Consiglio di Stato, sez. IV, 23 giugno 2021, n. 4802

Comune e provincia – Comune – Ordinanza contingibile e urgente – Carenza istruttoria e difetto di motivazione – Illegittimità – Fattispecie in tema di acciaierie dell’ex ILVA di Taranto – Testo integrale della sentenza

E’ illegittima per carenze istruttorie e per difetto di motivazione l’ordinanza contingibile e urgente emessa dal sindaco ex artt. 50 e 54, d. lgs. n. 267/2000 con la quale si dispone la sospensione dell’attività produttiva di un impianto produttivo qualora risulti motivata in riferimento all’elevato e comprovato rischio sanitario causato dalle emissioni in atmosfera prodotte dagli impianti industriali se nella fase istruttoria del procedimento sia emersa l’impossibilità del ripetersi di eventi idonei a minacciare la salute dei cittadini e della intera comunità locale. Nella fattispecie l’impianto era quello delle acciaierie dell’ex ILVA di Taranto.

Pubblicato il 23/06/2021

04802/2021REG.PROV.COLL.

01482/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1482 del 2021, proposto dalla società Arcelor Mittal Italia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Gianni, Stefano Grassi, Antonio Lirosi, Elisabetta Gardini e Luisa Torchia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonio Lirosi in Roma, via delle Quattro Fontane, n. 20;
nonché sull’appello incidentale proposto dalla società Ilva S.p.a. in amministrazione straordinaria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marco Annoni, Angelo Raffaele Cassano e Marcello Clarich, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marcello Clarich in Roma, viale Liegi, n. 32;
nonché sull’appello incidentale proposto dal Ministero della transizione ecologica, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è ex lege domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

il Comune di Taranto, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Saverio Marini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Villa Sacchetti, n. 9,

nei confronti

– dell’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell’ambiente (ARPA) della Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Laura Marasco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio del dottor Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;
– del Ministero della transizione ecologica (già Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare), del Ministero dell’Interno, dell’Ufficio territoriale del Governo di Taranto, dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono ex lege domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– del Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori – Codacons, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gino Giuliano e Carlo Rienzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’ufficio legale nazionale del Codacons in Roma, viale Mazzini, n. 73;

e con l’intervento di

ad adiuvandum:
Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.a. – Invitalia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Lo Pinto, Fabio Cintioli e Valerio Pescatore, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
ad opponendum:
Regione Puglia, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Rossana Lanza e Anna Bucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio delegazione della regione Puglia in Roma, via Barberini, n. 36;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce (sezione prima), n. 249 del 13 febbraio 2021, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti i ricorsi in appello incidentale dell’Ilva S.p.a. in amministrazione straordinaria e del Ministero della transizione ecologica;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Taranto, dell’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell’ambiente (ARPA) della Puglia, del Ministero dell’interno, del Ministero della transizione ecologica (già Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare), dell’Ufficio territoriale del Governo di Taranto e dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (“Ispra”) nonché del Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e consumatori (“Codacons”);

Visto l’atto di intervento ad opponendum della Regione Puglia;

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.a. (“Invitalia”);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 maggio 2021, il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati Stefano Grassi, Elisabetta Gardini, Luisa Torchia, Francesco Saverio Marini, Laura Marasco, Giuseppe Lo Pinto, Fabio Cintioli, Valerio Pescatore, Gino Giuliano, Carlo Rienzi, Marco Annoni, Marcello Clarich, Angelo Raffaele Cassano e gli avvocati dello Stato Luigi Simeoli e Ettore Figliolia, che partecipano alla discussione orale ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. e), d.l. n. 44/2021;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

  1. Premessa.

Giungono alla decisione di questo Consiglio l’appello principale, proposto dalla società Arcelor Mittal Italia S.p.a. (d’ora in avanti, Arcelor Mittal), e quelli incidentali, proposti dalla società Ilva S.p.a. in amministrazione straordinaria (d’ora in avanti, Ilva), e dal Ministero della transizione ecologica (d’ora in avanti, MITE), avverso la sentenza n. 249 del 13 febbraio 2021, pronunciata dal T.a.r. per la Puglia, sezione staccata di Lecce.

La sentenza ha respinto, dopo averli riuniti, i ricorsi n.r.g. 393 del 2020 e n.r.g. 397 del 2020, proposti, rispettivamente, dalle suindicate società, per conseguire l’annullamento dell’ordinanza contingibile ed urgente n. 15, emessa in data 27 febbraio 2020, del Comune di Taranto, e i motivi aggiunti proposti, in ciascun giudizio, contro la nota del medesimo Comune n. 173, del 29 marzo 2020.

  1. L’antefatto e il provvedimento n. 15 del 27 febbraio 2020.

II.1. I fatti prodromici al giudizio di primo grado sono i seguenti.

Con nota del 12 febbraio 2019, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (d’ora in avanti, “ARPA”) della Puglia ha trasmesso alle Autorità territoriali competenti il rapporto di valutazione del danno sanitario inerente allo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto, contenente i dati riferiti all’anno 2018.

Con nota del 21 maggio 2019, il Sindaco del Comune di Taranto ha domandato alla competente Direzione Generale del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (d’ora in avanti “MATTM” o “Ministero”) il riesame dell’autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.) di cui al d.P.C.M. del 29 settembre 2017, relativa allo stabilimento Ilva, chiedendo di introdurre eventuali condizioni aggiuntive, motivate da ragioni sanitarie.

Con il decreto direttoriale n. 188 del 27 maggio 2019, il Ministero ha dato seguito all’istanza del 21 maggio e ha disposto il riesame dell’A.I.A., ai sensi dell’art. 29-quater, comma 7, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (“Testo unico in materia ambientale”).

II.2. In date 5, 17, 18 e 19 agosto 2019, si sono verificate alcune emissioni di fumi in atmosfera, che alcune rappresentanze sindacali hanno ascritto a talune criticità di funzionamento del camino “E-312” dell’industria siderurgica nota come Ilva (o ex Ilva), ubicata nel territorio del Comune di Taranto.

Con comunicazione del 23 agosto 2019, il comune ha chiesto ad ARPA Puglia e all’Azienda sanitaria locale (d’ora in avanti, “ASL”) di Taranto di fornire idonee spiegazioni sull’accadimento, anche al fine di valutare quali iniziative intraprendere.

Con nota del 4 settembre 2019, l’ARPA ha relazionato al Comune.

Con nota del 13 settembre 2019, il Comune ha domandato ulteriori informazioni all’ARPA.

Con nota del 23 settembre 2019, indirizzata anche al MATTM, ARPA ha risposto all’ulteriore richiesta del Comune, rappresentando alcune criticità emerse in sede di verifica dell’impianto.

Con nota del 27 settembre 2019, il Ministero ha riscontrato la nota dell’ARPA e, al riguardo, ha domandato all’Istituto superiore per la ricerca ambientale (d’ora in avanti, “Ispra”) di “relazionare nel merito tecnico” e di proporre “possibili azioni da intraprendere”.

Con nota del 3 ottobre 2019, il Comune ha rappresentato al Ministero “forte preoccupazione circa la sussistenza, tra le altre, di problematiche connesse all’attuale esercizio dell’installazione, con possibili riflessi di natura sanitaria cui si intende dare immediato riscontro” e ha domandato se vi fossero le “condizioni di cui all’art. 29-decies, comma 10, necessarie allo scrivente per l’assunzione delle eventuali misure ai sensi dell’art. 217 del regio decreto 27 luglio 1934 n. 1265”.

Con nota del 11 ottobre 2019, l’Ispra ha dato riscontro alla richiesta del Ministero.

Con nota del 23 ottobre 2019, il Comune ha ribadito l’attualità e la persistenza delle problematiche rappresentate in precedenza, sollecitando il Ministero a dare riscontro alla precedente nota del 3 ottobre, sugli aspetti relativi alla possibilità di esperire il rimedio di cui all’art. 217 del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265.

Con nota del 23 ottobre 2019, il Ministero ha risposto alla richiesta del Comune.

Segnatamente, l’Amministrazione statale ha comunicato che i valori delle emissioni risultavano inferiori a quelli autorizzati con l’A.I.A., poiché “i valori orari rilevati non costituiscono superamenti del valore limite di emissione stabilito nell’autorizzazione integrata ambientale, in quanto, contrariamente a quanto erroneamente dedotto dal dipartimento di Taranto dell’ARPA Puglia, il valore limite di emissione per il parametro polveri per le emissioni al camino E312 dell’agglomerato, in termini di concentrazione, non è 31,25 mg/Nm3 (media oraria), ma 25 mg/Nm3 (media giornaliera) di cui alla prescrizione n. 55 dell’AIA del 2012, così come riportata nel DM n.53 del 3/2/2014”.

Il Ministero ha inoltre ribadito che l’Ispra avrebbe dovuto relazionare sul merito tecnico dell’accaduto e “su quanto espressamente richiesto dal Sindaco di Taranto da ultimo con la nota n. 140092 del 23/10/2019”.

II.3. Con note del 23, 24 e 26 febbraio 2020, il Comune ha rappresentato il verificarsi di ulteriori fenomeni emissivi, definiti “odorigeni”, nei giorni del 20 e 21 febbraio.

II.4. In data 27 febbraio 2020, il Sindaco del Comune di Taranto ha emanato l’ordinanza n. 15, avente ad oggetto “rischio sanitario derivante dalla produzione dello stabilimento siderurgico ex Ilva – Arcelor Mittal di Taranto – emissioni in atmosfera dovute ad anomalie impiantistiche – Ordinanza di eliminazione del rischio e, in via conseguente, di sospensione delle attività”.

Nel suindicato provvedimento, il Sindaco:

  1. a) ha dato conto degli accadimenti prima passati in rassegna;
  2. b) ha affermato di ritenere insoddisfacente l’operato del gestore dello stabilimento, compiuto sino a quel momento, “anche alla luce di tutti gli eventi occorsi negli ultimi mesi e che non hanno trovato adeguato riscontro e soluzione”;
  3. c) ha rappresentato la situazione di incertezza “sugli aspetti tecnici e soprattutto sanitari legati alla vicenda in epigrafe, stante la poca chiarezza delle informazioni che giungono allo scrivente, confermando la sussistenza di un rischio concreto ed attuale per la comunità tarantina”;
  4. d) ha ritenuto di dover agire “a tutela della salute e della sicurezza delle persone, sia di quelle che operano all’interno della fabbrica e dei relativi impianti, sia della popolazione in generale che respira l’aria e i fumi provenienti dagli stessi”;
  5. e) ha, conseguentemente, ordinato all’Arcelor Mittal S.p.a. e all’Ilva S.p.a. di individuare entro sessanta giorni gli impianti interessati dai fenomeni emissivi e di eliminare “gli eventuali elementi di criticità e le relative anomalie”;
  6. f) “qualora siano state individuate le sezioni di impianto oggetto di anomalie e non siano state risolte le criticità riscontrate di cui in premessa”, ha ordinato altresì:

f.1) “di avviare e portare a completamento le procedure di sospensione/fermata delle attività nei tempi tecnici strettamente necessari a garantirne la sicurezza, e comunque non oltre ulteriori 60 (sessanta) giorni dalla presente, degli impianti come sopra individuati”;

f.2) “di procedere, laddove necessario per finalità legate a ragioni di sicurezza, alla sospensione/fermata delle attività inerenti gli impianti funzionalmente connessi agli impianti di cui sopra”;

  1. g) “qualora non siano state individuate le sezioni di impianto oggetto di anomalie e quindi non siano state risolte le criticità di cui in premessa” ha disposto invece:

g.1) “avviare e portare a completamento, nei tempi tecnici strettamente necessari e garantire la sicurezza, e comunque non oltre 60 (sessanta) giorni dal presente provvedimento, le procedure di fermata dei seguenti impianti: Altiforni, Cokerie, Agglomerazione, Acciaierie”;

g.2) “di procedere, laddove necessario per finalità legate a ragioni di sicurezza, alla sospesione/fermata delle attività inerenti gli impianti funzionalmente connessi agli impianti di cui sopra”.

III. Il processo di primo grado.

III.1. Con due distinti ricorsi, sia l’Arcelor Mittal, nella qualità di gestore dell’impianto, sia l’Ilva, nella qualità di proprietaria, hanno impugnato il provvedimento, domandando la sospensione dei suoi effetti, in via cautelare.

III.2. L’Arcelor Mittal ha articolato i seguenti motivi di censura:

  1. a) violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 del d.lgs. 18 agosto 2000, 267 (“Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”), e difetto dei presupposti per l’adozione dei provvedimenti contingibili e urgenti; violazione e falsa applicazione del d.lgs. 13 agosto 2010, n. 155 (“Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa”), e degli articoli 29-quatere 29-deciesdel d.lgs n. 152/2006; violazione della legge regionale 16 luglio 2018, n. 32 (“Disciplina in materia di emissioni odorigene”) e della delibera di Giunta regionale n. 805/2019; nonché eccesso di potere per travisamento in fatto e in diritto, carenza istruttoria e di motivazione, violazione del principio di proporzionalità e del principio di precauzione; incompetenza assoluta e straripamento di potere;
  2. b) eccesso di potere per illogicità manifesta e violazione del principio di proporzionalità sotto altro profilo.

III.3. L’Ilva ha articolato i seguenti motivi di censura:

  1. a) carenza di potere o, in subordine, difetto dei presupposti normativi per l’esercizio del potere di urgenza da parte del Sindaco, difetto di attribuzione o, in subordine, incompetenza; in via ulteriormente subordinata, violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000 e degli articoli 29-quatere 29-deciesdel d.lgs. n. 152/2006, nonché degli artt. 216 e 217 del r.d. n. 1265/1934, 9 e ss. del d.lgs. n. 155/2010, 5 e ss. della l.r. n. 32/2018 e della DGR n. 805/2019; eccesso di potere per violazione del principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi, per sviamento, per contraddittorietà, travisamento in fatto e diritto, illogicità e irragionevolezza;
  2. b) difetto di legittimazione passiva della Ilva, violazione dell’art. 1 del decreto-legge 4 dicembre 2015, n. 191 (“Disposizioni urgenti per la cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo ILVA”), convertito, con modificazioni, dalla legge 1 febbraio 2016, n. 13, e del dP.C.M. 29 settembre 2017, nonché eccesso di potere sotto altro profilo;
  3. c) difetto dei presupposti di urgenza, imprevedibilità e straordinarietà per l’esercizio del potere contingibile; violazione e falsa applicazione delle norme legge sopra richiamate e del principio di proporzionalità; nonché eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, erronea presupposizione, illogicità;
  4. d) violazione di legge e dei principi di precauzione e di proporzionalità, nonché eccesso di potere per illogicità e difetto di istruttoria e di motivazione, in relazione alla irrilevanza degli eventi emissivi rappresentati nell’ordinanza sindacale impugnata;
  5. e) violazione del principio di proporzionalità ed eccesso di potere per illogicità, difetto di istruttoria e di motivazione in relazione ai previsti termini temporali e alle modalità di esecuzione del provvedimento impugnato.

III.4. In data 29 marzo 2020, il Comune ha emanato la nota prot. 173.

Con questa nota, l’ente ha rilevato di non aver ricevuto alcuna comunicazione o informazione da parte del gestore o della struttura commissariale sulle criticità e/o anomalie rappresentate con l’ordinanza n. 15 del 27 febbraio 2020.

