Consiglio di Stato, Commissione Speciale, parere 2 dicembre 2024, n. 1463

Appalto – Codice dei contratti pubblici – Decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 – Disposizioni correttive e integrative – Testo integrale del parere

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Adunanza della Commissione speciale del 27 novembre 2024

 

NUMERO AFFARE 01427/2024

OGGETTO:

Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Schema di decreto legislativo recante “Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36”.

LA COMMISSIONE SPECIALE del 27 novembre 2024

Vista la nota prot. n. 9639 in data 7 novembre 2024, con la quale il capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ha trasmesso la richiesta di parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e uditi i relatori Fabio Franconiero, Valerio Perotti, Stefano Fantini, Giovanni Grasso, Ezio Fedullo, Daniele Ravenna, Luciana Barreca, Sara Raffaella Molinaro, Elena Quadri, Carla Ciuffetti, Giovanni Gallone, Marina Perrelli, Gianluca Rovelli, Annamaria Fasano, Eugenio Tagliasacchi;

 

Premesse generali

1.- Con nota prot. n. 9639 in data 7 novembre 2011, trasmessa l’8 novembre successivo, il capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ha trasmesso, ai fini del rilascio del prescritto parere, lo schema di decreto legislativo recante “Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36”.

A corredo della richiesta sono stati allegati:

a) una “relazione al Consiglio di Stato”, munita del visto e della pedissequa “autorizzazione” ex articolo 36 del regio decreto 21 aprile 1942, n. 444, del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, nonché della sottoscrizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

b) lo schema di testo, munito della ‘bollinatura’ della Ragioneria generale dello Stato;

c) la “relazione illustrativa”, parimenti ‘bollinata’;

d) la “relazione tecnica”, accompagnata dalla “verifica” di cui all’articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, parimenti ‘bollinate’;

e) l’“analisi di impatto della regolazione” (AIR);

f) l’“analisi tecnico-normativa” (ATN);

g) l’attestazione del segretario del Consiglio dei ministri in ordine alla avvenuta deliberazione, in esame preliminare, nella riunione del 21 ottobre 2024;

h) gli “atti di concerto” espressi – d’ordine dei rispettivi Ministri – dal Ministero dell’interno, dal Ministero per la disabilità, dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dal Ministero della cultura, dal Ministero per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministero della giustizia, dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, dal Ministero per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, dal Ministero delle imprese e del made in Italy, nonché – all’esito di successiva integrazione documentale – dal Ministero della difesa.

L’Ufficio richiedente ha fatto espressa riserva di trasmettere, non appena pervenuto, il parere della Conferenza unificata Stato-Regioni.

2.- Lo schema di decreto legislativo rinviene la sua base legale nell’articolo 1, comma 4, della legge 21 giugno 2022, n. 78, il quale – contestualmente al conferimento della delega ad adottare, nel rispetto dei principi e criteri direttivi individuati, “uno o più decreti legislativi recanti la disciplina dei contratti pubblici” – ha abilitato il Governo ad apportarvi, entro il biennio successivo dalla entrata in vigore della normativa delegata, “con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi, “le correzioni e le integrazioni che la pratica [avesse reso] necessarie ed opportune”.

Il positivo riferimento alla “stessa procedura” rende chiaro che gli “adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione” (cfr. articolo 14, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400) sono definiti, relativamente all’intervento normativo correttivo ed integrativo in esame, per relationem, con l’unitario e comprensivo richiamo alla medesima sequela formale scandita per l’esercizio della delega.

L’iter procedimentale prevede, per tal via:

a) l’iniziativa rimessa ad una proposta congiunta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (ora: Ministro delle infrastrutture e dei trasporti);

b) un’articolazione istruttoria rimessa al concerto da parte dei “Ministri competenti”;

c) la (previa) acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

2.1. Peraltro, come è noto, nell’esercizio della delega, esitato nel decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, che ha approvato il “Codice dei contratti pubblici”, il Governo ha inteso avvalersi della facoltà – riconosciutagli, in termini generali, dall’articolo 14 del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, ed espressamente conferita, con integrazioni prescrittive, dalla legge delega – di affidare al Consiglio di Stato, in sede consultiva, l’elaborazione dello schema normativo.

Di tale facoltà, per contro, il Governo non ha inteso avvalersi ai fini della predisposizione dello schema di decreto in esame.

Sul punto, la scelta non si sottrae a qualche profilo di criticità logico-giuridica.

Vero è, infatti, che il sintagma “stessa procedura”, non esente da un obiettivo margine di ambiguità, potrebbe essere acquisito in astratto: cioè nel senso che – fermi restando gli adempimenti procedimentali stabiliti, in ogni caso, in modo rigido e vincolante – in sede di elaborazione del correttivo si rinnoverebbe e riattiverebbe la (medesima e potenziale) facoltà (e, in definitiva, non l’obbligo) di avvalersi dell’apporto consultivo e redazionale del Consiglio di Stato.

Nondimeno, ragioni di coerenza logica e pratica, prima che testuale, sembrano prima facie militare negli opposti sensi di una simmetria formale effettiva, cioè in concreto: sicché la scansione formale dell’intervento correttivo ed integrativo avrebbe verisimilmente dovuto mimaredi fatto, la stessa seguita (rendendo coerente, in via definitiva, la relativa opzione) nella predisposizione del ‘Codice’, anche con riguardo al ruolo del Consiglio di Stato.

Si tratta, del resto, di una alternativa non priva di rilievo, avuto riguardo alla attitudine essenzialmente tecnica della redazione rimessa al Consiglio di Stato, in ogni caso, poi, ri-devoluta al successivo vaglio politico, a fronte di quella eminentemente e direttamente politica esercitata dal Governo.

In definitiva, si ritiene non inopportuno segnalare il rischio, potenzialmente rilevante ai fini di un eventuale sindacato di legittimità formale, in ordine al rispetto della legge di delegazione, e relativo alla circostanza che la redazione del Codice, e la sua integrazione e correzione, siano state, in concreto, operate, in parte, seguendo procedure sostanzialmente diverse.

3.- Relativamente agli atti di concerto pervenuti, importa anzitutto osservare – sia pure senza farne oggetto, essenzialmente per ragioni di collaborazione istituzionale, di rilievo formale ostativo – che tutti sono stati espressi “d’ordine” del Ministro volta a volta interessato, a dispetto del fatto che la Sezione abbia reiteratamente rimarcato la giuridica inadeguatezza di tale formula organizzatoria, che postula, a differenza del ricorso alla c.d. delega di firma, l’attivazione di attribuzioni proprie dell’ordinatario (cfr., da ultimo, i pareri 28 ottobre 2024, n. 1308 n. 1282; 15 ottobre 2024, n. 1282; 12 settembre 2024, n. 1216; 4 aprile 2024, n. 446).

Inoltre, tutti i concerti resi (dal Ministro dell’interno, dal Ministro dell’economia e delle finanze, dal Ministro della disabilità, dal Ministro degli affari esteri, dal Ministro della cultura, dal Ministro per gli affari europei, il sud, le politiche di coesione e il PNRR, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministro della giustizia, dal Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, dal Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, dal Ministro delle imprese e del made in Italy, dal Ministro della difesa) risultano espressi in forma secca ed inarticolata, a guisa di mero ed anodino nulla osta alla iniziativa normativa, ed in qualche caso (come per il Ministero della difesa, in cui neppure è esplicitato il ruolo del Ministro ordinante) addirittura successivamente all’inoltro della richiesta di parere sullo schema predisposto.

Si tratta, come più volte evidenziato dalla Sezione, di una modalità di concertazione che – anche in ragione della carente (trasmissione a questo Consiglio della) documentazione di una effettiva e sostanziale interlocuzione nel merito da parte degli uffici tecnici ausiliari dei vari Ministri coinvolti – assume una connotazione sostanzialmente abdicativa a fronte delle incisive e politicamente impegnative attribuzioni co-decisionali rimesse, ratione materiae, ai Ministeri competenti (com’è evidente, alla luce della vasta gamma di interessi settoriali coinvolti – ed interferenti tra loro in termini di reciproco bilanciamento – e della stessa pluralità di titolari dell’adozione di un’ampia serie di regolamenti di delegificazione, destinati, nel futuro, ad innovare la fondamentale e complessa materia degli Allegati).

Del resto, non è vano soggiungere che sotto numerosi e ben qualificati profili (si pensi, a titolo meramente esemplificativo, ai settori dei contratti sociali, agli appalti della difesa, agli affidamenti relativi ai beni culturali, alle modalità di accesso al mercato degli operatori economici, alle misure a tutela dell’ambiente e della sicurezza energetica) l’apporto valutativo esplicito dei Ministri competenti sarebbe risultato significativo, se non altro per far emergere, e dunque chiarire per l’interprete, la fenomenologie socio-economiche – si potrebbe dire “gli interessi meritevoli” – sottostanti a molte delle più innovative, od innovate, figure giuridiche disciplinate nel “Codice”.

4.- Lo schema di decreto è accompagnato da una analisi di impatto della regolamentazione (AIR), con la quale si è inteso illustrare:

a) il complessivo contesto dell’intervento correttivo, alla luce delle principali problematiche operative emerse, all’esito della entrata in vigore del decreto legislativo n. 36 del 2023, dal confronto e dalla consultazione con i principali stakeholders e con plurime stazioni appaltanti, nonché dalle segnalazioni contestuali di criticità rinvenienti dall’ANAC;

b) la logica delle opzioni di intervento, anche con riguardo al perseguimento degli obiettivi fissati dal PNRR e al confronto con la Commissione europea, relativamente alla necessità di intervenire allo scopo di elidere le diverse procedure di infrazione ancora attivate e di scongiurarne l’avvio di nuove;

c) i potenziali effetti attesi dall’intervento correttivo, avuto riguardo alle aspettative di contrazione dei tempi e degli adempimenti connessi al ciclo di vita, in tutte le sue fasi, dei contratti pubblici, al potenziamento della concorrenzialità del mercato nazionale delle commesse, al complessivo efficientamento della spesa pubblica.

Osserva, tuttavia, la Sezione che – a dispetto dell’impegno testuale-illustrativo profuso – l’analisi di impatto risulta, per profili significativi e qualificanti, inadeguata: essa si risolve di fatto in un’articolata e perifrastica enunciazione in termini formali e giuridici dell’oggetto e delle modalità di intervento, correttivo ed integrativo, sulle disposizioni del Codice; e ciò, anche laddove sarebbe stato necessario e chiarificatore – purché nei termini di una esplicitata metodologia predittiva – stimare in modo specifico, e per ogni “tematica” di nuova disciplina introdotta, i dati macroeconomici, economico-settoriali nonché comunque di rilievo sulle rispettive condizioni della domanda (pubblica) e dell’offerta, in termini di variazioni attese (distinguendo, ad esempio tra volumi attuali e loro variazioni, imputabili a investimenti od alla spesa corrente, al di là delle tipologie giuridiche degli appalti, distinguendo i rispettivi moltiplicatori fiscali e la loro stessa eventuale variazione in funzione di fattori come, ad esempio, la propensione marginale all’importazione): e ciò, al fine di esplicitare e, soprattutto, confermare oggettivamente, la enunciata ratio sostanziale delle modifiche e l’impatto economico socio-economico che effettivamente le giustifichi.

Ciò, esemplificativamente ma non secondariamente, concerne la (mera) enunciazione (non seguita da dimostrazione predittiva fondata sull’incidenza attesa suffragata da dati) relativa alla agevolazione dell’accesso al mercato “pubblico” per le PMI, conseguente agli incrementati processi di digitalizzazione (osservandosi che le PMI stesse risulterebbero “prive di un apparato amministrativo dedicato a tali attività”), laddove, peraltro e per contro, l’effettiva incidenza della progressiva implementazione degli stessi processi di digitalizzazione pone un simmetrico, ma divergente, effetto di criticità e difficoltà per “le più piccole stazioni appaltanti” (tenendo conto “anche degli organici amministrativi”).

Riassuntivamente, e nella illustrata prospettiva, – assecondando la direttiva della legge delega – avrebbero dovuto emergere sia i dati e le analisi relativa alle “applicazioni pratiche” che – alla luce della prima esperienza applicativa del codice – hanno in assunto giustificato (talora in termini di mera opportunità, talaltra come vera e propria necessità) le correzioni di eventuali disallineamenti, incongruenze od incoerenze od anche integrazioni, sia, analiticamente e per conseguente risultante complessiva, le variazioni, quantitative e qualitative, che si prevedono derivare dall’impianto del correttivo.

Peraltro, non sono state messe a disposizione della Sezione, che avrebbe potuto apprezzarne il rilievo in termini di adeguatezza e coerenza, le allegate interlocuzioni con la Commissione europea; né sono stati illustrati, con il necessario dettaglio esplicativo, gli obiettivi PNRR che, per vario rispetto, hanno dichiaratamente orientato, relativamente a profili qualificanti, le opzioni correttive ed integrative (obiettivi che, peraltro, aspetto non trascurabile, sono stati essenzialmente stabiliti anteriormente alla stessa originaria redazione del “nuovo” Codice su cui ora si interviene).

5.- Si segnala, inoltre, che, allo stato, non è stato acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che integra adempimento procedimentale necessario e, per giunta, logicamente e positivamente preventivo rispetto al parere del Consiglio di Stato, che deve essere reso su un testo normativo definito e non in fieri (cfr., tra i molti, i pareri 28 agosto 2024, n. 1125 e 23 maggio 2024, n. 650).

In ogni caso, prima della definitiva approvazione dello schema di decreto si rende indispensabile la relativa acquisizione.

6.- Di seguito, si procede all’esame analitico dei singoli articoli dello schema di decreto legislativo, con la costante e correlativa indicazione dell’articolo del Codice oggetto di modifica.

Sotto il profilo metodologico, i suggerimenti di correzione, modifica ed integrazione, per una maggior immediatezza di percezione del loro risultato finale, sono stati formulati avuto direttamente riguardo al testo degli articoli del Codice interessati, quale risultante dal ‘testo a fronte’ fornito dalle Amministrazioni proponenti. Le modifiche corrispondenti al testo dello schema in esame sono, per tal via, direttamente individuabili ed agevolmente apportabili di conseguenza. Nei limitati casi in cui siano emerse strette necessità di armonizzazione e coerenza testuali e sistematiche, si è intervenuti anche su disposizioni non direttamente oggetto di modifica o di integrazione da parte del “correttivo”.

Per maggiore immediatezza e comodità di lettura, i suggerimenti relativi a modifiche di drafing e le proposte di espunzione, correzione, integrazione o riformulazione del testo normativo sono evidenziate in carattere grassetto.

Osservazioni.

1.- Articolo 1 (Modifiche all’articolo 11 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

1.1.- Vengono modificati, in particolare, i commi 2 e 4 dell’articolo 11 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (d’ora in avanti: Codice), introducendovi il riferimento al nuovo Allegato I.01.

In quest’ultimo vengono indicati i criteri e le modalità per l’individuazione, nei bandi e negli inviti, in conformità all’articolo 11, commi 1 e 2, del contratto collettivo applicabile al personale impiegato nelle attività oggetto di appalti pubblici e concessioni, nonché per la presentazione e verifica della dichiarazione di equivalenza delle tutele ai sensi dell’articolo 11, commi 3 e 4.

La novella precisa, altresì, che, in sede di prima modifica, l’Allegato I.01 sarà abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al Codice (cfr. articolo 226-bis, comma 2, lettera a), introdotto dall’articolo 62 dello schema di decreto).

1.2.- Salve le considerazioni e i rilievi svolti di seguito, avuto riguardo ai contenuti dell’Allegato I.01, si suggerisce – per ragioni di completezza sistematica ed in considerazione della necessità di includere nell’ambito della disciplina in esame anche gli affidamenti diretti – la seguente riformulazione additiva del primo periodo del comma 2: “Nei documenti iniziali di gara e nella decisione di contrarre di cui all’articolo 17, comma 2,”.

In coerenza, analoga modifica verrà apportata alla corrispondente disposizione di cui Allegato I.01.

2.- Articolo 2 (Modifiche all’articolo 17 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

La modifica concerne le fasi delle procedure di affidamento:

a) al comma 3, primo periodo, dopo le parole: “gli enti concedenti” sono inserite le seguenti: “procedono alla pubblicazione dei documenti iniziali di gara e”;

b) dopo il comma 3 è inserito il seguente: “3-bis. L’allegato I.3 indica il termine massimo che deve intercorrere tra l’approvazione del progetto e la pubblicazione del bando di gara o l’invio degli inviti a offrire”.

La novella muove dall’esigenza di evitare che intercorra un considerevole lasso di tempo tra l’approvazione del progetto e l’avvio delle procedure di evidenza pubblica, con la conseguenza che i costi del progetto non risultino più attuali rispetto ai prezziari vigenti al momento dell’indizione della gara.

Nessun rilievo.

3.- Articolo 3 (Modifiche all’articolo 18 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

3.1.- L’articolo 18 del Codice disciplina le modalità di stipula del contratto di appalto.

La novella in esame interviene sull’articolo 18, comma 3, al fine di ridurre da 35 a 30 giorni il periodo del c.d. stand still per la stipula del contratto (decorrente dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione).

Nella relazione di accompagnamento si ricollega l’intervento normativo all’esigenza di rispettare gli obiettivi europei di cui alla milestone M1C1-84bis (“Tempo medio tra la pubblicazione del bando e l’aggiudicazione dell’appalto”), con l’obiettivo di introdurre misure per migliorare la rapidità decisionale nell’aggiudicazione degli appalti da parte delle stazioni appaltanti.

3.2.- Sul punto si ritiene di muovere un pressante rilievo, in considerazione del fatto che, a fronte di una modesta riduzione del termine procedurale (cinque giorni su trentacinque), l’intervento appare estraneo alla milestone richiamata, che è riferita ai tempi dell’aggiudicazione. Per giunta, la coincidenza così venutasi a creare con il termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale contro l’aggiudicazione rischia obiettivamente di determinare – in ragione delle tempistiche standard di implementazione di un contenzioso, già normativamente dimidiate rispetto al termine ordinario – un’eccessiva costrizione dei diritti di difesa in giudizio, con conseguente vulnus dell’articolo 24 della Costituzione e della direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici.

Siffatto vulnus si manifesta sia relativamente alle esigenze ed aspettative di tutela cautelare ante stipulam (che, alla luce della proposta formulazione, postulano di essere formalizzate in tempi necessariamente anticipati rispetto alla scadenza del termine per impugnare dimidiato), sia relativamente alla eccessiva restrizione della tutela in forma specifica, fortemente condizionata dalla intervenuta stipula del contratto.

Sotto distinto profilo, non è inutile soggiungere che il meccanismo di stand still non è preordinato esclusivamente alla salvaguardia della effettività remediale a favore degli operatori economici concorrenti, ma anche a tutela delle stesse stazioni appaltanti, che sono messe in condizioni di evitare la stipula di un contratto illegittimamente aggiudicato e i relativi costi procedimentali e finanziari.

Occorre pertanto, per tutti tali motivi, procedere all’espunzione di tale integrazione.

4.- Articolo 4 (Modifiche all’articolo 19 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

Con il comma 1 dell’odierno testo di novella viene modificato il comma 3 dell’articolo 19 del Codice, chiarendo che le attività e i procedimenti amministrativi ivi citati sono svolti mediante le piattaforme e i servizi digitali infrastrutturali utilizzati dalle stazioni appaltanti e degli enti concedenti.

La disposizione sembra utilmente finalizzata solo a fugare dubbi interpretativi in merito all’individuazione delle piattaforme e dei servizi digitali infrastrutturali in atto effettivamente utilizzati.

Nessun rilievo.

5.- Articolo 5 (Modifiche all’articolo 23 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo 23 del Codice disciplina il funzionamento della Banca dati nazionale dei contratti pubblici, istituita presso l’ANAC, che interopera con le piattaforme digitali di e-procurement utilizzate dalle stazioni appaltanti per la digitalizzazione di tutte le fasi del ciclo di vita dei contratti pubblici, anche per ottemperare agli obblighi di pubblicazione a fini di trasparenza previsti dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.

La disposizione, al comma 1, lettera a), prevede una modifica al comma 5 dell’articolo 23 del Codice, volta a sopprimere il termine “diretti” in relazione agli affidamenti alle società in house, al fine di prevenire possibili dubbi applicativi con gli affidamenti diretti disciplinati agli articoli 48 e ss. del Codice.

Nessun rilievo.

6.- Articolo 6 (Modifiche all’articolo 24 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

6.1.- L’articolo 24 del Codice disciplina il funzionamento del fascicolo virtuale dell’operatore economico. Tale fascicolo, istituito presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, permette la consultazione, per ciascun operatore economico, dei dati e delle informazioni per la verifica dei requisiti generali e speciali, occorrenti per partecipare alla gara, da parte delle stazioni appaltanti.

Al dichiarato fine di chiarire il rapporto tra le disposizioni in materia di accesso per interoperatività e quelle sul funzionamento delle banche dati che alimentano la Banca dei contratti pubblici, la disposizione in esame apporta delle modifiche all’articolo 24, comma 3, del Codice, chiarendo espressamente che le prime prevalgono sulle seconde in forza del principio di specialità delle fonti (la stessa novella precisa, con formula non del tutto tecnica, come “La regola dell’accesso per interoperabilità costituisce norma speciale nel settore degli appalti pubblici”).

6.2.- Si ritiene al riguardo di formulare un duplice rilievo: da un lato non è corretto qualificare a priori come “speciali” determinate norme, a prescindere dalla loro natura e da quella delle diverse disposizioni con cui eventualmente entrino in potenziale conflitto; dall’altro, non è neppure dato individuare nel Codice un preciso corpus regolatorio del predetto accesso per interoperabilità, essendo piuttosto espresso un semplice principio di carattere generale.

In ragione di quello che sembra essere l’obiettivo concretamente perseguito dal legislatore con la modifica di cui trattasi, si ritiene più corretta la riformulazione della norma (nel testo novellato) nei termini che seguono: “L’accesso per interoperabilità è in ogni caso garantito ai sensi dell’articolo 23 comma 3, senza che in senso contrario possano essere opposte le disposizioni che regolamentano le singole banche dati che alimentano la Banca dati nazionale dei contratti pubblici”.

Tale formulazione è più aderente e chiarificatrice rispetto alla fenomenologia di criticità che si intenderebbe risolvere con l’intervento correttivo.

7.- Articolo 7 (modifiche all’articolo 26 del decreto legislativo 30 marzo 2023, n. 36)

7.1.- La novella all’articolo 26 rinviene il proprio fondamento nell’obiettivo, indicato nella relazione illustrativa, di “chiarire le regole sulla certificazione delle piattaforme (pubbliche o private) che consentono alle stazioni appaltanti di collegarsi alla Banca dati nazionale di ANAC”.

Il comma 1, lettera a), nel modificare il comma 1 dell’articolo 26 del Codice, oltre a rendere più chiara la formulazione della disposizione, che risulta fin dal suo incipit incentrata sulle “modalità di certificazione” dei requisiti tecnici delle piattaforme di approvvigionamento digitale, reca un’aggiunta prevedendo che le predette modalità di certificazione sono stabilite dall’AGID di intesa non più solo con l’ANAC e la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la trasformazione digitale, ma anche con l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, che viene dunque inserita tra i soggetti dell’intesa proprio in ragione della sua specifica competenza.

Per dare attuazione a tale norma, l’articolo 225-bis, introdotto dall’articolo 61 dello schema di decreto legislativo in esame, prevede un termine di sessanta giorni per l’adozione del provvedimento sulla certificazione delle piattaforme di approvvigionamento digitale; ne consegue la soppressione della previsione di un analogo termine per l’adozione delle modalità di certificazione contenuta nel corpo dell’articolo 26.

Si propone di verificare se la stretta tempistica per l’adozione del provvedimento sulla certificazione delle piattaforme, con le modalità procedurali suesposte, possa comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, specie nella prospettiva della provvista del personale.

7.2.- Il comma 1, lettera b), sostituisce il comma 2 dell’articolo 26, mediante una disposizione maggiormente dettagliata, volta a specificare che i requisiti e i titoli richiesti alle piattaforme di approvvigionamento digitale al fine di dimostrare l’adeguatezza dei sistemi di gestione della qualità dell’organizzazione, nonché della sicurezza delle informazioni, sono individuati sulla base degli standard internazionali di settore dallo stesso provvedimento di cui al comma 1.

Sul punto, nulla da osservare.

7.3. – Il comma 3 dell’articolo 26 viene poi novellato con la precisazione che la certificazione delle piattaforme di approvvigionamento digitale viene rilasciata da AGID alle piattaforme in possesso dei requisiti e dei titoli di cui al comma 2, e consente l’integrazione con i servizi della Banca dati nazionale dei contratti pubblici di ANAC.

Nessun rilievo sul punto.

8.- Articolo 8 (modifiche all’articolo 38 del decreto legislativo 30 marzo 2023, n. 36)

8.1.- L’articolo 38 del Codice disciplina la procedura di approvazione del progetto di opera pubblica o di interesse pubblico. La complessità del procedimento di approvazione del progetto, tale da coinvolgere una pluralità di interessi e, correlativamente, di amministrazioni esponenziali degli stessi, ha indotto il legislatore ad individuare, quale modulo adeguato, quello della conferenza di servizi. Quest’ultima, per l’approvazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica e per la localizzazione dell’opera si svolge attraverso la modalità semplificata di cui all’articolo 14-bis della legge n. 241 del 1990, come previsto dall’articolo 38, comma 3.

Il comma 1, lettera a), dello schema di decreto legislativo in esame sostituisce integralmente il comma 3, inserendo, a scopo di più agevole lettura, nel primo periodo, l’indicazione dell’applicabilità della norma “nei casi diversi dal comma 2” (in cui vi è già stata la verifica della conformità del progetto di fattibilità) ed aggiungendo, tra i soggetti legittimati alla convocazione del procedimento conferenziale, anche l’amministrazione procedente (la cui definizione, peraltro immanente nell’ordinamento, è normata dall’articolo 1, comma 1, lettera dbis, dell’Allegato I.1 al Codice, come novellato dall’articolo 64 dello schema di decreto legislativo oggetto di esame).

Si desume dalle relazioni che tale riforma è essenzialmente volta a superare le criticità interpretative derivanti dal mancato coordinamento del Codice dei contratti pubblici con la legge n. 241 del 1990. In particolare, la novella introduce nel corpo del comma 3 un secondo periodo. Legittimato alla convocazione della conferenza di servizi è dunque ora anche il Provveditorato interregionale per le opere pubbliche, il quale provvede, in forza di precedente accordo con altra amministrazione, in nome e per conto della stessa (salvo che non si tratti di opere pubbliche di interesse statale, in relazione alle quali interviene a proprio titolo).

Nulla da osservare.

8.2. – Il comma 1, lettera b), interviene marginalmente sulle ulteriori disposizioni dell’articolo 38 (commi 5, 6, 7 e 11) al solo scopo di introdurre il riferimento all’amministrazione procedente, portando ad uno sdoppiamento concettuale e nominalistico rispetto alla figura della stazione appaltante.

Nulla da osservare.

9.- Articolo 9 (modifiche all’articolo 41 del decreto legislativo 30 marzo 2023, n. 36)

9.1.- L’articolo 41 del Codice dei contratti pubblici disciplina i livelli e i contenuti della progettazione.

Il comma 1, lettera b), della novella contiene una disposizione sostitutiva del primo periodo dell’articolo 41, comma 4, caratterizzantesi, rispetto al testo originario, in termini di maggiore linearità e chiarezza espositiva, anche al fine di perimetrare l’ambito applicativo delle disposizioni di cui all’Allegato 1.8.

Si tratta di una modifica finalizzata a superare alcune problematiche emerse in tema di verifica preventiva dell’interesse archeologico, nel caso di realizzazione di lavori pubblici ricadenti in aree che presentino detto interesse, allorché il Soprintendente richieda l’esecuzione di saggi preventivi a spese del committente, secondo quanto previsto dall’articolo 28, comma 4, del decreto legislativo n. 42 del 2004.

Nulla da osservare.

9.2. – Il comma 1, lettera a), aggiunge all’articolo 41, comma 3, in tema di redazione del documento di indirizzo della progettazione, la precisazione che il documento predetto, in caso di adozione di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, è redatto “dal coordinatore dei flussi informativi di cui all’articolo 1, comma 3, dell’allegato 1.9”.

Tale redazione non è in realtà un compito già incombente sul coordinatore in base alle previsioni dell’Allegato citato, sicché potrebbe dar luogo ad un compenso aggiuntivo e, quindi, ad un onere a carico delle finanze pubbliche, in contrasto clausola di invarianza finanziaria. Per questo profilo, si fa rinvio alle considerazioni formulate in relazione all’Allegato I.10, relativamente al compenso per il coordinatore.

9.3.- Il comma 1, lettera c), introduce poi il comma 5-bis nel corpo dell’articolo 41; la norma consente, per i lavori di manutenzione (ordinaria e straordinaria) “semplici” (non incidenti, in particolare, su parti strutturali delle opere) di bandire la gara per la scelta del contraente e di eseguire i lavori senza progetto esecutivo, e dunque sulla base del solo progetto di fattibilità tecnico-economica, primo livello della progettazione (si tratta degli elaborati specificati nell’articolo 6, comma 8-bis, dell’allegato 1.7, cui la norma fa rinvio).

La deroga è alla previsione del comma 5 dell’articolo 41 che prevede, per gli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, l’omissione del primo livello di progettazione e dunque l’acquisizione del solo progetto esecutivo, seppure a condizione che lo stesso contenga tutti gli elementi previsti per il livello omesso.

Giova rilevare che il comma 5-bis introdotto con la novella riproduce quasi integralmente la disposizione dell’articolo 1, comma 6, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla legge 14 giugno 2019, n. 55 (dettante “disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici”), che aveva peraltro un’efficacia limitata agli anni dal 2019 al 2023 e che, nel diverso regime della progettazione, faceva riferimento al solo progetto definitivo.

