Appalto – Gara – Impresa concorrente – Socio – Condanna per finanziamento illecito ai partiti – Esclusione per grave illecito professionale – Omissione – Legittimità – Fattispecie
Premesso che la recente giurisprudenza ( Consiglio di Stato, sez. III, 15 febbraio 2024, n. 1516), ha avuto modo di chiarire che la figura del socio, sia pure di maggioranza, non rientra in nessuna delle categorie soggettive indicate dall’art. 80, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016, è opportuno rammentare che in tema di appalti pubblici, in coerenza con il principio di tassatività delle clausole di esclusione e con l’inequivoca portata della disposizione dell’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016, qualora il socio non rientri nell’ambito dei soggetti individuati dal terzo comma, del predetto art. 80, l’operatore economico non è obbligato a rendere alcuna dichiarazione neppure ai fini di cui al comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, dovendosi ritenere che la presenza di eventuali gravi illeciti professionali possa assumere rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara solamente quando gli stessi siano riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del medesimo d.lgs. n. 50 del 2016 (Consiglio di Stato n. 4559/2023). Da quanto sopra esposto consegue inevitabilmente che la Stazione Appaltante legittimamente esercita il proprio potere discrezionale, valutando la vicenda non rilevante ai fini dell’esclusione del concorrente ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera c-bis), Codice contratti pubblici per grave illecito professionale non rientrando la tipologia di reato di finanziamento illecito ai partiti tra le tipiche ipotesi criminose espressamente richiamate dalla normativa citata. Nella fattispecie, l’impresa aggiudicataria della gara di appalto con oggetto l’affidamento del servizio di ristorazione in favore di degenti e pazienti ricoverati presso i PP.OO. e le strutture sanitarie di tutte le Aziende Sanitarie/IRCCS/AUO della Regione Puglia aveva omesso di informare la stazione appaltante che il socio di maggioranza era stato, prima, imputato e poi condannato per il reato di finanziamento illecito dei partiti (art. 7, l. n. 195/1994).