Conseguentemente, ha comunicato l’inizio del decorso dell’ulteriore termine per l’effettuazione delle operazioni di fermata dell’area a caldo e degli impianti connessi.

III.5. Le due imprese hanno proposto motivi aggiunti avverso la suddetta nota, deducendo vizi di illegittimità in via derivata, nonché vizi di illegittimità diretta.

III.5.1. Quanto a quest’ultimi, secondo l’Arcelor Mittal:

  1. a) sarebbe erroneo il presupposto, secondo cui la società non avrebbe riscontrato il provvedimento comunale, poiché, in data 22 marzo 2020, essa ha trasmesso al Ministero e al Comune una “nota-relazione” con la quale si “escludeva in radice la riconducibilità degli eventi odorigeni ed emissivi indicati nell’ordinanza impugnata, nonché l’irrilevanza dei risalenti eventi occorsi al camino E312, i quali comunque non avevano integrato alcuna violazione dell’AIA”;
  2. b) si è negata la riconducibilità degli eventi e delle emissioni allo stabilimento siderurgico, indicando quale prova la relazione tecnica redatta dalla prof.ssa Zanetti del Politecnico di Torino;
  3. c) si è dedotta la manifesta irragionevolezza e il difetto d’istruttoria quanto al termine assegnato per lo spegnimento degli impianti: l’attività in questione implicherebbe tempi più lunghi, affinché si possa preservare l’integrità e la funzionalità degli impianti, e sarebbe necessario, per procedere allo spegnimento degli impianti, completare la procedura di modifica sostanziale dell’A.I.A..

III.5.2. Allo stesso modo, l’Ilva, oltre ai profili di illegittimità derivata, ha dedotto l’assoluta inadeguatezza del termine assegnato per l’esecuzione delle operazioni di spegnimento degli impianti.

III.6. Nel corso del giudizio di primo grado, con le ordinanze nn. 318 e 319 del 2020, il T.a.r. ha accolto le istanze cautelari proposte dalle ricorrenti e disposto una serie di incombenti istruttori a carico del Ministero e dell’Ispra.

III.7. In data 2 ottobre 2020, il Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e consumatori – Codacons ha proposto intervento ad opponendum nel ricorso n.r.g. 397 del 2020 proposto da Ilva.

III.8. Il Ministero e l’Ispra hanno prodotto la documentazione istruttoria richiesta e tutte le parti hanno depositato documentazione e successive memorie difensive.

III.9. Nella camera di consiglio del 7 ottobre 2020, le parti di ambedue i giudizi hanno congiuntamente domandato l’acquisizione della nota prot. n. 53209, del 9 luglio 2020, del Ministero.

Con le ordinanze nn. 628 e 629 del 2020, il T.a.r. ne ha disposto l’acquisizione in entrambi i giudizi e, al contempo, ha prorogato l’efficacia della misura cautelare pronunciata con le precedenti ordinanze, rinviando il processo alla camera di consiglio del 15 dicembre 2020.

III.10. All’udienza del 15 dicembre 2020, il T.a.r. ha dato atto dell’avvenuto deposito e ha disposto la sollecita fissazione dell’udienza di trattazione, previo accordo delle parti che hanno concordemente acconsentito all’abbreviazione dei termini.

III.11. All’udienza del 27 gennaio 2021, la causa è stata infine trattenuta in decisione.

  1. La sentenza n. 249 del 13 febbraio 2021, del T.a.r. per la Puglia, sezione staccata di Lecce.

Il Tribunale amministrativo, dopo aver disposto la riunione del giudizio n.r.g. 397 del 2020 al giudizio n.r.g. 393 del 2020 e risolto talune questioni pregiudiziali, ha respinto i ricorsi.

Segnatamente, il Tribunale amministrativo ha suddiviso le articolate motivazioni della sentenza in distinti paragrafi, nei quali ha dato analiticamente conto di quanto segue:

  1. a) in quello denominato “II/A- PROVVEDIMENTI IMPUGNATI. ORDINANZA SINDACALE 15/2020”:

a.1) si è ripercorsa la cronistoria degli accadimenti scaturigine del provvedimento gravato, soffermandosi sugli elementi salienti posti poi a base dell’ordinanza, da parte del Comune;

a.2) si è dato atto che “L’impugnata ordinanza trae spunto, quindi, sul piano fattuale dagli eventi di emissioni anomale verificatisi nei giorni 5, 17, 18 e 19 agosto 2019 e relative al camino denominato E312, nonché dagli eventi emissivi odorigeni verificatisi tra il 20 e il 23 febbraio 2020.”;

a.3) si è rilevato che “l’impugnato provvedimento sindacale si avvale su piano istruttorio delle note di ARPA Puglia del 4.9.2019 e del 23.9.2019 (prot. 67080), nonché della nota di ASL Taranto – SPESAL – del 9.9.2019, nelle quali si evidenziano varie criticità gestionali e anomalie tecniche…”;

  1. b) in quello denominato “II/B- PROVVEDIMENTI IMPUGNATI. NOTA SINDACO DI TARANTO PROT. 173/2020”:

b.1) si è qualificata la nota del Comune del 29 marzo 2020 prot. n. 173/2020, come “mera comunicazione di statuizioni già espressamente e dettagliatamente previste nell’ordinanza contingibile e urgente”, come tale priva di connotazioni provvedimentali o negoziali;

b.2) si è rilevato che la nota del 22 marzo 2020, inviata da Arcelor Mittal, “non costituisce in alcun modo riscontro degli adempimenti richiesti con l’ordinanza contingibile e urgente”, poiché gli adempimenti imposti con il provvedimento impugnato avrebbero richiesto “significativa attività di ulteriore indagine diagnostica sul piano tecnico e sul piano gestionale”, che sarebbe invece mancata nel caso di specie;

  1. c) in quello denominato “III – RISCONTRO DELL’ORDINANZA SINDACALE 15/2020 DA PARTE DI A.M.I.”:

c.1) si è rincarata l’affermazione secondo cui né il gestore né la proprietà avrebbero adempiuto all’ordine di individuare e localizzare le anomalie all’interno degli impianti di produzione e di eliminare le criticità;

c.2) si sono ritenute non condivisibili le affermazioni, contenute nella nota del 28 febbraio 2020, indirizzata al Ministero, da parte dell’Arcelor Mittal, secondo cui “la marcia degli impianti non ha mostrato alcune anomalia”, in quanto le concentrazioni rilevate al camino nel febbraio 2020 “non hanno mostrato valori anomali”, mentre le emissioni rilevate nell’agosto del 2019 “non davano luogo ad alcuna violazione dell’AIA”;

c.3) si è evidenziato che le affermazioni relative all’emissioni odorigene dei giorni di febbraio 2020 sono contraddette dalla nota del 26 febbraio 2020, con la quale il gestore informa della percezione, da parte dei propri dipendenti, di odori presumibilmente legati a gas, mentre, in linea generale, può affermarsi l’inadeguatezza del monitoraggio delle emissioni, effettuato dalla rete di Arcelor Mittal;

  1. d) in quello denominato “IV- AIA E DANNO SANITARIO”:

d.1) si è respinta la deduzione difensiva, articolata da ambedue le ricorrenti, secondo cui il rispetto delle prescrizioni e dei limiti imposti con l’A.I.A. di per sé comporterebbe la garanzia dell’esclusione del rischio o del danno sanitario;

d.2) si è affermato di non condividere il precedente di cui alla sentenza del medesimo T.a.r. n. 155 del 2012, che ha invece statuito in favore di un simile principio e annullato, pertanto, l’ordinanza contingibile e urgente gravata in quel processo, poiché surrettiziamente diretta a modificare le prescrizioni dell’A.I.A., piuttosto che a fronteggiare un’emergenza sanitaria;

d.3) si è evidenziato, in proposito, che il procedimento preordinato al rilascio dell’A.I.A. non richiede, obbligatoriamente, valutazioni di tipo sanitario, le quali vengono compiute soltanto se vengono acquisiti nel corso dell’istruttoria i relativi apporti;

  1. e) in quello denominato “V- AIA/DPCM DEL SIDERURGICO EX ILVA”:

e.1) si sono scandite le diverse modifiche dell’autorizzazione riguardante lo stabilimento, a partire dall’A.I.A. del 2011;

e.2) si è evidenziato che le violazioni dell’A.I.A. del 2014, le quali hanno comportato la notificazione della diffida di cui all’art. 29-decies, comma 9, d.lgs. n. 152/2006, sono state superate con il d.P.C.M. del 29 settembre 2017, emanato in occasione della cessione della gestione del complesso aziendale alla società Arcelor Mittal, che ne ha disposto la chiusura;

e.3) si è stigmatizzato che “con il DPCM 2017, all’art. 14, si sia prevista la chiusura formale dei procedimenti scaturenti dagli atti di diffida adottati ex art. 29 decies co. 9 del D. Lgs 152/06 antecedenti al DPCM – AIA del 14.3.2014, apparendo già di per sé inammissibile che reiterate diffide antecedenti l’anno 2014 – e relative evidentemente ad accertate violazioni delle prescrizioni imposte per l’esercizio dell’attività – siano rimaste ineseguite e non sanzionate dal 2014 al 2017, atteso che – in virtù della normativa vigente e in conformità della direttiva comunitaria 2008/1/CE – le violazioni accertate e oggetto di diffida avrebbero dovuto comportare l’applicazione delle misure sanzionatorie previste (sino alla revoca del titolo nei casi di violazioni più gravi)”;

e.4) si è puntualizzato che, con il d.P.C.M. del 29 settembre 2017, si è confermato ed approvato il piano delle misure di tutela ambientale di cui al precedente d.P.C.M. 14 marzo 2014, presentato dall’Arcelor Mittal con talune modifiche;

  1. f) in quello denominato “VI- ISTANZA DI RIESAME DELL’AIA/DPCM 2017”:

f.1) si è evidenziato che il Comune ha domandato al Ministero di intraprendere un nuovo procedimento di riesame dell’A.I.A., prendendo spunto dagli esiti dell’ultimo “Rapporto Di Valutazione Danno Sanitario (VDS) ai sensi del decreto interministeriale 24 aprile 2013” del dicembre 2018, nonché del “Rapporto di Valutazione Danno Sanitario (VDS) ai sensi della L.R. 21/2012 – scenari emissivi pre-AIA (2010) e post-AIA (2016)”, elaborati da ARPA Puglia, AReSS Puglia e A.S.L. di Taranto, che, secondo il T.a.r., “hanno evidenziato un rischio sanitario non accettabile per la popolazione”;

f.2) si è rappresentato che con il decreto direttoriale n. 188 del 27 maggio 2019, il Ministero ha intrapreso il suddetto procedimento, non ancora concluso, “ritenendo evidentemente significativi i rilievi prospettati (ancorché elaborati sulla base di scenari emissivi antecedenti il DPCM 2017), proprio in considerazione che – in disparte le modifiche di cui sopra – con tale DPCM risultavano tuttavia confermati i limiti emissivi previsti dal precedente DPCM del 2014”;

f.3) si è ribadito che neppure la speciale normativa sull’Ilva di cui al decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207 (“Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell’ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale”), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231, ha disciplinato una valutazione d’impatto sanitario, da effettuarsi in via preventiva così come invece avviene per la V.I.A., essendo prevista unicamente la trasmissione di rapporti di “valutazione del danno sanitario”, successivamente al rilascio dell’A.I.A.;

  1. g) in quello denominato “VII- ISTANZA DI RIESAME DELL’AIA – MONITORAGGIO DEL SET INTEGRATIVO”:

g.1) si è dato atto che il riesame dell’A.I.A. del 2017 è stato disposto per la necessità di rafforzare le misure di monitoraggio sulle emissioni dell’impianto, includendovi una serie di inquinanti ulteriori (c.d. set integrativo), rispetto a quelli già presi in considerazione (c.d. set minimo);

g.2) si è rilevato che il procedimento è stato concluso soltanto per quel che riguarda le valutazioni sanitarie relative al c.d. set minimo, mentre si è disposta la prosecuzione dei lavori, per quanto riguarda il monitoraggio del set integrativo;

g.3) si è stigmatizzato che “a distanza di oltre un anno e mezzo dalle richieste di prevedere il monitoraggio di sostanze come naftalene e particolato PM10 e PM2,5 il relativo procedimento non sia stato ancora concluso e che il Ministero ne abbia ulteriormente differito la conclusione, consentendo nel frattempo la prosecuzione dell’attività”;

  1. h) in quello denominato “VIII- TUTELA DEL DIRITTO ALLA SALUTE E ATTIVITA INQUINANTI”, si è rimarcata la prevalenza del diritto della salute, nel bilanciamento con gli altri diritti fondamentali;
  2. i) in quello denominato “IX- ESITI DELL’ISTRUTTORIA (ORDINANZE 318/2020 e 319/2020)” si sono tratteggiati gli esiti dell’attività istruttoria disposta dal T.a.r., evidenziandosi che:

i.1) dalla relazione di Ispra risultano accertate una serie di carenze e di criticità sia dal punto di vista tecnico degli impianti e, soprattutto, dei sistemi di controllo e di monitoraggio, nonché un’inadeguatezza gestionale, anche se è rimasta esclusa l’ascrivibilità degli eventi ad una carenza manutentiva;

i.2) in particolare, quanto agli eventi emissivi dell’agosto 2019, esse sarebbero state generate da un guasto del sistema di depolverazione, che avrebbe funzionato in modo parziale, a causa di alcune schede “SCR” danneggiate e per le quali non erano disponibili le parti di ricambio;

i.3) da accertamenti eseguiti in data 24 dicembre 2019, sarebbero emerse ulteriori criticità relative alle procedure di gestione dell’approvvigionamento del magazzino, poiché non è stata prevista la possibilità di ricorrere a procedure di approvvigionamento delle componenti in avaria in via semplificata e d’urgenza;

i.4) la relazione dell’Ispra non avrebbe escluso la possibilità che si ripetano in futuro eventi emissivi anomali;

i.5) nella memoria del Codacons del 2 ottobre 2020 si dava atto che nell’arco di tempo compreso tra l’11 gennaio 2019 e il 29 novembre 2019 si erano verificate “ben n. 65 segnalazioni, molte delle quali relative a casi di anomalie di funzionamento e/o di valori emissivi anomali”;

  1. l) in quello denominato “X- EMISSIONI NOCIVE SET INTEGRATIVO E ATTIVITA DELLO STABLIMENTO AMI” si è respinta la difesa delle ricorrenti secondo cui gli accadimenti emissivi potrebbero essere ascrivibili ad altri due impianti produttivi, quali la raffineria Eni e la Centrale Termoelettrica di Arcelor Mittal. In base alle evidenze istruttorie valorizzate dal T.a.r. sarebbe individuabile sempre, quantomeno, un concorso di colpa dell’impianto siderurgico;
  2. m) in quello denominato “XI- QUADRO SANITARIO-EPIDEMIOLOGICO” si è dato atto:

m.1) dell’immissione in atmosfera di inquinanti ulteriori e diversi, rispetto a quelli previsti in A.I.A. (specificamente, i particolati PM10 e PM2,5 [polveri sottili], nonché il naftalene ed altri, come rame e mercurio);

m.2) della correlazione causale tra tali sostanze e specifiche patologie, come quelle oncologiche;

m.3) del significativo eccesso del tasso di mortalità per la popolazione residente per patologie associate all’esposizione industriale specifica del sito e, in particolare, per patologie oncologiche dell’apparato respiratorio, con tassi SIN in incremento decisamente superiori al dato medio regionale;