Sotto il profilo formale si propone di sostituire, nel testo del comma 5-bis, la locuzione “ad esclusione”, con quella “ad eccezione”.

9.4.- Il comma 1, lettera d), reca modifiche afferenti alla disciplina della gestione informativa digitale delle costruzioni, vale a dire della modellazione informativa delle costruzioni (secondo il metodo BIM-building information modeling), che si pone come strumento funzionale alla digitalizzazione delle procedure di gara e alla semplificazione della fase di approvazione dei progetti di opere pubbliche.

In particolare, viene inserito, in conclusione dell’articolo 41, comma 6, lettera b), del Codice, un rinvio specificativo all’articolo 43, sedes della disciplina sui “metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni”, che viene evocata nella disposizione novellata.

È inoltre introdotto dalla novella un punto g-bis), sempre nell’ambito del comma 6 dell’articolo 41, recante norma orientata alla “informatizzazione del processo costruttivo”.

Nulla da osservare.

9.5.- Nel perseguimento dell’obiettivo da ultimo evidenziato, il comma 1, lettera e), avendo riguardo al progetto esecutivo, sostituisce anche la disposizione di cui alla lettera c) del comma 8 con un’altra di carattere tecnico, riveniente il proprio fondamento in una più marcata dimensione digitale.

Nulla da osservare.

9.6.- Il comma 1, lettera f), della novella inserisce nel corpo dell’articolo 41 un comma 8-bis, enucleante il tema della responsabilità del progettista esterno in relazione ad errori o omissioni commessi nei vari livelli di progettazione, tali da pregiudicare, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera o la sua futura utilizzazione. La disposizione in esame prevede l’inserimento nel contratto di affidamento dell’incarico professionale di “clausole espresse” indicanti le prestazioni del progettista per errori od omissioni nella progettazione, con comminatoria di nullità di ogni patto volto ad escludere o limitare la responsabilità del progettista stesso.

La formulazione della disposizione suscita plurime perplessità in quanto pone dubbi sulle categorie e i concetti giuridici utilizzati.

Ad ammettere che la norma intenda maggiormente tutelare la stazione appaltante in caso di inadempimento contrattuale del progettista, traducentesi in errori od omissioni, mediante la previsione di una speciale ipotesi di risarcimento in forma specifica per prestazioni d’opera professionale, si propone la seguente riformulazione del comma 8-bis: “In caso di affidamento esterno di uno o più livelli di progettazione, i contratti di progettazione stipulati dalle stazioni appaltanti ed enti concedenti prevedono in clausole espresse le prestazioni reintegrative a cui è tenuto, a titolo transattivo, il progettista per rimediare in forma specifica ad errori od omissioni nella progettazione emerse in fase esecutiva, tali da pregiudicare, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera o la sua futura utilizzazione. È nullo ogni patto che escluda o limiti la responsabilità del progettista per errori o omissioni nella progettazione che pregiudichino, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera o la sua futura utilizzazione.”

Con tale formulazione, l’impegno convenzionalmente assunto dal progettista si inserisce in una complessiva logica transattiva, la sola coerente con il divieto di prestazioni personali coattive, posto dall’articolo 23 della Costituzione e con l’impossibilità materiale della coazione in forma specifica delle prestazioni, a fortiori se di facere, consistenti in attività professionali. Allo stesso tempo, tale natura transattiva introduce un elemento di potenziale convenienza per entrambe le parti, senza pregiudizio delle responsabilità in caso di fallimento della negoziazione.

Il secondo periodo, conservato nella formulazione proposta dal correttivo, ha una sfera di operatività autonoma da quanto previsto dal primo periodo ed introduce un regime derogatorio e più severo della ordinaria disciplina civilistica di cui all’articolo 1229 c.c., poiché il parametro della nullità viene rapportato al risultato e non all’intensità dell’elemento soggettivo della colpevolezza (sicché la responsabilità non può essere esclusa neanche per la colpa lieve).

La proposta riformulazione appare, altresì, coerente con la disciplina in tema di varianti in corso d’opera di cui all’articolo 120 del Codice, costituente l’ambito tipico delle tematiche di responsabilità professionale; in tale prospettiva può leggersi l’introduzione, da parte dell’articolo 34 dello schema di decreto legislativo, del comma 15-quater nel testo del predetto articolo 120, secondo cui “fermo restando quanto previsto dall’articolo 41, comma 8-bis, le stazioni appaltanti verificano in contraddittorio con il progettista e l’appaltatore errori o omissioni nella progettazione esecutiva che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera o la sua futura utilizzazione e individuano tempestivamente soluzioni esecutive coerenti con il principio del risultato”.

Si fa rinvio, sul punto, alle considerazioni svolte in ordine all’articolo 120.

9.7.- Il comma 1, lettera g), della novella reca modifiche all’articolo 41, comma 13, del Codice, concernente la determinazione, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del costo del lavoro per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, con la precisazione che si tratta di costo “medio” e che lo stesso è determinato sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative “tenuto conto della dimensione o natura giuridica delle imprese”.

Quest’ultimo riferimento normativo alla dimensione e alla natura giuridica delle imprese suscita qualche perplessità per l’indeterminatezza e la non chiara univocità applicativa del criterio.

Il terzo periodo del comma 13, in tema di contratti relativi a lavori, stabilisce che il costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni è quello desumibile dai prezzari che, in coerenza con quanto previsto alla norma, sono “prezziari aggiornati predisposti annualmente”.

Nulla da osservare.

9.8.- Il comma 1, lettera h), interviene sul comma 15 dell’articolo 41, che fa riferimento alle modalità di determinazione dei corrispettivi per le fasi progettuali da porre a base degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura, sopprimendo il secondo periodo (in base al quale i corrispettivi di cui al c.d. “decreto parametri” erano utilizzati dalle stazioni appaltanti ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base della gara di affidamento), in quanto divenuto incompatibile con i criteri indicati nei successivi commi dell’articolo 41.

Nulla da osservare.

9.9.- Il comma 1, lettera i), ha aggiunto tre commi dopo il 15.

In particolare, il comma 15-bis della novella, richiamando il principio di concorrenza tra gli operatori economici e il divieto di affidamento di prestazioni d’opera intellettuale a titolo gratuito, stabilisce che i corrispettivi determinati secondo le modalità dell’allegato 1.13 (concernente la “determinazione dei parametri per la progettazione”) sono utilizzati dalle stazioni appaltanti ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara per gli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro, comprensivo dei compensi, nonché degli oneri e delle spese accessori, fissi e variabili.

A questo proposito, al fine di distinguere in modo più chiaro le spese dagli oneri accessori, fissi e variabili, si propone la seguente riformulazione: le parole “degli oneri e delle spese accessori, fissi e variabili” sono sostituite dalle seguenti: “delle spese e degli oneri accessori, fissi e variabili”.

Nel corpo del comma 15-bis viene introdotta la disciplina organica dell’aggiudicazione dei contratti per gli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura, prevedente il ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del migliore rapporto qualità/prezzo nel rispetto dei seguenti criteri: a) per il 65 per cento dell’importo, l’elemento relativo al prezzo assume la forma del prezzo fisso; b) il restante 35 per cento dell’importo da porre a base di gara può essere assoggettato a ribasso in sede di presentazione delle offerte.

Il comma 15-ter, sempre con riguardo agli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura, mantiene ferme le disposizioni in materia di esclusione automatica delle offerte anomale di cui all’articolo 54 (concernente il caso di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso e di appalti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea) e all’allegato II.2, confermando che agli affidamenti per tali prestazioni professionali si applicano le norme sulla verifica di anomalia dell’offerta.

Il comma 15-quater, con riferimento ai contratti dei servizi di ingegneria e di architettura affidati direttamente (anche senza consultazione di altri operatori), di importo inferiore a 140.000 euro, prevede inoltre che i corrispettivi, stabiliti secondo le modalità dell’allegato I.13, possono essere ridotti in percentuale non superiore al 20 per cento, in tal modo enucleando il range di sistemica compatibilità con il principio del compenso equo, previsto dall’articolo 8, comma 2, del Codice.

Tale disposizione, come pure quella del precedente comma 15-bis, sembrano invero utili ad inferire che nella materia dei contratti pubblici non si applica la disciplina in materia di “equo compenso delle prestazioni professionali” di cui alla legge 21 aprile 2023, n. 49, vigendo la suesposta disciplina speciale.

Nulla da osservare.

10.- Articolo 10 (modifiche all’articolo 43 del decreto legislativo 30 marzo 2023, n. 36)

10.1.- Il comma 1, lettera a), riformula l’articolo 43 del Codice, riguardante, come in precedenza ricordato, il tema della gestione informativa digitale delle costruzioni, ribadendo che dal 1° gennaio 2025 le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni per la progettazione e la realizzazione di opere di nuova costruzione e per gli interventi su costruzioni esistenti, facendo però ora riferimento ad interventi con stima parametrica del valore del progetto di importo superiore a 2 milioni di euro, ovvero alla soglia europea di euro 5.382.000 in caso di interventi su edifici vincolati come beni culturali (per tale tipo di immobili, previsti dall’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004, la soglia più elevata può ritenersi ragionevole per le stazioni appaltanti più piccole, per le quali la digitalizzazione delle informazioni relative ad immobili costituenti beni culturali potrebbe essere troppo impegnativa).

La norma limita dunque, rispetto all’originaria formulazione dell’articolo 43, comma 1, il carattere obbligatorio di tale metodologia ai progetti di opere (nuove o già esistenti) più importanti sotto il profilo del valore economico (in precedenza era previsto per un valore superiore ad 1 milione di euro).

Risulta altresì confermata la tendenziale esclusione di tale metodo per gli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione (salvo che riguardino opere precedentemente eseguite con l’adozione dei suddetti metodi di gestione informativa digitale).

Nulla da osservare.

10.2.- Il comma 1, lettera b), modifica le disposizioni di cui al comma 4, lettere b) e f), dell’articolo 43 del Codice con locuzioni tecniche meglio definite (“adozione” in luogo di “utilizzazione”) e poi sostituisce la previsione sub lettera c) del predetto comma 4, prevedendo che nell’allegato 1.9 devono essere definite “le misure necessarie per l’attuazione dei processi di gestione informativa digitale delle costruzioni, ivi compresa la previsione dell’interoperabilità dell’anagrafe patrimoniale di ciascuna stazione appaltante o ente concedente con l’archivio informatico nazionale delle opere pubbliche e con i sistemi informativi istituzionali per la rendicontazione degli investimenti pubblici”.

Il senso della novellata disposizione è quello della implementazione dei dati informativi. Del resto, il BIM-building information modeling ha come scopo primario non solo quello della predisposizione di un modello digitale in formato tridimensionale, ma soprattutto quello di realizzare un metodo di lavoro comunicativo e collaborativo, che presuppone la centralità dei dati informativi.

Nulla da osservare.

11.- Articolo 11 (modifiche all’articolo 44 del decreto legislativo 30 marzo 2023, n. 36)

L’intervento novellatore sull’articolo 44, in tema di appalto integrato, caratterizzato dal fatto di avere ad oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori, è limitato alla sola aggiunzione, alla fine del comma 1, di una disposizione volta a stabilire che con apposite linee guida del Consiglio superiore dei lavori pubblici sono definiti gli indirizzi tecnici per lo sviluppo del progetto di fattibilità tecnica ed economica da porre a base di gara per l’affidamento dell’appalto integrato. La norma intende dunque “integrare”, avvalendosi delle linee guida, e dunque di uno strumento flessibile ed agevolmente adattabile nel tempo, il contenuto del progetto di fattibilità tecnico-economica, quale enucleato dall’articolo 41, comma 6, proprio sul piano tecnico-progettuale.

Nulla da osservare.

12.- Articolo 12 (modifiche all’articolo 49 del decreto legislativo 30 marzo 2023, n. 36)

L’articolo 49 del Codice disciplina il principio di rotazione degli affidamenti nei contratti sotto-soglia, rispetto ai quali costituisce il necessario contrappeso alla notevole discrezionalità riconosciuta nella scelta degli operatori da invitare alla gara, e dunque al consequenziale deficit di confronto concorrenziale.

Il principio di rotazione vieta l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nel caso in cui due consecutivi affidamenti abbiano ad oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi; la norma è intesa nel senso logico di imporre il rispetto del principio di rotazione già nella fase di invito degli operatori di gara, nel caso di procedure ristrette.

L’articolo 11 della novella interviene sul comma 4 dell’articolo 49, in tema di deroga alla rotazione, sostituendolo con un nuovo testo mirato a meglio specificare la “meritevolezza” del contraente uscente. Viene specificato che la deroga alla rotazione richiede la previa verifica dell’accurata esecuzione del precedente contratto nonché della qualità della prestazione resa.

Nulla da osservare.

13.- Articolo 13 (modifiche all’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2023, n. 36)

L’articolo 53 del Codice si occupa delle garanzie a corredo dell’offerta e delle garanzie definitive nelle procedure di affidamento dei contratti sottosoglia.

La novella introduce un comma 4-bis, alla cui stregua “alla garanzia provvisoria e definitiva non si applicano le riduzioni previste dall’articolo 106, comma 8, e gli aumenti previsti dall’articolo 117, comma 2”. Si tratta di un’ulteriore conferma, a livello sistematico, della diversità di regime giuridico tra i contratti sotto-soglia e quelli sopra-soglia, che non ammette commistioni, anche in prospettiva funzionale, e cioè avendo riguardo all’occorrenza o meno delle due garanzie ed alla misura delle stesse.

Nulla da osservare.

14.- Articolo 14 (modifiche all’articolo 57 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

14.1.- L’articolo 14 dello schema di decreto reca modifiche all’articolo 57 del Codice, limitatamente alla disciplina delle clausole sociali, prevista nel comma 1.

La relazione illustrativa chiarisce che l’intento perseguito è stato quello di distinguere con chiarezza i vincoli legati alle clausole sociali in senso stretto dagli obblighi discendenti dall’articolo 11, in materia di tutele lavoristiche.

A tal fine, il comma 1 dell’articolo 57, nella nuova formulazione, prevede che le misure oggetto delle specifiche clausole sociali, come requisiti necessari dell’offerta, siano orientate:

a) per un verso, a garantire le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate, la stabilità occupazionale del personale impiegato, tenuto conto della tipologia di intervento, con particolare riferimento al settore dei beni culturali e del paesaggio (comma 1, lettera a);

b) per altro verso, a garantire l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, in conformità con l’articolo 11(comma 1, lettera b).

Si tratta, in realtà, di una operazione di mera chiarificazione, finalizzata a rendere più ‘leggibile’ la norma.

Per quanto riguarda la nuova lettera b), in materia di tutele lavoristiche, relative all’applicazione dei CCNL di settore, il richiamo è alla disciplina di cui all’articolo 11, che prevede esaustivamente le tutele da includere nei bandi di gara anche in relazione al subappalto.

Non si ritiene di formulare osservazioni.

14.2.- Con il comma 1, lettera b), dell’articolo 14, viene inserito nel corpo dell’articolo 57 un nuovo comma 2-bis, che affida all’allegato II.3 la definizione di “meccanismi e strumenti premiali per realizzare le pari opportunità generazionali e di genere e per promuovere l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità”.

L’allegato in questione non è stato modificato se non nella intestazione, che oggi – con maggiore pertinenza – fa riferimento alle “Clausole sociali del bando di gara e degli avvisi” e opera un richiamo non più all’articolo 61, ma appunto all’articolo 57 del Codice.

Si segnala, sul punto, l’opportunità di integrare tale titolo con il riferimento anche agli “inviti” (in coerenza con il testo dell’articolo 57).

Risulta, inoltre, opportuno, per ragioni di coerenza con il contenuto complessivo dell’articolo, correggere la rubrica dell’articolo 57 del Codice come segue: “Clausole sociali dei bandi di gara, degli avvisi e degli inviti e criteri di sostenibilità energetica e ambientale”. Di conserva, occorre riformulare, nello stesso senso, l’intitolazione dell’Allegato II.3.

15.- Articolo 15 (modifiche all’articolo 59 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

15.1.- L’articolo 15 introduce, novellando in parte qua l’articolo 59 del Codice, talune modifiche alla disciplina degli accordi quadro, prevedendo, sotto un primo profilo:

a) che, nel caso di ricorso a tale modalità di affidamento, la decisione di contrarre debba, in termini generali, recare specifica evidenziazione delle “esigenze di programmazione sulla base di una ricognizione dei fabbisogni di ricorso al mercato” (articolo 59, comma 1, secondo periodo);

b) che, in caso di opzione per accordi quadro cc.dd. multioperatore completi (relativamente ai quali – ai sensi dell’articolo 59, comma 4, lettera a) – per un verso il contratto normativo definisce esaustivamente i “termini” delle prestazioni negoziali e, per altro verso, i documenti di gara individuano preventivamente, in assenza di confronto competitivo successivo, le “condizioni” per la concreta individuazione degli operatori affidatari) la decisione a contrarre indichi espressamente “le percentuali di affidamento ai diversi operatori” (articolo 59, comma 1, secondo periodo).

La ratio delle modifiche introdotte è duplice:

a) sotto un primo profilo, come rimarcato dalla relazione illustrativa, si è inteso valorizzare, unitamente all’interesse programmatorio che fa capo alle stazioni appaltanti, anche le “esigenze di investimento” degli operatori economici (prospetticamente) aggiudicatari, relativamente alle “legittime aspettative” in ordine alla stipula degli appalti consequenziali;

b) sotto un secondo profilo – come espressamente precisato con la nuova formulazione dell’articolo 59, comma 1, secondo periodo – si è voluto conferire positivo rilievo al “fine di assicurare l’equilibrio di ciascun contratto”.

La prima esigenza (che integra la ratio legis) appare senz’altro apprezzabile, nella misura in cui – anche nella prospettiva di garantire che il ricorso alla contrattazione programmatica, in luogo di quella finale, non eluda l’applicazione del Codice (cfr. articolo 59, comma 1, primo periodo) – è coerente con il principio di accesso al mercato (articolo 3), avuto riguardo alla opportunità di orientare la scelta consapevole degli operatori economici interessati di partecipare o meno alla procedura evidenziale.

In concreto, la già prevista indicazione, nei documenti indittivi di gara, del “valore stimato dell’intera operazione contrattuale” (articolo 59, comma 1, quarto periodo) dovrà essere preceduta ed accompagnata da una puntuale ricognizione dei fabbisogni di mercato e da una ragionevole evidenziazione giustificativa della opzione negoziale insieme dilatoria e distributiva.

La seconda indicazione (che è di ordine positivo) risulta, nella sua formulazione testuale, meno perspicua.

In effetti, la nozione di “equilibrio contrattuale” (che, nel contesto, è predicato dei contratti applicativi dell’accordo quadro) allude, in senso tecnico, alla divisata proporzione, frutto dell’accordo negoziale, tra la prestazione che l’operatore economico si impegna ad effettuare e la controprestazione che grava sulla stazione appaltante: proporzione che il principio di cui all’articolo 9 del Codice impone di preservare in caso di rilevante alterazione imputabile a sopravvenienze straordinarie ed imprevedibili, estranee all’alea normale dell’affare.

È, d’altra parte, precisamente in questo senso che – nel corpo dello stesso articolo 59, in forza del successivo comma 5-bis, pure introdotto dallo schema di novella – è, appunto, attivata la garanzia di “conservazione dell’equilibrio contrattuale”, in sede di “stipula dei contratti attuativi”.

Per contro, nel comma in esame il prefigurato equilibrio allude, in diversa accezione, ad una distribuzione programmaticamente misurata tra i diversi concorrenti aggiudicatari dell’accordo quadro multioperatore, i quali possono, con ciò, fare affidamento, ai fini di una loro complessiva valutazione di convenienza, su una percentuale predefinita ex ante di prestazioni ripartite. Il riferimento è semmai – sia pure in guisa mediata – a quella “parità di trattamento tra gli operatori parti dell’accordo” di cui fa parola, relativamente agli accordi quadro previsti per i settori speciali, l’articolo 154 del Codice, peraltro non interessato dalla novella.

Per evitare equivoci con il successivo comma 5-bis (e, più in generale, con il regime normativo che si attaglia ai contratti ‘non equilibrati’) sembra opportuno suggerire di sostituire l’inciso “al fine di assicurare l’equilibrio di ciascun contratto” con l’inciso “al fine di assicurare un affidamento equilibrato dei contratti attuativi”.

Resta fermo che la norma va coordinata, sotto un profilo sistematico, con la previsione dell’articolo 59, comma 4, lettera c), nella parte in cui prefigura, in analoga prospettiva distributiva, la facoltà di affidamento di accordi quadro suddivisi in lotti.

15.2.- Con il nuovo comma 5-bis si è prevista, come si è anticipato, l’eventualità che – “in sede di stipula dei contratti attuativi dell’accordo quadro” – si manifesti una rilevante alterazione dell’equilibrio contrattuale.

Il (preciso) ancoraggio temporale al momento della stipula dei contratti attuativi fa chiaro che, nella fattispecie prefigurata, lo squilibrio rilevante deve essere, nella specie, imputato a circostanze sopravvenute alla aggiudicazione dell’accordo quadro e nelle more della stipula degli appalti consequenziali.

Ciò posto, la nuova disposizione: a) sancisce, in tale situazione, un onere delle parti di “rinegoziazione secondo buona fede”; b) fa, in ogni caso, salva, in caso di fallimento delle trattative, “la possibilità per l’appaltatore di invocare la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta” (in dichiarata conformità all’articolo 12, comma 1, lettera b) del Codice, che attiva per la fase negoziale il ‘rinvio esterno’ alle disposizioni del codice civile).

Va evidenziato che, a dispetto della sua formulazione omnicomprensiva, la previsione non sia destinata ad una applicazione generalizzata, posto che:

a) per gli accordi quadro cc.dd. multioperatore aperti – la cui disciplina negoziale è, per definizione, incompleta – la sede della negoziazione integrativa è comunque affidata alla necessaria riapertura, a valle, del confronto competitivo (cfr. articolo 59, comma 4, lettera b);

b) per gli accordi quadro cc.dd. monooperatore, la gestione del sopravvenuto squilibrio può essere plausibilmente affidata alle modalità di rimodulazione concordata dell’offerta (da intendersi ricompresa nella figura della determinazione completiva di cui all’articolo 59, comma 3, per la quale la “necessità” è ancorata proprio al rispetto del principio dell’equilibrio negoziale).

In definitiva, il campo elettivo della fattispecie (sotto il profilo sia della rinegoziazione, sia dell’eventuale vicenda risolutiva ad iniziativa di parte) è quello degli accordi quadro multioperatore completi (articolo 59, comma 4, lettera a e – in parte qua – lettera c).

Tanto precisato, si osserva che il riferimento operato, nella proposta formulazione, all’“appaltatore” sembra implicare che la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta riguardi esclusivamente il contratto attuativo, e non l’accordo quadro, che resterebbe fermo.

Tale esito – che non è esplicitato né dalla norma né dalla relazione illustrativa, ma che si desume per via esegetica – può rinvenire, in effetti, una plausibile giustificazione nella circostanza che l’attivazione del rimedio risolutorio è rimessa al singolo operatore economico, sicché il suo esito non è (o non è, comunque, necessariamente) idoneo a compromettere l’operatività dell’accordo quadro, relativamente agli altri operatori aggiudicatari e stipulanti.

In ogni caso, si suggerisce di prevedere, quale possibile e concorrente alternativa alla risoluzione del contratto attuativo (già stipulato), una fattispecie di legittimo rifiuto di stipularlo a condizioni divenute squilibrate, salva la facoltà della stazione appaltante di risolvere, relativamente alle parti interessate, lo stesso accordo quadro (se dal caso, trattandosi di rifiuto in concreto non giustificato o contrario a buona fede, per inadempimento).

L’impasse, per il caso che il singolo contratto attuativo sia risolto per iniziativa dell’appaltatore interessato e l’accordo quadro (il quale – trattandosi, nel senso chiarito, di accordo completo – avrebbe condizioni negoziali chiuse) resti fermo, andrebbe coerentemente risolta in base al meccanismo del recesso tra le parti.

Ciò posto, la disposizione in esame mira a dare attuazione, con riferimento agli affidamenti mediante accordo quadro, al principio di cui all’articolo 9 del Codice.

Si osserva che lo squilibrio negoziale sopravvenuto può operare sia in danno degli operatori economici, che in danno della stazione appaltante (sicché il diritto alla rinegoziazione delle condizioni economiche compete, secundum eventum, alla “parte svantaggiata”: cfr. articolo 9, comma 1).

Occorre, perciò, integrare la norma prevedendo – in caso di fallimento della negoziazione integrativa – non soltanto la facoltà per l’appaltatore di chiedere (si intende: con azione proposta dinanzi all’autorità giurisdizionale ordinaria) la risoluzione del contratto attuativo per eccessiva onerosità sopravvenuta, ma anche la possibilità, per la stazione appaltante, di procedere alla risoluzione, ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 122 del Codice.

In tale direzione si muove, del resto – avuto riguardo alla disciplina della revisione prezzi, su cui infra – l’articolo 2, comma 3 dell’Allegato II.2-bis.

A margine, sotto un profilo di drafting, non pare adeguata l’espressione “non è garantito il principio”. Opportuno anche correggere l’inciso “in sede di stipula” con “in fase di stipula”.

Alla luce di tutte le esposte considerazioni, si propone in definitiva, la seguente, complessiva riformulazione: “Quando in fase di stipula dei contratti attuativi dell’accordo non sia possibile preservare l’equilibrio contrattuale e non risulti possibile ripristinarlo mediante una rinegoziazione secondo oggettiva buona fede, ai sensi dell’articolo 12 comma 1 lettera b): a) nel caso in cui il contratto attuativo non sia stato ancora stipulato, è fatta salva la facoltà dell’operatore economico o della stazione appaltante di non procedere alla stipula; b) nel caso in cui il contratto attuativo sia stato stipulato, è fatta salva la facoltà della stazione appaltante o dell’appaltatore di invocarne la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, fermo restando quanto previsto dall’articolo 122, comma 5, del Codice”.

16.- Articolo 16 (modifiche all’articolo 60 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

16.1.- L’articolo 16 dello schema di decreto interviene sull’articolo 60 del Codice, che detta i principi e la disciplina della revisione prezzi.

Come è noto, il Codice ha inteso introdurre nell’ordinamento – in conformità al principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale originario, così come cristallizzatosi al momento dell’aggiudicazione (cfr. articolo 9, e segnatamente il comma 5) – un sistema revisionale permanente, affidato ad un meccanismo di indicizzazione automatica, destinato ad operare durante tutta la vita del contratto di appalto, e in grado di consentire periodicamente alle stazioni appaltanti ed agli operatori economici di monitorarne l’effettivo andamento economico.

Il comma 1, lettera a), della novella in esame modifica anzitutto il comma 1 dell’articolo 60 del Codice, al fine di specificare che le clausole di revisione prezzi si riferiscono “alle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto”.

Si tratta di una precisazione (che, peraltro, nella relazione di accompagnamento si assume frutto di una sollecitazione chiarificatoria emersa in sede di tavolo tecnico) di per sé verisimilmente non necessaria (non essendovi alcun dubbio possibile in ordine alla incidenza, in concreto, delle clausole revisionali sull’oggetto specifico del contratto aggiudicato, come definito dai relativi impegni prestazionali), ma comunque utile a chiarire il meccanismo di parametrazione degli indici di variazione dei costi, necessariamente riferiti, come è del resto di nuovo evidente, alle prestazioni definite in contratto.

Il riferimento alle “lavorazioni” è, peraltro, superfluo, perché nulla aggiunge al riferimento comprensivo alle “prestazioni” che costituiscono, volta a volta, oggetto del contratto, anche relativamente agli appalti di lavori. Se ne suggerisce, perciò, l’espunzione.

16.2.- Il comma 1, lettera b), dell’articolo 16 introduce modifiche al comma 2 dell’articolo 60 del Codice, al fine di precisare che le clausole di revisione prezzi si applicano nella misura dell’80% del valore eccedente la variazione di costo del 5% applicata alle prestazioni da eseguire.

Non si tratta di una disposizione ispirata a finalità di chiarimento (come sembra in qualche modo ventilare la relazione illustrativa, che fa parola della opportunità di “chiarire con maggior evidenza”) ma di una innovazione significativa.

Fermo restando, infatti, che l’attivazione della clausola revisionale si conferma condizionata, nell’an, all’accertato superamento della soglia quantitativa di rilevanza della variazione dell’indice di costo, parametrata al 5% dell’importo complessivo del contratto, si osserva:

a) che, nella formulazione attualmente vigente, relativamente al quantum, la variazione delle condizioni economiche negoziali è commisurata all’80% “della variazione stessa” (si intende: della intera variazione dei prezzi, purché beninteso superiore alla ridetta soglia);

b) che, per contro, nella nuova versione, l’aumento (o il decremento) si determina nella misura dell’80% della sola variazione eccedente la soglia.

16.3.- Al fine di rendere autoesecutiva la disciplina della revisione prezzi, in coerenza con un principio generale ispiratore del Codice, il comma 3 dell’articolo 60 fa riferimento, nella vigente formulazione, agli indici sintetici delle variazioni dei costi e dei prezzi relativi ai contratti di lavori, servizi e forniture elaborati dall’ISTAT, e, in particolare: a) con riguardo ai contratti di lavori, agli indici sintetici di costo di costruzione; b) con riguardo ai contratti di servizi e forniture, agli indici dei prezzi al consumo, dei prezzi alla produzione dell’industria e dei servizi e gli indici delle retribuzioni contrattuali orarie.

