Pubblico impiego – Incarichi – Revoca – Per collocamento in quiescenza – Legittimità – Fattispecie
E’ legittima la revoca dell’incarico quando nel corso dell’esecuzione dell’incarico il soggetto sia stato collocato in quiescenza. In particolare, con riguardo al divieto di conferimento di incarichi di studio e consulenza a soggetti in quiescenza, l’art. 5, comma 9, D.L. n. 95/2012 prevede che “È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2011, nonché alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 nonché alle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati”. Nella fattispecie, l’incarico conferito al ricorrente a titolo oneroso è stato revocato in quanto il ricorrente nel corso del mandato, è passato da funzionario di ruolo in servizio presso il Provveditorato alle OO.PP. di Palermo (ricopriva tale qualifica al momento dell’emanazione del Provvedimento Commissariale con il quale si sono nominati i membri della Commissione di collaudo) a soggetto in quiescenza, incorrendo appunto nella previsione della vigente normativa, secondo cui coloro i quali abbiano svolto un’attività lavorativa, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato, qualora collocati in quiescenza, non possono essere destinatari degli incarichi di studio, di consulenza, dirigenziali, direttivi o di cariche in organi di governo da parte delle Amministrazioni, negli enti e nelle società interamente partecipate. Quindi il ricorrente, allorquando erano cominciate le operazioni di collaudo, possedeva uno status differente dal precedente, incompatibile con la carica che gli era stata affidata. Questa soluzione è coerente con i principi affermati dalla giurisprudenza in tema di compatibilità del sopraggiunto status di quiescenza con la prosecuzione dell’incarico direttivo, secondo cui «la modifica di status del soggetto incaricato (da dipendente a pensionato) nel corso dell’espletamento del mandato e, quindi, la “sopravvenienza” di una situazione giuridica diversa rispetto a quella inizialmente considerata all’atto del conferimento dell’incarico, determina l’obbligo di applicare la normativa prevista per lo status sopravvenuto, con la medesima decorrenza (…)» (Corte dei conti, Sez. Regione Lombardia, deliberazione n. 178/2020).