  1. n) infine, in quello denominato “XII- CONCLUSIONI” si è osservato che:

n.1) è errato “ritenere l’impugnata ordinanza come esclusivamente collegata agli episodi emissivi specificamente indicati nel provvedimento” i quali invece costituirebbero una “mera occasione dell’adozione del provvedimento”, in quanto “gli stessi assumono rilevanza non già in sé considerati, bensì in quanto sintomatici di un incombente pericolo di reiterazione dei fenomeni emissivi.”;

n.2) l’ordinanza contingibile e urgente emanata non risulta viziata da difetto assoluto di attribuzione oppure da incompetenza, perché “il potere contingibile e urgente ex art. 50 T.U.E.L si pone al di fuori del procedimento amministrativo autorizzativo dell’attività produttiva, trattandosi di un potere residuale previsto dall’ordinamento proprio al fine di tutelare diritti fondamentali, come il diritto alla salute dei cittadini, in un contesto di criticità connotato da urgenza e indifferibilità dell’intervento e della impossibilità di ricorrere ai rimedi ordinari”: nel caso di specie non erano disponibili rimedi ordinari per fronteggiare l’emergenza, considerato che quelli disponibili sono stati attivati, ma non si sono conclusi;

n.3) sono infondate le censure, variamente articolate, di eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza dei presupposti di fatto e di diritto, poiché “l’impugnata ordinanza risulta supportata da adeguata istruttoria, anche per relationem, attraverso il richiamo alle relazioni di organi tecnici e consultivi particolarmente qualificati (ARPA Puglia, AreSS, ASL Taranto, ISS), nonché supportato da motivazione più che adeguata e coerente”;

n.4) sono infondate le censure con le quali si deduce, da un lato, il superamento delle situazioni legate alle due serie di eventi emissivi indicati nell’ordinanza, dall’altro, si contesta l’insussistenza del requisito dell’imprevedibilità, poiché l’istruttoria ha evidenziato che le criticità ipotizzate dal provvedimento erano realmente sussistenti, sono state risolte soltanto in minima parte e permane il grave pericolo per la salute umana;

n.5) risulta decisivo il rilievo che gli episodi cui il provvedimento ha fatto seguito sono “sintomatici di un sempre più frequente ripetersi di fenomeni emissivi nocivi…”;

n.6) “sulla base dei puntuali citati accertamenti (ASL Taranto e ARPA), sono stati accertati fenomeni emissivi relativi a sostanze inquinanti riconducibili allo stabilimento siderurgico e non incluse negli allegati AIA tra quelle soggette a monitoraggio…” sicché “l’immissione in atmosfera di tali inquinanti deve ritenersi del tutto abusiva e non autorizzata”;

n.7) è infondata le censura relativa alla carenza del requisito dell’imprevedibilità dell’evento pregiudizievole cui si è reagito;

n.8) sono infondate le censure relative al difetto dei requisiti di temporaneità dell’ordinanza e alla violazione del principio di proporzionalità, poiché, da un lato, è possibile adottare ordinanze contingibili e urgenti che producono effetti irreversibili quando ciò sia necessario per prevenire o eliminare il rischio che si fronteggia, mentre, dall’altro, l’ordinanza contingibile e urgente impugnata costituisce applicazione del principio di precauzione, che risulta nella specie correttamente applicato e rispettoso del principio di proporzionalità.

Il Tribunale amministrativo regionale ha pertanto respinto i ricorsi principali, integrati dai motivi aggiunti, disponendo che il termine di sessanta giorni assegnato dall’ordinanza per procedere allo spegnimento iniziasse nuovamente a decorrere dalla data di pubblicazione della sentenza.

Il Tribunale amministrativo regionale ha altresì condannato Arcelor-Mittal, Ilva e il Ministero al pagamento degli onorari e delle spese del giudizio di primo grado.

L’Arcelor Mittal, l’Ilva e il Ministero hanno proposto appello avverso la sentenza di primo grado, articolando plurime ragioni di doglianza.

L’appello di Arcelor Mittal.

V.1. Con ricorso ritualmente notificato il 18 febbraio 2021 e depositato in pari data, la società che gestisce l’impianto siderurgico ha impugnato la sentenza di primo grado, articolando sei motivi di appello.

La società ha anche proposto istanza per la concessione di misure cautelari monocratiche e collegiali.

V.1.1. Con il primo motivo di appello, la società deduce: “Erroneità della Sentenza perché non ha rilevato la incompetenza dell’organo sindacale e comunque la carenza assoluta di potere che precludeva la stessa possibilità di adozione dell’ordinanza contingibile e urgente. Erroneità della Sentenza perché la pronuncia ha riconosciuto la legittimità di una ordinanza che ha sostanzialmente disapplicato l’autorizzazione integrata ambientale dello Stabilimento ex Ilva in difetto di ragioni per un intervento suppletivo dell’organo sindacale.

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ART. 50 E 54 DEL D.LGS. N. 26720/00 PER CARENZA DELLE CONDIZIONI E PRESUPPOSTI PER L’ADOZIONE DI PROVVEDIMENTI CONTINGIBILI E URGENTI. INCOMPETENZA ASSOLUTA E STRARIPAMENTO DI POTERE. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTICOLI 29-QUATER E 29-DECIES DEL D.LGS. N. 152/2006. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA L.R. N. 32/2018 E DELLA D.G.R. N. 805/2019. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 34 DEL CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEL DPCM 29 SETTEMBRE 2017 E DELL’AIA DVA/DEC/2011/450 DEL 4 AGOSTO 2011 E SS.MM.II. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.L. N. 207/2012 E DEL DECRETO-LEGGE.4 GIUGNO 2013, N. 61 (‘NUOVE DISPOSIZIONI URGENTI A TUTELA DELL’AMBIENTE, DELLA SALUTE E DEL LAVORO NELL’ESERCIZIO DI IMPRESE DI INTERESSE STRATEGICO NAZIONALE’), CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, DALLA LEGGE 3 AGOSTO 2013, N. 89”.

Con la prima delle censure proposte (pag. 21-23), ci si duole dell’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto di disattendere il motivo di ricorso con cui si è dedotta l’incompetenza e la carenza di potere dell’organo sindacale.

A tale riguardo, si afferma come la disciplina di riferimento sia esclusivamente quella prevista dal d.lgs. n. 152/2006 in materia di A.I.A., la quale contempla rimedi puntuali e tipici, per poter fronteggiare eventuali deficienze o violazioni delle prescrizioni impartite dall’autorizzazione.

Con quella che può essere considerata una seconda censura (pag. 23-24), si evidenzia che, anche a voler ipotizzare, in via residuale, un potere del Sindaco, “non si tratta di uno spazio rigido ma di uno elastico che si allarga e restringe in corrispondenza alla intervenuto o meno esercizio dei poteri ordinari”.

Con una terza doglianza (pag. 24-25), si impugna la sentenza per non aver dichiarato l’illegittimità dell’ordinanza contingibile e urgente, la quale ha sostanzialmente disapplicato l’A.I.A..

Si rimarca che, in base alla disciplina speciale dettata per lo stabilimento di Taranto, l’A.I.A. è finalizzata anche alla tutela della salute, e che la valutazione del danno sanitario “è stata negli anni effettuata sempre con esito positivo”.

Si deduce, infine, che “l’ordinanza è intervenuta in via suppletiva all’autorità amministrativa legislativamente competente obliterando la dirimente circostanza che le esigenze di tutela erano pienamente soddisfatte dalle procedure AIA”.

Con un’ultima doglianza (pag. 25), si contesta che l’emanazione del provvedimento non sarebbe giustificata neppure dalla circostanza che il rimedio e la procedura ordinaria, attivata dal Comune, non siano giunti a conclusione nei termini di legge. Questa evenienza avrebbe legittimato l’ente ad esperire i rimedi processuali per stigmatizzare l’inerzia dell’autorità competente e non renderebbe legittima, invece, l’emanazione dell’ordinanza contingibile e urgente.

V.1.2. Con il secondo motivo di appello, si deduce: “Erroneità della Sentenza perché il giudice ha interpretato in modo incompleto e contraddittorio gli elementi istruttori su cui si è basata l’Amministrazione per l’adozione dell’Ordinanza. La Sentenza è altresì erronea perché il giudice ha arbitrariamente (e comunque non correttamente) anche interpretato le risultanze della fase della istruttoria processuale al fine di integrare ex post la motivazione (carente) del provvedimento impugnato.

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ART. 50 E 54 DEL D.LGS. N. 267/2000 PER CARENZA DELLE CONDIZIONI E PRESUPPOSTIPER L’ADOZIONE DI PROVVEDIMENTI CONTINGIBILI E URGENTI. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.LGS. N. 155/2010. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTICOLI 29-QUATER E 29-DECIES DEL D.LGS. N. 152/2006. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA LEGGE REGIONALE N. 32/2018 E DELLA D.G.R. N. 805/2019. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DI FATTO E DI DIRITTO, CARENZA DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE, VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’ E DEL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE. INCOMPETENZA ASSOLUTA E STRARIPAMENTO DI POTERE”.

Ci si duole (pag. 26-37), in maniera molto articolata, del fatto che il T.a.r. avrebbe supplito al corredo istruttorio e motivazionale posto a base del provvedimento dall’Amministrazione.

Ci si duole altresì che il T.a.r. avrebbe erroneamente interpretato le risultanze dell’istruttoria procedimentale e di quella processuale.

In particolare, la società appellante:

  1. a) sottopone a puntuale critica i diversi punti della motivazione dell’ordinanza contingibile e urgente, e della sentenza, nei quali si sono messe in risalto le asserite manchevolezze nel funzionamento e/o nella gestione dello stabilimento;
  2. b) stigmatizza che molte di tali mancanze non sarebbero state contemplate dal provvedimento.

Ci si duole, inoltre, di un’errata applicazione del principio di precauzione e della violazione del criterio della temporaneità degli effetti dell’ordinanza (pag. 37-38).

V.1.3. Con il terzo motivo di appello (pag. 38-41), la società lamenta: “Erroneità della Sentenza per eccesso di potere giurisdizionale.

VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 31, COMMA 3, E 34, COMMA 2, COD. PROC. AMM. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 101 COST.”.

La società rincara la doglianza relativa all’integrazione postuma della motivazione del provvedimento, già in parte svolta nel motivo di appello precedente.

V.1.4. Con il quarto motivo di appello (pag. 41-43), l’appellante rileva: “Erroneità della Sentenza perché il giudice non ha ritenuto rilevante pronunciarsi sull’aspetto della incongruità del termine assegnato per lo spegnimento dell’area a caldo che determina un danno irreparabile agli impianti produttivi con la conseguenza delle loro successiva inutilizzabilità.

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE N. 342/1990 [sic]. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DI FATTO, DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE, ILLOGICITA’ MANIFESTA”.

La società si duole della pronuncia impugnata per non avere la stessa ravvisato la manifesta irragionevolezza del termine assegnato.

Il termine individuato sarebbe irragionevole, quanto alle immissioni verificatesi nell’agosto 2019, sia perché la causa è stata individuata e non vi sarebbero più anomalie da rimuovere rispetto agli eventi occorsi, sia perché la tempistica degli interventi di miglioramento del camino E-312 è stata individuata e scandita dal d.P.C.M. 29 settembre 2017, che prevede tempi più lunghi.

Inoltre, il termine assegnato risulterebbe manifestamente incongruo ed irragionevole per lo spegnimento dell’area “a caldo”, perché non consentirebbe di utilizzare quelle procedure necessarie a salvaguardare l’integrità dell’impianto e una sua successiva accensione.

V.1.5. Con il quinto motivo di appello (pag. 43-45), si fa valere: “Erroneità della Sentenza perché ha ritenuto inammissibile l’atto di motivi aggiunti avverso la nota del 29 marzo 2020 del Sindaco del Comune di Taranto.

RIPROPOSIZIONE DEI MOTIVI AGGIUNTI AVVERSO LA NOTA DEL 29 MARZO 2020 AI SENSI DELL’ART. 101 COD. PROC. AMM.: ILLEGITTIMITÀ IN VIA AUTONOMA. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 DELLA L. N. 342/1990 [sic]. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DI FATTO, DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE, ILLOGICITA’ MANIFESTA. ILLEGITTIMITÀ DERIVATA DALL’ILLEGITTIMITÀ DELL’ORDINANZA N. 15 DEL 27 FEBBRAIO 2020”.

Si censura la sentenza per aver qualificato la nota del Comune di Taranto del 29 marzo 2020 come mera comunicazione priva di una sua lesività.

Si deduce, in proposito, che non potrebbe dubitarsi della sua natura autoritativa.

Se ne lamenta, dunque, l’illegittimità poiché il Comune non avrebbe in alcun modo considerato la spiegazione fornita all’ente dal gestore.

In chiusura del presente motivo, la società “chiede che vengano esaminati i motivi aggiunti e per l’effetto annullata la nota con essi impugnata, sulla base delle censure ivi dedotte, cui si rinvia e che si intendono qui richiamate e trascritte”.

V.1.6. Con il sesto motivo (pag. 45-46), si impugna la pronuncia per “Erroneità della Sentenza perché il giudice ha affermato che AMI avrebbe fatto acquiescenza alla parte in cui l’Ordinanza sindacale richiedeva di inviare entro un termine di trenta giorni una relazione illustrativa dello stato degli impianti con l’individuazione delle possibili cause di anomalie emissive”.

Si contesta, in ultimo, che la sentenza ha dichiarato l’acquiescenza della società sulla disposizione dell’ordinanza che imponeva di procedere ad accertamenti e verifiche, per individuare preliminarmente le anomalie di funzionamento. Si evidenzia, per contro, che l’impugnativa proposta ha riguardato l’intero provvedimento.

V.2. Con l’istanza cautelare, la società ha rappresentato le molteplici ricadute economiche, occupazionali, patrimoniali per l’azienda a seguito del danneggiamento degli impianti, in caso di spegnimento, e sugli investimenti e sugli sforzi, pubblici e privati, intrapresi per ammodernare lo stabilimento e renderlo più compatibile con il diritto alla salute e la salvaguardia dell’ambiente.

L’appello di Ilva.

VI.1. Con ricorso incidentale ritualmente notificato il 20 febbraio 2021 e depositato in pari data, la società proprietaria dell’impianto siderurgico ha impugnato, a sua volta, la sentenza di primo grado. L’appellante incidentale ha proposto cinque motivi di appello e istanza per la concessione di misure cautelari monocratiche e collegiali.

VI.1.1. Con il primo motivo di appello, la società ha dedotto “Error in procedendo ed error iudicando in relazione al difetto di fondamento legislativo del potere esercitato e al rapporto tra AIA e danno sanitario. Nullità del provvedimento per difetto di attribuzione, o in subordine incompetenza e violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 d.lgs. n. 267/2000, 29-quater ss., 29-decies d.lgs. n. 152/2006, 216-217 r.d. n. 1265/1934, 9 ss. d.lgs. n. 155/2010, 5 ss. l.r. n. 32/2018, della d.G.R. n. 805/2019 e dei principi di legalità e di tipicità dei provvedimenti. Eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, travisamento in fatto e in diritto, illogicità, irragionevolezza”.