La norma è stata modificata dallo schema di correttivo (essenzialmente alla luce delle numerose difficoltà applicative riscontrate nel confronto con gli stakeholders, di cui si dà atto nelle relazioni di accompagnamento) sotto due distinti profili:

a) relativamente ai contratti di lavori, affidando (giusta il rinvio al successivo comma 4, primo periodo) ad un emanando provvedimento ministeriale, da adottare sentito l’ISTAT, l’individuazione degli (specifici) indici di costo, sulla base delle tipologie omogenee di lavorazioni, all’uopo individuate nella tabella A del nuovo allegato II.2-bis;

b) relativamente ai contratti di servizi e forniture, precisando che gli indici prefigurati (che non subiscono variazioni) possano essere, all’occorrenza, valorizzati anche in forma disaggregata.

Le due modifiche vanno esaminate separatamente e tenendo conto delle disposizioni inserite nel nuovo Allegato II.2-bis (al cui esame si rinvia).

Relativamente ai contratti di lavori, la rimessione a un futuro provvedimento ministeriale, di natura non regolamentare, della definizione dei parametri di indicizzazione rilevanti dà conto, anzitutto, della coerente eliminazione dell’ultimo periodo dell’attuale articolo 60, comma 4, il quale si limita ad autorizzare il Ministero, con previsione divenuta inattuale, alla mera individuazione di “eventuali” ed “ulteriori” categorie di indici (ovvero di “ulteriori specificazioni tipologiche o merceologiche delle categorie di indici” già positivamente individuate).

Peraltro, la nuova previsione rende il meccanismo revisionale non immediatamente operativo, fino alla approvazione del provvedimento ministeriale in questione. Si è perciò resa necessaria, al fine di non pregiudicare la logica di automatica ed immediata applicabilità, la definizione di una disciplina transitoria, affidata all’articolo 16 dell’Allegato II.2-bis, il quale:

a) prevede che le disposizioni di nuovo conio si applichino alle sole procedure di affidamento di contratti di lavori “avviate a decorrere dalla data di pubblicazione del provvedimento di cui all’articolo 60, comma 4, primo periodo, del Codice” (articolo 16, comma 1, lettera a);

b) sancisce, fino a quella data, la perdurante applicazione “delle disposizioni dell’articolo 60, comma 3, lettera a) e comma 4 del Codice, nel testo vigente alla data del 1° luglio 2023” (articolo 16, comma 2), destinate, a regime, solo “a fini statistici” e non operativi (articolo 16, comma 3).

L’articolo 60, comma 3, lettera a), continua, peraltro, a far riferimento, anche all’esito delle modifiche introdotte, agli “indici sintetici di costo di costruzione”, elaborati dall’ISTAT in base alla normativa attualmente vigente.

Si tratta di una formula non più coerente con le modalità di determinazione della variazione dei costi previste dall’Allegato II.2-bis, il quale, relativamente agli appalti di lavori, fa ora riferimento (al relativo articolo 4) ad un (unico) “indice sintetico revisionale”, elaborato sulla base di una “media ponderata di indici”, selezionati tra quelli prospetticamente individuati con il provvedimento ministeriale di cui all’articolo 60, comma 4, sulla base delle “tipologie omogenee di lavorazioni” elencate nella tabella A e, in particolare, mediante ponderazione del “peso relativo a sei elementi di costo”, come specificamente individuati all’articolo 2, lettera a) della ridetta Tabella (che ha riguardo al costo del lavoro, ai materiali, alle macchine e attrezzature, all’energia, al trasporto ed ai rifiuti).

Ne segue, in sintesi, che:

a) all’articolo 60, comma 3 primo periodo va espunto l’inciso “elaborati dall’ISTAT”;

b) alla lettera a), l’inciso “indici sintetici del costo di costruzione” va sostituito con l’inciso “indici sintetici di costo”.

Inoltre, il richiamo operato dall’articolo 60, comma 3, lettera a), al comma 4 (recte: comma 4, primo periodo) non è rigoroso: il riferimento corretto è, ora, non al comma 4, ma al comma 4-ter. Si suggerisce di modificare in tal senso la norma.

Considerato che le modalità operative degli indici revisionali relativi ai lavori e di quelli relativi ai contratti di servizi e di forniture sono differenziate (posto che per questi ultimi, come subito di dirà, permane il meccanismo della elaborazione e successiva pubblicazione affidata all’ISTAT), sembra opportuno suddividere, per una migliore chiarezza, il comma 4 in due commi distinti (con pedissequa rinumerazione dei commi 4-bis e 4-ter, che diventerebbero rispettivamente 4-ter e 4-quater).

In definitiva, si suggerisce (relativamente ai contratti di lavori) la seguente, complessiva riformulazione:

– comma 3: “Ai fini della determinazione della variazione dei costi e dei prezzi di cui al comma 1, si utilizzano i seguenti indici sintetici: a) con riguardo ai contratti di lavori, gli indici individuati ai sensi del comma 4-ter […]”;

– comma 4: “Con provvedimento adottato dal Ministero dell’infrastrutture e dei trasporti, sentito l’ISTAT, sono individuati i singoli indici di costo di lavorazione, sulla base delle tipologie omogenee di cui alla tabella A dell’allegato II.2-bis”;

– comma 4-quater (già 4-ter): “L’allegato II.2-bis disciplina le modalità di applicazione delle clausole di revisione dei prezzi, tenuto conto della natura e del settore merceologico dell’appalto, e degli indici disponibili e ne specifica le modalità di corresponsione, anche in considerazione dell’eventuale ricorso al subappalto”.

Relativamente agli appalti di servizi e di forniture, lo schema di correttivo si limita a prevedere (integrando l’articolo 60, comma 3 lettera b), la possibilità di valorizzare gli indici rilevanti (indici dei prezzi al consumo, indice dei prezzi alla produzione dell’industria e dei servizi, indici delle retribuzioni contrattuali orarie) anche in forma disaggregata.

La plausibile ratio di tale previsione è rinvenuta nell’esigenza di prendere in considerazione le ipotesi in cui un servizio o una fornitura rientrino in diverse categorie, individuate secondo il sistema unico europeo di classificazione (CPV).

Sul punto, non ci sono osservazioni da formulare.

In relazione al comma 4-ter, si evidenzia che i meccanismi revisionali sono stati estesi anche all’eventuale subappalto o agli altri sub-contratti. La disposizione si raccorda con il nuovo comma 2-bis dell’articolo 119, che rende obbligatorio in tal caso l’inserimento di clausole di revisione prezzi.

Non ci sono, sul punto, osservazioni da formulare.

17.- Articolo 17 (modifiche all’articolo 61 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

17.1.- L’articolo 61, comma 1, del Codice prevede, per le stazioni appaltanti (e per gli enti concedenti), la facoltà:

a) di riservare la partecipazione evidenziale o l’esecuzione di contratti (di appalto o di concessione) ad imprese sociali (id est: a operatori economici, cooperative sociali e loro consorzi “il cui scopo principale sia l’integrazione sociale e professionale delle persone di disabilità o svantaggiate”);

b) di riservare l’esecuzione – “nel contesto di programmi di lavori protetti” – ad operatori economici che integrino nel relativo organico almeno il 30 per cento di lavoratori con disabilità o svantaggiati.

A tal fine, il comma 3 impone che il bando di gara o l’avviso di pre-informazione diano “espressamente atto che si tratta di appalto o concessione riservati”.

Si tratta di una previsione per più rispetti incongrua – imputabile ad un obiettivo difetto di coordinamento con l’articolo 57, comma 1 – tale da porre a carico delle imprese sociali oneri di partecipazione non coerenti con il proprio fine statutario, quali le pari opportunità generazionali e di genere.

Opportunamente, perciò, l’articolo 17 dello schema di decreto in esame ne dispone l’abrogazione. Contestualmente – e coerentemente – l’articolo 77 dello schema modifica il titolo dell’allegato II.3, riferito alla disciplina delle clausole sociali di cui all’articolo 57, espungendo il non appropriato riferimento all’articolo 61.

Osserva, tuttavia, la Sezione che l’integrale abrogazione del comma 4 ha importato l’espunzione anche del secondo periodo, a tenore del quale “Si considerano soggetti con disabilità quelli di cui all’articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68, le persone svantaggiate, quelle previste dall’articolo 4 della legge 8 novembre 1991, n. 381, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate ne-gli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all’esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354”.

Si tratta di operazione nomoselettiva non perfetta, atteso che, in concreto, l’abrogazione integrale finisce per eliminare, senza un corrispondente recupero od integrazione, una disposizione utilmente intesa alla perimetrazione, ai fini del Codice, dell’ambito dei soggetti con disabilità.

Appare, perciò, opportuno, reintegrare l’attuale secondo periodo comma 4 dell’articolo 61, conservando l’eliminazione del solo primo periodo.

È, per contro, corretta e congrua l’eliminazione del comma 5, riferito all’allegato II.3.

Ne risulta, infatti, che l’allegato in questione sia richiamato solo nella sedes materiae (articolo 57, al quale si fa rinvio); né la espunzione della clausola delegificante crea problemi, essendo stata integrata e generalizzata nel corpo del nuovo articolo 62, preordinato alla “razionalizzazione” e al “coordinamento” dell’intero apparato di allegati.

Ciò detto, va evidenziata l’incongruenza della conservazione del comma 2 dell’articolo 61, anch’esso, in realtà, pertinente alle sole clausole sociali e non, per le ragioni già evidenziate, al regime della riserva.

Si tratta, verisimilmente, del frutto di una dimenticanza, cui occorre rimediare disponendo l’espunzione anche di tale comma.

17.2.- Relativamente al comma 1, si segnala, sotto un mero profilo di drafting:

a) l’inciso “quelle di concessione” è grammaticalmente scoordinato, dipendendo da “partecipazione”: occorre scrivere “partecipazione alle procedure di appalto e di concessione”, espungendo “quelle”;

b) alla fine del periodo, la parola “suddetti” – riferita ad “operatori economici” (peraltro già presente nel previgente articolo 112 del decreto legislativo n. 50 del 2016, che è stato in parte qua pedissequamente riproposto) – non è congrua e va, perciò, espunta: la prima ipotesi di riserva è, infatti, come chiarito supra, riferita ad imprese sociali (e quindi anche a cooperative sociali e loro consorzi), mentre la seconda ipotesi, relativa ai contesti di lavoro protetti, si riferisce ad operatori professionali (all’evidenza diversi dai primi) che non abbiano fissato nello statuto la finalità di integrazione sociale.

17.3.- Il comma 1 dello schema di decreto in esame introduce un nuovo comma 2-bis, al fine di prevedere che per gli affidamenti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea, ad eccezione di quelli per i quali “la stazione appaltante accerta un interesse transfrontaliero certo”, tenuto conto dell’oggetto e delle caratteristiche delle prestazioni o del mercato di riferimento, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possano altresì riservare il diritto di partecipazione alle procedure di appalto e a quelle di concessione ovvero possano riservarne l’esecuzione a piccole e medie imprese.

Si tratta di una nuova ed autonoma ipotesi di riserva, che non si pone, ad una valutazione prima facie, in contrasto con le direttive europee e che, con ogni evidenza, è ispirata al favor per l’accesso al mercato delle micro, piccole e medie imprese (di cui costituiscono espressione anche e inter alia – come chiarito dalla relazione illustrativa – le modifiche introdotte alla disciplina dei consorzi, al regime della divisione in lotti, alla prefigurazione dei criteri premiali di attribuzione dei punteggi di gara, alla disciplina del subappalto).

Non ci sono osservazioni al riguardo.

18.- Articolo 18 (modifiche all’articolo 62 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

18.1.- L’articolo 18 dello schema di decreto introduce modifiche all’articolo 62 del Codice.

Il comma 1, lettera a), modifica il comma 3, prevedendo che nell’Allegato II.4 siano indicati – oltre ai requisiti necessari per ottenere la qualificazione ed ai requisiti premiali – anche la disciplina degli incentivi per favorire la qualificazione delle stazioni appaltanti.

La previsione, come chiarisce la relazione di accompagnamento, si correla agli specifici impegni assunti con l’Unione europea dallo Stato italiano, in sede di adozione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, avuto riguardo: a) alla milestone “M1C1-73 bis – Riforma 1.10 – Riforma del quadro legislativo in materia di appalti pubblici e concessioni”, la quale prescrive l’adozione di orientamenti sull’attuazione del sistema di qualificazione per il Codice dei contratti pubblici delle stazioni appaltanti; b) alla milestone “M1C1-73 ter – Riforma 1.10 – Riforma del quadro legislativo in materia di appalti pubblici e concessioni”, che prevede l’introduzione di incentivi alla qualificazione e professionalizzazione delle stazioni appaltanti.

La modifica dell’articolo 62, comma 3, si raccorda direttamente, in particolare, alla attuazione della seconda milestone.

Osserva, peraltro, la Sezione che tra le modifiche introdotte (con l’articolo 78 dello schema di decreto) all’Allegato II.4 non ne risulta alcuna dedicata alla disciplina degli incentivi. Sicché non trova conferma, per come formulata, la previsione del comma 3, secondo cui l’allegato “indica” i requisiti necessari e “disciplina” requisiti premianti e, ora, appunto, anche gli incentivi (che, naturalmente, non possono sovrapporsi ai requisiti premianti).

Va, in altri termini, rimarcato che il comma 3 dell’articolo 62 (a differenza del comma 4, che allude a contenuti eventuali, rimessi come tali alla fase attuativa della dinamica di progressiva delegificazione) prefigura il contenuto necessario e non meramente programmatico dell’allegato.

Ove, come sembra, nella prospettiva del rispetto della milestone del PNRR si sia inteso prevedere l’immediata introduzione della disciplina, occorrere integrare, con le opportune modifiche all’articolo 78 dello schema di decreto, l’allegato II.4, ai cui specifici rilievi si fa rinvio.

18.2.- Il comma 1, lettera b), dello schema di decreto modifica il comma 4 dell’articolo 62, in correlazione alla contestuale introduzione, nell’allegato II.4, del nuovo articolo 13-bis, che individua le attribuzioni del Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori. E ciò al fine di prevedere che al tavolo in questione, istituito presso l’ANAC, prendano parte non solo le stazioni appaltanti, ma anche le centrali di committenza.

Non ci sono osservazioni in proposito.

18.3.- L’articolo 1, lettera c), apporta modifiche al comma 6 dell’articolo 62 del Codice, e segnatamente:

a) modifica la lettera a), al fine di precisare che le stazioni appaltanti non qualificate si avvalgono, per l’acquisizione di forniture, servizi e lavori superiori alle soglie di cui al comma 1, oltre che delle centrali di committenza qualificate anche delle stazioni appaltanti qualificate;

b) modifica la lettera c), per sostituire, con operazione di mero drafting, il riferimento agli “affidamenti per servizi e forniture” con “affidamenti di appalti di servizi e forniture”;

c) modifica la lettera g), per sostituire il riferimento (non corretto) alla centrale di committenza “affidante” con “affidataria”.

Non ci sono osservazioni da formulare.

18.4.- Viene introdotto un nuovo comma 6-bis nel corpo dell’articolo 62 del Codice, al fine di prevedere – superando una ambiguità della originaria formulazione della norma – che le stazioni appaltanti non qualificate possano ricorrere a stazioni appaltanti o centrali di committenza qualificate anche al di sotto della soglia di 500.000 per i lavori e 140.000 per servizi e forniture, in alternativa all’affidamento diretto ed autonomo di cui al comma 1.

Non ci sono osservazioni al riguardo.

18.5.- Il comma 17 dell’articolo 62 del Codice è stato modificato – anche per rendere coerente la formulazione della disposizione con l’articolo 2, comma 2 dell’Allegato II.4 – prevedendo che anche agli enti aggiudicatori che non sono amministrazioni aggiudicatrici e ai soggetti privati tenuti all’osservanza delle disposizioni del Codice non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 62 e 63 del Codice dei contratti pubblici.

Non ci sono osservazioni da formulare in merito alle lettere a), b) e g), ma va segnalato che, in mancanza di modifiche della lettera f), si pone un problema di coordinamento con il testo del novellato articolo 8, comma 5, dell’Allegato II. 4, che prevede che “Resta ferma la possibilità per le stazioni appaltanti non qualificate ai sensi dell’articolo 63, comma 2, di eseguire i contratti affidati ai sensi dell’articolo 62, comma 6, lettere c) e d)”, per il quale si rinvia a quanto esposto al punto 78.5.

18.6.- Da ultimo, il comma 18 del dell’articolo 62 è stato modificato al fine di specificare che l’obbligo di qualificazione per la progettazione, l’affidamento e l’esecuzione di contratti di partenariato pubblico-privato opera solo al di sopra delle soglie previste per gli affidamenti diretti per servizi e forniture e della soglia di qualificazione di 500.000 euro per i lavori, di cui all’articolo 62, comma. La nuova formulazione è coerente con la contestuale modifica apportata all’articolo 3, comma 5, dell’Allegato II.4. (ove anche, correttamente, la sostituzione dell’incongruo riferimento alle “stazioni appaltanti” con quello agli “enti concedenti”).

Non ci sono osservazioni.

Si segnala, per connessione, la corretta riformulazione dell’articolo 63, comma 8, con l’espunzione della (non più congrua) previsione della facoltà, rimessa all’ANAC, di specificare i requisiti di qualificazione per i contratti di partenariato, ora integralmente disciplinati.

18.7.- A margine, si osserva che l’approvazione del correttivo potrebbe essere l’occasione per talune correzioni di drafting nel corpo della disposizione, sfuggite all’operazione di coordinamento. Si fa riferimento:

a) nel comma 1, all’inciso “nonché attraverso”, sintatticamente inappropriato: preferibile inserire un punto dopo “500.000 euro” ed introdurre un nuovo periodo: “Possono, altresì, effettuare ordini a valere […];

b) nel comma 2, sostituire “per effettuare le procedure”, inappropriato, con “per effettuare le gare”: cfr., nello stesso contesto, il comma 5 lettera a);

c) nel comma 4, in luogo di “per il coordinamento”, più corretto inserire “per disciplinare il coordinamento”;

d) nel comma 5, la salvezza del “comma 8 dell’articolo 63” – già scarsamente intellegibile nella originaria formulazione, e verisimilmente riferita alla disciplina transitoria ivi prevista – è, con le modifiche introdotte, diventata priva di significato, sicché va opportunamente espunta;

e) nel comma 6, l’inciso “di cui all’articolo 3, comma 1, lettera z), dell’allegato I.1” va soppresso in quanto (alla stregua della tecnica redazionale costantemente seguita nel Codice) non è necessario operare, volta a volta, il rinvio alle definizioni, collocate nell’allegato (e cfr. – infatti – l’analoga formulazione del comma 5, lettera c) dello stesso articolo in esame, il cui corretto silenzio sul punto rimarca l’incongruenza);

f) al comma 7, l’inciso “sono indicate nella specifica sezione di cui all’articolo 63, comma 1” è del tutto superfluo ed incongruo, perché ripete – fuori contesto e senza pertinenza – la regola già esaustivamente codificata all’articolo 63, sicché va soppresso; ne segue una congrua riformulazione nei seguenti termini: “In relazione ai requisiti di qualificazioni posseduti, le centrali di committenza […]”;

g) al comma 9, l’inciso “o mediante altra modalità disciplinante i rapporti in funzione della natura giuridica della centrale di committenza” è, per quanto sostanzialmente intellegibile, formulato in modo poco tecnico e rigoroso: meglio inserire “o mediante apposita convenzione” (cfr. infatti subito infra: “attivare convenzioni”);

h) al comma 15, il riferimento al “principio di buon andamento dell’azione amministrativa” va opportunamente sostituito con il riferimento al “principio del risultato”, e ciò sia in ragione della specialità contestuale di quest’ultimo (arg. ex articolo 1, comma 3), sia – soprattutto – della circostanza che la norma è destinata ad operare, come tale, anche nella eventualità (prospetticamente prefigurata dal successivo comma 17 dell’articolo 62) di introduzione di un regime di qualificazione per le imprese pubbliche e per i soggetti privati operanti nei settori speciali, in ordine ai quali il riferimento alla “azione amministrativa” risulterebbe a posteriori sistematicamente incongruo.

19.- Articolo 19 (Modifiche all’articolo 63 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

19.1.- All’articolo 63 Codice, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 2, il riferimento all’”affidamento” è integrato con il riferimento alla “esecuzione”; b) il comma 6 è sostituito dal seguente: “Le stazioni appaltanti e le centrali di committenza possono essere qualificate anche solo per la progettazione e l’affidamento di lavori oppure per l’affidamento di servizi e forniture.”.

Si propongono le modifiche di seguito individuate.

In primo luogo, poiché gli artt. 5 e 6 dell’Allegato II.4 fanno riferimento sia alla progettazione che all’affidamento di servizi e forniture e l’articolo 8 dell’Allegato II.4 contempla la possibilità di qualificazione separata per la sola esecuzione, sarebbe opportuno integrare in tal senso la previsione, con la seguente riformulazione additiva del comma 6 dell’articolo 63: “Le stazioni appaltanti e le centrali di committenza possono essere qualificate anche solo per la progettazione e l’affidamento di lavori oppure per l’affidamento di servizi e forniture o, alle condizioni indicate nell’Allegato II.4, per la sola esecuzione di lavori o di servizi e forniture”.

La modifica sarebbe utile anche al fine di uniformare la disposizione in discorso all’articolo 1, comma 2, dell’Allegato II.4, ai sensi del quale “La qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza [riguarda almeno uno dei seguenti ambiti: a) progettazione tecnico-amministrativa e affidamento delle procedure; b) esecuzione dei contratti”.

19.2.- Dopo il comma 6 è inserito il seguente: “6-bis. Le stazioni appaltanti e le centrali di committenza qualificate che svolgono attività di committenza per altre stazioni appaltanti programmano la loro attività nel rispetto del principio di leale collaborazione.”.

Essendo insito nelle funzioni delle centrali di committenza svolgere attività di committenza per altre stazioni appaltanti, si suggerisce di invertire l’ordine sintattico con la seguente riformulazione: “Le stazioni appaltanti qualificate che svolgono attività di committenza per altre stazioni appaltanti e le centrali di committenza qualificate programmano la loro attività nel rispetto del principio di leale collaborazione”.

19.3.- Il comma 8 è sostituito dal seguente: “I requisiti di qualificazione per l’esecuzione sono indicati separatamente nell’allegato II.4.”.

Nessuna osservazione al riguardo.

19.4.- Relativamente al comma 10, avuto riguardo alle finalità dell’intervento, quale esplicitate nella relazione illustrativa relativamente alla apertura del mercato ed alla contestuale preservazione dell’utilità dell’attività formativa già svolta in precedenza, si suggerisce la seguente, più chiara riformulazione: “In relazione al comma 7, lettera b), ed alla formazione del personale propedeutico alla qualificazione per l’esecuzione, la Scuola nazionale dell’amministrazione definisce i requisiti e le modalità di accreditamento dei soggetti, delle società e degli enti, pubblici o privati, che svolgono attività formative, procedendo alla verifica, anche a campione, della sussistenza dei requisiti stessi e provvede alle conseguenti attività di accreditamento nonché alla revoca dello stesso nei casi di accertata carenza dei requisiti.”.

20.- Articolo 20 (Modifiche all’articolo 67 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

20.1.- L’articolo 20 dello schema di decreto reca modifiche dell’articolo 67 del Codice, che detta la disciplina dei consorzi non necessari e, in particolare, dei consorzi di artigiani, di cooperative e dei consorzi stabili, con rinvio alla normativa di rango regolamentare per la definizione dei requisiti tecnici e finanziari.

Il comma 1, lettera a), modifica il comma 1 dell’articolo 67, espungendo il riferimento, ivi contenuto, al “regolamento di cui all’articolo 100, comma 4”, sostituito con il richiamo all’allegato II.12.

Si tratta, per un verso, di correzione opportuna sia sul piano del drafting, che sul piano della coerenza dei rimandi interni al Codice. In effetti, l’articolo 100, comma 4 – che definisce il sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici – richiama direttamente, per le disposizioni di dettaglio, l’allegato II.12, che conserva – nelle more della programmatica operazione delegificativa, rimessa ad un futuro regolamento ministeriale – il rango di norma primaria, e non regolamentare.

Nondimeno, così come riformulato, il comma 1 dell’articolo 67 risulta in toto sovrapponibile al successivo comma 2, sicché è opportuno suggerire, per evitare una disarmonica e inutile ridondanza, di espungere il comma 2 stesso, incorporandone il contenuto in continuità col testo del comma 1.

Inoltre, nel comma 2 – quale risultante dalle modifiche introdotte con lo schema di decreto in esame – l’inciso “nelle more dell’adozione del regolamento di cui all’articolo 226-bis, comma 1, lettera b)” riesce non solo superfluo, ma anche distonico rispetto alla formula linguistica ordinariamente utilizzata, nel corpo del Codice, per i rimandi interni alla disciplina attuativa, sicché appare preferibile sopprimerlo.

Ne discende che, nelle lettere successive, non è più necessario ripetere volta a volta, in modo anche per questo profilo inutilmente ridondante, l’inciso “requisiti di capacità tecnica e finanziaria”.

20.2.- L’articolo 1, comma 2, dello schema di decreto interviene sulla lettera b) dell’attuale comma 2 dell’articolo 67, al fine di risolvere, relativamente all’affidamento degli appalti di lavori, le plurime incertezze indotte da una imperfetta definizione dei termini e dei limiti del c.d. cumulo alla rinfusa che connota le modalità di qualificazione dei consorzi stabili, di cui all’articolo 65, comma 2, lettera d), tra l’altro affidata ad una confusa norma ad un tempo transitoria e di interpretazione autentica, introdotta con l’articolo 225, comma 13.

Con plausibile intento chiarificatore, vengono ora definite le modalità di qualificazione dei consorzi stabili relativamente ai lavori, prevedendosi:

a) che – con recuperata coerenza rispetto alla previsione dell’articolo 32, commi 3 e 4, dell’allegato II.12 – il consorzio possa anzitutto essere qualificato “in proprio”, mediante requisiti posseduti “direttamente”, allorché opti (in conformità alla facoltà alternativa prevista dall’articolo 67, comma 4) per l’esecuzione “con la propria struttura”;

b) che, in virtù del meccanismo di qualificazione cumulativa, possano essere (cumulativamente o alternativamente) valorizzati (alla stregua di una sorta di peculiare avvalimento ex lege) i requisiti (effettivamente) posseduti “dalle singole imprese designate per l’esecuzione delle prestazioni”;

c) che, ancora, possano essere prestati i requisiti posseduti anche dalle imprese “non designate”, ma – in tal caso – senza l’automatismo della qualificazione cumulativa, ma solo con le forme e le modalità dell’avvalimento ordinario, di cui all’articolo 104.

Si evita, in tal modo, la possibilità – che, nella prassi operativa, ha tratto alimento dalla ambiguità della disciplina vigente – che, attraverso il prestito generalizzato, indifferenziato e cumulativo dei requisiti, possano risultare, in concreto, designate per l’esecuzione imprese che non siano nell’effettivo possesso delle qualità professionali necessarie ad una adeguata esecuzione delle prestazioni contrattuali.

Se questo è l’obiettivo perseguito dall’intervento, importa tuttavia osservare che la disciplina introdotta appare, verisimilmente, troppo rigida, laddove postula la necessità di ricorso all’avvalimento ordinario, in luogo del meccanismo automatico di cumulo, anche nella ipotesi in cui le imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto posseggano effettivamente i requisiti di qualificazione. Tale soluzione finirebbe per eliminare del tutto il meccanismo di qualificazione cumulativa, per gli appalti aventi ad oggetto lavori, anche nei casi in cui la stessa si rivela giustificata, secondo il meccanismo dell’avvalimento ex lege. Per contro, il ricorso all’avvalimento ordinario ex articolo 104 si prospetta come indefettibile (nella prospettiva di superare il lassismo sul punto della prassi operativa) solo allorché, come è ben possibile, siano designate per l’esecuzione imprese consorziate prive di requisiti: nel qual caso deve ritenersi bensì necessaria (ma anche sufficiente) l’acquisizione in via ausiliaria, sia a carico del consorzio (ma solo per i requisiti maturati in proprio: cfr., infatti, l’articolo 67, comma 7, anche alla luce della riformulazione proposta con lo schema di decreto), sia a carico di altre imprese consorziate.

In definitiva, alla luce delle osservazioni fin qui svolte, è opportuna una complessiva riformulazione degli attuali commi 1 e 2, unificati in un unico comma:

1. I requisiti di capacità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui agli articoli 65, comma 2, lettere b), c) e d) e 66, comma 1, lettera g), sono disciplinati dall’allegato II.12, fermo restando che per i consorzi di cui all’articolo 65, comma 2, lettera d):

a) per gli appalti di servizi e forniture, sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate;

b) per gli appalti di lavori che il consorzio esegua con la propria struttura, i requisiti posseduti in proprio sono computati cumulativamente con quelli posseduti dalle imprese consorziate;

cper gli appalti di lavori che il consorzio esegua tramite le consorziate indicate in sede di gara, i requisiti sono posseduti e comprovati da queste ultime in proprio, ovvero mediante avvalimento ai sensi dell’articolo 104”.

Ne discende la consequenziale rinumerazione dei commi 3 e seguenti.

20.3.- Il comma 1, lettera c), modifica l’articolo 67, comma 3 del Codice, estendendo anche ai consorzi fra società cooperative e consorzi tra imprese artigiane la previsione, finora vigente solo per i consorzi stabili, in virtù della quale i requisiti generali di cui agli articoli 94 e 95 devono essere posseduti sia dalle consorziate esecutrici che dalle consorziate che prestano i requisiti.

Non ci sono osservazioni.

