggetti esposti, e ciò sia in relazione alla natura dei rapporti consortili sia in ragione dei concreti rapporti negoziali instaurati.

Quanto alla sintomaticità dei rapporti consortili, la tesi attorea, rivolta a sostenere che non sia possibile trasferire al partecipante i profili di controindicazione riferibili al consorzio in assenza di concrete allegazioni sulle effettive frequentazioni tra partecipanti, va disattesa poiché nella fattispecie de qua non sono posti in dubbio i rapporti contrattuali con i soggetti consortili, come emerge anche dalle lettere di recesso suddette che menzionano l’avvenuta ultimazione dei lavori assegnati.

In tema di interdittive cosiddette “a cascata”, la giurisprudenza ha evidenziato la legittimità del provvedimento che ritenga sussistente il contagio, laddove debba essere valorizzata l’intensità dei rapporti esistenti (Cons. Stato, Sez. III, 29 luglio 2024 n. 6784: “l’evocata incongruenza dell’adozione di un’interdittiva a cascata è smentita dalla circostanza che l’instaurazione di rapporti commerciali o associativi tra un’impresa e una società già ritenuta esposta al rischio di influenza criminale giustifica l’adozione di tale tipo di interdittiva. Può infatti ragionevolmente presumersi il “contagio” alla seconda impresa della “mafiosità” della prima qualora la consistenza e i contenuti delle modalità di collaborazione tra le due siano idonei a rivelare il carattere illecito dei legami stretti tra i due operatori economici, così come risulta evidente nel caso in esame, laddove i contatti non possono considerarsi di carattere episodico, ma frutto di un’unica “regia” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 29 maggio 2023, n. 5227)”).

La riferita sintomatologia dei rapporti associativi tra operatori economici, come costantemente riconosciuto dalla giurisprudenza, va comunque apprezzata attraverso il consolidato criterio della c.d. “probabilità cruciale”, verificando che gli elementi di controindicazione dei soggetti partecipati siano idonei ad assumere la consistenza di elemento che, nel complessivo quadro indiziario, acquisti valenza nella sua connessione con gli altri.

Orbene, il gravato provvedimento evidenzia la forte controindicazione dei consorzi aderiti, partecipazione che non risulta smentita, bensì, minimizzata all’occasionalità dalla ricorrente senza, tuttavia, suffragare l’assunto con alcuna dimostrazione della pretesa esiguità dei rapporti consortili.

Anche tale profilo di ricorso si palesa, quindi, infondato e va respinto.

In conclusione, tutti gli elementi evidenziati vanno letti, come già accennato, in una logica di complessivo apprezzamento del quadro indiziario, che si presenta grave preciso e concordante nel senso della prognosi inferenziale di permeabilità criminale per contiguità “soggiacente e/o compiacente” con l’organizzazione mafiosa, emergente dai fatti ascritti al legale rappresentante della società ricorrente, dai rapporti familiari dei soci nonché dalle cointeressenze economiche della società ricorrente con i consorzi partecipati, ampiamente circostanziati nel gravato diniego.

Dunque, il gravato provvedimento di diniego di iscrizione nella c.d. white list, risulta, per le ragioni esposte, assistito da sufficiente e adeguata istruttoria e motivazione, circa i presupposti di fatto e di diritto, quali gli elementi concreti evidenziati nonché la loro significatività sia in relazione al dettato legislativo del Codice antimafia sia in riferimento al contesto delle surriferite note indagini penali antimafia.

Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Sussistono giustificate ragioni per la compensazione delle spese di giudizio, fermo restando quanto liquidato in sede cautelare.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna sezione staccata di Parma (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese di lite compensate, fermo quanto liquidato in sede cautelare.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la società ricorrente ed i suoi soci.

Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2025 con l’intervento dei magistrati:

Italo Caso, Presidente

Caterina Luperto, Referendario

Paola Pozzani, Referendario, Estensore