Con una prima censura (pag. 14-20), dopo aver messo in risalto che l’A.I.A. costituisce “lo strumento per risolvere le criticità ambientali e sanitarie che si erano in precedenza palesate”, la società censura la sentenza del T.a.r. per non aver accolto il primo motivo del ricorso di primo grado “relativo alla violazione del principio di legalità e all’insussistenza dei presupposti giuridici per l’esercizio del potere extra ordinem dell’autorità comunale resistente”.

Secondo l’appellante, “il potere di ordinanza non poteva essere esercitato dal sindaco in presenza di poteri tipici volti a tutelare i medesimi interessi pubblici” (pag. 19, appello incidentale). Si evidenzia, infatti, che “la situazione di pericolo posta all’origine del provvedimento impugnato è… disciplinata dalla disciplina normativa in materia di AIA e dalle disposizioni speciali emanate per far fronte alla situazione di emergenza connessa allo stabilimento siderurgico ex-ILVA” (pag. 20).

Con una seconda censura (pag. 21-22), si evidenzia che la disciplina in materia di A.I.A. consentirebbe di avvalersi dei rimedi di cui all’art. 29-decies, comma 10, d.lgs. n. 152/2006 e art. 217 r.d. n. 1265/1934.

Con un’ultima censura (pag. 22-24), si lamenta, infine, che il vizio di incompetenza sarebbe conclamato anche per un altro profilo. Si evidenzia che il T.a.r. avrebbe omesso di pronunciarsi sulla circostanza che, nella vicenda in esame, non vi sarebbe stato “alcun superamento rilevante dei parametri qualitativi stabiliti dal d. lgs. 155/2010” e che “è a tale decreto e alle misure rimediali ivi tipizzate che, in ogni caso, occorre fare riferimento”.

VI.1.2. Con il secondo motivo di appello, la società ha dedotto “Error in procedendo ed error in iudicando in relazione all’inesistenza dei presupposti fattuali per l’esercizio del potere sindacale di ordinanza e alla ponderazione degli eventi emissivi all’origine della controversia. Violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 d.lgs. n. 267/2000, degli artt. 216-217 r.d. n. 1265/1934, degli artt. 1 ss. d.lgs. n. 155/2010, 3 ss. della legge 7 agosto 1991, n. 241, 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), 3-ter e 301 d.lgs. n. 152/2006, e del principio di precauzione. Eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, travisamento in fatto e in diritto, illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria e di motivazione”.

In particolare, si censura:

– il mancato accoglimento del terzo motivo di ricorso di primo grado, nel quale si è lamentato che non ricorrerebbero i presupposti di urgenza, imprevedibilità e contingenza tipici dell’ordinanza extra ordinem prescelta (prima censura, pag. 24-25);

– il mancato accoglimento del quarto motivo del ricorso di primo grado, nel quale si è lamentato che non si sarebbe verificata nessuna immissione pregiudizievole in base alle soglie fissate dall’A.I.A. e dalla disciplina del d.lgs. n. 155/2010 (seconda censura, pag. 25-27);

– il mancato accoglimento del primo motivo del ricorso di primo grado, nel quale si è dedotto che vi sarebbe stata la violazione degli artt. 50 e 54, d.lgs. n. 267/2000, per l’incompleta comunicazione al Prefetto dell’ordinanza emanata (terza censura, pag. 27);

– il mancato accoglimento dei motivi aggiunti, nei quali si è lamentato che il Comune di Taranto ha partecipato ad un tavolo tecnico, tenutosi in data 4 marzo 2020, presso la Prefettura, che ha dato atto che “relativamente ai più recenti episodi di rilascio di sostanze inquinanti i livelli di guardia non sono stati superati”: l’ente locale avrebbe dunque concorso all’emanazione di una dichiarazione che ha escluso la presenza di un pericolo “effettivo”, tale da legittimare l’ordinanza (quarta censura, pag. 28-29);

– il mancato accoglimento di un’altra censura del quarto motivo del ricorso di primo grado, relativa al difetto d’istruttoria del provvedimento gravato. Non sarebbe stato infatti sufficientemente provato “l’eventuale superamento delle soglie previste dalla legge e l’effettivo apporto causale al profilarsi di una situazione di pericolo sanitario.” (quinta censura, pag. 29).

VI.1.3. Con il terzo motivo di appello, la società ha dedotto “Error in procedendo ed error in iudicando in relazione all’indagine istruttoria disposta dal Tribunale e all’apprezzamento delle relative risultanze. Violazione ed erronea applicazione del principio di precauzione. Eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, travisamento in fatto e in diritto, illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria e di motivazione”.

Si deduce che:

  1. a) il T.a.r. non avrebbe correttamente valutato gli esiti dell’istruttoria disposta e, in particolare, della nota dell’Ispra, che, secondo l’appellante, ha sostanzialmente escluso la sussistenza di criticità tecniche, manutentive e di monitoraggio nello stabilimento e il rischio per la salute (prima censura, pag. 30-32);
  2. b) sarebbero “irragionevoli e infondate” le conclusioni istruttorie sul danno sanitario (seconda censura, pag. 32);
  3. c) sarebbe stato violato il “principio in base al quale è precluso al giudice amministrativo la formulazione di argomentazioni a sostegno del provvedimento impugnato…” e, al contempo, non si sarebbe dato il giusto risalto alla perizia e al contributo istruttorio dell’Ilva (terza censura, pag. 33-34).

VI.1.4. Con il quarto motivo, si censura “Error in procedendo ed error in iudicando in relazione ai principi di precauzione e proporzionalità e, in subordine, alla denunciata inadeguatezza del termine accordato per la chiusura dell’area a caldo dello stabilimento. Violazione e falsa applicazione del principio di proporzionalità. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria e di motivazione”.

Per l’appellante, la sentenza avrebbe errato nell’applicazione del principio di precauzione e non si sarebbe pronunciata sulla manifesta irragionevolezza dei termini assegnati per l’istruttoria e lo spegnimento dell’acciaieria.

Si rappresenta, in proposito, che:

– il principio di precauzione richiederebbe un’istruttoria rigorosa e un contemperamento con il principio di proporzionalità, mancanti nel caso di specie (prima censura, pag. 34);

– il termine assegnato per ciascuna delle operazioni indicate in ordinanza non ne consentirebbe lo svolgimento in modo ragionevolmente sicuro per gli impianti (seconda censura, pag. 35).

VI.1.5. Con il quinto ed ultimo motivo, si censura “Error in procedendo ed error in iudicando in relazione alle prerogative di pertinenza dell’amministrazione straordinaria della soc. ILVA. Violazione e falsa applicazione artt. 1 ss. d.l. 191/2015 e del d.p.c.m. 29 settembre 2017. Eccesso di potere per travisamento, illogicità e irragionevolezza”.

Per l’appellante, la sentenza sarebbe da riformare per non aver accolto il motivo di ricorso con il quale si è dedotta l’impossibilità di adempiere all’ordine impartito, perché soltanto il gestore avrebbe modo di farlo.

VI.2. Nell’istanza cautelare, l’appellante incidentale ha rimarcato il pregiudizio grave e irreparabile che subirebbero gli impianti da una loro repentina fermata senza il rispetto delle necessarie cautele, non attuabili nei tempi prescritti dall’ordinanza.

VII. La costituzione e le difese delle altre parti del giudizio e l’ordinanza cautelare n. 1275 del 12 marzo 2021.

VII.1. In data 18 febbraio 2021, si è costituito in giudizio il Codacons, interveniente ad opponendum in primo grado, chiedendo il rigetto dell’appello principale e di quello incidentale.

Con memoria depositata in pari data, l’associazione si è opposta alla concessione delle misure cautelari monocratiche.

VII.2. In data 19 febbraio 2021, si è costituita in giudizio l’ARPA Puglia, la quale ha domandato il rigetto dell’istanza cautelare e degli appelli.

VII.3. In data 26 febbraio 2021, si è costituito in giudizio il Comune di Taranto, il quale ha domandato il rigetto dell’istanza cautelare e degli appelli.

VII.4. In data 26 febbraio 2021, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.a. (d’ora in avanti “Invitalia”) ha proposto intervento ad adiuvandum, nella qualità di socia della società azionista della società che gestisce l’impianto (a partire da un momento successivo all’emanazione dell’ordinanza sindacale).

La società pubblica ha aderito all’appello principale e a quello incidentale, rimarcando come non sussisterebbero nel caso di specie i presupposti per l’emanazione dell’ordinanza contingibile e urgente.

VII.5. In data 4 marzo 2021, la Regione Puglia ha proposto un atto di intervento ad opponendum, con il quale ha domandato il rigetto dell’istanza cautelare e degli appelli.

Nell’atto di intervento la Regione ha premesso di aver censurato in un autonomo giudizio incardinato dapprima dinanzi al T.a.r. per la Puglia, sezione staccata di Lecce, e poi riassunto per competenza territoriale innanzi al T.a.r. per il Lazio, “il dPCM 29/9/2017 e gli atti presupposti, connessi e consequenziali, nella parte in cui hanno prorogato in via generale al 28/3/2023 il termine finale per l’adempimento delle prescrizioni AIA, specie con riferimento agli interventi ambientali già previsti nei provvedimenti AIA 2011, 2012 e 2014 rimasti inattuati”.

VII.6. Con memoria dell’8 marzo 2021, ARPA ha controdedotto sui motivi di appello e si è opposta all’emanazione della misura cautelare.

VII.8. Con la memoria dell’8 marzo 2021, il Codacons ha ripercorso la drammatica situazione generata dall’inquinamento dell’impianto siderurgico, riportando alcuni stralci del processo penale e degli studi medici che si sono interessati della situazione dell’area tarantina, soffermandosi, in particolare, sull’incidenza delle malattie nell’età infantile.

L’associazione ha replicato ai motivi di appello dedotti dalle varie parti, con dovizia di argomentazioni e articolate difese.

VII.9. Con la memoria dell’8 marzo 2021, il Comune di Taranto, dopo aver illustrato i fatti che hanno portato al presente processo e lo svolgimento del giudizio di primo grado, ha rimarcato come, anche successivamente all’emanazione dell’ordinanza impugnata in primo grado, permarrebbero notevoli criticità legate all’esercizio dell’impianto.

Anche l’Amministrazione civica ha preso posizione criticamente sulle censure delle appellanti, sviluppando molteplici argomenti difensivi.

VII.10. In data 8 marzo 2021, Ilva e Arcelor hanno, a loro volta, depositato una memoria difensiva, illustrativa dei gravami proposti.

VII.11. Con l’ordinanza n. 1275, del 12 marzo 2021, questa Sezione ha accolto l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado, sul rilievo del pregiudizio grave ed irreparabile, dedotto dalle appellanti.

VIII. Gli ulteriori scritti difensivi delle parti e l’appello incidentale del Ministero della transizione ecologica.

VIII.1. Successivamente al deposito dell’ordinanza cautelare, le parti hanno depositato ulteriori scritti difensivi.

VIII.1.1. Con una memoria depositata in data 12 aprile 2021, Invitalia ha ribadito il proprio interesse all’intervento nel presente giudizio, correlato al perseguimento delle sue finalità istituzionali di società pubblica, di accrescimento della competitività del Paese e di sostegno a settori strategici per il suo sviluppo.

La società ha inoltre dedotto argomenti a sostegno delle censure proposte dalle appellanti.

VIII.1.2. Con una memoria depositata in pari data, l’ARPA ha ribadito la correttezza del proprio operato da un punto di vista scientifico e tecnico, e ha criticato, in particolare, i metodi di valutazione del rischio sanitario, adoperati dal Ministero.

VIII.1.3. Con una memoria depositata il medesimo giorno, l’appellante principale ha nuovamente illustrato le proprie censure.

VIII.1.4. Con una memoria depositata in pari data, anche l’Ilva ha illustrato nuovamente le doglianze dell’appello incidentale.

VIII.1.5. Con memoria depositata il 12 aprile 2021, il Comune ha, dapprima, focalizzato l’attenzione sulla sussistenza del rischio sanitario nel territorio del Comune di Taranto e, in particolare, nel quartiere più vicino allo stabilimento.

Ha poi evidenziato come tale rischio non cessi di sussistere anche nell’attuale scenario produttivo.

Successivamente, il Comune ha rilevato l’erroneità delle deduzioni avversarie.

Vengono inoltre rappresentati gli ulteriori eventi di tipo immissivo (del 18, 19 e 26 marzo), occorsi durante il presente giudizio, e un incidente avvenuto durante un turno di lavorazione (4 aprile), che dimostrerebbero la permanenza delle criticità tecniche, gestionali, manutentive, poste a base dell’ordinanza sindacale e del paventato rischio sanitario.

Si deduce, infine, la possibile incostituzionalità per violazione degli articoli 3, 9, 32, 41, 97 e 117 comma 1 (quest’ultimo, in relazione all’art. 8 della C.E.D.U.) Cost., dell’art. 2, comma 5, del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1 (“Disposizioni urgenti per l’esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell’area di Taranto”), come modificato dall’art. 1, comma 7, del d.l. n. 191/2015, conv. con mod. dalla l. n. 13 del 2016; dall’art. 1, comma 4, lett. a), del d.l. n. 98/2016, conv. con mod. dalla l. n. 151 del 2016; dall’art. 6, comma 10-bis, lett. a) e c), del d.l. n. 244/2016, conv. con mod. dalla l. n. 19 del 2017, in correlazione con l’art. 3, c. 3, del d.l. n. 207/2012, conv. con mod. dalla l. n. 231/2013, qualora si ritenga la disciplina speciale dell’A.I.A., prevista per lo stabilimento tarantino, preclusiva all’adozione dell’ordinanza sindacale.

VIII.1.6. In data 19 aprile 2021, il Ministero per la transizione ecologica (subentrato al MATTM) ha impugnato la sentenza, proponendo anch’esso appello incidentale.

Con il primo motivo, il Ministero censura la sentenza, per eccesso di potere giurisdizionale, relativamente a quei capi in cui il T.a.r. avrebbe esternato scelte di politica industriale e giudizi sull’attività compiuta dal Ministero, non oggetto del giudizio.

Con il secondo motivo, ci si duole dei capi della sentenza nei quali si è censurata la condotta tenuta dal Ministero nella vicenda in esame.

Si evidenzia, in una prima censura (pag. 10-15), come il monitoraggio effettuato sull’attività produttiva dello stabilimento e sui lavori necessari al compimento delle implementazioni previste dall’A.I.A. sarebbero condotti con estremo rigore dall’Amministrazione competente.

Con una seconda censura (pag. 15-22), ci si duole del punto della motivazione nel quale si addebita al Ministero il ritardo nella definizione del procedimento di riesame dell’A.I.A..

Con una terza censura (pag. 22-24), si appella la sentenza per aver affermato che il monitoraggio del c.d. set integrativo sarebbe dipeso dal rapporto di valutazione del danno sanitario (d’ora in avanti, “VDS”) del dicembre 2018.

Si evidenzia, invece, che il VDS è stato redatto sulla base del solo “set minimo” di inquinanti e che l’estensione del monitoraggio anche al “set integrativo” è stata decisa in corso di procedimento, su sollecitazione delle altre amministrazioni coinvolte.

Con il terzo motivo di appello, si è impugnato il capo della sentenza nel quale si è statuita la condanna alle spese del Ministero.