20.4.- Il successivo comma 4 dell’articolo 67 prevede, invece, soltanto per i consorzi stabili l’indicazione in sede di gara della consorziata per la quale il consorzio concorre. Pertanto, la novella in esame, al comma 1, lettera d), modifica il citato articolo 67, comma 4, del Codice, chiarendo che sia i consorzi stabili che i consorzi di cooperative e artigiani sono tenuti ad indicare in sede di offerta per quali consorziate il consorzio concorre. Si precisa altresì che quando la consorziata designata è, a sua volta, un consorzio di cui all’articolo 65, comma 2, lettere b) e c) (i.e. consorzi di cooperative e artigiani), è tenuto anch’esso a indicare, in sede di offerta, le consorziate per i quali concorre (c.d. “designazione a cascata”).

Non ci sono osservazioni.

20.5.- Sempre al fine di superare le predette criticità interpretative e in coordinamento con le altre modifiche apportate, il comma 1, lettera e), della novella modifica il comma 5 dell’articolo 67 del Codice precisando che i consorzi di cooperative e i consorzi tra imprese artigiane possono partecipare alla procedura di gara, fermo restando il disposto degli articoli 94 e 95 e del comma 3 del presente articolo, utilizzando requisiti propri e, nel novero di questi, facendo valere i mezzi d’opera, le attrezzature e l’organico medio nella disponibilità delle consorziate che li costituiscono.

Nessuna osservazione.

20.6.- Infine, il comma 1, lettera f), della novella in esame, apportando delle modifiche al comma 7 dell’articolo 67 del Codice, chiarisce che possono essere oggetto di avvalimento solo i requisiti maturati dallo stesso consorzio, “in proprio” (e prevede che di tali requisiti sia fornita specifica indicazione nell’attestazione di qualificazione SOA).

È utile chiarire, sul punto, che il consorzio ben può operare quale ausiliario, relativamente ai requisiti maturati in proprio, anche a favore delle consorziate designate per l’esecuzione, che in concreto ne siano prive, in conformità alla suggerita riformulazione.

Viene altresì espressamente introdotto – superando il dubbio in ordine alla permanenza del divieto già previsto di cui all’articolo 36, comma 5, del decreto legislativo n. 163/2006, transitoriamente vigente sino al 30 luglio 2023 e non riprodotto nel codice – il divieto di partecipazione a più di un consorzio stabile.

Non ci sono osservazioni da formulare al riguardo.

20.7.- Sul piano del drafting, su suggerisce di uniformare, per coerenza linguistica, il riferimento alle imprese consorziate, sostituendo sempre il femminile (consorziata/consorziate) in luogo della oscillante e co-occorrente formulazione al maschile (consorziato/consorziati), priva di giustificazione.

21. – Articolo 21 (Modifiche all’articolo 70 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

All’articolo 70, comma 4, lettera f), del Codice sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “, salvo che il bando non preveda espressamente tale possibilità, individuandone i limiti di operatività”.

Nessun rilievo.

22.- Articolo 22 (Inserimento dell’articolo 82-bis al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

22.1.- Dopo l’articolo 82 del Codice, è introdotto un nuovo articolo 82-bis, che prevede la facoltà delle stazioni appaltanti di inserire, nei documenti di gara, lo schema di un “accordo di collaborazione plurilaterale”, che viene tipizzato nei suoi tratti essenziali, mediante il quale “le parti coinvolte in misura significativa nella fase di esecuzione” possono disciplinare , anche con l’introduzione di misure premiali, “le forme, le modalità e gli obiettivi della reciproca collaborazione” e definire i “meccanismi di esame contestuale degli interessi pubblici e privati coinvolti”, al fine di prevenire e ridurre i rischi di crisi ed inattuazione del programma negoziale, anche ricorrendo alla risoluzione negoziata “delle controversie che possono insorgere nell’esecuzione”.

Con riguardo all’istituto dell’accordo di collaborazione, si rileva, in via logica preliminare circa l’esigenza di inquadramento sistematico e di definizione dell’istituto in commento, che l’articolo 1, comma 2, dell’Allegato II.6-bis reca la precisazione – che avrebbe dovuto trovare logicamente sede nell’art. 82-bis – che l’accordo “non sostituisce il contratto principale e gli altri contratti al medesimo collegati, strumentali all’esecuzione dell’appalto e non ne integra i contenuti”. La stessa clausola è sostanzialmente ripetuta all’articolo 3, comma 4, dell’Allegato con riferimento agli “obiettivi collaterali”. Tali previsioni, pur, appunto, non inserite nel corpo dell’articolo 82-bis, sono decisive per cogliere l’effettiva sostanza ed i limiti dell’accordo di collaborazione quale attualmente configurato dal “correttivo” (ben più delle previsioni descrittive, sostanzialmente identiche, contenute, rispettivamente, nel comma 1 dell’articolo 82-bis e nell’art. 1, comma 2, dell’Allegato II.6-bis).

22.2.- Ed infatti, tali fondamentali clausole contenute nell’Allegato, pongono il problema della necessità (opzione di non intervento regolatorio, che si dovrebbe valutare, consapevolmente, preliminarmente ad ogni altra) di introdurre un tale strumento nell’ambito di un sistema normativo, – quale quello vigente in Italia e strutturatosi in maniera crescente in recepimento della disciplina euro unitaria –, in base al quale la disciplina del contratto, la determinazione anche, e specialmente, in funzione esecutiva, del suo contenuto, e la sua fase di esecuzione in senso proprio, sono già regolate da una pluralità di previsioni, aventi (nella loro proiezione sul piano negoziale) carattere di norme imperative che (pre-)determinano, in modo tipicamente dettagliato, i contenuti, le prestazioni e gli obblighi principali e complementari incombenti sulle parti.

22.3.- A ciò si aggiunge che l’applicazione di una serie di consolidati principi relativi alla fase di esecuzione del contratto, oggetto a loro volta di una notevole elaborazione giurisprudenziale, deriva dalla disciplina del codice civile, a cui lo stesso Codice dei contratti pubblici fa un rinvio a fini di integrazione generale.

D’altra parte, deve ritenersi che questo sistema normativo, in sé compiuto nella sua ampiezza regolatoria, – fino al punto da costituire il più rilevante settore di disciplina contrattualistica speciale -, già rifletta, per tradizione giuridica consolidata della nostra legislazione sia civilistica che amministrativa, e comunque per la via segnata dall’ormai consolidatosi recepimento delle disciplina euro-unitaria, (culminata nella stessa adozione del nuovo Codice dei contratti pubblici), quei principi del risultato (articolo 1) e della fiducia (articolo 2) che si devono, infatti, intendere sottesi all’intera disciplina del Codice stesso, inclusa quella dedicata all’esecuzione dei contratti, alla quale cui si riferiscono l’articolo 82-bis e l’Allegato II.6-bis.

22.4.- Alla luce di queste brevi considerazioni, (che sarebbe obiettivamente agevole espandere sia in senso sistematico che nel dettaglio), la particolare indeterminatezza dei contenuti utili – cioè aggiuntivi e funzionali rispetto all’interesse perseguito dalle parti che, come s’è visto, risulta fortemente tipizzato sul piano normativo –, che l’accordo di collaborazione potrebbe perseguire, senza travalicare nella sostituzione o integrazione dei contenuti del contratto principale, per l’appunto secondo la previsione espressa che ne caratterizza e limita normativamente la stessa funzione essenziale, consiglierebbe, – e lo si anticipa in prima battuta –, di non introdurre un simile strumento, quantomeno nella forma e nello stato di elaborazione attuali.

22.5.- Lo strumento stesso sembra, prima facie, avere l’attitudine ad aggravare l’area degli oneri e degli adempimenti gestionali della fase esecutiva, oltretutto duplicando, nei suoi stessi contenuti “tipizzati”, istituti e meccanismi (a loro volta sicuramente espressione del principio collaborativo tra le parti) già regolati in forma auto-applicativa nel Codice; e tutto ciò, senza trovare alcun bilanciamento concretamente percepibile ed evidente, in base all’ordito normativo, neppure  nella, meramente enunciata, “prevenzione e riduzione dei rischi”, nonché nella “risoluzione delle controversie che possono insorgere nell’esecuzione dell’accordo”. Basti rilevare che la prevenzione e riduzione dei rischi, in fase esecutiva, è, di per sé, già l’oggetto ed il fine, come si è premesso, di una vasta e dettagliata serie di previsioni a carattere imperativo, e quindi non derogabili (quand’anche lo strumento negoziale de quo fosse autorizzato a operare in senso integrativo e novativo degli obblighi, il che, infatti, non è), mentre per la risoluzione delle controversie esiste, già nel Codice, un sistema auto-applicativo (ed operante) di risoluzione “alternativa” delle controversie medesime, che si affianca alla legislazione, a sua volta speciale ed acceleratoria, del processo amministrativo.

22.6.- Non sfugge a questo Consiglio la corretta aspirazione a creare un “luogo” di sintesi e confronto che, in particolare, risulta decisivamente adiuvato dalla figura del “direttore strategico” quale “soggetto imparziale”, la cui introduzione rinvia (sia pure in modo insufficiente ed incompiuto, alla stregua di uno standard di tipizzazione indispensabile a fronte della segnalata “rete” di disposizioni imperative gravanti sulla materia esecutiva dei contratti pubblici), alla ricerca di soluzioni di immediatezza e semplificazione, in chiave mediatrice ed agevolatrice.

Ciò non di meno, tale obiettivo è, in partenza, reso arduo dall’estrema difficoltà di conciliare, allo stato della complessiva disciplina in cui lo strumento si inserisce, l’aspirazione alla informalità efficiente-allocativa, nella fase di esecuzione, con il complesso concomitante di interessi di rilievo generale e “pubblicistico”, in senso euro-unitario, che informano la complessiva disciplina contrattualistica pubblica. E questo, poiché, va detto, quello pubblico in senso stretto, – politico-economico, auto-organizzativo e, naturalmente, finanziario –, è certamente solo “uno”, – accanto a quello pro-concorrenziale ed a quello del level playing field, tipico della realizzazione del mercato unico esteso anche al public procurement –, degli interessi generali, negozialmente “indisponibili”, che coesistono nella disciplina riveniente dal sistema delle direttive UE.

22.7.- In questo contesto, appare pertanto esile la stessa giustificazione fondante quale best practice, peraltro non precisata in alcune delle sue possibili accezioni (come si dirà), non risultando, cioè, adeguatamente giustificata la necessità di inoltrarsi sul terreno di un complesso assetto concordato che corre il continuo rischio, da un lato, di porre nuovi obblighi e costi a carico delle parti, dall’altro di duplicare, – contraddicendo la sua stessa giustificazione funzionale normativa –, la disciplina già racchiusa nel Codice, con particolare riguardo ad  istituti già altrimenti in esso previsti ed ai quali, essenzialmente fa riferimento la normativa del correttivo relativamente ai contenuti potenziali “quasi-tipizzati” del nuovo istituto “contrattuale”.

Per poter giustificare l’istituto in termini di best practice – terminologia a valore polisenso che spazia dalla qualità della regolazione di ogni livello, a particolari scopi di un senso esteso delle politiche industriali nonché di quelle di incentivazione della ricerca e dell’innovazione, fino alle semplici misure di ottimizzazione dell’attività contrattuale esterna adottabili da grandi gruppi economici – sarebbe stato necessario che fossero preventivamente individuati difetti e criticità, nella reciproca collaborazione tra le parti (in un senso articolato per la insistenza, nella materia, del fenomeno di frequenti collegamenti contrattuali), che non fossero già imperativamente disciplinati e, comunque, risolvibili  in base al ben diverso strumento, – vincolato, nell’attuale congegno di normazione a fonti multilivello –, dell’adeguamento e dell’aggiornamento della disciplina derivante dal Codice e da quella civilistica. Sarebbe infatti, in ipotesi, una vistosa lacuna di sistema, a cui porre celermente rimedio, che la pluridecennale legislazione e applicazione giurisprudenziale (anche e, in special modo, della Corte di giustizia europea), di tale complesso ordinamento settoriale, non abbia condotto finora ad una soddisfacente applicazione dell’indispensabile aspetto cooperativo (in tutte le sue accezioni attinenti ai principi del risultato, di buona fede e di riduzione e prevenzione dei rischi) che garantisce, in ultima analisi, l’esattezza dell’adempimento delle prestazioni. Ma le cause e le dinamiche di tale eventuale lacuna risultano, appunto, ope legis inserite in un procedere per “successiva approssimazione” in cui la mano, ben visibile, del Legislatore gioca un ruolo preminente ed ormai fortemente strutturato.

Per converso, non risulta da alcun dato, né da notoria fenomenologia, né da analisi fondate su elementi fattuali e statistici adeguatamente rilevati, che una maggiore esattezza e celerità degli adempimenti, nell’ambito della contrattualistica pubblica, costituisca un problema correlato univocamente con criticità evitabili e prevenibili ed ex ante risolvibili coi poteri negoziali dispositivi delle partisenza individuare e soprattutto poter, poi, modificare, le previsioni euro-unitarie (che non sono comunque nella disponibilità del legislatore nazionale). Tale soluzione rimarrebbe pur sempre affidata all’elevata incertezza della praticabilità/liceità di accordi tra le parti che non possono, in apice, derogare al sistema delle norme imperative “multilivello”.

22.8.- Appare peraltro storicamente consentaneo ritenere che una tale problematica si palesi piuttosto come fenomenologia fisiologica, in ragione della crescente complessità (socio-economica, prima ancora che normativa, e dunque neppure eliminabile de iure), che caratterizza l’esecuzione dei contratti pubblici, ed in realtà tutta la “vita” dell’attuazione della volontà negoziale anche tra privati; e questo in derivazione sia dell’internazionalizzazione delle attività produttive e di scambio (incremento dell’accesso ai mercati, anche pubblici, in economie “istituzionalmente” aperte e tendenza all’aumento della dimensione burocratico-organizzativa che caratterizza gli stessi operatori economici, specie di maggiori dimensioni, con costi “di transazione” costituenti rischi, per così dire, strutturali) sia, di pari passo, dell’evoluzione scientifica e tecnologica nell’ambito della produzione di beni e servizi (che, a sua volta, tende a “concentrare” la struttura del mercato e ad amplificare perciò la dimensione burocratico-organizzativa degli operatori economici, mentre, sempre più, questi possono assumere il ruolo di incumbent, con riflessi, per così dire, “di reazione necessitata”, almeno in astratto, da parte della regolazione imperativa pro-concorrenziale; e ciò specialmente nel settore degli appalti pubblici).

Questo complesso ordine di problematiche di esecuzione e gestione dei contratti, non pare comunque possa essere attenuato od eliminato mediante uno strumento che, per definizione, non sostituisce il contratto e non ne integra i contenuti (evitando, sì, – e correttamente –, di poter assumere la configurazione di un “negozio” plurilaterale di accertamento, ma perdendone comunque, al contempo, il connotato ultimo essenziale).

Si tratta, in sostanza, di un, pur comprensibile, tentativo di deregulation e di corrispondente ripresa dei poteri di negoziazione “per le vie brevi” delle parti, nella sede della realizzazione del programma contrattuale, che tuttavia rimane al livello di aspirazione quando sia collocato all’interno della segnalata strutturazione normativa degli interessi generali concorrenti sopra segnalati, e quindi all’interno di una forte e permanente tendenza regolatoria, che non ammette, o limita fortemente, il carattere “dispositivo” del potere negoziale (non appena impatti nella regolazione imperativa dei predetti interessi generali). Rifugiarsi nell’informalità (esecutiva), quindi, è quasi un riflesso istintivo del “settore socio-economico” interessato, che non tiene debitamente conto del fatto-presupposto per cui il contenuto del contratto e gli obblighi da esso derivanti sono stabiliti all’interno di una “rete” legale che condiziona, per così dire, inerzialmente la fase esecutiva.

Si registra, dunque, – nel caso in esame, difatti, incompiutamente delineato –, il tentativo di risolvere “a valle” il flusso di ciò che discende dalla regolazione, non dispositiva, a monte. Va tuttavia anche considerato, per contro, che tale complessivo e cumulativo “spessore” della regolazione imperativa non risulta in sé ingiustificato, alla luce delle esigenze regolatorie pro-concorrenziali, che si situano entro un processo che tenta, a sua volta, di bilanciare la tendenza alla concentrazione nella struttura dei mercati (aperti), quale sopra evidenziata anche in correlazione agli effetti dell’evoluzione scientifica e tecnologica dell’attività produttiva.

22.9.- Sul solco dei rilievi svolti, si pensi al fatto che, pur non potendo, appunto, sostituire il contratto o integrarne i contenuti, l’accordo di collaborazione estende oggettivamente gli impegni a carico delle parti, al punto da aumentare “la superficie” di attrito degli interessi contrapposti (ed in realtà meramente enunciati in forma di generici principi ed obiettivi); questi dovrebbero risultare meglio conciliabili in forma di un’incerta ulteriore negoziazione, dato che il contenuto dell’accordo stesso, va ribadito, è in larga parte predeterminato, quanto ad oggetti e limiti, dallo stesso pre-inserimento negli atti di gara.

L’esito di tale meccanismo, nelle norme che si intende introdurre, finisce per condurre, si potrebbe dire inevitabilmente, ad ulteriori ragioni di controversia tra le parti, come comprova l’articolo 3, comma 9, dell’allegato II.6-bis, laddove prevede lo scioglimento dell’accordo (tra l’altro) “per cause imputabili ad una grave e non giustificata violazione degli impegni concordati ad opera delle parti aderenti”. E tutto questo non senza un certo effetto paradossale, poiché questa ulteriore materia di potenziale conflitto tra le parti, sanzionata con l’estinzione del rapporto, potrebbe, in astratto, essere perfettamente compatibile con un’esatta esecuzione delle prestazioni del contratto principale e con il rispetto integrale dei contenuti obbligatori (ex lege) dello stesso.

Di fatto traspare, sullo sfondo di tutto il complesso del meccanismo in commento, un irrisolto, e forse irrisolvibile (definitivamente), problema di asimmetrie nel potere di mercato, e quindi anche nella forza contrattuale, che può far capo, secondo le circostanze e la struttura dello specifico mercato, alla “parte pubblica” ovvero a quella “privata”; e ciò senza che si possa ben individuare un criterio a priori (rispetto alle molteplici transazioni) che stabilisca su quale dei due versanti sia opportuno porre un freno legale “correttivo”, sia pure operando normativamente, come nel caso, un’apertura alle possibilità negoziali mediatorie e transattive delle parti (per l’appunto, mai perfettamente bilanciate nella rispettiva forza contrattuale).

22.10.- Un ultimo cenno merita, – in correlazione all’aspirazione ad una deregulation ed al recupero di un maggiore ed informale potere negoziale in fase esecutiva, nel quadro della quasi irrisolvibile correzione a priori dell’asimmetria di forza contrattuale tra le parti –, l’aspetto della priorità ordinamentale attribuita alla prevenzione della corruzione: la predetta estensione del “contatto sociale”, tra interessi contrapposti, oggettivamente derivante da questo tipo di accordo, reca la potenzialità quasi connaturale di determinare l’aumento dei rischi di fenomeni di opaca collusione, fino all’estremo di aspetti sia concussivi che corruttivi. Tale elemento è comunque connesso in sé alla predetta “estensione”; ma può risultare tanto più insidioso in quanto la struttura soggettiva che, per il nuovo istituto, farebbe capo alla stazione appaltante, viene ampliata, forse per compensare le “concessioni” fatte sul fronte dell’inclinazione informale-mediatoria dell’istituto, ad una pluralità di figure che eccedono la qualità di organo con rappresentanza (specifica) che il sistema legale in essere riconosce unicamente al RUP (articolo 2, comma 2, lettera a), conferendo, almeno nella forma, alla stessa stazione appaltante, – che già, come s’è visto, predetermina in larga parte, anteriormente all’aggiudicazione, i contenuti dell’accordo (articolo 82-bis, comma 1) –, una posizione di forte preminenza che, a sua volta, sotto l’indeterminata etichetta del risultato e della riduzione dei rischi (in fase di esecuzione), può condurre, in contraddizione alla finalità giustificatrice dell’accordo stesso, a fenomeni di abuso strumentale, e del tutto non cooperativo. E d’altra parte, poi, questa stessa “guarentigia” potrebbe non essere adeguata, agevolando semmai l’occasione per pressioni in direzione inversa, laddove invece, sia, l’operatore economico a trovarsi in posizione di (non pareggiabile) maggior forza economico-negoziale, generandosi, cioè, l’ampliamento del rischio di effetti opposti, del pari illeciti.

22.11.- In definitiva, l’oggettiva complessità, e conseguente inevitabile onerosità, di elaborazione e gestione di un tale accordo, portano alla conclusione di una forte incertezza circa la sua adeguatezza nell’apportare un quid migliorativo nella gestione esecutiva dei contratti. Tutte queste ragioni, per come finora esposte, consiglierebbero dunque, allo stato, di espungere la relativa previsione. La stessa disciplina, semmai, potrà essere riproposta dopo un’accurata ricognizione dei suoi contenuti concreti normativamente compatibili, sul piano negoziale-dispositivo e della procedimentalizzazione, con l’intera sistematica in cui si inseriscono; tale ricognizione dovrà essere correlata ad un’analisi di impatto completa e realistica, in particolare sotto il profilo costi/benefici (analisi di cui non vi è traccia nell’allegata AIR).

La proposta espunzione dell’articolo 82-bis andrebbe conseguentemente recepita anche dall’articolo 29, comma 1, lettera a), dello schema, attraverso la soppressione del riferimento al criterio di premialità ex articolo 108 del Codice costituito dall’avere “adempiuto correttamente all’accordo di collaborazione di cui all’allegato II.6-bis.”.

23.- Articolo 23 (Modifiche all’articolo 98 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

All’articolo 98, comma 3, lettera c), del Codice sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “compresa l’applicazione delle penali di cui all’articolo 126, comma 1, in misura pari o superiore al 2 per cento dell’ammontare netto contrattuale”.

La modifica si inscrive in un contesto normativo teso a valorizzare il principio del risultato nella sua accezione di aspirazione all’esecuzione del contratto “con la massima tempestività” (articolo 1, comma 1, del Codice) e si raccorda alla disciplina della clausola penale contenuta nell’articolo 126, comma 1, del Codice, assente nelle precedenti codificazioni che rimandavano implicitamente, sul punto, alle pertinenti disposizioni civilistiche, individuando nella sua applicazione una causa (non automatica) di esclusione dell’operatore sanzionato dalla gara per l’affidamento di un successivo contratto e collocandola, nel solco del principio di tipicità della cause escludenti, tra le “sanzioni comparabili” di cui all’articolo 57, comma 4, lettera g) della direttiva 2014/24/UE, accanto alla risoluzione per inadempimento ed alla condanna al risarcimento del danno.

Tuttavia, la fissazione di una soglia minima di rilevanza, peraltro in misura difforme dalle indicazioni recate dalle linee guida ANAC n. 6, approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016 e aggiornate con deliberazione del Consiglio n. 1008 dell’11 ottobre 2017 (le quali prevedevano al punto 4.1, quali “mezzi di prova adeguati” del grave illecito professionale, “i provvedimenti di applicazione delle penali di importo superiore, singolarmente o cumulativamente con riferimento al medesimo contratto, all’1% dell’importo del contratto”), precluderebbe alla stazione appaltante di valutare se una penale di importo inferiore, ai sensi dell’articolo 95, comma 1, lettera e), del Codice, sia “tale da rendere dubbia la integrità o affidabilità” del concorrente.

Si propone quindi di eliminare la modifica prevista e lasciare immutato il testo originario, rimettendo all’interprete la concreta individuazione delle “sanzioni comparabili”.

24.- Articolo 24 (Modifiche all’articolo 99 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

All’articolo 99 del Codice, dopo il comma 3 è aggiunto il comma 3-bis, che si occupa dell’ipotesi in cui non sia possibile, per ragioni di carattere tecnico, lo svolgimento delle verifiche in ordine al possesso dei requisiti in capo al concorrente indicato nella proposta di aggiudicazione, presupposto, ai sensi dell’articolo 17, comma 5, per l’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva: esso consente comunque la conclusione della fase di aggiudicazione, previa acquisizione da parte dell’operatore economico di una autocertificazione attestante il possesso dei requisiti e l’assenza delle cause di esclusione, ma sospendendo ex lege, nelle more della verifica, l’esigibilità del compenso contrattuale.

La modifica suscita problemi di compatibilità con i principi generali, laddove prelude all’aggiudicatario di conseguire il corrispettivo spettante in ragione di eventi ad esso non imputabili.

Infatti, tale incisione unilaterale del sinallagma del contratto a prestazioni corrispettive: a) risulta iniqua perché il malfunzionamento non è imputabile al privato, ma alle pubbliche amministrazioni tenute a fornire le documentazioni necessarie all’implementazione del fascicolo virtuale; b) viola il principio generale dell’efficacia bilaterale del contratto (articolo 1372 c.c.), riproponendo una forma anomala di “contratto claudicante”; c) deroga alla clausola di rinvio esterno al codice civile scolpita dall’articolo 12, comma 1, lettera b).

Si deve, quindi, ritenere che, fermo restando il diritto della stazione appaltante di recedere (con effetti ex nunc) ove i requisiti non siano positivamente riscontrati, il sinallagma funzionale non sia comunque derogabile fin quando il contratto trova regolare esecuzione.

Al fine di conciliare le contrapposte esigenze – quella della stazione appaltante a non corrispondere importi che potrebbero rivelarsi, in dipendenza dell’esito delle verifiche, almeno parzialmente indebiti e quella dell’operatore economico a percepire il corrispettivo pattuito a fronte dell’esecuzione, anche solo iniziale, della prestazione contrattuale – si propone di riformulare il secondo periodo del comma 3-bis nei termini seguenti, prevedendo la facoltà della stazione appaltante di chiedere la prestazione di una garanzia:

Resta fermo l’obbligo di concludere in un congruo termine le verifiche sul possesso dei requisiti. Fino a quando non siano completate le verifiche con esito positivo, l’effettuazione dei pagamenti divenuti esigibili nel medesimo periodo può essere subordinata ad una adeguata integrazione della garanzia definitiva già costituita, ovvero subordinata alla sua costituzione, ove non richiesta per la sottoscrizione del contratto, in ogni caso nelle forme e con le modalità di cui all’articolo 117, comma 1”.

25.- Articolo 25 (Modifiche all’articolo 100 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

1.- L’articolo 25 dello schema modifica l’articolo 100 del Codice (“Requisiti di ordine speciale”).

Il comma 1, lettera a), apporta modifiche di mero coordinamento, connesse all’introduzione dell’articolo 226-bis.

Il comma 1, lettera b), apporta una modifica sostanziale al comma 11. Tale comma attualmente prevede che le stazioni appaltanti – in via transitoria, fino alla data di entrata in vigore del regolamento che sostituirà l’allegato II.12 (“Sistema di qualificazione e requisiti per gli esecutori di lavori – Requisiti per la partecipazione alle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura”) e limitatamente alle procedure di aggiudicazione di appalti di servizi e forniture – possono richiedere agli operatori economici uno specifico requisito di capacità economica e finanziaria e uno specifico requisito di capacità tecnica e professionale, quali indicati nel comma.

Il comma 11 viene quindi modificato come segue. Attualmente il requisito di capacità economica e finanziaria richiedibile deve essere maturato “nel triennio precedente a quello di indizione della procedura”; lo schema propone che tale requisito debba essere invece maturato “nei migliori tre anni degli ultimi cinque anni precedenti”. Il prescritto requisito di capacità tecnica e professionale attualmente deve essere maturato nel precedente triennio: lo schema prevede invece che tale requisito possa essere maturato “negli ultimi dieci anni”.

La modifica, che in sostanza allarga le maglie dei requisiti richiedibili per partecipare alle procedure di affidamento, è evidentemente ispirata – come dichiara la stessa relazione illustrativa – al favor partecipationis, in asserita armonia con il principio affermato all’articolo 10, comma 3, del Codice, secondo il quale i requisiti introdotti dalle stazioni appaltanti devono essere “attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti”.

Al riguardo, nulla da osservare.

26.- Articolo 26 (Modifiche all’articolo 103 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

26.1.- L’articolo 26 modifica l’articolo 103 del Codice (“Requisiti di partecipazione a procedure di lavori di rilevante importo”).

L’articolo 103 prevede che, per gli appalti di lavori di importo pari o superiore ai 20 milioni di euro, oltre ai requisiti di cui all’articolo 100, la stazione appaltante possa richiedere requisiti aggiuntivi per verificare – fra l’altro – la capacità economico-finanziaria dell’operatore economico (comma 1, lettera a).

A tal fine la disposizione prevede due possibilità: i) che l’operatore economico fornisca i parametri economico-finanziari significativi richiesti, certificati da società di revisione; ii) che, in alternativa, la stazione appaltante possa richiedere un volume d’affari in lavori pari a due volte l’importo a base di gara, che l’operatore economico deve aver realizzato nei migliori cinque dei dieci anni antecedenti alla data di pubblicazione del bando.

La relazione illustrativa chiarisce che è emerso un mancato coordinamento con quanto previsto dall’articolo 2, comma 6, dell’Allegato II.12 (“Sistema di qualificazione e requisiti per gli esecutori di lavori – Requisiti per la partecipazione alle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura”). Questo dispone, con norma vincolante, che: “Per gli appalti di importo a base di gara superiore a euro 20.658.000, l’operatore economico, oltre alla qualificazione conseguita nella classifica VIII, deve aver realizzato, nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando, una cifra di affari, ottenuta con lavori svolti mediante attività diretta e indiretta, non inferiore a 2,5 volte l’importo a base di gara”.

Al riguardo, occorre rilevare, altresì, una ulteriore sfasatura, sul punto, fra l’articolo 103 e l’Allegato II.12. Infatti, la disposizione dell’Allegato – che si occupa dei requisiti minimi di qualificazione – appare coerentemente precettiva (“l’operatore …. deve aver realizzato”), mentre quella dell’articolo 103 del Codice – che mira a prefigurare, in termini di mera eventualità, la richiesta di requisiti aggiuntivi – è, con pari coerenza, meramente facoltizzante (“la stazione appaltante… può richiedere requisiti aggiuntivi”).

Con ogni evidenza, peraltro, le due disposizioni sono reciprocamente incompatibili, perché prefigurano come eventuale ed aggiuntivo, e con uno scarto quantitativo non coerente, quello stesso che, ai fini della qualificazione, integra, ai sensi dell’articolo 100, comma 4, un requisito necessario minimo.

Nella impossibilità di rimodulare il delicato e rigido meccanismo di qualificazione obbligatoria, previsto dall’articolo 100, comma 4, che non rientra nella volontà del legislatore manifestata con il correttivo, va perciò condivisa la scelta, operata dallo schema di decreto in esame, di sopprimere integralmente la seconda ipotesi prevista dall’articolo 103, comma 1, lettera a), tramite abrogazione dell’inciso “in alternativa, la stazione appaltante può richiedere un volume d’affari in lavori pari a due volte l’importo a base di gara, che l’operatore economico deve aver realizzato nei migliori cinque dei dieci anni antecedenti alla data di pubblicazione del bando”.

Resta, per contro, l’ipotesi che la stazione appaltante intenda richiedere requisiti aggiuntivi, sollecitando l’operatore economico a fornire la certificazione dei relativi parametri economico-finanziari (articolo 103, comma 1, lettera a), primo caso). Si rende necessario, comunque, rendere omogenea la soglia del “rilevante importo”, commisurandola al valore di euro 20.658.000, tratta dall’Allegato e convenzionalmente stabilita per la qualificazione illimitata.

Si suggerisce, in definitiva, la seguente riformulazione dell’articolo 103, comma 1, lettera a):

1. Per gli appalti di lavori di importo pari o superiore ad euro 20.658.000, oltre ai requisiti di cui all’articolo 100, la stazione appaltante può richiedere requisiti aggiuntivi:

a) per verificare la capacità economico-finanziaria dell’operatore economico: in tal caso quest’ultimo fornisce i parametri economico-finanziari significativi richiesti, certificati da società di revisione ovvero da altri soggetti preposti che si affianchino alle valutazioni tecniche proprie dell’organismo di certificazione, da cui emerga in modo inequivoco l’esposizione finanziaria dell’operatore economico al momento in cui partecipa a una gara di appalto […]”.

27.- Articolo 27 (Modifiche all’articolo 104 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

27.1.- L’articolo 27 dello schema modifica l’articolo 104 del Codice, disciplinante il contratto di avvalimento.

Il comma 1, lettera a), modifica il comma 4 dell’articolo 104. Tale comma prevede i documenti che l’operatore economico, se intende avvalersi di altra impresa, deve allegare alla domanda di partecipazione, in particolare la certificazione rilasciata dalla SOA o dall’ANAC. La relazione spiega che l’ANAC non rilascia certificazioni e pertanto occorre correggere tale previsione, sopprimendo la menzione di ANAC.

Nulla da osservare al riguardo.

27.2.- Il comma 1, lettera b), sostituisce il comma 12 dell’articolo 104. Tale comma attualmente vieta – peraltro nei soli casi del c.d. “avvalimento premiale” – che partecipino alla medesima gara l’impresa ausiliaria e quella che si avvale della prima. La relazione espone che tale divieto incondizionato è apparso alla Commissione UE incompatibile con il principio di proporzionalità e concorrenza. Lo schema pertanto sostituisce il testo vigente, inserendovi una deroga che consente all’impresa che si avvale dell’altra di dimostrare in concreto, su richiesta della stazione appaltante, che non sussistono collegamenti tali da ricondurre l’offerta ad uno stesso centro decisionale.

L’opzione può essere condivisa, con le osservazioni che seguono.

La cautela che circonda, relativamente alla partecipazione congiunta, l’avvalimento (meramente) premiale (che, di per sé, può essere riguardato come una modalità cooperativa non necessaria, in quanto finalizzata esclusivamente all’incremento di competitività dell’offerta, e non alla integrazione dei requisiti di partecipazione dei concorrenti) legittima – a differenza della vicenda inerente la causa di esclusione non automatica di cui all’articolo 95, comma 1, lettera d) del Codice, che muove da un accertamento in concreto, indiziario e a posteriori della occasionale unicità del centro decisionale – la presunzione ex ante di elaborazione congiuntiva, in base agli accordi intercorsi tra le parti, delle offerte in competizione.

Si giustifica, perciò, l’inversione dell’ordinario onere probatorio, paradigmaticamente modulato agli articoli 67, comma 4, e 68, comma 14, del Codice, nel senso della rimessione all’operatore economico della prova della assenza, in concreto, delle condizioni di integrazione della causa escludente, in difetto della quale non è abilitato alla dimostrazione, in chiave esimente, della concreta ininfluenza sulle modalità e sugli esiti della gara.

Occorre, tuttavia prevedere che l’assolvimento dell’onere della prova in questione (che è correttamente fatto gravare sulla impresa ausiliaria, ben potendo essere l’ausiliata del tutto ignara della autonoma decisione di formalizzare una propria e distinta offerta competitiva) sia contestuale alla formalizzazione dell’offerta, proprio in ragione della sua chiarita operatività ex ante, che esclude la necessità di un accertamento della stazione appaltante, salva, quando ne ricorrano in presupposti, la richiesta di ulteriori chiarimenti o integrazioni documentali.

Si suggerisce, pertanto, la seguente riformulazione del comma 12:

Nei soli casi in cui l’avvalimento sia finalizzato a migliorare l’offerta, non è consentito che partecipino alla medesima gara l’impresa ausiliaria e quella che si avvale delle risorse da essa messe a disposizione, salvo che la prima non dimostri in concreto e con adeguato supporto documentale, in sede di presentazione della propria domanda, che non sussistono collegamenti tali da ricondurre entrambe le imprese ad uno stesso centro decisionale. La stazione appaltante può comunque chiedere ad entrambe le imprese chiarimenti o integrazioni documentali, assegnando a tal fine un congruo termine non prorogabile”.

28.- Articolo 28 (Modifiche all’articolo 106 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

28.1.- L’articolo 28 dello schema modifica l’articolo 106 del Codice (“Garanzie per la partecipazione alla procedura”), il quale prevede che l’offerente deve prestare una garanzia provvisoria, nella forma di una cauzione, oppure di una fideiussione. In particolare, il comma 3 prevede che la garanzia fideiussoria debba essere emessa e firmata digitalmente e verificabile telematicamente, ovvero gestita mediante ricorso a piattaforme operanti con tecnologie basate su “registri distribuiti”.

L’articolo 28 dello schema:

– al comma 1, lettera a), aggiunge al comma 3, secondo periodo, dell’articolo 106 il riferimento a “registri elettronici qualificati” ai sensi della normativa comunitaria;

– al comma 1, lettera b), modifica il comma 8 dell’articolo 106 (riguardante le varie fattispecie di riduzione dell’ammontare della garanzia):

– al n. 1) integra il terzo periodo, nel senso di precisare che la fideiussione ivi prevista (rilevante ai fini della riduzione dell’importo della garanzia) debba essere gestita “in tutte le fasi” mediante le piattaforme di cui al comma 3;

– al n. 2), modifica il quarto periodo, nel senso di estendere la cumulabilità delle riduzioni alla garanzia previste.

28.2.- Il testo dello schema va corretto perché, con le modifiche proposte, si darebbe luogo a due distinte e non coordinate definizioni della fideiussione digitale – una al comma 3, secondo periodo (di portata generale), una al comma 8 (rilevante solo per la riduzione dell’ammontare). Appare invece opportuno che il comma 3 descriva compiutamente modalità di emissione e gestione della fideiussione digitale e il comma 8 si limiti a far semplicemente rinvio ad esso. Conseguentemente – e più chiaramente – occorre la seguente riformulazione:

– al comma 3, secondo periodo, dopo la parola “gestita” inserire le parole: “in tutte le fasi”;

– semplificare il comma 8, terzo periodo, sostituendo le parole “emessa e firmata digitalmente, che sia gestita mediante ricorso a piattaforme operanti con tecnologie basate su registri distribuiti ai sensi del comma 3”, con le altre: “ai sensi del comma 3”.

29.- Articolo 29 (Modifiche all’articolo 108 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

29.1.- L’articolo 29 dello schema reca modifiche all’articolo 108 del Codice (“Criteri di aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture”).

La lettera a) aggiunge un periodo al comma 7, il quale prevede che i documenti di gara indichino i singoli criteri di valutazione e sancisce che, a condizioni date, possano essere previsti criteri premiali volti a favorire le piccole e medie imprese, ovvero operatori prossimi al territorio di riferimento.

Il periodo che lo schema propone di aggiungere consente l’inserimento nei documenti di gara di due ulteriori criteri premiali:

a) per gli operatori che, in contratti aventi oggetto analogo eseguiti negli ultimi cinque anni, hanno ottenuto il “premio di accelerazione” per l’anticipo nell’ultimazione dei lavori (previsto per gli appalti di lavori dall’articolo 126, comma 2, ed esteso dal comma 2-bis – inserito dall’articolo 38, comma 1, lettera c), dello schema – anche agli appalti di servizi e forniture);

b) per gli operatori che, in contratti aventi oggetto analogo eseguiti negli ultimi dieci anni, hanno adempiuto correttamente all’”accordo di collaborazione” che viene inserito nel Codice mediante il nuovo Allegato II.6-bis, cui si fa rinvio.

29.2.- La Sezione invita, innanzitutto, a riconsiderare l’opportunità dell’inserimento di nuovi criteri premiali, in aggiunta a quelli già previsti, e in particolare di quello volto ad avvantaggiare gli operatori che già abbiano conseguito in precedenti appalti il “premio di accelerazione”. Al riguardo, sembra fondato il timore che possa prodursi l’effetto di creare posizioni di vantaggio non aderenti al valore delle offerte oggetto di confronto competitivo; ciò fa sì che tale requisito risulti non conforme al principio di proporzionalità che deve governare ogni scostamento dal principio della par condicio, consolidando la posizione di operatori già operanti sul mercato, a danno delle imprese medio-piccole e in particolare di quanti intendano accedere per la prima volta a un mercato di settore.

Quanto alla valorizzazione, a fini premiali, del corretto adempimento degli accordi di collaborazione, vale rinviare, complessivamente, alle considerazioni formulate con riguardo all’articolo 82-bis, in ordine alla necessità di un complessivo ripensamento dell’istituto di nuovo conio.

Fermi i rilievi che precedono, si suggerisce, in ogni caso, di sostituire, nel corpo del nuovo periodo, le parole “le procedure di gara” con “i documenti di gara” e le parole: “di cui all’allegato II.6-bis” con “di cui all’articolo 82-bis”.

29.3.- La lettera b) integra il comma 11 dell’articolo 108. Attualmente tale comma prevede che, nel caso di appalti di lavori aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del migliore rapporto qualità/prezzo, le stazioni appaltanti non possono attribuire alcun punteggio per l’offerta di opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d’asta. Lo schema propone di chiarire che tale limitazione riguardi, oltre alle opere aggiuntive, anche eventuali prestazioni aggiuntive. La relazione illustrativa si limita ad asserire che si tratta di mero chiarimento.

Nulla da osservare.

30.- Articolo 30 (Abrogazione dell’articolo 109 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo 30 dello schema sopprime l’articolo 109 del Codice (“Reputazione dell’impresa”).

Come ricorda la relazione, l’articolo 109 del Codice ha istituito presso l’ANAC un “sistema digitale di monitoraggio delle prestazioni”, quale elemento del fascicolo virtuale degli operatori, fondato su “requisiti reputazionali” e su “accertamenti definitivi”, che esprimono “l’affidabilità dell’impresa in fase esecutiva, il rispetto della legalità e degli obiettivi di sostenibilità e responsabilità sociale”. La relazione rappresenta che al momento il sistema non è stato ancora avviato e che comunque porrebbe problemi rispetto al principio di libera circolazione, oltre a poter creare indebite situazioni di vantaggio. Da qui la scelta di sopprimerlo.

Al riguardo, si può ricordare che la relazione con cui il Consiglio di Stato accompagnò lo schema di Codice trasmesso al Governo affermava: “L’introduzione di questo sistema reputazionale è stato vivamente caldeggiato soprattutto dagli economisti che hanno partecipato fattivamente alla redazione della proposta di Codice, in considerazione dell’esito positivo che esso ha mostrato nell’affidamento degli appalti pubblici soprattutto negli Stati Uniti. Deve tuttavia evidenziarsi che il funzionamento di un simile sistema deve coordinarsi con il principio di libera circolazione e con il principio di concorrenza, ben potendo il requisito reputazionale sconfinare altrimenti in una sorta di ostacolo all’ingresso nel mercato di nuovi operatori economici ovvero creare indebite situazioni di vantaggio per operatori commerciali di dimensioni maggiori e capaci pertanto anche di ottenere valutazioni prestazionali positive.

Non vi sono osservazioni.

31.- Articolo 31 (Modifiche all’articolo 110 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo 31 reca modifiche all’articolo 110 del Codice, in tema di disciplina delle offerte anomale.

Non vi sono osservazioni al riguardo.

32.- Articolo 32 (Modifiche all’articolo 116 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

32.1.- L’articolo 32 dello schema di decreto interviene sull’articolo 116 del Codice, che detta la disciplina del collaudo e verifica di conformità.

La novella in esame sostituisce il comma 4, aggiungendo i commi 4-bis e 4-ter, e modifica il comma 6 dell’articolo menzionato.

Il comma 4 regola la nomina e il compenso dei collaudatori per i contratti di lavori, con disciplina che il comma 5 estende alla nomina e al compenso dei verificatori della conformità per i contratti di servizi e forniture “caratterizzati da elevato contenuto tecnologico oppure da elevata complessità o innovazione”.

La modifica all’articolo 116, comma 4, del Codice, apportata dal comma 1, lettera a), della disposizione in esame, prevede una specificazione per l’individuazione dei collaudatori, distinguendo, rispettivamente alle lettere a) e b), tra “le stazioni appaltanti che sono amministrazioni pubbliche” e “i concessionari e gli operatori economici che esercitano le attività previste dagli articoli da 146, 147, 148, 149, 150, 151 e 152 del presente codice”.

Invariata la disciplina vigente per le prime, per i secondi si introduce la previsione della nomina “da uno a tre collaudatori di cui almeno uno deve essere individuato tra il personale di amministrazioni pubbliche”, fermo restando che tutti i collaudatori devono possedere qualificazione rapportata alla tipologia e caratteristiche del contratto e requisiti di moralità, competenza e professionalità.

32.2.- La novità costituita dalla lettera b) appare, in via di principio, opportuna, in coordinamento con la modifica apportata dall’articolo 39 dello schema in esame, all’articolo 141, comma 3, lettera i), che ha lo scopo di estendere ai settori speciali la disciplina dell’articolo 116 in tema di collaudo e verifica di conformità.

Nondimeno, per come formulata, la novella appare per un verso incongrua (nella parte in cui – al comma 4, lettera b) – fa riferimento alle figure dei “concessionari” e degli “operatori economici”, cui non è in alcun modo attribuito il potere di nomina della commissione) e, per altro verso, distonica (laddove – nell’intento di integrare la disciplina dei contratti relativi ai settori speciali, in ragione della qualificante presenza, quali stazioni appaltanti o enti concedenti, di soggetti privati, nella forma di imprese pubbliche o di soggetti titolari di diritti speciali o riservati – genera un vuoto di disciplina, in relazione alla nomina dei collaudatori nei settori ordinari, nei casi in cui l’aggiudicazione non sia operata da amministrazioni pubbliche).

In altri termini, la formulazione proposta nello schema di decreto oscilla, con irrisolta ambiguità, tra una distinzione (di matrice oggettiva) tra gli ambiti della contrattazione (nei settori ordinari ovvero in quelli speciali) e una distinzione (di tipo soggettivo) ancorata alla natura (formalmente pubblica o privata) delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti.

Osserva la Sezione che – trattandosi, nella manifestata intenzione normativa, di modulare il potere di nomina della commissione di collaudo in ragione della natura pubblica o privata del committente – sia rilevante e decisivo, al fine di orientare ad una più congrua riformulazione, il secondo criterio. La coerenza dell’intervento va, perciò, recuperata espungendo il riferimento all’ambito dei settori speciali, in modo da salvaguardare anche la posizione dei committenti privati che, come gli organismi di diritto pubblico, operino nell’ambito dei settori ordinari.

Si ritiene quindi che, in tema di nomina dei collaudatori, la diversità della disciplina si giustifichi a seconda che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, nei settori speciali, siano o non siano amministrazioni pubbliche.

Pertanto, si suggerisce la seguente riformulazione dell’articolo 116, comma 1, lettera b): “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti che non sono amministrazioni pubbliche nominano da uno a tre collaudatori di cui almeno uno deve essere individuato tra il personale di amministrazioni pubbliche. Tutti i collaudatori devono possedere qualificazione rapportata alla tipologia e alle caratteristiche del contratto e requisiti di moralità, competenza e professionalità”.

In coerenza con tale inciso, nella lettera a) va aggiunta, dopo “le stazioni appaltanti” l’espressione “e gli enti concedenti”.

Ancorché non sia interessato dall’intervento del correttivo, tuttavia per coerenza ed univocità della terminologia utilizzata, si formula analogo rilievo relativamente al comma 5.

32.3.- L’inserimento del comma 4-bis sembra rispondere all’esigenza di dettare in una disposizione autonoma la disciplina del compenso dei collaudatori, come d’altronde si evince anche dalla relazione illustrativa.

Risulta pertanto non coerente con detta finalità e con la nuova sistemazione dei commi in esame il mantenimento, nel secondo e terzo periodo del nuovo comma 4-bis, della disposizione finalizzata a regolare, non il compenso, ma l’individuazione dei collaudatori, in caso di collaudo statico e in caso di carenza nell’organico della stazione appaltante.

Si suggerisce pertanto lo spostamento dei due periodi secondo e terzo del comma 4-bis nella parte iniziale del comma 4-bis stesso, seguiti dall’attuale primo periodo.

32.4.- Sul comma 4-ter e sulle modifiche apportate al comma 6 non vi sono rilievi

33.- Articolo 33 (Modifiche all’articolo 119 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

33.1.- L’articolo 33 dello schema di decreto interviene sull’articolo 119 del Codice, che detta la disciplina del subappalto.

Per favorire la partecipazione alle procedure di affidamento delle piccole e medie imprese, la disposizione in esame, al comma 1, lettera a), interviene sul comma 2 dell’articolo 119, inserendovi altri due periodi dopo il quarto, al fine di prevedere che i contratti di subappalto debbano essere stipulati, in misura non inferiore al 20% delle prestazioni “subappaltabili”, con piccole e medie imprese (quinto periodo).

Sebbene nella prima parte della relazione illustrativa si specifichi che sarebbero stati fatti “salvi comunque i casi in cui la stazione appaltante accerti l’impossibilità di applicazione di tale soglia per ragioni legate all’oggetto o alle caratteristiche delle prestazioni o al mercato di riferimento, da motivare nella delibera a contrarre”, tuttavia di tale facoltà della stazione appaltante non vi è traccia nello schema di modifica, mentre nell’ultimo periodo (aggiunto cioè come sesto del comma 2) si prevede quanto segue: “Gli operatori economici possono indicare nella propria offerta una diversa soglia di affidamento delle prestazioni subappaltabili alle piccole e medie imprese per ragioni legate all’oggetto o alle caratteristiche delle prestazioni o al mercato di riferimento”.

Ne consegue che la deroga è affidata all’appaltatore (anziché alla stazione appaltante) in sede di presentazione dell’offerta.

Inoltre, nella relazione si precisa che “per incentivare il rispetto della soglia ordinaria del 20%, si prevede tuttavia che il livello di ricorso al subappalto riservato alle PMI sia incluso tra i criteri di aggiudicazione dell’offerta”. Nondimeno l’indicazione non trova riscontro nel corpo dell’articolato. Si può ritenere che tale contraddizione sia solo apparente e dovuta ad un errore di inquadramento della problematica nella relazione, poiché la previsione di incentivazione è un vincolo autoapplicativo automatico a carico dell’affidatario che intenda ricorrere al subappalto, con la sola eccezione della giustificazione preventiva, da inserire nella domanda di gara relativamente ad un percentuale inferiore di subappalto “riservato” (e senza perciò che entrino in gioco i criteri e dunque i punteggi di aggiudicazione della gara).

33.2.- La formulazione della disposizione presenta profili di criticità, non essendo chiaro, ed essendo anzi fuorviante, il riferimento alle prestazioni “subappaltabili”, piuttosto che a quelle che l’operatore economico intende in concreto subappaltare. Invero, soltanto rispetto a queste ultime appare coerente la previsione di una percentuale da riservare a PMI, non potendosi certo comprimere la libertà di iniziativa economica e di organizzazione imprenditoriale dell’operatore economico che intenda eseguire integralmente in proprio le prestazioni.

Si rende, perciò, necessario sostituire, nel periodo in questione, l’inciso “prestazioni subappaltabili” con “prestazioni che si intende subappaltare”.

33.3.- Nessun rilievo sul comma 2-bis (che prevede l’inserimento delle clausole di revisione prezzi nei contratti di subappalto), inserito dalla lettera b), e sulla modifica al comma 8 (di correzione di mero refuso di rinvio), disposta dalla lettera c).

33.4.- Con il comma 1, lettera d), la disposizione in esame interviene sul comma 12 dell’articolo 119 del Codice, il quale, in riferimento agli standard qualitativi e prestazionali previsti dal contratto di appalto, non ha riguardo all’ambito “del c.d. subappalto a cascata” (come erroneamente detto nella relazione illustrativa), bensì alle prestazioni oggetto di ogni subappalto.

Il comma 12 dell’articolo 119 è infatti una norma sostanzialmente riproduttiva del comma 14 del previgente articolo 105 del decreto legislativo n. 50 del 2016, che vietava il c.d. subappalto a cascata.

Nel testo attuale del primo periodo dell’articolo 119, comma 12, sono contenute due disposizioni distinte: a) una, a tutela della stazione appaltante, dispone che “il subappaltatore, per le prestazioni affidate in subappalto, deve garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto”; b) l’altra, a tutela dei lavoratori, dispone che il subappaltatore deve “riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale” (primo periodo, ultimo inciso), precisando (nel secondo periodo) che “il subappaltatore è tenuto ad applicare i medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro del contraente principale, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto oppure riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale”.

A seguito della modifica prevista dall’articolo 33, lettera d), con la quale il detto secondo periodo è sostituito col seguente: “Il subappaltatore è tenuto ad applicare il medesimo contratto collettivo di lavoro del contraente principale ovvero un differente contratto collettivo, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello applicato dall’appaltatore qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto oppure riguardino le lavorazioni relative alla categoria prevalente e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale”, non è più assicurata l’eccezionalità della disposizione, considerata la previsione generale del “trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale” di cui al primo periodo, ultima parte, dello stesso comma 12. Inoltre quest’ultima disposizione non appare ben coordinata con quella dell’articolo 102 (Impegni dell’operatore economico), laddove è previsto, al comma 1, lettera b), che gli operatori economici partecipanti alla gara si debbano impegnare, tra l’altro, a “[…] garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro irregolare”.

Al fine di realizzare un migliore coordinamento con quest’ultima disposizione e di evitare duplicazioni nell’art. 119, comma 12, si propongono le seguenti riformulazioni:

a) nel primo periodo le parole “e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale” sono soppresse;

b) il secondo periodo è sostituito dal seguente: “Il subappaltatore è tenuto ad applicare il medesimo contratto collettivo di lavoro del contraente principale ovvero un differente contratto collettivo, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele economiche e normative di quello applicato dall’appaltatore”.

33.5.- Infine, il comma 1, lettera e), della disposizione in esame interviene sul comma 20 dell’articolo 119 del Codice, il quale prevede che le stazioni appaltanti rilasciano i certificati necessari per la partecipazione e la qualificazione all’appaltatore, scomputando dall’intero valore dell’appalto il valore e la categoria di quanto eseguito attraverso il subappalto, precisando che i subappaltatori possono richiedere alle stazioni appaltanti i certificati relativi alle prestazioni oggetto di appalto eseguite.

Viene aggiunto il seguente ultimo periodo: “I certificati di cui al secondo periodo possono essere utilizzati dai soli subappaltatori per ottenere o rinnovare l’attestazione di qualificazione”.

Sulla ragione della modifica si concorda con quanto esposto nella relazione illustrativa.

Come drafting, si suggerisce la seguente riformulazione: “I certificati di cui al secondo periodo possono essere utilizzati per ottenere o rinnovare l’attestazione di qualificazione soltanto da parte dei subappaltatori”.

33.6.- Si coglie l’occasione per suggerire l’inserimento alla fine del comma 17 dell’articolo 119 della seguente riformulazione chiarificatrice in merito la disciplina applicabile al c.d. subappalto a cascata, consentito a far data dall’entrata in vigore del Codice, a seguito dell’abrogazione del divieto di cui all’articolo 105, comma 19, del decreto legislativo n. 50 del 2016:

Nel caso in cui l’esecuzione delle prestazioni affidate in subappalto sia oggetto di ulteriore subappalto si applicano a quest’ultimo le disposizioni previste dal presente articolo e da altri articoli del Codice in tema di subappalto”.

34.- Articolo 34 (Modifiche all’articolo 120 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

34.1.- L’articolo 34 dello schema di “correttivo” inserisce nell’articolo 120 del Codice un nuovo comma 15-bis, con il quale si prevede che “fatti salvi gli ulteriori casi previsti dalla legislazione di settore, costituiscono circostanze imprevedibili ai sensi del comma 1, lettera c): […]” le sopravvenienze specificate alle lettere a), b) e c), delle quali la lettera a) riproduce sostanzialmente l’ultimo periodo dell’articolo 120, comma 3, lettera c), attualmente vigente.

Inoltre, la lettera a) dell’articolo in esame aggiunge al comma 1, lettera c), dell’art. 120 le seguenti parole “nelle ipotesi di cui al comma 15-bis”.

Osserva la Sezione che il testo del “correttivo” corre il rischio di rendere eccessivamente rigida e vincolante la tipizzazione, introducendo fattispecie troppo ristrette.

Per evitare tale rischio, l’elencazione del comma 15-bis potrebbe essere mantenuta, ma inserendovi la connotazione di uno scopo meramente esemplificativo.

Inoltre, per rendere più coerente la successione delle previsioni all’interno dell’articolo 120, anche in ragione di quanto si dirà a proposito dei successivi commi 15-ter e 15-quater, si ritiene preferibile che l’elencazione contenuta nel comma 15-bis venga aggiunta alla fine del comma 1, lettera c), con portata appunto esemplificativa.

Si propone, quindi, la seguente riformulazione dell’articolo 120, comma 1 lettera c):

per le varianti in corso d’opera, da intendersi come modifiche resesi necessarie in corso di esecuzione dell’appalto per effetto di circostanze imprevedibili da parte della stazione appaltante, tra cui rientrano, in particolare:

1) le esigenze derivanti da nuove disposizioni legislative o regolamentari o da provvedimenti sopravvenuti di autorità o enti preposti alla tutela di interessi rilevanti;

2) gli eventi naturali straordinari e imprevedibili e i casi di forza maggiore che incidono sui beni oggetto dell’intervento;

3) i rinvenimenti, imprevisti o non prevedibili con la dovuta diligenza nella fase di progettazione, che possano attivare le determinazioni e i provvedimenti di cui al numero 1);

4) le difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non prevedibili dalle parti in base alle conoscenze tecnico-scientifiche consolidate al momento della progettazione”.

Il comma 15-bis risulterebbe, di conseguenza, soppresso.

34.2.- Con la lettera b) dell’articolo 34 si prevede l’inserimento del comma 15-ter del seguente tenore: “Non costituiscono varianti ai sensi del comma 1, lettera c):

a) la sopravvenuta possibilità di utilizzo di materiali, componenti o tecnologie non esistenti al momento della progettazione che possono determinare, senza incremento dei costi, significativi miglioramenti nella qualità dell’opera o di parte di essa, o riduzione dei tempi di ultimazione, a condizione che non alterino considerevolmente i contenuti progettuali;

b) gli interventi imposti dal direttore dei lavori per la soluzione di questioni tecniche emerse nell’esecuzione dei lavori, a condizione che non alterino considerevolmente i contenuti progettuali e che possano essere finanziati con le risorse iscritte nel quadro economico dell’opera”.

Sebbene sia chiaro l’intento della disposizione di rendere più agevole il ricorso a modifiche contrattuali determinate dalle circostanze di cui alle lettere a) e b) del comma 15-ter, la formulazione letterale della disposizione e il suo collegamento col comma 1, lettera c), che, a sua volta prevede una fattispecie derogatoria, determinano un effetto pressoché opposto a quello perseguito.

In realtà, quelle contemplate nel comma 15-ter sono situazioni che non rientrano nella nozione di “circostanze imprevedibili” come fattispecie derogatoria, dato che:

1) quanto alla lettera a), non si tratta di modifiche “resesi necessarie in corso di esecuzione dell’appalto”, ma di modifiche “opportune” sotto il profilo tecnico o economico;

2) quanto alla lettera b), si tratta di modifiche che si possono ritenere ammissibili, in linea con la direttiva, solo in quanto diano luogo a modifiche “non sostanziali”, in contrapposizione alle modifiche definite “sostanziali” dal comma 6 (che costituisce la trasposizione dell’articolo 72, comma 4), perciò modifiche che sarebbero comunque consentite “a prescindere dal loro valore” (la cui previsione è confluita nell’attuale comma 5 dell’articolo 120).