Si evidenzia che è palese la violazione delle norme che regolano tale aspetto, da parte del T.a.r., se si considera che non sono stati impugnati atti del Ministero, né è stata formulata una domanda di condanna alle spese nei suoi confronti.

VIII.1.7. Tutte le parti hanno poi depositato memorie di replica.

VIII.2. In data 26 aprile 2021, il Codacons ha depositato un ricorso per domandare la revoca dell’ordinanza cautelare n. 1275 del 12 marzo 2021.

Con il suddetto ricorso, l’interveniente ad opponendum ha altresì formulato alcune istanze istruttorie.

VIII.3. All’udienza del 13 maggio 2021, svoltasi con modalità telematiche, la causa è stata trattenuta in decisione, dopo ampia discussione e previa rinuncia delle parti ai termini a difesa relativi all’appello incidentale proposto dal Ministero e alla decisione sull’istanza di revoca dell’ordinanza cautelare da parte del Codacons.

L’ammissibilità dell’intervento della Regione Puglia.

In via preliminare, occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità dell’intervento ad opponendum della Regione Puglia, oggetto di specifica eccezione da parte dell’appellante incidentale Ilva.

L’eccezione va respinta, essendo l’intervento pienamente ammissibile anche tenuto conto dell’ampia formulazione dell’art. 97 cod. proc. amm., per cui nei giudizi di impugnazione può intervenire chiunque vi abbia interesse (principio che trova un limite solo nell’impossibilità di ampliare il thema decidendum per chi avrebbe avuto l’onere di proporre a sua volta tempestiva impugnazione).

Sul punto può soggiungersi solo che le ulteriori osservazioni di Ilva, secondo cui l’intervento regionale confermerebbe indirettamente i vizi della sentenza impugnata, la quale avrebbe “sconfinato” dal proprio ambito per occuparsi di competenze di amministrazioni diverse da quelle cui erano riferibili gli atti impugnati, attengono evidentemente al merito del giudizio (e in tale sede verranno delibate), piuttosto che al profilo di rito dell’ammissibilità dell’intervento de quo.

L’oggetto del giudizio.

X.1. Le molteplici questioni emerse nel corso del giudizio impongono di delimitare l’oggetto della cognizione.

In linea di continuità con il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato, si ritiene che, qualora venga proposta una domanda di annullamento ai sensi dell’art. 29 cod. proc. amm., il giudizio amministrativo abbia a oggetto lo scrutinio di legittimità del provvedimento o dell’atto amministrativo impugnato.

Per il principio della domanda, fondamentale nel modello di processo dispositivo, a perimetrare i confini del thema decidendum concorrono le allegazioni e le censure specificamente proposte dalle parti, così come previsto dagli artt. 40, comma 1, lett. d), cod. proc. amm. (per il primo grado) e 101, comma 1, e 104 cod. proc. amm. (per il giudizio di appello).

X.2. Il punto di riferimento del presente giudizio è dunque costituito dal provvedimento impugnato, senza che la cognizione possa estendersi a vicende che esulano dalle motivazioni e dal dispositivo dell’ordinanza o dai relativi atti endoprocedimentali.

Si controverte, dunque, della legittimità dell’ordinanza contingibile e urgente n. 15, del 27 febbraio 2020, con la quale il Sindaco di Taranto ha imposto, alla società che gestisce l’impianto siderurgico “ex Ilva” e a quella che ne è proprietaria, l’individuazione e l’eliminazione delle criticità che hanno comportato le immissioni di fumi dell’agosto del 2019 e di odori del febbraio 2020, ordinando, in caso contrario, lo spegnimento della c.d. “area a caldo”, per evitarne la possibile ripetizione.

Non si giudica, invece, del complessivo impatto ambientale e sanitario determinato dalla presenza sul territorio dello stabilimento siderurgico tarantino, nonché delle questioni connesse (anche oggetto di separati giudizi in separate sedi giudiziali), le quali si stagliano sullo sfondo della questione qui controversa.

Il quadro normativo.

XI.1. Fermo restando quanto sopra evidenziato, è opportuna altresì una ricognizione dell’articolato quadro normativo, nel cui contesto va a collocarsi il potere di ordinanza esercitato dal Sindaco.

XI.2. L’ordinanza contingibile e urgente di che trattasi concerne uno stabilimento la cui attività è scandita dalla disciplina prevista per l’autorizzazione integrata ambientale (c.d. A.I.A.), costituente il titolo abilitativo che deve essere necessariamente conseguito per l’esercizio di alcune attività produttive (cfr. art. 5, comma 1, lett. o-bis), e art. 6, comma 13, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152).

XI.2.1. Secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale (sent. 9 maggio 2013, n. 85), l’A.I.A. costituisce l’esito della confluenza di plurimi contributi tecnici ed amministrativi in un unico procedimento, nel quale trovano simultanea applicazione i princìpi di prevenzione, precauzione, correzione alla fonte, informazione e partecipazione, che caratterizzano l’intero sistema normativo ambientale (§ 10.1. della citata sent. n. 85 del 2013).

Essa è rilasciata dall’autorità competente solo sulla base dell’adozione, da parte del gestore dell’impianto, delle migliori tecnologie disponibili (c.d. M.T.D., indicate anche con la locuzione di lingua inglese “best available techniques” o B.A.T.), di cui l’amministrazione deve seguire l’evoluzione (§ 7.2. della sent. n. 85 del 2013).

L’autorizzazione integrata ambientale realizza, quindi, il “punto di equilibrio” fra contrastanti interessi, in particolare fra la salute (art. 32 Cost.), da cui deriva altresì il diritto all’ambiente salubre, e il lavoro (art. 4 Cost.), da cui deriva l’interesse costituzionalmente rilevante al mantenimento dei livelli occupazionali e il dovere delle istituzioni pubbliche di spiegare ogni sforzo in tal senso (§ 9. della sent. n. 85 del 2013).

Si tratta di un delicato bilanciamento che non è prefissato in anticipo e che viene raggiunto, per l’appunto, attraverso l’emanazione dell’autorizzazione integrata ambientale.

Esso costituisce un provvedimento per sua natura “dinamico”, poiché contiene un programma di riduzione delle emissioni, che deve essere periodicamente riesaminato, al fine di recepire gli aggiornamenti delle tecnologie cui sia pervenuta la ricerca scientifica e tecnologica nel settore (§ 7.2. della sent. n. 85 del 2013).

XI.2.2. Queste fondamentali puntualizzazioni costituiscono la “cornice teorica” nella quale iscrivere alcune delle norme della disciplina A.I.A. di cui il Collegio ritiene opportuno dare conto, e segnatamente:

  1. a) l’art. 29-quater, comma 6, d.lgs. n. 152/2006, che prevede l’intervento del Sindaco nell’ambito della conferenza di servizi preordinata al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, per far valere “le prescrizioni…di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265”, ossia quelle “prescrizioni”, relative agli aspetti correlati alle condizioni sanitarie della comunità di riferimento;
  2. b) l’art. 29-quater, comma 7, d.lgs. n. 152/2006, che prevede il potere (di natura procedimentale) del Sindaco, ove lo ritenga necessario per l’interesse della salute pubblica, in presenza di circostanze intervenute successivamente al rilascio del titolo, di sollecitare l’autorità competente a riesaminare l’autorizzazione precedentemente rilasciata;
  3. c) l’art. 29-sexies, comma 7, d.lgs. n. 152/2006, che prescrive che l’autorizzazione integrata ambientale si faccia carico anche degli aspetti “non fisiologici” di conduzione dell’attività produttiva, individuando “le misure relative alle condizioni diverse da quelle di esercizio normali, in particolare”, tra l’altro, “per le emissioni fuggitive, per i malfunzionamenti”;
  4. d) l’art. 29-decies, comma 9, d.lgs. n. 152/2006, che “prevede una serie di controlli e interventi, a cura delle autorità competenti, che possono sfociare in misure sanzionatorie di crescente intensità, in rapporto alla gravità delle eventuali violazioni accertate” (§ 7.5. della sent. n. 85 del 2013) e, in particolare, per quel che interessa la presente controversia, il potere di cui alla “b)”, che consente – in caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie o di esercizio in assenza di autorizzazione – all’autorità competente di diffidare il gestore dell’impianto ad eliminare le inosservanze dell’A.I.A. e di sospendere l’attività produttiva per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni che costituiscano “un pericolo immediato per la salute umana o per l’ambiente”;
  5. e) l’art. 29-decies, comma 10, d.lgs. n. 152/2006, che prefigura un peculiare strumento di raccordo fra l’autorità competente in materia di A.I.A. e il Sindaco, quale rappresentante della comunità locale interessata, nonché fra la normativa che disciplina attraverso l’A.I.A. le modalità e i limiti di esercizio di talune attività produttive e la disciplina del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, la quale attribuisce al Sindaco un potere d’intervento per conformarne lo svolgimento al verificarsi di taluni avvenimenti puntualmente descritti dalla norma;
  6. f) l’art. 29-undecies, commi 1 e 2, d.lgs. n. 152/2006, che tratteggia la disciplina che conforma l’attività del gestore e dell’autorità competente, al verificarsi di “incidenti o eventi imprevisti che incidano in modo significativo sull’ambiente” e per “prevenire ulteriori eventuali incidenti o imprevisti”, mediante l’individuazione di una serie di obblighi di pronto intervento in capo al primo sotto la vigilanza della seconda;
  7. g) l’art. 29-quattuordecies, d.lgs. n. 152/2006, che commina sanzioni penali o amministrative per compulsare al rispetto della disciplina relativa all’A.I.A., prevedendo altresì una clausola di salvaguardia per le ipotesi in cui “il fatto costituisca reato” o “più grave reato”.

XI.2.3. L’enumerazione cursoriamente operata evidenzia un’articolata disciplina a tutela dei compositi e confliggenti interessi che l’A.I.A. si incarica di mediare e salvaguardare.

Si tratta di strumenti di intervento preventivi (in fase procedimentale di rilascio del titolo abilitativo) o successivi (durante l’esercizio dell’attività produttiva); collocati nella fase fisiologica di esercizio dell’impianto o per l’eventualità di incidenti o di violazione delle regole imposte con l’autorizzazione; che coinvolgono diversi attori istituzionali, oltre che l’imprenditore che gestisce l’impianto.

XI.3. Al contempo, rileva una congerie di norme dettate specificamente per l’ex Ilva, che integrano il contesto regolatorio di carattere generale: un vero e proprio “diritto singolare”, finalizzato a tenere in considerazione le peculiarità dello stabilimento in questione e a fronteggiare le diverse criticità che si sono prospettate nel tempo.

Questa disciplina, in parte, tiene conto dell’importanza strategica che alcune attività produttive rivestono per gli interessi della comunità nazionale e, in parte, delle annose e travagliate vicende che hanno connotato gli ultimi anni di attività del siderurgico tarantino.

XI.3.1. Segnatamente, limitando la ricognizione ai soli atti di rango primario (molti dei quali già richiamati nell’esposizione che precede e taluni dei quali non riguardanti soltanto lo stabilimento in esame), di tale quadro normativo costituisce il punto di partenza il decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207 (poi convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, l. 24 dicembre 2012, n. 231), cui si sono affiancati, successivamente, il d.l. 4 giugno 2013, n. 61 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, l. 3 agosto 2013, n. 89), il d.l. 31 agosto 2013, n. 101 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, l. 30 ottobre 2013, n. 125), il d.l. 10 dicembre 2013, n. 136 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, l. 6 febbraio 2014, n. 6), il d.l. 24 giugno 2014, n. 91 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, l. 11 agosto 2014, n. 116), il d.l. 5 gennaio 2015, n. 1 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, l. 4 marzo 2015, n. 20), e il d.l. 4 luglio 2015, n. 92 (decaduto per mancata conversione), il d.l. 4 dicembre 2015, n. 191 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, l. 1 febbraio 2016 n. 13), il d.l. 9 giugno 2016, n. 98 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, l. 1 agosto 2016, n. 151).

XI.3.2. Di tale complessa regolamentazione ad hoc, è rilevante evidenziare, per quanto interessa in questo giudizio:

  1. a) l’art. 3, comma 1, del d.l. 3 dicembre 2012, n. 207, che ha qualificato gli impianti siderurgici della società Ilva S.p.ad’interesse strategico nazionale;
  2. b) l’art. 1, comma 1, del d.l. 4 giugno 2013, n. 61, che attribuisce al Consiglio dei Ministri il potere di commissariamento delle imprese che gestiscono stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale “la cui attività produttiva abbia comportato e comporti oggettivamente pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute a causa della inosservanza reiterata, dell’autorizzazione integrata ambientale”;
  3. c) l’art. 1, comma 1-ter, del d.l. 4 giugno 2013, n. 61, che ha previsto che il commissariamento costituisce, a determinate condizioni, una deroga all’art. 29-decies, comma 9, del d.lgs. n. 152/2006;
  4. d) l’art. 1, comma 5, del d.l. 4 giugno 2013, n. 61, che prevede, contestualmente alla nomina del commissario straordinario, la nomina di un comitato di tre esperti, competente a predisporre “il piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria che prevede le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell’a.i.a.”.

XI.4. Si individua, infine, un ulteriore tassello normativo, di cui pure deve tenersi conto, il già citato art. 217, r.d. 27 luglio 1934, n. 1265.

Quest’ultima norma prevede che “Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche, possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il [sindaco] prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno e il pericolo, e si assicura della loro esecuzione ed efficienza.

Nel caso di inadempimento il [sindaco] può provvedere di ufficio nei modi e termini stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale”.

XII. L’esame dei motivi di appello: a) Le censure di difetto di attribuzione e di incompetenza.

Tenendo conto delle puntualizzazioni sinora svolte, può procedersi all’esame delle censure di appello proposte.

XII.1. Si esaminano, in particolare, la prima censura del primo motivo di appello di Arcelor Mittal e la prima censura del primo motivo di appello di Ilva.

Al fine di esaminare i motivi di impugnazione, proposti sia da Arcelor Mittal che da Ilva, sul difetto assoluto di attribuzione del Sindaco o sull’incompetenza di tale organo comunale ad emanare l’ordinanza contingibile e urgente, si impone una delicata attività di coordinamento fra l’articolato quadro normativo, messo in risalto in precedenza (e, in particolare, fra alcune delle disposizioni enucleate) e gli artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000.

Queste ultime disposizioni hanno costituito, infatti, il fondamento del potere di ordinanza esercitato dal Sindaco, per espressa indicazione del provvedimento impugnato in prime cure.

XII.2. L’art. 50, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 prevede che “…in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale”.

L’art. 54, comma 4, prevede che “Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti…contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione”.

XII.3. In linea generale, si afferma che il potere di ordinanza costituisce lo strumento o la “valvola di sicurezza”, attribuito dal legislatore a talune autorità amministrative, per gestire situazioni di pericolo non fronteggiabili, altrimenti, con i poteri tipici e nominati di cui dispone l’amministrazione e secondo l’ordine delle competenze e delle modalità procedimentali positivamente stabilite.

Il potere in questione è icasticamente definito “derogatorio”, proprio per il peculiare tratto distintivo di “esorbitare” dalle regole che scandiscono l’attività amministrativa (ex multis, Cons. Stato, sez. II, 15 febbraio 2021, n. 1375; sez. IV, 11 gennaio 2021, n. 344; sez. II, 11 luglio 2020, n. 4474 sez. V, 4 febbraio 2015, n. 533).

Esso pone, perciò, delicati problemi di raccordo con il principio di legalità (Corte cost.,13 marzo 2019, n. 45; nonché n. 115 del 2011, n. 32 del 2009, n. 307 del 2003 e n. 150 del 1982), del quale costituiscono corollari, per l’appunto, il principio di tipicità e nominatività dei poteri dell’amministrazione e il principio di competenza.

XII.4. Le censure in esame intersecano dunque la suesposta problematica del rapporto che si instaura fra il potere di ordinanza, da un lato, e i poteri ordinariamente previsti, dall’altro, ciò che impone di indagare il rapporto di relazione o di esclusione fra l’uno e gli altri.

XII.4.1. Per suffragare le loro deduzioni, le appellanti hanno sostenuto che il compendio dei rimedi tipicamente e nominativamente delineati, prima enumerati, consentirebbe di fronteggiare qualunque situazione di pericolo o di danno scaturente dall’attività produttiva in essere nello stabilimento siderurgico; conseguentemente, il Sindaco non avrebbe mai la competenza ad emanare un’ordinanza contingibile e urgente.

XII.4.2. Dal quadro normativo innanzi tratteggiato, il Collegio non trae le medesime conclusioni.

La disciplina prima enumerata predispone un insieme di rimedi, finalizzato ad evitare, mitigare, ridurre, fronteggiare e, se del caso, rimuovere le possibili fonti di pericolo o di danno.

La congerie di strumenti disciplinati dal legislatore nazionale, in attuazione della disciplina europea (cfr. la Direttiva 96/61/CE, nota anche come Direttiva Integrated Pollution Prevention and Control – IPPC; la Direttiva 2008/1/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento; la Direttiva 2010/75/UE, nota anche come Direttiva Industrial Emissions Directive – IED), risulta effettivamente molto articolata e coinvolge più livelli di governo dell’amministrazione e tra questi anche il Sindaco, ma non per questo esclude la sussistenza del potere di ordinanza.

Invero, la panoplia di rimedi predisposta dal legislatore non esaurisce il novero delle ipotesi nelle quali, astrattamente, la pubblica incolumità o la salute della collettività possono essere poste in pericolo o subire un danno dallo svolgimento di un’attività produttiva legittimamente autorizzata.

Conseguentemente, in astratto, il Sindaco dispone del potere di ordinanza anche in situazioni nelle quali si debba intervenire su impianti sottoposti all’A.I.A..

Nondimeno, a fronte dell’individuazione di poteri tipici e nominati, e della fissazione, in via legislativa, del riparto delle competenze sui casi e sulle modalità del possibile intervento, questo potere si riduce necessariamente, e il suo ambito di operatività è escluso in quelle situazioni che sono già state disciplinate dal legislatore.

XII.4.3. Le conclusioni che precedono, nel senso che la predisposizione da parte dell’ordinamento di una pur ampia e articolata serie di rimedi intesi a far fronte a situazioni di pericolo non comporta di per sé sola l’esclusione in radice di ogni spazio per il potere sindacale di ordinanza contingibile e urgente, sono in linea con il consolidato indirizzo di questo Consiglio di Stato per cui il requisito della “contingibilità” richiesto perché l’esercizio di tale potere possa ritenersi legittimo, non presuppone necessariamente l’inesistenza di rimedi ordinari ma sussiste anche qualora sia dimostrata l’impossibilità di ricorrere a detti rimedi (pur esistenti) per fronteggiare in concreto una situazione di pericolo (cfr. Cons. Stato, sez. II, 11 luglio 2020, n. 4474; sez. V, 21 febbraio 2017, n. 774; sez. V, 26 luglio 2016, n. 3369; sez. III, 29 maggio 2015, n. 2697, sez. VI, 31 ottobre 2013, n. 5276).

XII.4.4. Vanno pertanto respinte le censure di appello relative all’asserito difetto di attribuzione o all’asserita incompetenza del Sindaco a emanare l’ordinanza contingibile e urgente.

XIII. (segue) L’esame dei motivi di appello: b) Le censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

XIII.1. Statuita l’esperibilità, in astratto, del rimedio contingibile e urgente, la questione si sposta sul versante della sussistenza dei presupposti che consentono, in concreto, il legittimo esercizio di questo potere.

XIII.2. La pertinente disciplina individua, oltre all’autorità competente, i presupposti della “contingibilità” e “urgenza”, e l’interesse pubblico da salvaguardare.

XIII.2.1. La “contingibilità”, intesa nell’accezione di “necessità” (ancorché la dottrina sia solita distinguere fra i due predicati, individuando, nella prima, l’esistenza di un fatto imprevedibile che abbia durata provvisoria; per questa accezione, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15 novembre 2016, n. 4705), implica – come sopra evidenziato – l’insussistenza di rimedi tipici e nominati per fronteggiare efficacemente il pericolo oppure che quelli sussistenti non siano adeguati ad affrontare, tempestivamente, la situazione di pericolo o di danno insorta (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 11 gennaio 2021, n. 344; specialmente, Cons. Stato, sez. V, 14 ottobre 2019, n. 6951).

XIII.2.2. Quanto alla “urgenza”, questa non si pone in “endiadi” rispetto al primo presupposto, sebbene sia a questo strettamente collegata.

Essa consiste nella “materiale impossibilità di differire l’intervento ad altra data, in relazione alla ragionevole previsione di danno a breve distanza di tempo” (da ultimo, Cons. Stato, sez. II, 15 febbraio 2021, n. 1375; sez. V, 14 ottobre 2019, n. 6951).

XIII.3. La giurisprudenza ha individuato ulteriori “presupposti” del potere di ordinanza, quali, per l’appunto, la “straordinarietà dell’evento”, la sua “imprevedibilità” (da ultimo, Cons. Stato, sez. II, 15 febbraio 2021, n. 1375; sez. V, 16 aprile 2019, n. 2495; anche allorché la situazione di emergenza fosse sorta in epoca antecedente, secondo Cons. Stato, sez. II, 11 luglio 2020, n. 4474, o la situazione di incuria si fosse protratta da tempo, come in Cons. Stato, sez. IV, 25 settembre 2006, n. 5639) oppure la “necessaria temporaneità della misura adottata” (sempre secondo Cons. Stato, sez. II, 11 luglio 2020, n. 4474; Cons. Stato, sez. VI, 15 novembre 2016, n. 4705, e, per tutti, Corte cost., 2 luglio 1956, n. 8; contra Cons. Stato, sez. V, 13 febbraio 2009, n. 828, secondo cui “nulla esclude che la specificità della situazione richieda l’adozione… di misure di carattere definitivo, atteso che quello che rileva è l’idoneità della misura in relazione alla situazione da fronteggiare”; v. pure sez. IV, 9 novembre 2019 n. 7665; sez. V, 6 marzo 2013, n. 1372; sez. V, 25 maggio 2012, n. 3077; sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4402).

Invero, questi predicati della situazione cui si reagisce o del rimedio che viene individuato non sono né espressamente previsti nella formulazione delle norme attributive del potere né risultano biunivocamente correlati ai presupposti della “necessità” e della “urgenza”.

Tali ulteriori “presupposti” del potere di ordinanza sono spesso “collegati alle” ed “emergenti dalle” contingenze del singolo caso deciso.

Essi sono volti a rimarcare il connotato fondamentale del potere di ordinanza, ossia la sua residualità rispetto ad altri rimedi tipici e nominati.

Pur non costituendo requisiti necessari per il legittimo esercizio del potere, rimangono, tuttavia, criteri di carattere logico adoperabili per lo scrutinio della legittimità in concreto del provvedimento: infatti, possono disvelare la sussistenza di eventuali vizi di eccesso di potere.

XIII.4. Posti questi necessari capisaldi, vanno esaminati quei motivi di impugnazione che, con diverse argomentazioni, censurano il provvedimento impugnato, contestando sia l’insussistenza della “necessità e dell’urgenza” sia l’incongruità dell’ordinanza rispetto alla tutela del fine pubblico.

Considerato che il provvedimento (unitamente alle censure proposte dalle parti) costituisce l’oggetto del giudizio, la disamina deve doverosamente muovere dal dato letterale delle ragioni giustificatrici poste a fondamento dell’ordinanza.

XIII.4.1. Come emerge dalla lettura del provvedimento, il potere di ordinanza è stato esercitato:

1) a seguito di eventi di carattere emissivo di fumi e di odori molesti (v., specialmente, pag. 1 e 5),

2) addebitati ad alcune “criticità” (pag. 1) e “anomalie” (pag. 2) dello stabilimento siderurgico,

3) rimarcando le “criticità” (pag. 3 e 4) di carattere sanitario che da lustri affliggono l’area territoriale in cui è insediata la comunità tarantina e

4) facendo leva sul principio di precauzione, per giustificare l’esercizio del potere e “superare” la “situazione di incertezza sugli aspetti tecnici e sanitari legati alle vicende” scaturigini dell’intervento (ossia, i richiamati eventi emissivi),

5) al fine di tutelare la salute e la sicurezza delle persone, sia di quelle che operano all’interno della fabbrica e dei relativi impianti, sia della popolazione in generale “che respira l’aria e i fumi provenienti dagli stessi”.

XIII.4.2. I punti salienti della motivazione dell’ordinanza, precedentemente enucleati, consentono di evidenziarne un primo motivo di illegittimità, censurato dalle appellanti con la seconda censura del primo motivo dell’appello di Arcelor Mittal e con la seconda censura del primo motivo dell’appello incidentale proposto dall’Ilva.

L’evento che è stato considerato nel provvedimento contingibile e urgente come causa del potenziale pericolo per la salute e la sicurezza della popolazione è costituito dall’immissione di “aria e fumi” provenienti dallo stabilimento siderurgico.

Trattasi di fattispecie espressamente normata dagli artt. 29-decies, comma 10, del d.lgs. n. 152/2006, 217 r.d. n. 1265/1934, e 1, comma 1-ter, del d.l. n. 61/2013.

La norma prevista dall’art. 217 descrive la fattispecie astratta nel quale gli accadimenti concreti vanno sussunti.

Relativamente agli impianti sottoposti ad A.I.A., tale norma risulta poi diversamente perimetrata quanto ai suoi presupposti, da parte dell’art. 29-decies, comma 10, del d.lgs. n. 152/2006, applicabile allo stabilimento ex Ilva di Taranto, anche in caso di commissariamento, in base alla clausola di salvaguardia dell’art. 1, comma 1-ter, del d.l. n. 61 del 2013.

Rispetto ai fatti disciplinati, la normativa costituisce la mediazione fra i contrapposti interessi che la produzione industriale va ad intersecare, talvolta con effetti negativi, tal altra con effetti positivi.

L’immissione di fumi o miasmi costituisce, del resto, quello che, secondo l’id quod plerumque accidit, risulta essere l’evento di pericolo o di danno che si verifica con maggiore frequenza a causa dell’attività produttiva.

Qualora si verifichino i fatti descritti dalla fattispecie delineata dall’art. 217 r.d. n. 1265/1934, il potere d’intervento sussiste in maniera legittima unicamente se vengono rispettati anche i requisiti dell’art. 29-decies, comma 10, d.lgs. n. 152/2006: “l’inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie” e la “comunicazione dell’autorità competente”.

Diversamente, qualora si verifichino immissioni di “vapori, gas o altre esalazioni…provenienti da manifatture o fabbriche”, relativamente alle imprese sottoposte all’A.I.A., non è legittimamente possibile intervenire mediante l’esercizio dei poteri di cui all’art. 50 e 54.

L’ambito di applicazione dei rimedi di cui all’art. 217 r.d. n. 1265/1934 è difatti tale da inglobare anche le situazioni “urgenti” e “contingibili”.

Anche se manca un riferimento espresso ai due connotati essenziali del potere di ordinanza, la norma individua la situazione che legittima l’esercizio del potere (anche) attraverso il riferimento al “pericolo” (che si affianca all’altro presupposto costituito dal “danno”) e alla finalità della “prevenzione” (si adopera, infatti, il verbo “prevenire”).

Si fornisce, in questo modo, una tutela “anticipatoria” del bene giuridico: si permette infatti all’autorità preposta (il Sindaco) di intervenire prima (“prevenire”) che si verifichi l’effettiva compromissione (“il danno”) del bene giuridico tutelato (“la salute pubblica”).

La “contingibilità” del provvedimento disciplinato dall’art. 217 r.d. n. 1265/1934 è assicurata dalla mancata tipizzazione del potere d’intervento: quest’ultimo viene individuato allo stesso modo di quanto avviene nel caso dell’ordinanza contingibile e urgente, ossia con riferimento alla congruità della misura ordinata rispetto al fine che la norma si propone (come reso palese dalla locuzione “prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno e il pericolo”).

XIII.4.3. Nella presente vicenda, del resto, il Sindaco del Comune di Taranto ha effettivamente sollecitato il Ministero a “comunicare” ai sensi dell’art. 29-decies, comma 10, d.lgs. n. 152/2006, se vi fossero i presupposti per l’esercizio del potere di cui all’art. 217 r.d. n. 1265/1934.

Con la nota del 23 ottobre 2019, il Ministero si è però sostanzialmente espresso in senso sfavorevole ad intraprendere il procedimento di cui all’art. 217 r.d. n. 1265/1934.

Il Ministero ha infatti evidenziato la carenza del presupposto costituito dall’inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie (cfr., in particolare, sul primo evento, la nota del MATTM, del 23 ottobre 2019, prot. n. 27936, pag. 3).

A tale riguardo, va evidenziato che, qualora “l’autorità competente” non effettui la comunicazione di cui all’art. 29-decies, comma 10, d.lgs. n. 152 del 2006 oppure neghi erroneamente che sussistano i presupposti per procedervi, si assumerà evidentemente le relative responsabilità, qualora si dovesse poi inverare l’evento pregiudizievole paventato.

Ciò rassicura adeguatamente sulla leale ed attenta co-gestione del potere.

Inoltre, le attuali tecniche di comunicazione permettono una sollecita gestione dell’evento, anche a fronte di eventi improvvisi e tumultuosi.

XIII.4.4. In definitiva, dunque, il potere di ordinanza contingibile e urgente risulta esercitato in violazione degli artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267/ 2000, i quali presuppongono, come detto, la comprovata inidoneità o inefficacia degli altri rimedi predisposti dall’ordinamento.

Alla luce delle motivazioni sinora articolate, l’ordinanza emanata risulta illegittima e il provvedimento che ne è espressione va conseguentemente annullato.

XIII.5. Il provvedimento risulta tuttavia viziato anche da eccesso di potere, per le deduzioni articolate dalle appellanti con la terza censura del primo motivo dell’appello principale, con il secondo motivo dell’appello principale, nella parte in cui si assume l’erronea interpretazione delle risultanze dell’istruttoria processuale, e con la prima censura del terzo motivo dell’appello incidentale proposto dall’Ilva.

XIII.5.1. Si è detto che la tipologia di evento cui si è inteso porre rimedio è costituito dal possibile ripetersi di emissioni di fumi o odori, ritenuti potenzialmente lesivi della salute della comunità tarantina.