In definitiva, le situazioni elencate nel comma 15-ter hanno natura e portata analoghe a quelle introdotte ex novo, come “modifiche non sostanziali”, nel comma 7 dell’articolo 120.

Si suggerisce quindi di sopprimere il comma 15-ter ed ampliare le previsioni del comma 7, pur non oggetto dell’intervento innovativo, conservandone le attuali lettere a) e b), in modo da integrarle con l’elencazione attualmente contenuta nel 15 ter, secondo il principio di compatibilità.

Ne consegue, pertanto, la seguente riformulazione del comma 7:

Non sono considerate sostanziali, fermi restando i limiti derivanti dalle somme a disposizione del quadro economico e dalle previsioni di cui alle lettere a) b) e c) del comma 6, le modifiche al progetto proposte dalla stazione appaltante ovvero dall’appaltatore con le quali, nel rispetto della funzionalità dell’opera:

a) si assicurino risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare in compensazione per far fronte alle variazioni in aumento dei costi delle lavorazioni;

b) si realizzino soluzioni equivalenti o migliorative in termini economici, tecnici o di tempi di ultimazione dell’opera, ivi compresa la sopravvenuta possibilità di utilizzo di materiali, componenti o tecnologie non esistenti al momento della progettazione che possono determinare, senza incremento dei costi, significativi miglioramenti nella qualità dell’opera o di parte di essa, o riduzione dei tempi di ultimazione;

c) gli interventi imposti dal direttore dei lavori per la soluzione di questioni tecniche emerse nell’esecuzione dei lavori che possano essere finanziati con le risorse iscritte nel quadro economico dell’opera”.

34.3.- Infine, è previsto l’inserimento nell’articolo 120 del comma 15-quater riguardo alla situazione determinata da “errori o omissioni nella progettazione esecutiva che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera o la sua futura utilizzazione” (c.d. errore progettuale).

Tenuto conto della modifica apportata all’articolo 41 del Codice dall’articolo 9 dello schema di correttivo, è condivisibile l’introduzione di tale ulteriore ultimo comma nell’articolo 120.

Se si eliminano i precedenti commi 15-bis e 15-ter, il comma in oggetto verrebbe contraddistinto come comma 15-bis di nuova formulazione (riveniente appunto dalla numerazione consequenziale alla dianzi proposta soppressione dei commi 15-bis e 15-ter in origine contenuti nel correttivo).

Si suggerisce, in definitiva, una riformulazione del (nuovo) comma 15-bis nei termini che seguono:

Fermo restando quanto previsto dall’articolo 41, comma-bis, le stazioni appaltanti verificano in contraddittorio con il progettista e l’appaltatore errori od omissioni nella progettazione esecutiva che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera o la sua futura utilizzazione e individuano tempestivamente soluzioni di progettazione esecutiva coerenti con il principio del risultato”.

35.- Articolo 35 (Modifiche all’articolo 122 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36

La disposizione in esame, al comma 1, lettera a), prevede la soppressione della lettera c) del comma 1 dell’articolo 122 del Codice che viene contestualmente trasposta, in conseguenza della modifica di cui alla lettera b), nella nuova lettera b-bis) al comma 2 del medesimo articolo, al fine di qualificate tale fattispecie come risoluzione automatica del contratto.

Tale fattispecie, in particolare, si configura qualora sia accertata, successivamente all’aggiudicazione, la presenza di una causa automatica di esclusione di cui all’articolo 94, comma 1 in capo all’appaltatore.

Tale modifica rende obbligatoria la risoluzione del contratto in un’ipotesi che, originariamente, costituiva una mera facoltà per le stazioni appaltanti.

In realtà, nell’illustrare la ratio dell’intervento, la relazione evidenzia un fraintendimento nella lettura dell’articolo 122, probabilmente indotto dall’utilizzazione nel primo comma dell’espressione “possono risolvere”.

In effetti, la differenza tra il primo ed il secondo comma dell’articolo 122 non è costituita tanto (o soltanto) dal criterio di valutazione della stazione appaltante (discrezionale o “non automatica”, nel primo comma; automatica, nel secondo), quanto dal fatto che il primo comma recepisce le ipotesi di “risoluzione” (intesa non nel senso dell’istituto della risoluzione contrattuale di diritto interno, che, come è noto, prescinde dai vizi originari dell’accordo contrattuale ed attiene alle fattispecie di inadempimento sopravvenute in corso di rapporto) che sono disciplinate nell’articolo 73 della direttiva 2014/24/UE (la quale, nel dire che “gli Stati membri assicurano che le amministrazioni aggiudicatrici abbiano la possibilità di risolvere un contratto pubblico” almeno nelle “circostanze” ivi elencate e comunque “alle condizioni stabilite dal diritto nazionale applicabile”, pone chiaramente uno standard minimo di potestà, connaturalmente facoltativa, ma non uno standard massimo invalicabile circa l’an dell’esercizio del relativo potere). Di conseguenza, la distinzione tra ipotesi discrezionali ed obbligatorie di risoluzione rientra tra quelle “condizioni stabilite dal diritto nazionale applicabile” cui rinvia la direttiva e che, una volta rispettato lo standard minimo di quest’ultima, sono indifferenti dal punto di vista di un suo corretto recepimento.

Il secondo comma del vigente articolo 122 riguarda le (uniche) sopravvenienze in corso di rapporto che impongono la “risoluzione” (o meglio la cessazione) del rapporto, per il venir meno (dopo il contratto) del requisito speciale della lettera a) o dei requisiti generali della lettera b). Si tratta di fattispecie di diritto interno, che trovano corrispondenza nelle norme della direttiva, relativamente all’espresso rinvio alle “condizioni stabilite dal diritto nazionale applicabile”

Ciò premesso, l’ipotesi del postumo accertamento della carenza dei requisiti in capo all’aggiudicatario – che integra, nella fase evidenziale, una causa di esclusione automatica, ai sensi dell’articolo 94, comma 1, ed attiva, nella fase negoziale, l’illustrato meccanismo risolutorio – ben potrebbe astrattamente rientrare, sotto il profilo della compatibilità con l’articolo 73 della direttiva, sia nel primo che nel secondo comma dell’articolo 120. La soluzione prevista dallo schema di decreto in esame, tuttavia, non sembra coerente con il superiore principio del risultato, che sollecita semmai, senza automatismi risolutori, la conservazione di un potere discrezionale in capo alla stazione appaltante, che è messa in grado di apprezzare gli interessi correlati allo stato di fatto in concreto connesso al grado di avvenuta esecuzione del contratto.

Si suggerisce, quindi, la soppressione dell’articolo 35 del “correttivo”, per le ragioni appena esposte circa l’opportuna flessibilità da riconoscere nell’ipotesi “risolutiva” considerata.

36.- Articolo 36 (Modifiche all’articolo 123 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

La disposizione in esame, al comma 1, apporta una modifica di coordinamento all’articolo 123, comma 1 del Codice, introducendo il riferimento all’articolo 11 dell’Allegato II.14, il quale disciplina le ipotesi di recesso.

Nessun rilievo.

37.- Articolo 37 (Modifiche all’articolo 125 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

37.1.- L’articolo 37 dello schema di decreto interviene sull’articolo 125 del Codice, dedicato alle modalità e ai termini di pagamento del corrispettivo, e, in particolare, sul comma 1, che ne disciplina le modalità di anticipazione.

L’unico comma dell’articolo 37 sostituisce i primi quattro periodi del comma 1 con sei periodi. I quattro periodi sono divenuti sei in quanto il primo periodo è stato suddiviso in due parti, oltre che modificato nel contenuto, e il quarto periodo è stato introdotto nel comma 1 dell’articolo 37 dallo schema di decreto.

37.2.- Il primo periodo del comma 1, così come novellato, diversifica le soglie di anticipazione del prezzo e non contiene più la regola relativa al termine entro il quale deve essere corrisposta, contenuta nel novellato secondo periodo.

In particolare, esso distingue la percentuale dell’anticipazione a seconda del valore del contratto, sicché la percentuale è “pari al 20 per cento per i contratti di importo inferiore a 500 milioni di euro, al 15 per cento per i contratti di importo compreso tra 500 milioni e 5 miliardi di euro e al 10 per cento per i contratti di importo pari o superiore a 5 miliardi di euro”.

È superata quindi la percentuale unica del 20%.

L’effetto è quello di ricalibrare l’entità dell’anticipazione rispetto al valore del contratto e di contenerla con riferimento ai contratti di importo più elevato.

Detto ultimo effetto, garantisce, pur modificandolo, il contemperamento delle due esigenze sottese all’istituto: le esigenze di liquidità dell’impresa, alle quali è funzionale la corresponsione delle risorse finanziarie necessarie all’avvio delle attività dedotte in contratto, e le prerogative delle stazioni appaltanti di stimolo alla tempestiva esecuzione delle commesse pubbliche.

Quest’ultima è assicurata, così come evidenziato nella relazione illustrativa, dal controllo del rispetto del cronoprogramma, in quanto i successivi pagamenti (rispetto all’anticipazione) avvengono in corrispondenza dell’avanzamento nell’esecuzione del contratto.

Il contenimento dell’importo dell’anticipazione per i contratti di ammontare più elevato si pone in linea con la rilevanza assunta dalla tempestività di esecuzione dei contratti pubblici.

37.3.- Un’analoga diversificazione è introdotta rispetto all’incremento discrezionale aggiuntivo dell’anticipazione.

Il quarto periodo, così come novellato, prevede infatti che l’anticipazione possa essere incrementata “fino al 30 per cento per i contratti di importo inferiore a 500 milioni di euro, fino al 20 per cento per i contratti di importo compreso tra 500 milioni e 5 miliardi di euro e fino al 15 per cento per i contratti di importo pari o superiore a 5 miliardi di euro”, in luogo della precedente percentuale massima unica del 30%.

Nel rispetto della discrezionalità dell’incremento aggiuntivo (“può essere previsto un incremento dell’anticipazione del prezzo”) detta modifica condivide con quella di cui al primo periodo l’effetto di calibrare e contenere l’anticipazione rispetto ai contratti di maggiore importo, individuando la percentuale massima aggiuntiva in funzione decrescente rispetto all’aumentare dell’importo contrattuale.

37.4.- Il secondo periodo, così come novellato, specifica che il termine dal quale far decorrere i quindici giorni per la corresponsione dell’anticipazione è individuato nella consegna dei lavori o nell’avvio dell’esecuzione in via d’urgenza.

A seguito della novella l’ambito oggettivo di applicazione della suddetta regola è limitato espressamente ai soli “appalti di lavori”.

La modifica è funzionale a esplicitare detta regola (così superando le criticità interpretative evidenziate nella relazione illustrativa), comunque desumibile dal primo comma dell’articolo 37 del Codice.

Quest’ultimo infatti detta, nel primo periodo, la regola generale del decorso del termine quindicinale “dall’effettivo inizio della prestazione anche nel caso di consegna dei lavori o di avvio dell’esecuzione in via d’urgenza” e prevede, nel quarto periodo, una disposizione destinata specificamente ai contratti pluriennali di servizi e forniture (“dall’effettivo inizio della prima prestazione utile relativa a ciascuna annualità, secondo il cronoprogramma delle prestazioni”), così consentendo, seppur in via interpretativa, di desumere per differenza la medesima esegesi esplicitata con la novella.

37.5.- Viene introdotta, nel terzo periodo, così come novellato, una specifica disciplina dell’anticipazione con riferimento all’appalto integrato, che distingue la corresponsione della stessa in relazione alle due fasi che connotano detta specifica tipologia di appalto, la progettazione e l’esecuzione.

L’effetto è quello di evitare possibili incertezze in merito all’applicazione dell’istituto dell’anticipazione all’appalto integrato, in ragione delle ridette peculiarità.

37.6.- Viene specificato, nel sesto periodo, così come novellato, che il valore dell’anticipazione è calcolato facendo riferimento al parametro di ciascuna annualità contabile nel (solo) caso di contratti pluriennali “di servizi e forniture”.

La finalità dell’intervento, per come illustrata anche nella relazione illustrativa, è quella di distinguere in modo esplicito il parametro per il calcolo della percentuale dell’anticipazione a seconda che si tratti di “contratti pluriennali di servizi e forniture”, il cui riferimento è costituito dal valore delle prestazioni di ciascuna annualità, o di contratti di lavori, il cui parametro è costituito dall’intero valore contrattuale.

Il risultato è ottenuto ponendo a raffronto la regola generale dettata nel primo periodo e quella contenuta nel sesto periodo, destinata specificamente ai contratti pluriennali di servizi e forniture, così deducendosi che la prima regola si applica, per differenza, ai soli contratti di lavori.

Senonché, in tal caso, il risultato è raggiunto con una modalità non scevra da opacità, derivante non solo dal fatto che esso si ricava per deduzione, ma anche dal fatto che il primo periodo contiene una duplice regola: quella di indicare, per tutti i contratti, le soglie dell’anticipazione a seconda del valore degli stessi (sulla quale è intervenuta la novella, come già illustrato) e quella di stabilire, per i soli contratti di lavori, che la percentuale va calcolata rispetto all’importo dell’intero contratto.

In altri termini, mentre la prima regola è dettata esplicitamente con riferimento a tutti i contratti, la seconda riguarda solo i contratti di lavori ed è implicita, desumendosi appunto per differenza con quanto espressamente previsto nel sesto periodo per i soli contratti di servizi e forniture.

Per esigenze di chiarezza, si propone pertanto, sulla falsariga della modifica già apportata dalla novella alla regola sul decorso del termine per il pagamento dell’anticipazione (secondo periodo, di cui al precedente punto 4), la riformulazione del primo periodo in modo da limitare il contenuto all’indicazione, per tutti i contratti, delle soglie dell’anticipazione a seconda del valore degli stessi.

Detta riformulazione, in quanto volta a distinguere il regime dell’anticipazione nel caso di contratti di lavoro, da un lato, e di contratti di servizi e forniture, dall’altro lato, richiede di intervenire su più periodi al fine di raggiungere il risultato proposto, posizionando all’inizio le regole valevoli per tutti i contratti, per poi specificare le prescrizioni destinate alle singole tipologie di contratto.

37.7- In definitiva, si suggerisce la seguente riformulazione complessiva dei primi sei periodi dell’articolo 125 del Codice, quali risultanti dalla integrazione operata con il “correttivo”:

“L’importo dell’anticipazione del prezzo è pari al 20 per cento per i contratti di importo inferiore a 500 milioni di euro, al 15 per cento per i contratti di importo compreso tra 500 milioni e 5 miliardi di euro e al 10 per cento per i contratti di importo pari o superiore a 5 miliardi di euro. Con i documenti di gara può essere previsto un incremento dell’anticipazione del prezzo fino al 30 per cento per i contratti di importo inferiore a 500 milioni di euro, fino al 20 per cento per i contratti di importo compreso tra 500 milioni e 5 miliardi di euro e fino al 15 per cento per i contratti di importo pari o superiore a 5 miliardi di euro. Nel caso di appalti di lavori l’anticipazione, calcolata sull’importo dell’intero contratto, è corrisposta all’appaltatore entro quindici giorni dall’effettivo inizio della prestazione, corrispondente alla consegna dei lavori anche nel caso di avvio dell’esecuzione in via d’urgenza, ai sensi dell’articolo 17, commi 8 e 9. In caso di ricorso all’appalto integrato ai sensi dell’articolo 44, l’anticipazione del prezzo è calcolata e corrisposta distintamente per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori. Tali disposizioni non si applicano ai contratti di forniture e servizi indicati nell’allegato II.14. Per i contratti pluriennali di servizi e forniture l’importo dell’anticipazione deve essere calcolato sul valore delle prestazioni di ciascuna annualità contabile, stabilita nel cronoprogramma dei pagamenti, ed è corrisposto entro quindici giorni dall’effettivo inizio della prima prestazione utile relativa a ciascuna annualità, secondo il cronoprogramma delle prestazioni”.

38.- Articolo 38 (Modifiche all’articolo 126 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

38.1.- L’articolo 38 interviene sull’articolo 126 del Codice, dedicato alle penali (comma 1) e ai premi di accelerazione (comma 2).

Quanto alle prime, vengono aumentate, nel primo comma, la percentuale minima e la percentuale massima dell’intervallo per il relativo calcolo, compreso fra il minimo dello 0,5 per mille e il massimo dell’1,5 per mille (articolo 38, comma 1, lettera a), in luogo dei precedenti 0,3 per mille e 1 per mille.

La modifica rende maggiormente significativo l’importo delle penali.

È quindi finalizzata a rendere più incisivo l’incentivo per gli appaltatori al rispetto dei tempi di esecuzione dei contratti.

In tal senso risulta aderente allo specifico criterio di delega dettato sul punto dall’articolo 1, comma 1, lettera hh), della legge n. 78 del 2022 (“razionalizzazione della disciplina concernente i meccanismi sanzionatori e premiali finalizzati a incentivare la tempestiva esecuzione dei contratti pubblici da parte dell’aggiudicatario, anche al fine di estenderne l’ambito di applicazione”).

Pertanto non si formula alcun rilievo.

38.2.- Quanto ai premi di accelerazione, il comma 1, lettera b), dell’articolo 38 dello schema di decreto introduce, nel comma 2, la regola del necessario inserimento nella legge di gara della previsione del premio di accelerazione (punto 1), che sostituisce la mera facoltà di detto inserimento.

È demandato alla stazione appaltante di stabilire “l’ammontare del premio secondo soglie progressive, in ragione dell’interesse all’esecuzione anticipata dei lavori”, e di determinare “gli scaglioni temporali, al cui raggiungimento il premio è riconosciuto” (punto 2).

Nel contempo il punto 3.1 della lettera b) abroga il criterio di determinazione previsto dall’articolo 126, comma 2, del Codice, basato sugli “stessi criteri stabiliti per il calcolo della penale”.

La novella ha quindi introdotto l’obbligo di corresponsione dei premi di accelerazione (rispetto al quale la lex specialis è meramente ripetitiva), senza disciplinare i criteri di riconoscimento degli stessi. Né rileva a tal fine la specificazione, contenuta in un successivo periodo, non novellato, in ordine alla voce del quadro economico (“imprevisti”) dal quale attingere le somme.

L’omessa previsione di una modalità di quantificazione del premio di accelerazione suscita perplessità, in costanza dell’obbligo di corrispondere il premio (al ricorrere dei presupposti), in quanto lo rende inattuabile. E ciò tanto più considerato che nella relazione illustrativa si evidenzia come la ratio delle modifiche alla disciplina dei premi di accelerazione sia la medesima della novella relativa alle penalità, cioè quella di “incentivare gli appaltatori a rispettare i tempi di esecuzione dei contratti”, senza peraltro approfondire le peculiarità del premio di accelerazione, che remunera un risparmio di tempo ulteriore rispetto al termine di conclusione dei lavori, che la stessa amministrazione ha ritenuto compatibile con gli interessi che è tenuta a perseguire e il cui rispetto è compensato dal prezzo dell’appalto.

Inoltre, il punto 3.2 della lettera b) dell’articolo 38 dello schema di decreto mantiene, nello stesso comma 2 dell’articolo 126 del Codice, il riferimento temporale, per la corresponsione del premio, alla previa approvazione del certificato di collaudo da parte della stazione appaltante. Nel contempo introduce, quale condizione ulteriore per il relativo riconoscimento, “che siano garantite le condizioni di sicurezza a tutela dei lavoratori impiegati nell’esecuzione” (punto 3.2 della lettera b) che, per quanto imponga al committente l’onere di effettuare specifiche verifiche in sede esecutiva, persegue l’obiettivo di rispettare la “inderogabilità delle misure a tutela del lavoro” e di implementare misure di “contrasto al lavoro irregolare”, di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge n. 78 del 2022.

Rispetto alla modalità scelta dallo schema di decreto per formulare la novella sul punto, si osserva che il comma 1, lettera b), punto 3.2 dell’articolo 38 dello schema di decreto dispone, con riferimento al secondo periodo del comma 2, che “sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “, sempre che l’esecuzione dei lavori sia conforme alle obbligazioni assunte e che siano garantite le condizioni di sicurezza a tutela dei lavoratori impiegati nell’esecuzione””.

Senonché, alla fine del secondo periodo del comma 2 dell’articolo 38 del Codice è già presente la prima proposizione asseritamente da aggiungere, cioè “sempre che l’esecuzione dei lavori sia conforme alle obbligazioni assunte”. Sicché è solo il secondo periodo contenuto nel punto 3.2, cioè “e che siano garantite le condizioni di sicurezza a tutela dei lavoratori impiegati nell’esecuzione”, che deve essere aggiunto.

Appare, in definitiva, opportuno suggerire la seguente riformulazione dell’articolo 126, comma 2:

Per gli appalti di lavori la stazione appaltante prevede nel bando o nell’avviso di indizione della gara che, se l’ultimazione dei lavori avviene in anticipo rispetto al termine fissato contrattualmente, sia riconosciuto un premio di accelerazione per ogni giorno di anticipo. L’ammontare del premio è commisurato, nei limiti delle somme disponibili, indicate nel quadro economico dell’intervento alla voce ‘imprevisti’, ai giorni di anticipo ed in proporzione all’importo del contratto o delle prestazioni contrattuali, in conformità ai criteri definiti nei documenti di gara e secondo scaglioni temporali e soglie prestazionali progressive, ed è corrisposto a seguito dell’approvazione da parte della stazione appaltante del certificato di collaudo, sempre che l’esecuzione dei lavori sia conforme alle obbligazioni assunte e che siano garantite le condizioni di sicurezza a tutela dei lavoratori impiegati nell’esecuzione. La stazione appaltante riconosce un premio di accelerazione determinato sulla base dei criteri indicati nel terzo periodo anche nel caso in cui il termine contrattuale sia legittimamente prorogato, qualora l’ultimazione dei lavori avvenga in anticipo rispetto al termine prorogato. Il termine di cui al terzo periodo si computa dalla data originariamente prevista nel contratto”.

38.3.- Il punto 4 della lettera b) dell’articolo 38 dello schema di decreto modifica il quarto periodo del comma 2 dell’articolo 126 del Codice per ragioni di coordinamento con l’obbligo di inserire nella legge di gara il premio di accelerazione (di cui al primo periodo novellato del comma 2).

È quindi disposto che “la stazione appaltante riconosce” il premio, in luogo della previsione della mera facoltà di riconoscimento da parte della stazione appaltante.

Nessun rilievo.

38.4.- Con il punto 4 della lettera b) dell’articolo 38 dello schema di decreto si provvede a correggere, senza modifiche di rilievo, la formulazione letterale del periodo in altri due punti, sempre a cagione della necessità di assicurarne il coordinamento con la novellata formulazione dei periodi precedenti. Viene, in particolare, soppressa la parola “predetti” e vengono inserite le parole “indicati nel terzo periodo” dopo la parola “criteri”.

Nessun rilievo.

38.5.- La lettera c) dell’articolo 38 dello schema di decreto introduce il comma 2-bis all’articolo 126 del Codice.

È riconosciuta alle stazioni appaltanti la facoltà di prevedere premi di accelerazione anche in caso di appalti di servizi e forniture.

La disposizione risponde al criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera hh), della legge n. 78 del 2011. Esso, ponendo l’obiettivo della “razionalizzazione della disciplina concernente i meccanismi sanzionatori e premiali finalizzati a incentivare la tempestiva esecuzione dei contratti pubblici da parte dell’aggiudicatario, anche al fine di estenderne l’ambito di applicazione”, richiede un’estensione della disciplina, senza differenziare i contratti di lavori dai contratti di servizi e forniture.

In tale prospettiva la previsione di premi di accelerazione per l’esecuzione di appalti di servizi e forniture risulta coerente con il criterio di delega, pur configurandola in termini di facoltà, e non di obbligo, diversamente dalla disciplina relativa ai contratti di lavori, in ragione della diversa incidenza che il fattore tempo assume in tali tipologie di contratti.

Nessun rilievo.

38.6.- È poi specificato, nel secondo periodo del comma 2-bis, che, “in tal caso, la stazione appaltante determina, in modo chiaro e inequivoco, i casi in cui sia riconosciuto il premio di accelerazione e ne determina l’ammontare in conformità con i criteri di cui al comma 2”.

Nondimeno, il comma 2 novellato non contiene più il riferimento, per la determinazione dei premi di accelerazione, ai criteri di quantificazione delle penali, né disciplina parametri alternativi. Pertanto risulta inconferente il riferimento ai criteri di cui al comma 2.

Tuttavia, il secondo periodo del comma 2-bis dell’articolo 126 del Codice reca già il riferimento all’onere della stazione appaltante di determinare, “in modo chiaro e inequivoco, i casi in cui sia riconosciuto il premio di accelerazione”.

Si può comunque ritenere che, con riferimento ai contratti di servizi e forniture, il legislatore abbia inteso demandare alla stazione appaltante, seppur con una formulazione da perfezionare, di determinare i criteri di riconoscimento dei premi di accelerazione, così assicurando l’applicabilità del sistema premiale allorquando essa stabilisce, nella legge di gara, di riconoscerli. È così assicurata coerenza al sistema in quanto la stazione appaltante, se esercita la facoltà di riconoscere i premi, ne determina anche i criteri di riconoscimento.

Con riferimento al comma 2-bis dell’articolo 126 del Codice, si propone pertanto la seguente riformulazione del solo secondo periodo:

In tal caso, la stazione appaltante determina, nel bando o nell’avviso di indizione della gara, i criteri per il riconoscimento del premio di accelerazione e per la determinazione del relativo ammontare”.

38.7.- Con l’occasione, sembra opportuno segnalare che gli istituti in esame (penali e premi) sono destinati ad essere applicabili anche agli affidamenti diretti, per i quali non esiste una disciplina espressa. Occorrerebbe, in proposito, procedere, in termini generali, ad una puntuale ricognizione degli istituti applicabili agli affidamenti diretti, intervenendo, a fini di chiarificazione, sull’articolo 17, comma 2, del Codice, onde evitare le controversie potenzialmente derivanti dall’applicazione analogica in sede giurisdizionale.

39.- Articolo 39 (Modifiche all’articolo 141 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

39.1.- L’articolo 39 dello schema di decreto interviene sull’articolo 141 del Codice, che individua l’ambito soggettivo di applicazione del Libro III (“Dell’appalto nei settori speciali”), nonché le disposizioni generali degli altri Libri del Codice applicabili ai settori speciali.

39.2.- Il comma 1 lettera a), dell’articolo 39 dello schema di decreto modifica il comma 3 dell’articolo 141 del Codice, nel quale sono indicate le disposizioni dei Libri I e II del Codice che trovano applicazione nell’ambito dei settori speciali.

Il punto 1 introduce, nell’elenco delle disposizioni generali degli altri Libri del Codice applicabili ai settori speciali, la lettera “g-bis)”, che prevede l’applicazione ai settori speciali dell’articolo 106 (“nell’ambito del Libro II, Parte V, Titolo IV, l’articolo 106”).

Il successivo punto 2 ha sostituito la lettera i) del comma 3 dell’articolo 141 del Codice, così rendendo applicabili ai settori speciali anche gli articoli 116, 117 e 125 del Codice e facendo venir meno l’applicabilità del comma 2 dell’articolo 120, invece prevista nella versione non novellata della lettera i) dell’articolo 141, comma 3, del Codice.

Il punto 3 ha aggiunto all’elenco la lettera i-bis), recante il riferimento, nel novero delle disposizioni applicabili ai settori speciali, agli articoli da 215 a 219.

Gli articoli 106 e 117 del Codice disciplinano rispettivamente le garanzie per la partecipazione alla procedura e le garanzie definitive, costituite in sede di sottoscrizione del contratto di appalto.

La ricomprensione di detti articoli nell’ambito delle disposizioni che trovano applicazione nei settori speciali è funzionale, secondo la relazione illustrativa, a uniformare la disciplina e a consentire anche agli operatori economici che operano nei settori speciali di poter usufruire dei benefici che il Codice ha previsto nella disciplina delle garanzie, quali ad esempio lo svincolo progressivo delle fideiussioni prestate, oltre che, in generale, a superare i “disallineamenti testuali” emersi “in sede di consultazione”.

Non si formulano pertanto rilievi sul punto.

39.3.- Il rinvio all’articolo 116 del Codice estende ai settori speciali il procedimento di collaudo proprio dei settori ordinari, così assicurando “in tutti i settori (ordinari e speciali) un uniforme accertamento delle caratteristiche tecniche e qualitative delle opere prima della loro messa in esercizio, secondo controlli e verifiche minime standard” (così la relazione illustrativa).

Attesa la funzione riconosciuta al collaudo quale momento necessario per la verifica della conformità dell’esecuzione degli appalti (articolo 1165 c.c.), al quale fa riferimento la stessa direttiva n. 2014/25/UE, seppur implicitamente (Allegato VIII), la novella risulta rispettosa dell’obiettivo di “stretta aderenza alle direttive europee, mediante l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione corrispondenti a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse”, di cui al criterio di delega enunciato nell’articolo 1, comma 2, lettera a), della legge n. 78 del 2022.

Non si formulano pertanto rilievi.

39.4.- La novella perimetra l’applicazione dell’articolo 120, escludendo l’applicazione ai settori speciali del comma 2 dell’articolo 120 del Codice, per la rimanente parte applicato a detti settori.

Il comma 2 dell’articolo 120 circoscrive nel limite del 50% del valore iniziale del contratto l’ammissibilità delle modifiche contrattuali in fase esecutiva, originate dalla sopravvenuta necessità di lavori, servizi o forniture supplementari o da varianti resesi necessarie per effetto di circostanze imprevedibili (comma 1, rispettivamente lettera b) e lettera c).

Non si formulano rilievi sul punto.

39.5.- Il riferimento alla disciplina dell’articolo 125 del Codice, introdotto dalla novella, determina l’applicazione dell’istituto dell’anticipazione ai settori speciali.