Il provvedimento non indica espressamente il rimedio per evitare tale accadimento: tuttavia, nella motivazione del provvedimento rimane sottotraccia, che questo rimedio possa consistere nella più sollecita installazione dei “filtri a manica” (rectius, “a maniche”).

Sull’opportunità di un’installazione “anticipata” insiste, infatti, la prima parte della motivazione. Questa parte del provvedimento riporta, infatti, testualmente, il contenuto delle note istruttorie dell’ARPA del 4 settembre 2019 e dell’ASL del 9 settembre 2019, che auspicavano, per l’appunto, oltre che il rispetto della tempistica prefissata, la sua accelerazione.

Secondo quanto previsto dall’A.I.A. e dal Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria, che prevede le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell’A.I.A., questa misura (unitamente ad una serie di altre opere di adeguamento dell’impianto) costituisce una delle migliorie (rectius, delle migliori tecniche disponibili) che il gestore dello stabilimento è tenuto a realizzare.

XIII.5.2. Le relative modalità e le tempistiche di attuazione sono già state delibate da questo Consiglio di Stato, allorché in sede di ricorso straordinario è stata esaminata la legittimità del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, del 29 settembre 2017, di approvazione delle modifiche al Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria.

Il contenzioso in questione è stato definito dai pareri nn. 1897 e 1898, del 27 giugno 2019, che hanno affermato la legittimità del provvedimento (e, di conseguenza, delle modalità e delle tempistiche di realizzazione stabilite).

XIII.6. Nelle motivazioni dell’ordinanza contingibile e urgente non sono stati rappresentati fatti, elementi o circostanze tali da evidenziare e provare adeguatamente che il pericolo di reiterazione degli eventi emissivi fosse talmente imminente da giustificare l’ordinanza contingibile e urgente, oppure che il pericolo paventato comportasse un aggravamento della situazione sanitaria in essere nella città di Taranto, tale da dover intervenire senza attendere la realizzazione delle migliorie secondo la tempistica prefissata.

XIII.7. A tale proposito vanno svolte due importanti puntualizzazioni necessarie a delineare ulteriormente gli aspetti salienti di questo processo.

XIII.7.1. In primo luogo, che nella città di Taranto vi sia una problematica di carattere sanitario e ambientale, correlata all’attività industriale (anche) dello stabilimento dell’ex Ilva di Taranto, è oramai un fatto che può reputarsi “pacifico”, a fini processuali.

Tale dato, infatti, emerge inequivocabilmente dalla messe di decreti legge (emanati anche sotto la spinta di sviluppi investigativi di rilevanza penale, e al fine di assicurare la continuità aziendale pur in pendenza di tali vicende) di cui si è dato conto in precedenza, che menzionano questa circostanza come presupposto della loro emanazione e cercano di porvi rimedio, ed è stato, altresì, statuito anche nella sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, del 24 gennaio 2019 (ricorsi nn. 54414/13 e 54264/15, causa Cordella e altri contro Italia), nella quale se ne dà diffusamente conto (ai §§ da 14 a 30, 75, 104 e 105, da 162 a 165).

Per fronteggiare questa situazione, è stata adottata la richiamata legislazione a carattere speciale che ha integrato quella del d.lgs. n. 152/2006, per rafforzare, proprio sul versante sanitario, le misure di tutela.

Oltre alle variegate misure specificamente previste su questo versante (cfr., ad es., l’obbligo di referto del Ministro della salute alle competenti Commissioni parlamentari sullo “stato di salute della popolazione coinvolta”, di cui all’art. 5-bis del d.l. n. 207/2012; l’introduzione del “rapporto di valutazione del danno sanitario (VDS)”, di cui all’art. 1-bis del d.l. n. 207/2012; l’introduzione del “Piano sanitario straordinario in favore del territorio della provincia di Taranto” di cui all’art. 3-bis del d.l. n. 207/2012; la previsione di peculiari modalità di intervento per la realizzazione degli interventi previsti sulle aree contaminate per le matrici del suolo e del sottosuolo, di cui all’art. 2-quinquies del d.l. n. 61/ 2013), all’AI.A. si affianca, infatti, la predisposizione di un Piano, che fa espressamente riferimento alle “…attività di tutela… sanitaria…” (art. 1, comma 5, del d.l. n. 61/2013), che è approvato “con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro della salute” (art. 1, comma 7, del d.l. n. 61/2013).

Si tratta di uno strumento teleologicamente rivolto alla salvaguardia del medesimo fondamentale bene giuridico che anche l’ordinanza del Sindaco intende tutelare.

Proprio l’intrapresa realizzazione delle misure procrastinate per anni, anche a causa della turbolenta situazione finanziaria e delle note vicende giudiziarie penali che hanno coinvolto l’impresa, segna una linea di discontinuità rispetto ai fatti che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha preso in considerazione nella sua sentenza di condanna.

Relativamente alla dedotta violazione dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la Corte europea ha stigmatizzato, da un lato, che “la gestione da parte delle autorità nazionali delle questioni ambientali riguardanti l’attività di produzione della società Ilva di Taranto è tuttora in una fase di stallo” e, dall’altro, di essere “allo stato attuale, priva di informazioni sull’attuazione del risanamento del territorio interessato, in particolare per quanto riguarda i ritardi nell’esecuzione dei relativi lavori”.

La Corte ha conseguentemente constatato “che le autorità nazionali hanno omesso di adottare tutte le misure necessarie per assicurare la protezione effettiva del diritto degli interessati al rispetto della loro vita privata” (cfr. §§ 170 a 172).

Con riferimento alla situazione attuale, le misure previste dal Piano risultano in corso di realizzazione e non emergono, dagli atti endoprocedimentali o dal provvedimento gravato, particolari ritardi o inadempimenti rispetto alla loro attuazione.

L’avvenuta individuazione delle misure di mitigazione (fra le quali si colloca anche l’installazione dei filtri a maniche), l’inizio (e, per talune, anche la conclusione; cfr. all. 10, doc. 63 – “stato di adempimento prescrizione n. 57 ed ulteriori prescrizioni”, del 5 gennaio 2021, pag. 9 e 10, depositato da Arcelor Mittal in data 18 febbraio 2021) della loro realizzazione e la mancata rappresentazione nel provvedimento del mancato rispetto delle scadenze prestabilite (l’installazione dei filtri a maniche su una delle due linee di agglomerazione dovrà concludersi entro il 31 dicembre 2021, mentre per la seconda linea dovrà avvenire entro il 23 agosto 2023, con avvio delle attività di cantiere entro il 30 giugno 2021) inducono a ritenere non sufficientemente provata quella situazione di assoluta e stringente necessità presupposta dall’ordinanza sindacale.

La sollecitata anticipazione dell’adozione di alcune di queste misure (in particolare, dei filtri a maniche), evidenziata nella prima parte del provvedimento gravato ed emersa pure nel corso delle complesse discussioni svoltesi nell’udienza in camera di consiglio dell’11 marzo 2021 e nell’udienza pubblica del 13 maggio 2021, non risulta coercibile mediante l’adozione di provvedimenti “paralleli” a quelli invece preordinati alla loro pianificazione.

Tale anticipazione potrà avvenire, rebus sic stantibus e salvo ulteriori procedimenti di revisione del titolo, solamente con un ulteriore impegno assunto volontariamente dal gestore dell’impianto, in una prospettiva di pacificazione della complessa situazione sociale venutasi a creare a causa del problema di lungo corso che affligge la città di Taranto, e che tuttavia non esonera il giudicante dal dovere di valutare l’operato dei soggetti pubblici, e nella specie in particolare del Comune, applicando esclusivamente i parametri della legittimità amministrativa.

XIII.7.2. In secondo luogo, la sentenza del T.a.r. per la Puglia, qui impugnata, risulta tutt’altro che “abnorme” o connotata da “eccesso di potere giurisdizionale” come pure è dato leggere in alcuni scritti difensivi.

La pronuncia appellata, infatti, ha approfondito i profili riguardanti l’A.I.A., muovendo proprio dall’idea che, anche in presenza di siffatto titolo abilitativo, possano residuare “spazi” di intervento in via contingibile e urgente, ed indagando dunque se, nel caso di specie, sussistessero tali “spazi”; tale indagine, dunque, ha costituito null’altro che parte della doverosa verifica circa la sussistenza o meno dei presupposti per il legittimo esercizio del potere del Sindaco.

Prendendo spunto dalle composite allegazioni delle parti e dal nebuloso quadro istruttorio, il T.a.r. ha pertanto utilizzato il potere di cui all’art. 63 cod. proc. amm.

Nondimeno, questa Sezione ritiene che gli elementi emersi dall’istruttoria processuale abbiano fornito un quadro tutt’altro che univoco sui fatti dai quali è scaturita l’ordinanza contingibile e urgente.

Anzi, quanto emerso è più incline ad escludere il rischio concreto di un’eventuale ripetizione degli eventi e la sussistenza di un possibile pericolo per la comunità tarantina.

Segnatamente, nella relazione dell’Ispra depositata in data 23 luglio 2020, in esecuzione delle ordinanze istruttorie, si legge:

  1. a) con specifico riferimento al primo dei due eventi emissivi, che “l’inconveniente occorso al sistema di depolverazione sul camino E-312 nell’agosto 2019 è stato un evento isolato, riconducibile a carenze procedurali…” (pag. 6) e che “l’evento occorsoè statodi natura occasionale”, pag. 7);
  2. b) con specifico riferimento al secondo dei due eventi emissivi, che “non sono emerse, violazioni del provvedimento autorizzativo AIA riconducibili a situazioni di esercizio o operazioni di manutenzione in corso nel siderurgico nel periodo oggetto delle rilevazioni segnalate” (pag. 10) e che “con i dati attualmente disponibili, la dipendenza del superamento delle concentrazioni alle stazioni di monitoraggio con le operazioni di colata non può essere stabilita con ragionevole certezza se non attraverso l’analisi chimica dei filtri di campionamento della stazioni di monitoraggio e con una successiva analisi complessa di “source apportionment”. In ogni caso, gli eventuali esiti di questo studio non spiegherebbero comunque la correlazione tra valori di interesse di H2S e SO2 rilevati dai sensori della rete AMI e dalle centraline della rete RRQA con gli odori di gas segnalati i giorni successivi in centro città, alla base dell’impugnata ordinanza sindacale” (pag. 11 e 12);
  3. c) in relazione alla situazione generale di monitoraggio sulle immissioni in atmosfera dell’impianto che “L’immissione in atmosfera delle sostanze appartenenti a tale c.d. “set integrativo” richiesto dagli organi di vigilanza sanitaria locale non è ricollegabile, sulla base dei dati ad oggi disponibili, agli episodi da cui è scaturito l’impugnato provvedimento sindacale…” (pag. 8).

XIII.8. Le ulteriori circostanze emerse nell’istruttoria processuale, inoltre, non elidono la conclusione che, nella specie, il potere di ordinanza abbia finito per sovrapporsi alle modalità con le quali, ordinariamente, si gestiscono e si fronteggiano le situazioni di inquinamento ambientale e di rischio sanitario, per quegli stabilimenti produttivi abilitati dall’A.I.A..

Nella nota del Ministero del 13 agosto 2020, depositata in giudizio il 19 agosto 2020, sono enumerate una serie di “non conformità” e di “eventi incidentali”, verificatisi nell’anno 2019 e nel primo trimestre del 2020, dei quali non viene però chiarita l’attinenza con gli eventi presupposto dell’ordinanza.

Ad una lettura di quest’atto, emerge una congerie eterogenea di accadimenti, collegati all’attività dello stabilimento siderurgico e rilevanti, dunque, nell’anzidetta prospettiva del controllo sull’osservanza del titolo abilitativo o sulla necessità di una sua revisione, ma non attinenti alla legittimità del provvedimento gravato.

Analoghe considerazioni riguardano l’altro documento istruttorio acquisito nel processo di primo grado e costituito dalla nota del Ministero del 9 luglio 2020, prot. n. 53209.

Questa nota riguarda specificamente il procedimento di revisione dell’A.I.A. del 2017 e se l’A.I.A. rilasciata con il d.P.C.M. del 29 settembre 2017 risulti supportata o meno, anche in via indiretta, da una valutazione del danno sanitario.

Si tratta, dunque, di circostanze non direttamente in correlazione con il contenuto specifico dell’ordinanza contingibile e urgente per cui è causa.

In definitiva, l’istruttoria procedimentale e quella processuale non evidenziano un pericolo “ulteriore” rispetto a quello ordinariamente collegato allo svolgimento dell’attività produttiva dello stabilimento industriale e gestito attraverso la disciplina dell’A.I.A..

XIII.9. Alla luce delle motivazioni sinora articolate, il potere di ordinanza risulta, pertanto, esercitato in difetto dei presupposti di necessità e urgenza (o comunque in difetto di una sufficiente motivazione sul punto), e il provvedimento che ne è espressione risulta illegittimo anche per questi motivi.

XIII.10. Il Collegio ritiene, inoltre, che il provvedimento sia viziato anche per difetto di istruttoria, per l’intrinseca contraddittorietà e per difetto di motivazione, come contestato con il secondo motivo dell’appello di Arcelor Mittal, nella parte in cui censura per difetto d’istruttoria il provvedimento gravato e l’erronea applicazione del principio di precauzione, e con la prima e la quinta censura del secondo motivo dell’appello incidentale di Ilva.

L’esercizio del potere di ordinanza contingibile e urgente richiede “…il rigoroso svolgimento di una compiuta e mirata istruttoria volta a riscontrare, attraverso una indagine che faccia emergere e dia adeguatamente conto della situazione di fatto da regolare, l’effettiva sussistenza dei presupposti di necessità ed urgenza cui si correla una situazione di effettivo e concreto pericolo per la integrità dei beni tutelati, la quale non sia fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva” (Cons. Stato, sez. III, 19 gennaio 2021, n. 571, § 8).

Nel caso di specie, l’istruttoria è carente nell’individuazione delle cause che hanno comportato gli eventi emissivi presi in considerazione e che, secondo la tesi del Comune, potrebbero comportare la loro ripetizione.

Le note istruttorie, espressamente menzionate nel provvedimento (cfr. le note di ARPA, del 4 settembre 2019 e del 24 febbraio 2020, e dell’ASL, del 9 settembre 2019), non contengono chiare ed univoche indicazioni sull’eziogenesi di questi eventi, sia con riferimento all’evento emissivo dell’agosto 2019 che con riferimento all’evento odorigeno del febbraio 2020.

Il provvedimento richiama anche una serie di criticità ricavate dalla relazione dell’ARPA (ente non competente alla vigilanza sullo stabilimento) del 23 settembre 2019, con riferimento ad una serie di “anomalie” riscontrate durante il sopralluogo tenuto dalla medesima ARPA, a seguito degli eventi dell’agosto 2019 (ci si riferisce a quelle enumerate, in apertura, a pag. 2, come, ad es., “il superamento del valore limite di emissione oraria per il parametro al camino E312”, la “definizione del minimo tecnico e assegnazione degli stati impianto”, la “conformità dello SME alla UNI EN 14181”, etc.).

Nondimeno, nessuna delle criticità evidenziate nella suddetta relazione viene causalmente correlata agli eventi occorsi o al rischio della loro possibile ripetizione.

L’unica criticità segnalata avente queste caratteristiche è quella relativa alla ritenuta insufficienza delle procedure predisposte dal gestore per l’individuazione e la correzione delle anomalie di funzionamento dell’attuale sistema di abbattimento delle polveri e alla necessità “non solo” di rispettare i tempi di installazione dei filtri a maniche, ma, anzi, di “anticiparli” e “accelerarli”, come rimarcato anche nelle precedenti note dell’ARPA del 4 settembre 2019 e dell’ASL del 9 settembre 2019.

L’enumerazione delle criticità riportate nella relazione dell’ARPA del 23 settembre 2019, risulta, perciò, non adeguatamente messa in correlazione con i fenomeni emissivi verificatisi nell’agosto 2019 e nel febbraio 2020, e con l’eventualità di una loro ripetizione.

Relativamente alla possibile causa dell’evento emissivo dell’agosto 2019, il provvedimento ha poi menzionato la nota dell’Ispra (ente competente alla vigilanza sullo stabilimento) del 11 ottobre 2019, la quale ha raccordato la fuoriuscita di fumi dal camino E-312 a problematiche di tipo gestionale “che sembrerebbero relative al sistema di depolverazione primario del Camino E312” (pag. 2 del provvedimento).

In questa comunicazione si rappresenta espressamente che i fatti sarebbero stati “già risolti dal Gestore” (ancorché ci si basi su una nota di quest’ultimo).

Riguardo agli eventi c.d. odorigeni, invece, il supporto istruttorio risulta costituito unicamente dalla nota di ARPA del 24 febbraio 2020, nella quale si segnala il verificarsi di queste esalazioni, registrate dalla rete di monitoraggio collocata in alcuni punti del territorio urbano.

Nelle note comunali del 23, 24 e 26 febbraio 2020, richiamate nell’ordinanza contingibile e urgente, l’evento emissivo del febbraio 2020 viene espressamente ricollegato all’attività dello stabilimento siderurgico.

Nella nota dell’ARPA del 24 febbraio 2020, invece, questa correlazione non viene espressamente affermata, anche se vi sono taluni elementi che la lascerebbero supporre (in particolare, il riferimento, contenuto nella nota istruttoria, a “valori di interesse per il parametro SO2” presso una centralina collocata all’interno dello stabilimento).

La medesima nota dell’ARPA afferma, tuttavia, espressamente, che “sono in corso gli accertamenti da parte dell’Agenzia per individuare le cause di tali eventi”, che “l’Agenzia proporrà ad Ispra, organo di vigilanza in materia di AIA nazionali, approfondimenti specifici su tali accadimenti” e che i “potenziali rischi per la salute dei cittadini” attengono a valutazioni di competenza dell’ASL di Taranto, della quale tuttavia non consta un apporto di tipo istruttorio rispetto a questa fase della vicenda.

Da quanto appena tratteggiato, si evince che il provvedimento risulta emesso senza che vi sia stata un’univoca individuazione delle cause del potenziale pericolo e senza che sia risultata acclarata sufficientemente la probabilità della loro ripetizione.

Inoltre, pur riportando alcuni spunti della nota dell’Ispra del 11 ottobre 2019, il provvedimento individua, nel suo dispositivo, una misura che non tiene conto dei contenuti di questa comunicazione.

Tale nota afferma che i “malfunzionamenti che hanno causato gli eventi… sembrerebbero di natura gestionale” e “sembrerebbero relative al sistema di depolverazione primario del Camino E312”.

Il provvedimento non ha considerato quanto evidenziato dall’Ispra, organo competente alla vigilanza, senza fornire alcuna motivazione al riguardo.

XIII.11. Le carenze istruttorie evidenziate non possono essere colmate neppure attraverso il riferimento al principio di precauzione (cfr. pag. 4 del provvedimento).

XIII.11.1. Il principio in questione, di derivazione comunitaria, è stato previsto espressamente con il Trattato di Maastricht del 1992 (ora, art. 191, § 2 Trattato FUE), recepito, poco dopo, nel diritto internazionale con la Dichiarazione su ambiente e sviluppo approvata a Rio de Janeiro del 1992 (ma i prodromi di tale principio emergono anche dalla Carta Mondiale della Natura adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1982) e, infine, introdotto nell’ordinamento nazionale da diverse disposizioni (ad es., nell’art. 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dall’art. 1 della legge 11 febbraio 2005, n. 15, che impone all’attività amministrativa di conformarsi anche ai principi di diritto euro-unitario; negli artt. 3-ter – aggiunto dall’art. 1 del d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 – e 178, comma 3, 301, 307 e 310 del d.lgs. n. 152/2006; nell’art. 107, comma 4, del d.lgs. del 6 settembre 2005, n. 206, c.d. “Codice del consumo”; nell’art. 7, comma 3, lett. d), della legge 5 marzo 2001, n. 57, recante “Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati”; nell’art. 1 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, “Legge quadro sulla protezione dall’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”).

Relativamente alla sua applicazione, s’intende qui ribadire l’orientamento più volte espresso dalla giurisprudenza (cfr. Cass. civ., sez. un., 3 maggio 2013, n. 10303; Cons. Stato, sez. III, 4 marzo 2013, n. 1281; Corte giust. UE, sez. X, 28 marzo 2019, n. 487-489/17; sez. II, 15 gennaio 2009, C-383/07; 13 dicembre 2007, C-418/04; 9 settembre 2003, C-236/01) e, segnatamente, il decalogo di principi enunciato nella sentenza n. 6250 del 27 dicembre 2013 della sez. V di questo Consiglio di Stato, secondo cui:

  1. a) il principio di precauzione costituisce uno dei fondamenti della politica dell’Unione europea e dello Stato italiano in materia ambientale accanto a quelli della prevenzione, dell’azione preventiva, e della correzione in via prioritaria ed alla fonte dei danni causati all’ambiente; l’individuazione dei tratti giuridici del principio viene sviluppata lungo un percorso esegetico fondato sul binomio analisi dei rischi – carattere necessario delle misure adottate; le misure precauzionali, infatti, presuppongono che la valutazione dei rischi di cui dispongono le autorità riveli indizi specifici i quali, senza escludere l’incertezza scientifica, permettano ragionevolmente di concludere, sulla base dei dati disponibili che risultano maggiormente affidabili e dei risultati più recenti della ricerca internazionale, che l’attuazione di tali misure è necessaria al fine di evitare pregiudizi all’ambiente o alla salute; si rifiuta un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su semplici supposizioni non ancora accertate scientificamente;
  2. b) la giuridicizzazione e la conseguente giustiziabilità del principio di precauzione passano così attraverso la necessità di riconoscere canali istituzionali di coinvolgimento dei cittadini, delle loro formazioni sociali e delle loro comunità di riferimento, nell’esercizio della funzione (globalmente rilevante) di amministrazione del rischio, sia a livello comunitario che a livello nazionale; il che contribuisce alla costruzione di un diritto “effettivo” del rischio, in linea con il modello della responsiblegovernance;
  3. c) il principio presuppone che l’esistenza di un rischio specifico è tale solo quando l’intervento umano su un determinato sito, sulla base di elementi obbiettivi, non possa escludersi che pregiudichi il sito interessato in modo significativo;
  4. d) sul piano procedurale, l’adozione di misure fondate sul principio di precauzione è condizionata al preventivo svolgimento di una valutazione quanto più possibile completa dei rischi calata nella concretezza del contesto spazio temporale di riferimento, valutazione che deve concludersi con un giudizio di stretta necessità della misura;
  5. e) il principio in esame non può legittimare una interpretazione delle disposizioni normative, tecniche ed amministrative vigenti in un dato settore che ne dilati il senso fino a ricomprendervi vicende non significativamente pregiudizievoli dell’area interessata; la situazione di pericolo deve essere potenziale o latente ma non meramente ipotizzata e deve incidere significativamente sull’ambiente e la salute dell’uomo; sotto tale angolazione il principio di precauzione non consente ex sedi attribuire ad un organo pubblico un potere di interdizione di un certo progetto o misura; in ogni caso il principio di precauzione affida alle autorità competenti il compito di prevenire il verificarsi o il ripetersi di danni ambientali ma lascia alle stesse ampi margini di discrezionalità in ordine all’individuazione delle misure ritenute più efficaci, economiche ed efficienti in relazione a tutte le circostanze del caso concreto.

Questo Consiglio di Stato ha inoltre affermato che:

  1. a) “posto che la normativa di cui al d.lgs. n. 152 del 2006 è interamente ispirata al c.d. principio di precauzione – il rispetto delle procedure di V.I.A. ed A.I.A. ivi previste equivale ad una presunzione in merito al rispetto di quel principio; detta presunzione non può essere superata dall’apprezzamento di un rischio puramente ipotetico, fondato su mere supposizioni allo stato non ancora verificate in termini scientifici” (Cons. Stato, sez. IV, 14 luglio 2020, n. 4545);
  2. b) l’applicazione di misure fondate sul principio di precauzione “presuppone l’esistenza di un rischio specifico all’esito di una valutazione quanto più possibile completa, condotta alla luce dei dati disponibili che risultino maggiormente affidabili e che deve concludersi con un giudizio di stretta necessità della misura” (cfr., Cons. Stato, sez. III, sez. III, 3 ottobre 2019, n. 6655).

Questi principi sono stati recentemente ribaditi dalla Sezione, con la sentenza n. 3597, del 7 maggio 2021.

Le indicazioni fornite dalla giurisprudenza citata risultano peraltro consentanee alle linee di indirizzo che la Comunicazione della Commissione Europea del 2 febbraio 2000 ha fornito sulle condizioni di applicazione del principio di precauzione.

XIII.11.2. Facendo applicazione di questi principi al caso di specie, è conseguenziale rilevare come sia mancata una previa valutazione scientifica del rischio direttamente riconnesso agli eventi emissivi di cui si teme la ripetizione.

Né risulta parimenti accertata la sussistenza di un possibile rischio che non risulti fronteggiabile con gli strumenti tipici predisposti dalla disciplina cui si è fatto più volte menzione.

Alla luce delle motivazioni sinora articolate, il potere di ordinanza non risulta suffragato da un’adeguata istruttoria e risulta, al contempo, viziato da intrinseca contraddittorietà e difetto di motivazione.

XIII.12. In conclusioni, per le concorrenti motivazioni innanzi evidenziate, va dichiarata l’illegittimità dell’ordinanza impugnata e ne va conseguentemente pronunciato l’annullamento.

Poiché la decisione è già satisfattiva dell’interesse fatto valere in giudizio da Arcelor Mittal e da Ilva, va dichiarato l’assorbimento di tutti i motivi dell’appello di Arcelor Mittal e dell’appello incidentale di Ilva che non sono stati espressamente trattati.

XIV. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 comma 5, del d.l. n. 1/2015, conv. in legge n. 20 del 2015 e sue successive modificazioni.

Il Comune di Taranto ha prospettato un’articolata questione di costituzionalità della norma suindicata, per la parte in cui pospone al 23 agosto 2023 il termine ultimo di attuazione del Piano ambientale.

Secondo il Comune, la questione assumerebbe rilievo “nella denegata ipotesi in cui si ritenesse che il provvedimento sindacale oggetto di giudizio e lo stesso potere sindacale con esso esercitato trovino un limite nel d.p.c.m. 29.9.2017, e, a monte, nella “equilibrata” scelta del legislatore circa i tempi di attuazione del Piano ambientale con perdurante esercizio dell’attività inquinante dello stabilimento…”.

Il Collegio ritiene che la questione difetti del requisito della rilevanza di cui all’art. 23, comma 2, legge n. 87 del 1953, in considerazione delle motivazioni sinora articolate.

È carente, infatti, il rapporto di strumentalità fra la risoluzione della questione di legittimità costituzionale prospettata e la definizione del presente giudizio (Corte cost., ord, n. 282 del 1998).

Il d.P.C.M. del 29 settembre 2017 non ha costituito, in astratto, un limite all’esercizio del potere di ordinanza, in quanto la declaratoria di illegittimità dell’ordinanza del Sindaco di Taranto è dipesa dalla riscontrata assenza, in concreto, dei presupposti di “contingibilità” e “urgenza”.

Va inoltre evidenziato come la questione articolata riguardi, ancora una volta, i tempi di attuazione delle misure previste dal Piano.

Una questione affatto simile è stata oggetto di scrutinio già nel richiamato precedente di questo Consiglio di Stato, costituito dal parere n. 1898 del 27 giugno 2019, nel quale si era dedotta l’incostituzionalità dell’art. 1, comma 8, del decreto legge n. 191/2015, convertito con legge n. 13/2016, per aver differito l’attuazione degli interventi fino al 23 agosto 2023.

Nel dichiarare la questione manifestamente infondata, il Consiglio ha rilevato come il Piano approvato con il d.P.C.M. del 29 settembre 2017 realizzi “un equo bilanciamento e contemperamento dei plurimi interessi coinvolti nella presente vicenda”, poiché “ha previsto che solo “specifici interventi” (e non tutti gli interventi) possano essere differiti fino alla scadenza dell’a.i.a. in corso di validità”, mentre “ha disciplinato numerosi interventi di attuazione immediata o da compiersi entro una data più ravvicinata”.

Per le suesposte motivazioni la questioni di costituzionalità va, dunque, dichiarata irrilevante.

La nota n. 173 del 29 marzo 2020 del comune di Taranto e l’appello incidentale del Ministero della transizione ecologica.

Dall’annullamento dell’ordinanza sindacale discendono due conseguenze.

La prima è la sopravvenuta carenza d’interesse all’esame dell’appello del Ministero, poiché la riforma della sentenza di primo grado elide in radice le criticità contestate con il gravame incidentale proposto dall’amministrazione.

La seconda è la caducazione della nota n. 173, del 29 marzo 2020, del Comune di Taranto, trattandosi di un atto strettamente conseguenziale al provvedimento impugnato, per il quale vale il principio simul stabunt simul cadent.

XVI. Conclusioni.

In conclusione, vanno accolti l’appello principale di Arcelor Mittal e quello incidentale di Ilva, mentre va dichiarata la sopravvenuta carenza d’interesse all’esame dell’appello incidentale del Ministero.

In ragione della complessità e (in parte anche) della novità (di alcune) delle questioni trattate, nonché della rilevanza degli interessi sottesi alla presente vicenda processuale, si ritiene equo compensare le spese del doppio grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello principale n.r.g. 1482 del 2021 proposto da Arcelor Mittal Italia S.p.a, sull’appello incidentale proposto da Ilva S.p.a. in amministrazione straordinaria, e sull’appello incidentale proposto dal Ministero della transizione ecologica:

  1. a) accoglie l’appello principale proposto da Arcelor Mittal Italia S.p.a, e l’appello incidentale proposto da Ilva S.p.a. in amministrazione straordinaria;
  2. b) dichiara improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, l’appello incidentale del Ministero della transizione ecologica.

Per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado e in accoglimento del ricorso n.r.g. 393 del 2020 e del ricorso n.r.g. 397 del 2020, nonché dei relativi atti di motivi aggiunti, annulla l’ordinanza contingibile e urgente n. 15, del 27 febbraio 2020, e la nota n. 173, del 29 marzo 2020, del Comune di Taranto.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio fra tutte le parti del processo.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2021, tenuta con le modalità previste dagli artt. 4 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, come modificato dall’art. 1, comma 17, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, convertito dalla legge 26 febbraio 2021, n. 21, con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Greco, Presidente

Oberdan Forlenza, Consigliere

Luca Lamberti, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere, Estensore