La relazione illustrativa dà conto di una generale esigenza di superare i “disallineamenti testuali” emersi durante le consultazioni.

Non si formulano rilievi sul punto.

39.6.- La novella introduce il riferimento agli articoli da 215 a 219 del Codice al fine di chiarire che la disciplina relativa al collegio consultivo tecnico si applica anche ai settori speciali.

Le norme sul collegio consultivo tecnico danno attuazione al criterio direttivo della legge delega concernente “estensione e rafforzamento dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto” (articolo 1, comma 2, lettera ll), della legge n. 78 del 2022).

Detto criterio è rivolto all’esecuzione del contratto senza ulteriore specificazione e può ritenersi, anche in ragione del posizionamento della norma quale ultimo criterio di delega, che sia riferito all’esecuzione di ogni contratto, compresi quelli dei settori speciali, atteso che il parametro è dettato dopo aver previsto i criteri direttivi relativi ai settori ordinari e alle specifiche tipologie di contratto.

Nessun rilievo.

39.7.- Il comma 1 lettera b) dell’articolo 39 dello schema di decreto introduce, dopo il comma 3 dell’articolo 141 del Codice, il comma 3-bis, ai sensi del quale “Per i servizi di ricerca e sviluppo trova applicazione quanto previsto dall’articolo 135”.

La disposizione si pone in continuità con quanto previsto in precedenza dall’articolo 114, comma 6, del Codice previgente.

Non si formulano rilievi sul punto.

39.8- Il comma 1, lettera c), dell’articolo 39 dello schema di decreto modifica il comma 4 dell’articolo 141 sostituendo il riferimento iniziale alle imprese pubbliche e ai soggetti titolari di diritti speciali o esclusivi con quello alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti operanti nei settori speciali. La modifica interviene quindi sulla definizione dei soggetti ai quali si riferiscono le proposizioni introdotte con le lettere a), riguardante l’istituzione e la gestione sistemi di qualificazione degli operatori economici, b), relativa al RUP, e c), afferente alle varianti in corso d’opera.

In tal modo, secondo la relazione illustrativa, viene risolto un mancato coordinamento delle previsioni contenute nel comma 4 dell’articolo 141 e nell’articolo 162, comma 1, del Codice, quanto al profilo soggettivo di applicazione delle due disposizioni con riferimento ai sistemi di qualificazione.

Senonché la modifica introdotta dalla novella nel comma 4 dell’articolo 141 non impatta soltanto sull’ambito soggettivo di applicazione della lettera a), riferito appunto ai sistemi di qualificazione, così come l’articolo 162, ma anche sull’ambito soggettivo di applicazione delle lettere b) e c).

Detto aspetto non è approfondito dalla relazione, pur rilevandosi come i poteri di adottare una disciplina specifica sulle funzioni del RUP sono riconosciuti dalla lettera b) del comma 4 dell’articolo 141 del Codice proprio in ragione della natura giuridica e dell’organizzazione delle imprese pubbliche e dei privati titolari di diritti speciali o esclusivi, che si distinguono, in tal senso, dalle più ampie nozioni di stazioni appaltanti ed enti concedenti, che comprendono anche le amministrazioni aggiudicatrici e quindi le amministrazioni pubbliche secondo le definizioni di cui all’allegato I.1 del Codice.

Né la relazione affronta la tematica dei rapporti fra articolo 141, comma 4, lettera a) ,del Codice e il successivo articolo 162, che, pur facendo riferimento alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti, richiama quanto disposto “ai sensi dell’articolo 141, comma 4, lettera a)”. La stessa relazione al Codice afferma che la disposizione costituisce una “riproduzione” dell’articolo 68 della direttiva n. 2014/25/UE, che fa riferimento alla (diversa) nozione di “ente aggiudicatore” di cui all’articolo 4 della stessa direttiva (nozione richiamata anche nella lettera r) dell’Allegato I.1 del Codice, seppur facendo erroneo riferimento all’articolo 7 della stessa direttiva).

Pertanto, la novella suscita perplessità non soltanto per i motivi appena evidenziati, ma anche in relazione alle modifiche apportate al comma 3, in quanto queste ultime allargano il perimetro delle norme codicistiche applicate ai settori speciali, in contraddizione con l’effetto di attenuazione regolatoria che si verifica in base al comma 4. Poiché entrambe le direzioni di determinazione politica sono in sé perseguibili, ma non simultaneamente, e non ricorrono i presupposti per proporre una riformulazione (che investa entrambi i commi coordinandoli), si rimette alle Autorità proponenti una decisione circa la possibile armonizzazione tra i due principi o sulla prevalenza da attribuire ad uno dei due.

40.- Articolo 40 (Modifiche all’articolo 147 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo 40 dello schema di decreto interviene sull’articolo 147 del Codice, che disciplina il settore speciale dell’elettricità.

L’articolo 40 introduce il comma 2-bis nell’articolo 147 del Codice al fine di escludere dall’applicazione del Codice i contratti stipulati “per la fornitura di energia e di combustibili destinati alla produzione di energia da stazioni appaltanti o enti concedenti che esercitano le attività” nel settore elettricità, analogamente a quanto previsto dall’articolo 146 del Codice per i settori del gas e del calore.

La novella costituisce attuazione della direttiva n. 2014/25/UE, il cui articolo 23 paragrafo 1 lettera b) dispone la menzionata esenzione sia per i settori “gas ed energia termica”, che per il settore “elettricità”.

Non si formulano pertanto rilievi sul punto.

41.- Articolo 41 (Modifiche all’articolo 162 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo 41 dello schema di decreto interviene sull’articolo 162, comma 1, del Codice, che disciplina i sistemi di qualificazione degli operatori economici con riferimento ai settori speciali.

L’articolo 41 aggiunge, alla fine del comma 1 dell’articolo 162, un periodo che facoltizza (“possono”) le stazioni appaltanti e gli enti concedenti a “utilizzare il sistema di qualificazione istituito da un’altra stazione appaltante o ente concedente o da altro organismo terzo, dandone idonea comunicazione agli operatori economici interessati” (con disposizione già prevista nell’articolo 134 del previgente Codice).

La novella costituisce attuazione della direttiva n. 2014/25/UE, il cui articolo 77, paragrafo 2, prevede la possibilità per gli enti aggiudicatori di utilizzare il sistema di qualificazione istituito da un altro ente aggiudicatore o di altro organismo terzo, dandone idonea comunicazione agli operatori economici interessati.

Non si formulano pertanto rilievi sul punto.

42.- Articolo 42 (Modifiche all’articolo 169 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo 42 dello schema di decreto interviene sull’articolo 169, comma 1, del Codice, che consente alle imprese pubbliche e ai soggetti titolari di diritti speciali esclusivi di definire, “ferme le cause di esclusione automatica di cui all’articolo 94”, quali condotte siano rilevanti come “grave illecito professionale” agli effetti degli articoli 95, comma 1, lettera e) e 98.

L’articolo 42 ha modificato la previsione individuando “nel rispetto dei principi di cui all’articolo 98” il perimetro entro il quale può essere esercitata la facoltà di definizione delle cause integranti la causa escludente del grave illecito professionale.

La facoltà di regolamentazione che il Codice ha riconosciuto alle imprese pubbliche e ai soggetti titolari di diritti speciali esclusivi trova la propria ragion d’essere nella disciplina generale recata dal Codice.

Quest’ultima non solo prevede la causa escludente (non automatica) del grave illecito professionale nell’articolo 95, comma 1, lettera e), ma, innovando rispetto alla precedente disciplina, declina, “in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi” nell’articolo 98.

La novella riconduce al perimetro delineato dall’articolo 98 la facoltà di regolamentazione del grave illecito professionale, così venendo incontro all’esigenza, di cui dà conto la relazione illustrativa, di ricondurre la disciplina entro confini precisi, per “evitare criticità interpretative e in un’ottica di armonizzazione complessiva del sistema”.

Il riferimento ai “principi” di cui all’articolo 98 è funzionale a lasciare alle stazioni appaltanti la possibilità di superare la tassatività che connota le condizioni della fattispecie escludente specificate nell’articolo 98.

Nondimeno, dall’articolo 98 non si desumono principi quanto, piuttosto, i criteri sottesi alla disciplina delle condizioni che integrano la fattispecie escludente del grave illecito professionale, declinata in termini concreti, almeno con riferimento agli elementi che in concreto possono integrare la causa escludente e ai relativi mezzi di prova.

Si suggerisce pertanto la seguente riformulazione della novella: “, nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 98,”.

43.- Articolo 43 (Modifiche all’articolo 172 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo interviene integrando il comma 1, lettera b), dell’articolo 172 del Codice, che, nell’ambito dei settori speciali, prevede in capo agli enti aggiudicatori il generale obbligo di relazionare e rilevare in un unico documento le informazioni delle procedure indette.

La modifica si limita a correggere un mero errore materiale di richiamo normativo della disposizione, che, nel prevedere che le succitate informazioni devono essere tali da consentire agli enti aggiudicatori di giustificare le principali decisioni adottate, ricomprende in tali decisioni l’utilizzazione di procedure negoziate non precedute da una gara nei settori ordinari di cui all’articolo 76, piuttosto che, correttamente, l’utilizzazione di procedure negoziate senza pubblicazione di un bando nei settori speciali di cui all’articolo 158.

Nulla da osservare.

44.- Articolo 44 (Modifiche all’articolo 174 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

La modifica interviene sull’articolo 174 del Codice, che ha introdotto una nuova nozione generale di partenariato pubblico-privato, comprensiva sia del partenariato pubblico-privato contrattuale sia del partenariato pubblico-privato istituzionale, modificando il comma 3, primo periodo mediante l’inserimento, con specifico riferimento alle tipologie di partenariato pubblico-privato contrattuale e dopo le parole: “Il partenariato pubblico-privato di tipo contrattuale comprende le figure della concessione,”, della locuzione “anche nelle forme della finanza di progetto”.

L’intervento normativo proposto risulta opportuno, in quanto, pur essendo di mero coordinamento normativo, chiarisce espressamente che l’istituto della finanza di progetto costituisce una forma di concessione e, dunque, rientra nel genus del partenariato pubblico privato.

La modifica risulta, inoltre, coerente sia con la collocazione sistematica del Titolo IV (dedicato alla finanza di progetto), che segue il Titolo III dedicato alle concessioni e precede i successivi Titoli dedicati alla locazione finanziaria e al contratto di disponibilità, sia con quanto indicato nella relazione illustrativa dell’articolo 193 del Codice.

Nessun rilievo da formulare.

45.- Articolo 45 (Modifiche all’articolo 175 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo modifica l’articolo 175 del Codice, in tema di programmazione, valutazione preliminare, controllo e monitoraggio, eliminando la competenza del DIPE e del CIPESS nell’espressione dei pareri per i progetti di notevole rilevanza economica e attribuendola al NARS (che prima veniva solo sentito) e conferendo agli stessi carattere non vincolante.

La nuova formulazione prevede, diversamente dal precedente testo normativo, un unico parere non vincolante per i progetti in PPP di interesse statale oppure finanziati con contributo a carico dello Stato, stabilendo che, con riferimento a quelli di ammontare pari o superiore a 250 milioni di euro, e per i quali non sia già prevista l’espressione del CIPESS, si pronuncia – entro quarantacinque giorni – il Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS). Al riguardo, inoltre, è stata introdotta la seguente locuzione: “Qualora l’amministrazione aggiudicatrice intenda discostarsi dal parere reso, è tenuta a darne adeguata motivazione, dando conto delle ragioni della decisione e indicando, in particolare, la modalità di contabilizzazione adottata”.

Tale integrazione, rispetto alla precedente formulazione, precisa che, stante la natura non vincolante di tale parere, in luogo del carattere prescrittivo delle delibere rese dal CIPESS, debba sussistere anche un obbligo di motivazione, in particolare sulla modalità di contabilizzazione adottata, in caso di mancato recepimento delle prescrizioni impartite dallo stesso NARS.

Inoltre, la novella introduce un nuovo comma 3-bis all’articolo 175 del Codice, al fine di prevedere che, nei casi di progetti di interesse statale o finanziati con contributo a carico dello Stato, per i quali non sia prevista l’espressione del CIPESS, gli enti concedenti interessati a sviluppare i progetti secondo la formula del partenariato pubblico-privato, il cui ammontare dei lavori o dei servizi sia di importo compreso tra 50 milioni di euro (inclusi) e 250 milioni di euro (esclusi), richiedono un parere preventivo non vincolante, ai fini della valutazione preliminare di cui al comma 2, in particolare rispetto all’allocazione dei rischi e ai profili contabili, al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Il predetto parere viene reso entro il termine di quarantacinque giorni dalla richiesta. Analogamente a quanto disciplinato in relazione al parere reso dal NARS ai sensi del comma 3, qualora l’amministrazione aggiudicatrice intenda discostarsi dal parere reso, è tenuta a darne adeguata motivazione, dando conto delle ragioni della decisione e indicando, in particolare, la modalità di contabilizzazione adottata. I suddetti pareri devono essere chiesti prima della pubblicazione del bando di gara in caso di progetto a iniziativa pubblica ovvero prima dell’approvazione del progetto di fattibilità tecnico economica in caso di iniziativa privata.

Di conseguenza, per ragioni di coordinamento, è stato abrogato il comma 4 del medesimo articolo, che prevedeva la facoltà anche per le regioni e gli enti locali, nei casi di particolare complessità dell’operazione contrattuale, di richiedere il parere del DIPE.

La nuova previsione potrebbe comportare per il NARS un aggravio di impegno finanziario per risorse di personale di risorse e mezzi disponibili per poter operare in questo senso, e ciò in violazione del criterio di invarianza dei costi.

Si invita il Governo ad approfondire tale aspetto, eventualmente riconsiderando di restituire la competenza al DIPE. In tale ultimo caso, si invita il Governo a rivalutare l’introduzione del comma 4, in considerazione dell’ausilio che può fornire alle regioni e agli enti locali nei casi di particolare complessità delle operazioni di partenariato. Tale comma potrebbe essere mantenuto anche sostituendo il DIPE con il NARS.

Inoltre, è stata introdotta una novella al comma 7, motivata nella relazione illustrativa dalla rilevanza del monitoraggio delle operazioni di PPP esercitato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) e dal Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, in particolar modo con riferimento al monitoraggio dell’impatto delle spese di investimento sull’indicatore della spesa netta, come richiesto dalle nuove regole della Governance europea.

È stata, invero, introdotta la previsione secondo cui l’adempimento della trasmissione delle informazioni sui contratti stipulati che gli enti concedenti sono tenuti ad operare mediante il portale sul monitoraggio dei contratti di partenariato pubblico privato istituito presso la Ragioneria generale dello Stato costituisce condizione di efficacia degli stessi nel caso di contratti aventi per oggetto la realizzazione di opere o lavori.

La condizione di efficacia di tali contratti è stata introdotta per scoraggiare l’omissione di tale obbligo di trasmissione. Si valuti l’opportunità di tale forte previsione.

Infine, la disposizione in esame introduce il comma 9-bis al citato articolo 175 del Codice, prevedendo che: “Il DIPE, di concerto con l’ANAC e con il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, approva contratti-tipo in materia di partenariato pubblico-privato, con riferimento ai contratti di cui alle parti II, III, IV e V del presente libro”.

Come risulta dalla relazione tecnica, il coinvolgimento del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato nella redazione di tali documenti è stato previsto al fine di verificare la coerenza di tali “format” con le regole Eurostat ed evitare effetti negativi sulla finanza pubblica.

46.- Articolo 46 (Modifiche all’articolo 177 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo in esame dispone la modifica dell’articolo 177, comma 3, del Codice, sopprimendone il primo periodo secondo cui “Il rischio operativo, rilevante ai fini della qualificazione dell’operazione economica come concessione, è quello che deriva da fattori eccezionali non prevedibili e non imputabili alle parti” e lasciando invariato il secondo periodo della disposizione che prevede che “non rilevano rischi connessi a cattiva gestione, a inadempimenti contrattuali dell’operatore economico o a cause di forza maggiore”, e per ragioni di coordinamento premette a tale locuzione le parole: “Ai fini della valutazione del rischio operativo,”.

La modifica è resa necessaria per allineare la formulazione dell’articolo 177 alla direttiva 2014/23/UE in materia di concessioni, e in particolare al considerando n. 20, secondo il cui disposto: “Un rischio operativo dovrebbe derivare da fattori al di fuori del controllo delle parti. Rischi come quelli legati a una cattiva gestione, a inadempimenti contrattuali da parte dell’operatore economico o a cause di forza maggiore non sono determinanti ai fini della qualificazione come concessione, dal momento che rischi del genere sono insiti in ogni contratto, indipendentemente dal fatto che si tratti di un appalto pubblico o di una concessione”.

Il considerando non include, dunque, i “fattori eccezionali” tra quelli rientranti nel rischio operativo, ma si limita a far riferimento ai fattori al di fuori del controllo delle parti.

Tale locuzione, del resto, corrisponde a quella contenuta nello schema del documento trasmesso da questo Consiglio nel dicembre 2022, e che era stata invece modificata prima della pubblicazione del Codice; risulta, quindi, molto opportuno reintrodurla, anche per evitare ambiguità tra il riferimento ai “fattori eccezionali” e agli “eventi sopravvenuti straordinari e imprevedibili” come ordinaria causa di rinegoziazione del contratto, ai sensi dell’articolo 192.

È da condividere, dunque, anche il mantenimento dell’articolo 177, comma 3, secondo periodo, in considerazione della piena vigenza del principio di derivazione euro-unitaria per cui il rischio operativo, rilevante ai fini della qualificazione dell’operazione economica come concessione, è quello che deriva da fattori estranei al controllo delle parti, e invece connesso alle fluttuazioni del mercato, non rilevando, quindi, a tal fine, rischi connessi a cattiva gestione, a inadempimenti contrattuali dell’operatore economico o a cause di forza maggiore.

Si propone al riguardo la seguente riformulazione: “Il rischio operativo, rilevante ai fini della qualificazione dell’operazione economica come concessione, è quello che deriva da fattori al di fuori del controllo delle parti. Non rilevano i rischi connessi a cattiva gestione, a inadempimenti contrattuali dell’operatore economico o a causa di forza maggiore”.

Tale formulazione risulta, invero, più chiara e pienamente rispondente a quella del succitato considerando n. 20 della direttiva 2014/23/UE in materia di concessioni.

47.- Articolo 47 (Modifiche all’articolo 192 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

In materia di revisione del contratto di concessione, l’articolo 192, comma 3, del Codice prevede nel testo attualmente vigente che, nei casi di opere di interesse statale ovvero finanziate con contributo a carico dello Stato per le quali non sia già prevista l’espressione del CIPESS, la revisione è subordinata alla previa valutazione del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei ministri, sentito il Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS), che emette un parere di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.

La nuova disposizione novella il citato articolo 192, comma 3, del Codice, prevedendo come per l’articolo 175 che, nei casi di opere di interesse statale ovvero finanziate con contributo a carico dello Stato per le quali non sia già prevista l’espressione del CIPESS, la revisione sia subordinata direttamente al parere non vincolante del NARS, senza che sia più necessaria l’emissione del parere del DIPE, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.

È stata aggiunta, altresì, negli altri casi, la facoltà dell’ente concedente di sottoporre la revisione al previo parere del NARS.

Come per l’articolo 175, anche in questo caso è stato precisato, che, stante la natura non vincolante di tale parere, qualora l’ente concedente intenda discostarsi dallo stesso è tenuto a darne adeguata motivazione, dando conto delle ragioni della decisione e indicando, in particolare, la modalità di contabilizzazione adottata.

Anche per la modifica di tale norma valgono i rilievi già svolti in ordine all’articolo 175, relativamente al rispetto della clausola di invarianza finanziaria.

Sul piano del drafting, dopo le parole “prevista l’espressione” occorre inserire le parole: “del parere”.

48.- Articolo 48 (Sostituzione dell’articolo 193 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

48.1.- La norma opera una integrale sostituzione dell’articolo 193 del Codice, che disciplina la procedura di affidamento in concessione di lavori o servizi mediante finanza di progetto, chiarendo al primo comma che la stessa può avvenire su iniziativa privata, nelle ipotesi di cui al comma 3, anche per proposte non incluse nella programmazione del partenariato pubblico-privato di cui all’articolo 175, comma 1, ovvero su iniziativa dell’ente concedente, nelle ipotesi di cui al comma 16, per proposte incluse nella programmazione del partenariato pubblico-privato di cui all’articolo 175, comma 1.

Come risulta dalla relazione illustrativa e dalla relazione tecnica, la disposizione in esame è motivata da un lato per dare attuazione agli impegni assunti con il PNRR e per chiarire le modalità applicative dell’istituto per incentivarne ulteriormente l’utilizzo, e dall’altro in considerazione dei rilievi sollevati dalla Commissione europea con la procedura d’infrazione INFR (2018)2273. “Non conformità del diritto italiano alle Direttive 2014/23/EU, 2014/24/EU and 2014/25/EU, e agli articoli 49 e 56, TFUE”, mediante l’introduzione di specifiche disposizioni che mirano ad assicurare la trasparenza e la pubblicità durante la procedura di selezione delle proposte di progetto di fattibilità.

Si deve rilevare, peraltro, come già osservato nelle considerazioni di carattere generali che precedono, che tali rilievi non sono stati trasmessi a questo Consiglio a fini dell’esame di congruenza, coerenza, adeguatezza e proporzionalità delle disposizioni adottate.

48.2.- In particolare, la nuova disposizione introduce, nell’ambito della disciplina dell’iniziativa, dei vincoli di trasparenza in capo agli enti concedenti nel caso in cui un operatore economico, prima della presentazione di una formale proposta, intenda trasmettere una preliminare manifestazione di interesse nei confronti di un dato progetto. A tal fine, al comma 2 è previsto che un operatore economico può presentare all’ente concedente una preliminare manifestazione di interesse, corredata dalla richiesta di informazioni e dati necessari per la predisposizione della proposta.

Qualora l’ente concedente comunichi all’operatore economico la sussistenza di un interesse pubblico all’elaborazione della proposta, sono trasmesse all’operatore economico i dati e le informazioni richiesti e ne è data adeguata comunicazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito istituzionale.

In particolare, la seconda parte del comma 2 della disposizione normativa così recita: “L’ente concedente comunica all’operatore economico la sussistenza di un interesse pubblico all’elaborazione della proposta; in tale ipotesi, trasmette all’operatore economico i dati e le informazioni richiesti e ne dà adeguata comunicazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del proprio sito istituzionale”.

Non è chiaro, dalla suddetta formulazione, se la comunicazione concerna le informazioni e i dati richiesti o la circostanza della trasmissione all’operatore degli stessi.

È opportuno chiarire che la comunicazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito istituzionale deve avere ad oggetto le informazioni e i dati richiesti e trasmessi all’operatore che ha fatto la manifestazione di interesse.

A tal fine, la disposizione può essere allineata al comma 16, che, in tema di partenariato ad iniziativa pubblica, nel caso in cui gli operatori interessati a presentare proposte richiedano all’ente concedente di fornire integrazioni documentali per una migliore formulazione delle proposte medesime, così dispone: “Le eventuali integrazioni documentali predisposte dall’ente concedente sono rese disponibili a tutti gli interessati tramite pubblicazione sul sito istituzionale”.

La norma può, quindi, essere riformulata come segue: “L’ente concedente comunica all’operatore economico la sussistenza di un interesse pubblico all’elaborazione della proposta; in tale ipotesi, i dati e le informazioni richiesti sono trasmessi all’operatore economico e sono resi disponibili a tutti gli interessati tramite pubblicazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del proprio sito istituzionale”.

48.3.- Il comma 3 disciplina la procedura di finanza di progetto su iniziativa privata, prevedendo che gli operatori economici, in qualità di promotore, possano presentare agli enti concedenti proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori o servizi, per la realizzazione di interventi anche non inclusi nella programmazione del partenariato pubblico-privato. Le proposte presentate non sono soggette all’obbligo di preventiva presentazione di una manifestazione di interesse ai sensi del comma 2, né alla preventiva pubblicazione di un avviso ai sensi del comma 16.

La novella precisa che nella proposta deve essere incluso il progetto di fattibilità redatto in coerenza con l’articolo 6-bis dell’Allegato I.7 (di nuova introduzione), una bozza di convenzione, il piano economico-finanziario asseverato, la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione e, con integrazione molto opportuna, l’indicazione dei requisiti generali e speciali del promotore.

Anche gli investitori istituzionali di cui all’articolo 32, comma 3, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché i soggetti di cui all’articolo 2, numero 3), del regolamento (UE) 2015/1017 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 giugno 2015, possono formulare le proposte di cui al primo periodo salva la necessità, nella successiva gara per l’affidamento dei lavori o dei servizi, di associarsi o consorziarsi con operatori economici in possesso dei requisiti richiesti dal bando, qualora gli stessi investitori istituzionali ne siano privi, o mediante l’utilizzazione dell’istituto dell’avvalimento o del subappalto.

Per gli investitori istituzionali, dunque, a differenza di quelli privati, resta la possibilità di formulare le proposte nella fase preliminare anche senza possedere i requisiti di partecipazione alla gara.

Si rilevano, in proposito, possibili profili di disparità di trattamento e, dunque, di illegittimità costituzionale, oltre che di contrasto con i cogenti principi euro-unitari in tema di par condicio nell’accesso al mercato generato dai fabbisogni pubblici.

48.4.- Per assicurare il rispetto del principio di trasparenza, al comma 4 si specifica che le proposte presentate siano pubblicate nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito istituzionale dell’ente concedente, che provvede, altresì, ad indicare un termine, non inferiore a sessanta giorni, per la presentazione di proposte relative al medesimo intervento da parte di altri operatori economici (proponenti).

La disposizione, inoltre, al comma 5, provvede a disciplinare puntualmente la procedura di selezione delle proposte che sono ritenute di interesse pubblico. La selezione è effettuata tenendo conto della corrispondenza dei progetti e dei relativi piani economici finanziari ai fabbisogni dell’ente concedente. A valle della citata procedura, è previsto che l’ente concedente pubblichi sul proprio sito istituzionale e comunichi ai soggetti interessati le proposte selezionate.

La disciplina di tale fase risponderebbe, secondo le relazioni illustrative, ai rilievi della Commissione europea mediante l’introduzione di specifiche disposizioni che mirano ad assicurare la trasparenza e la pubblicità durante la procedura di selezione delle proposte di progetto di fattibilità.

48.5.- Si prevede, altresì, al comma 6, primo periodo, che: “L’ente concedente valuta, anche in forma comparativa, la fattibilità della proposta o delle proposte individuate ai sensi del comma 5 invitando se necessario il promotore ad apportare al progetto di fattibilità al piano economico-finanziario e allo schema di convenzione le modifiche necessarie per la loro approvazione.

Tale fase di valutazione si conclude con provvedimento espresso, pubblicato sul sito istituzionale e oggetto di comunicazione ai soggetti interessati, entro sessanta giorni, differibili fino a novanta giorni per comprovate esigenze istruttorie.

Al comma 6, ultima parte, si dispone che: “Resta ferma la facoltà di indire una conferenza di servizi preliminare ai sensi dell’articolo 14, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241”.

48.7.- Ai fini una maggior chiarezza in ordine alla latitudine ed ai modi di esercizio della discrezionalità valutativa coerente con i principi di trasparenza ed accountability, si suggerisce una riformulazione dei commi 5 e 6, che tenga complessivamente conto delle seguenti necessità ed esigenze:

a) che l’individuazione selettiva della proposta (o delle proposte) di interesse pubblico avvenga in ogni caso, quando ne ricorrano le condizioni, in forma effettivamente comparativa e con modalità oggettive e trasparenti, sulla base di criteri predeterminati e con formale esito provvedimentale costitutivo, suscettibile di impugnazione in sede giurisdizionale da parte degli operatori controinteressati;

b) che la successiva fase – intesa alla eventuale sollecitazione delle necessarie modifiche al progetto di fattibilità ritenuto di interesse pubblico, nonché al piano economico-finanziario ed allo schema di convenzione – coinvolga, con modalità anche in tal caso trasparenti, motivate e competitive, sia il promotore che i soggetti proponenti, in condizioni di par condicio, e, di conseguenza, sulla base di criteri definiti e pubblicizzati anteriormente alla conoscenza del contenuto delle proposte;

c) che il ricorso, facoltativo, alla preliminare valutazione conferenziale debba collocarsi – ad evitare preclusioni incongruenti della concorrenzialità – nell’ambito della fase di valutazione di fattibilità delle proposte presentate.

Si suggerisce, pertanto, la seguente riformulazione dei commi 5 e 6:

5. Entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 4, l’ente concedente, sulla base dei principi di cui al Libro I, Parte I, Titolo I, previa valutazione di coerenza con le linee generali del programma di cui all’articolo 175, individua una o più proposte, presentate ai sensi del comma 3 o del comma 4, ritenute di interesse pubblico. La selezione è effettuata in forma comparativa, sulla base di criteri predeterminati, che tengano conto della fattibilità delle proposte e della corrispondenza dei progetti e dei relativi piani economici e finanziari ai fabbisogni dell’ente concedente.

6. L’ente concedente pubblica sul proprio sito istituzionale e comunica ai soggetti interessati la proposta o le proposte individuate ai sensi del comma 5 e invita, se necessario, il promotore e i proponenti ad apportare al progetto di fattibilità, al piano economico-finanziario e allo schema di convenzione le modifiche necessarie per la loro approvazione. In tale fase, l’ente concedente ha facoltà di indire una conferenza di servizi preliminare ai sensi dell’articolo 14, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Se il promotore o i proponenti non apportano le modifiche e integrazioni richieste per recepire le indicazioni dell’ente concedente entro il termine dallo stesso indicato le proposte sono respinte con provvedimento motivato. Entro sessanta giorni, differibili fino a novanta giorni per comprovate esigenze istruttorie, l’ente concedente conclude, con provvedimento motivato, la procedura di valutazione, che, in caso di pluralità di proposte ammesse, si svolge in forma comparativa. Il provvedimento è pubblicato sul sito istituzionale dell’ente ed è comunicato ai soggetti interessati”.

48.8.- Nel comma 7 è previsto, quindi, che il progetto di fattibilità così selezionato sia integrato con gli ulteriori elaborati richiesti dall’articolo 6 dell’Allegato I.7 ai fini della relativa sottoposizione al procedimento di approvazione ai sensi dell’articolo 38, per essere quindi, una volta approvato, inserito tra gli strumenti di programmazione dell’ente concedente.

In questa fase, all’esito dell’approvazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica, è previsto che il promotore (ovvero il proponente) selezionato, prima della indizione della gara di cui ai successivi commi 8 e seguenti, apporti al piano economico-finanziario e allo schema di convenzione le opportune modifiche.

La disposizione non è del tutto perspicua, dato che, a mente del comma 5, l’ente concedente ha l’onere di individuare le modifiche programmatiche e progettuali necessarie in una fase procedurale che culmina nella selezione comparativa del progetto di fattibilità; tale disposizione appare, pertanto, in distonia con l’obbligo costante, di derivazione euro-unitaria, di coniugare il clare loqui con la par condicio. Si suggerisce, perciò, di chiarire il senso dell’inciso ovvero di espungerlo.

49.- Articolo 49 (Modifiche all’articolo 197 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo 49 introduce modifiche di carattere procedimentale relativamente alla redazione dei bandi-tipo e dei contratti-tipo, prodromici alla determinazione del contenuto dei contratti di disponibilità.

Si segnala un profilo di drafting relativo all’impiego dell’acronimo DIPE. Esso va accompagnato dalla forma estesa in quanto è la prima volta che compare nell’articolo.

50.- Articolo 50 (Modifiche all’articolo 201 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo 50 apporta modifiche analoghe a quelle disposte dall’articolo 49, relativamente ai procedimenti di partenariato sociale.

Nessuna osservazione.

51.- Articolo 51 (Modifiche all’articolo 202 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo 202, con formulazione sostanzialmente sovrapponibile a quella degli articoli 40 e 50, riguarda la procedura di adozione dei contratti-tipo prodromici alla redazione del bando di gara.

Nessuna osservazione.

52.- Articolo 52 (Modifiche all’articolo 209 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo 52, in tema di pubblicazione di vari documenti di gara, sopprime il riferimento alla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e alla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.

Non ci sono rilievi.

53.- Articolo 53 (Modifiche all’articolo 215 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

53.1.- L’articolo 53, comma 1 lettera a), integra il primo periodo del comma 1 dell’articolo 215 del Codice, relativo alla disciplina del collegio consultivo tecnico, prevedendo il riferimento, accanto ai contratti di appalto, anche a quelli di concessione.

Si tratta, ad avviso della Sezione, di modifica superflua. L’attuale formulazione della disposizione è già di portata sufficientemente ampia da ricomprendere anche le concessioni in quanto ai dell’articolo 2 comma 1 lettera a) dell’Allegato I.1 per “contratti” si intendono in senso lato tutti “i contratti, anche diversi da appalti e concessioni, conclusi da una stazione appaltante o da un ente concedente”. L’inserimento della specificazione “di appalto e di concessione” avrebbe, quindi, in contrasto con la finalità dichiarata nella relazione illustrativa, un effetto restrittivo del campo di applicazione dell’istituto. Se ne suggerisce, perciò, l’espunzione.

53.2.- Si osserva, poi, che la novella del correttivo ha ritenuto di aggiungere, nel primo comma in fine del primo periodo, una precisazione in ordine alla formazione del collegio, relativamente all’integrazione dell’inciso: “in modo da garantire l’indipendenza di giudizio e di valutazione”.

La modifica di cui si è appena detto merita, in effetti, un completamento chiarificatore ulteriore, anche per dirimere i dubbi finora insorti sulla natura dell’istituto, tale da meglio precisare la detta posizione di indipendenza non solo in fase costitutiva, ma anche funzionale.

Si suggerisce, a tal fine, l’inserimento, alla fine del primo periodo, di un ulteriore periodo, secondo la seguente riformulazione:

I componenti del collegio in quanto tali esercitano una funzione giustiziale di pubblico interesse e non sono perciò, sotto nessun profilo, qualificabili come operatori economici che prestano servizi a favore delle amministrazioni e degli enti aggiudicatori, né la costituzione del collegio e la scelta dei suoi componenti è riconducibile, in alcun modo, ad una selezione competitiva ad evidenza pubblica disciplinata dal presente Codice”.

È opportuno, di conserva, riservare all’Allegato V.2, e segnatamente all’articolo 1, dedicato alla “Formazione del Collegio e compensi”, la espressa previsione, di rango applicativo, della conseguente inapplicabilità, ai componenti del Collegio, della disciplina di cui all’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136.

Non vi sono, invece, rilievi rispetto alle modifiche apportate al secondo periodo, che esclude gli appalti di fornitura e servizi dall’ambito di obbligatorietà della costituzione del collegio.

53.3.- Si suggerisce, in definitiva, di inserire la seguente, complessiva riformulazione additiva all’articolo 215, comma 1, che corregge, per quanto di ragione, il primo periodo ed inserisce un nuovo secondo periodo a sua specificazione (di conseguenza, l’attuale secondo periodo è destinato a diventare il terzo):

“1. Per prevenire le controversie o consentire la rapida risoluzione delle stesse o delle dispute tecniche di ogni natura che possano insorgere nell’esecuzione dei contratti, ciascuna parte può chiedere la costituzione di un collegio consultivo tecnico, formato secondo le modalità di cui all’allegato V.2 in modo da garantirne l’indipendenza di giudizio e di valutazione. I componenti del collegio in quanto tali esercitano una funzione giustiziale di pubblico interesse e non sono perciò, sotto nessun profilo, qualificabili come operatori economici che prestano servizi a favore delle amministrazioni e degli enti aggiudicatori, né la costituzione del collegio e la scelta dei suoi componenti è riconducibile, in alcun modo, ad una selezione competitiva ad evidenza pubblica disciplinata dal presente Codice”.

53.4.- Si suggerisce, infine, di intervenire anche sul comma 2 dell’articolo 215, primo periodo, al fine di meglio coordinarlo alla riformulazione motivata che viene di seguito suggerita in relazione all’intervento operato dal correttivo sull’articolo 216, comma 1, primo periodo.

Si propone, allo scopo, la seguente riformulazione del comma 2, primo periodo:

Il collegio consultivo tecnico esprime pareri o adotta determinazioni eventualmente aventi valore di lodo contrattuale ai sensi dell’articolo 808-ter del codice di procedura civile, in conformità ai presupposti indicati nell’articolo 216, comma 1”.

54.- Articolo 54 (Modifiche all’articolo 216 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

54.1.- Con l’articolo 54 dello schema di decreto si apportano integrazioni all’articolo 216 del Codice, che esplicita l’ambito oggettivo dell’attività dei collegi consultivi tecnici, prevedendo, al comma 1, l’acquisizione obbligatoria del parere (obbligatorio ma non vincolante) del collegio consultivo tecnico nei casi di sospensione, volontaria o coattiva, dell’esecuzione di lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea di cui all’articolo 14, nonché nei casi dei contratti relativi a servizi e forniture.

Con la novella, al comma 1, lettera b), si introducono modifiche al citato comma 1 dell’articolo 216 del Codice in coordinamento con quelle apportate all’articolo 215, disponendo l’espunzione del riferimento agli affidamenti di servizi e forniture con riguardo alla richiesta obbligatoria del parere.

Si provvede, inoltre, a perimetrare con maggior dettaglio l’ambito oggettivo dell’attività del collegio consultivo tecnico nei casi di rilascio di pareri obbligatori. Nel dettaglio, si prevede che nei casi di iscrizione di riserve, di proposte di variante e in relazione ad ogni altra disputa o controversia che insorga durante l’esecuzione di un contratto di lavori di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea, è obbligatoria l’acquisizione del parere o di una determinazione del collegio e specificando che se le parti convengono che le determinazioni del collegio possano assumere natura di lodo contrattuale ai sensi dell’art. 808-ter c.p.c., sia preclusa l’esperibilità dell’accordo bonario per la decisione sulle riserve.

Al comma 1, lettera c), dello schema di decreto si apportano modifiche al comma 2 dell’articolo 216 del Codice, finalizzate a prevedere che l’acquisizione del parere del Collegio sia sempre obbligatoria nei casi di risoluzione contrattuale.

Alla luce delle modifiche apportate, è infine modificata la rubrica dell’articolo in “Pareri e determinazioni obbligatorie” (comma 1, lettera a).

54.2.- Si formulano i seguenti rilievi.

Con riguardo alla sostituzione del comma 1 dell’articolo 216, si suggerisce di chiarire quando debba essere obbligatoriamente acquisito un parere e quando, invece, una determinazione. A tal fine, in ragione della diversa natura ed efficacia (ex articolo 215, comma 3, del Codice) delle due tipologie di pronunce e al fine di fugare ogni dubbio in ordine alla compatibilità con il divieto costituzionale di arbitrato obbligatorio (Corte cost. 14 luglio 1977, n. 127; 9 maggio 1996, n. 152; 8 giugno 2005, n. 221; 13 giugno 2018, n. 123), si propone di specificare che il collegio consultivo tecnico interviene con “determinazione” solo ove vi sia una richiesta congiunta in tal senso delle parti, con l’ulteriore specificazione che tale determinazione avrà natura di lodo contrattuale ai sensi dell’articolo 808-ter del Codice di procedura civile a condizione che le parti medesime convengano ulteriormente espressamente di attribuirvi tale valore. Fuori di tale ipotesi la forma ordinaria di pronuncia obbligatoria del collegio consultivo tecnico resterebbe, invece, il parere (anche su istanza di una sola delle parti).

Si suggerisce, poi, per garantire omogeneità con il testo dell’articolo 215, comma 1, primo periodo, del Codice di inserire, dopo la parola “disputa”, l’aggettivo “tecnica”.

Si propone, quindi, la seguente riformulazione dell’articolo 216, comma 1:

“1. Nei casi di iscrizione di riserve, di proposte di variante e in relazione ad ogni altra disputa tecnica o controversia che insorga durante l’esecuzione di un contratto di lavori di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea, è obbligatoria l’acquisizione del parere o, su concorde richiesta delle parti, di una determinazione del collegio. Se le parti convengono altresì che le determinazioni del collegio assumano natura di lodo contrattuale ai sensi dell’articolo 808-ter del Codice di procedura civile, è preclusa l’esperibilità dell’accordo bonario per la decisione sulle riserve”.

55.- Articolo 55 (Modifiche all’articolo 217 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

55.1.- L’articolo in esame modifica l’articolo 217 comma 1, secondo periodo, del Codice al fine di escludere che la pronuncia del collegio consultivo tecnico assuma natura di lodo contrattuale in caso di richiesta di parere anche per la risoluzione.

55.2.- Si formulano i seguenti rilievi.

Anzitutto, si suggerisce di modificare anche la rubrica dell’articolo 217 del Codice, sì da meglio evidenziare il campo di applicazione dello stesso (le sole determinazioni facoltative e non anche obbligatorie) pure nel rapporto con il precedente articolo 216 del Codice.

Al fine, poi, di garantire la coerenza esterna normativo dispositiva – specie con le modifiche apportate dall’articolo 54 dello Schema di decreto all’articolo 216 del Codice che contemplano anche ipotesi di determinazioni obbligatorie – si suggerisce di intervenire sull’inciso iniziale dell’articolo 217.

Per porre rimedio ad un’incongruenza invero risalente alla formulazione originaria del Codice si raccomanda, poi, di intervenire anche sul secondo periodo del comma 1 dell’articolo 217 al fine di chiarire che solo la determinazione (e non anche il parere) può assumere natura di lodo contrattuale.

Sempre per ragioni di coerenza logico sistematica si suggerisce di sopprimere il terzo periodo del comma 1 dell’articolo 217 del Codice, divenuto superfluo per effetto della modifica apportata al comma 1 dell’articolo 216 del Codice (il quale, come più volte evidenziato, ha introdotto la figura delle determinazioni obbligatorie).

Infine, si suggerisce di intervenire anche sul comma 2 dell’articolo 217 del Codice al fine di meglio coordinarlo con la disciplina generale del comma 3 dell’articolo 215 in tema di effetti delle determinazioni.

Si propone, quindi, la seguente riformulazione:

a) la rubrica andrebbe opportunamente modificata in: “Determinazioni facoltative”;

b) al comma 1, primo periodo, le parole: “Quando l’acquisizione del parere non è obbligatoria,” andrebbero sostituite dalle seguenti: “Quando l’acquisizione del parere o della determinazione non è obbligatoria,”;

c) al comma 1, secondo periodo, le parole: “è richiesto il parere sulla sospensione coattiva e” andrebbero sostituite dalle seguenti: “è richiesta una pronuncia sulla risoluzione, sulla sospensione coattiva o”;

d) al comma 1, il terzo periodo andrebbe soppresso;

e) il comma 2 andrebbe sostituito dal seguente: “Se le parti, ai sensi di quanto disposto dal comma 1, escludono che la determinazione possa valere come lodo contrattuale, la stessa, anche se facoltativa, produce comunque gli effetti di cui al comma 3 dell’articolo 215”.

56.- Articolo 56 (Modifiche all’articolo 219 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo 56 dello schema di decreto modifica l’articolo 219 del Codice, il quale prevede che il collegio consultivo tecnico venga sciolto al termine dell’esecuzione del contratto oppure, nelle ipotesi in cui non ne sia obbligatoria la costituzione, anche in un momento anteriore su accordo delle parti.

In particolare, si aggiunge un nuovo comma 1-bis, per precisare il momento in cui il contratto si considera eseguito, fugando eventuali incertezze interpretative.

Non vi è nulla da osservare.

57.- Articolo 57 (Modifiche all’articolo 221 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

Con l’articolo 57 dello schema di decreto vengono soppressi il secondo e il terzo periodo del comma 3 dell’articolo 221 (erroneamente, la relazione illustrativa assume l’espunzione anche del quarto periodo, che non trova conferma nel testo trasmesso) che avevano istituito e disciplinato lo “sportello unico di supporto tecnico” (help desk) presso la segreteria della Cabina di regia per effettuare un’attività di primo monitoraggio dell’attuazione delle misure contenute nel Codice, in collaborazione con le strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dell’ANAC.

Dal punto di vista meramente redazionale si osserva che la modifica non sopprime anche il quarto periodo, ai sensi del quale “Entro il settimo e il tredicesimo mese a decorrere dalla data in cui il Codice acquista efficacia la Cabina di regia presenta al Governo una relazione sulle attività dell’help desk, suggerendo se del caso interventi correttivi sul piano normativo e amministrativo e raccomandando le migliori pratiche organizzative e attuative”.

Si tratta, verisimilmente, di una mera dimenticanza, atteso che tale periodo riguarda le attività dell’help desk, con una disciplina che non resiste alla sua soppressione, anche in ragione del decorso del “settimo e [del] tredicesimo mese” dalla data di entrata in vigore del Codice, cioè le due scadenze entro le quali la relazione avrebbe dovuto essere presentata al Governo.

Ferma la necessità di sopprimere, nel senso chiarito, anche il quarto periodo del comma 3 dell’articolo 221, non si ritiene di formulare osservazioni.

58.- Articolo 58 (Modifiche all’articolo 222 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

Le due modifiche dell’articolo in questione consistono nell’eliminazione dei rinvii all’articolo 109, rubricato “Reputazione dell’impresa”, che è stato soppresso dall’articolo 30.

Non vi è nulla da osservare, essendo le soppressioni la necessaria conseguenza dell’abrogazione del citato articolo 109 ai fini della coerenza del testo normativo e dovendosi rimandare a quanto rappresentato in relazione al citato articolo 30.

59.- Articolo 59 (Modifiche all’articolo 223 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

La modifica introdotta con l’articolo 59 dello schema di decreto corregge, al comma 2, lettera f), dell’articolo 223, l’erroneo riferimento a tre livelli di progettazione, anziché ai due attualmente previsti dal Codice.

Nessuna osservazione.

60.- Articolo 60 Modifiche all’articolo 225 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

Con l’articolo 60 dello schema di decreto, viene introdotto il comma 5 bis con la finalità di ammettere, in via transitoria, ai soli fini di cui all’articolo 19, comma 2, dell’Allegato II.18 (ai sensi del quale l’attività di direzione lavori e di supporto tecnico alle attività del RUP e del dirigente competente alla formazione del programma triennale comprendono un restauratore di beni culturali qualificato ai sensi della normativa vigente) la possibilità che dette attività possano essere svolte anche da soggetti che alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 50 del 2016 svolgevano la funzione di direttore tecnico ed avevano maturato un’esperienza quinquennale di direzione tecnica di lavori pubblici e di specifiche competenze coerenti con l’intervento.

Come evidenziato nella relazione illustrativa, la ratio è di consentire agli operatori economici privi nel loro organico di personale munito del titolo di studio di restauratore di beni culturali qualificato ai sensi della normativa vigente di ottenere e rinnovare le certificazioni SOA.

Salvo ulteriori osservazioni concernenti l’articolo 19 dell’Allegato II.18 alle quali si rinvia, questo Consiglio osserva che non è chiara la delimitazione temporale della disciplina transitoria, delimitazione imprescindibile onde evitare il rischio di una permanente e illegittima equiparazione tra la figura professionale del restauratore di beni culturali qualificato ai sensi della normativa vigente e altre figure professionali.

Nulla da osservare sulla soppressione del comma 14 correlato al decorso di 90 giorni dall’entrata in vigore del Codice.

61.- Articolo 61 (Inserimento dell’articolo 225-bis al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36).

Con l’articolo 61 dello schema di decreto sono previste, mediante introduzione di un nuovo articolo 225-bis, ulteriori disposizioni transitorie.

In relazione al comma 1, che prevede il termine di 60 giorni dall’entrata in vigore del correttivo per l’adozione del provvedimento di cui all’articolo 26 (“Regole tecniche”), comma 1, “sulla certificazione delle piattaforme di approvvigionamento digitale è adottato dall’AGID, di intesa con l’ANAC”, si osserva che occorre richiamare per esteso tutte le autorità coinvolte nell’adozione del detto provvedimento come enunciate nell’articolo 26, comma 1, vale a dire “l’ANAC, la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per la trasformazione digitale e l’Agenzia per la cyber sicurezza nazionale”.

Nulla da osservare sul comma 2, che stabilisce che la nuova disciplina di cui all’articolo 43 (“Metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni”) non si applica ai procedimenti di programmazione superiori alle soglie di cui all’articolo 14 già avviati alla data di entrata in vigore della presente disposizione a condizione che sia stato redatto il documento di fattibilità delle alternative progettuali (articolo 2, comma 5, Allegato I.7).

Si suggerisce, in termini di drafting, l’inversione tra il comma 3 e il comma 4 al fine di seguire la numerazione progressiva degli articoli del Codice.

In relazione al comma 3 che prevede l’applicazione degli articoli da 215 a 219, relativi recanti la disciplina dei collegi consultivi tecnici, come modificati, e dell’Allegato V.2 la cui entrata in vigore coincide con la data di entrata in vigore anche ai collegi consultivi tecnici già costituiti ed operanti alla medesima data “in assenza di una espressa volontà contraria delle parti,” si suggerisce di riformulare l’inciso, sostituendolo con: “solo se le parti lo richiedano” in modo da consentire in tutti gli altri casi l’operatività del silenzio rifiuto.

Nulla da osservare, ad eccezione della sua collocazione prima del comma 3, in relazione al comma 4 che stabilisce la non applicabilità dell’articolo 193 (“Procedura di affidamento”), alle cui osservazioni si rinvia, ai procedimenti di finanza di progetto in corso alla medesima data ai quali continua ad applicarsi la previgente disciplina, dovendosi intendere per tali quelle per le quali è stata presentata da un soggetto promotore una proposta di fattibilità per la realizzazione di interventi mediante finanza di progetto ovvero l’ente concedente ha pubblicato avvisi di sollecitazione ai privati a farsi promotori di iniziative volte alla realizzazione di progetti inclusi negli strumenti di programmazione del partenariato pubblico-privato.

62.- Articolo 62 (Razionalizzazione della disciplina degli allegati e conseguenti disposizioni di coordinamento)

62.1.- L’articolo 62, comma 1, introduce l’articolo 226-bis. – (Disposizioni di semplificazione normativa), che, allo scopo di mantenere l’immediata applicabilità del Codice senza rinvii a fonti secondarie snellendo al contempo la formulazione di numerosi articoli, prevede tre modalità di “sostituzione” e abrogazione della quasi totalità degli allegati. A tal fine, si dispone, per gli allegati indicati, il rinvio a fonti secondarie – regolamenti ai sensi dell’articolo 17 della legge n. 400 del 1988, commi 1 o 3, o decreti di natura regolamentare – con indicazione dei soggetti istituzionali che partecipano al procedimento. L’effetto di semplificazione deriva dal fatto che, essendo tali modalità già previste dai singoli articoli del Codice cui si riferiscono gli allegati, le relative disposizioni sono eliminate dal corpo dei corrispondenti articoli ai sensi dell’articolo 62, comma 2.

Non sono menzionati dall’articolo 226-bis i seguenti allegati, le cui modifiche restano affidate alla fonte normativa di rango primario:

– I.1 – Definizioni dei soggetti, dei contratti, delle procedure e degli strumenti: tale Allegato – previsto dall’art. 13, comma 6, che non ne stabilisce modalità di sostituzione, su cui lo schema non interviene – è modificato dall’articolo 81 del presente correttivo;

– I.12 – Opere di urbanizzazione a scomputo del costo di costruzione: tale Allegato – previsto dall’articolo 13, comma 7 – che non ne stabilisce modalità di sostituzione, su cui lo schema non interviene – è peraltro modificato dall’articolo 64 del correttivo stesso;

– II.10 -Violazioni gravi degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali: tale Allegato – previsto dagli articoli 94, comma 6, e 95, comma 2, che non ne stabiliscono modalità di sostituzione, su cui lo schema non interviene – è modificato dall’articolo 80.

62.2.- Va svolta un’osservazione preliminare che concerne una delicata problematica generale: dalla riproduzione, negli allegati delegificandi, della formulazione di disposizioni o locuzioni, testualmente trasposte da articoli del Codice, discende – una volta che la stessa delegificazione sia attivata – il rischio di un effetto di degradazione della fonte normativa, che si deve ritenere non desiderabile e non voluto, proprio nel caso in cui la produzione regolamentare sostitutiva venga estesa al di là dei contenuti strettamente attuativi degli articoli del Codice che è propria degli allegati. Si verificherebbe, altrimenti, una delegificazione indiretta ed implicita che eccederebbe oggettivamente i presupposti e la funzione (legalmente sanciti) dell’operazione di delegificazione stessa.

Le disposizioni contenute negli allegati, infatti, a prescindere dal livello di fonte da cui scaturiscano, rivestono comunque una connaturale funzione essenzialmente attuativa e di dettaglio e, dunque, al di là della previsione delegificante, devono comunque preservare la stabilità e la certezza della disciplina recata nel Codice in senso stretto. Come indicatore pratico, si segnala l’esigenza che, nei limiti del possibile, una tale riproduzione sia evitata e, laddove vi si faccia ricorso, ci si attenga, anche nei futuri interventi, ad un rigoroso rispetto della lettera e dei concetti utilizzati nell’articolato del Codice.

62.3. -Sotto il profilo formale, si osserva, con riferimento all’articolo 226-bis, che:

– ai commi 1 e 2, le parole “uno o più regolamenti” devono essere sostituite dalla seguente “regolamenti”, poiché altrimenti si potrebbe equivocare che gli allegati ivi indicati, possano essere sostituiti, tutti o gruppi di alcuni di essi, con un unico regolamento (di modo tale che la relativa procedura diverrebbe divergente dalla previsione dell’attuale fonte primaria ed entrerebbe in un’area di inammissibile atipicità);

– al comma 3, dovrebbe essere inserito il titolo degli allegati ivi menzionati e le parole “un corrispondente” devono essere soppresse in entrambi i periodi;

– al comma4, la parola “corrispondenti” deve essere sostituita dalla seguente “rispettivi”.

63.- Articolo 63 (Inserimento dell’Allegato I.01 al decreto legislativo 31 marzo 2023).

63.1. L’articolo 63 inserisce il nuovo Allegato I.01 “Contratti collettivi. (Articolo 11, comma 2)”.

L’articolo 1 (“Ambito di applicazione”), comma 1, stabilisce che l’Allegato “disciplina i criteri e le modalità per l’individuazione, nei bandi e negli inviti, in conformità all’articolo 11, commi 1 e 2, del contratto collettivo nazionale o territoriale di lavoro applicabile al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni”.

In particolare, l’articolo 2 (Identificazione del contratto collettivo applicabile), comma 1, prevede che “1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti individuano il contratto collettivo nazionale o territoriale di lavoro applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione previa valutazione della stretta connessione dell’ambito di applicazione del contratto collettivo rispetto alle prestazioni oggetto dell’appalto o della concessione, da eseguire anche in maniera prevalente”.

63.2.- Preliminarmente, si rileva una difformità di formulazione dell’articolo 1, comma 1, dell’Allegato rispetto a quella dell’articolo 11, comma 1, del Codice, di cui non sono chiarite le ragioni. Alla luce di quanto già esposto con riferimento all’articolo 226-bis, deve ritenersi che le disposizioni dell’Allegato debbano testualmente rispettare quelle codicistiche.

Poiché non sono chiare le ragioni della rilevata difformità, non si propone una riformulazione, indirizzandosi alle Autorità coproponenti una pressante esortazione al pieno allineamento della formulazione della richiamata disposizione dell’Allegato a quella del Codice.

63.3.- In merito allo stesso articolo 1, comma 1, nonché in merito all’articolo 2, comma 4, primo periodo, dell’Allegato, si osserva che la locuzione “nei bandi e negli inviti” dovrebbe essere integrata, in coerenza con la riformulazione suggerita con riferimento all’articolo 11, comma 1, del Codice, così come segue: “nei bandi, negli inviti e nella decisione di contrarre di cui all’art. 17, comma 2”.

63.4.- L’articolo 2, commi da 1 a 3, stabilisce criteri per la “identificazione” del contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto da parte delle stazioni appaltanti e gli enti concedenti. Il successivo comma 4 prevede l’indicazione nei documenti di gara del contratto collettivo “preso a riferimento dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nella redazione delle tabelle per la determinazione del costo del lavoro”. Va sottolineato che l’intervento correttivo attuale all’articolo 13, comma 1, primo periodo, si riferisce in realtà al costo “medio” del lavoro con riguardo alle elaborazioni tabellari del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Tale aggettivazione andrebbe perciò aggiunta nell’articolo 2, comma 4.

63.5.- L’articolo 2, comma 4, risulta privo un percepibile coordinamento con i commi che lo precedono. Esso stabilisce infatti un obbligo di indicazione per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, che, in mancanza di indicazione dei presupposti di applicazione, risulta disomogeneo e assorbente, dal punto di vista logico – giuridico, rispetto a quanto previsto nei precedenti tre commi. Non si comprende quindi la sequenza (eventualmente) prospettata nella struttura dell’articolo, né emerge dalla documentazione di accompagnamento alcuna indicazione sul coordinamento e sulla apparente divergenza dispositiva e applicativa che emerge, allo stato, tra i due ordini di disposizioni.

63.6.- Inoltre, e anche a prescindere da quanto già osservato, il comma 5 dello stesso articolo 2, introduce, in riferimento all’applicazione del comma 4, un criterio suppletivo di cui non è chiara la coerenza e l’omogeneità rispetto alla sempre possibile rilevazione dei parametri da a) a d) di cui al comma 4 del medesimo articolo, che appaiono dotati di una ragionevole completezza ed autosufficienza applicativa.

Pertanto, il suddetto comma 5 – che attribuisce la facoltà di verificare la rappresentatività delle associazioni rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro sulla base della “presenza di rappresentati […] nel Consiglio del CNEL” – appare obiettivamente apportatore di un incerto criterio suppletivo generalizzato, che rischia di vanificare il consolidamento e la coerenza nell’applicazione dei suddetti parametri. Se ne propone pertanto, anche in ragione di una prevedibile controvertibilità, l’espunzione dal testo.

63.7.- L’articolo 3 (“Presunzione di equivalenza”) dell’Allegato introduce una presunzione legale – che non pare ammettere prova contraria – secondo la quale, ai fini della dichiarazione di cui all’articolo 11, comma 4, e della conseguente verifica, “si considerano equivalenti le tutele garantite da contratti collettivi nazionali e territoriali di lavoro, sottoscritti dalle medesime organizzazioni sindacali con organizzazioni datoriali diverse in base alla dimensione o alla natura giuridica delle imprese, a condizione che ai lavoratori dell’operatore economico sia applicato il contratto collettivo di lavoro corrispondente alla dimensione o alla natura giuridica dell’impresa”.

Si osserva che, dal dato testuale e sintattico (“sottoscritti dalle medesime organizzazioni sindacali”), sembra doversi supporre che la stessa organizzazione sindacale rappresentativa dei lavoratori abbia la medesima forza contrattuale per ogni contratto collettivo stipulato con le associazioni datoriali, a prescindere dalla dimensione e dalla natura giuridica delle imprese da esse rappresentate. In questo caso si rimette alle Amministrazioni proponenti la valutazione se la presunzione di equivalenza delle tutele enunciata sulla base del descritto presupposto risponda effettivamente alle dinamiche delle relazioni sindacali.

Inoltre, la medesima formulazione, per l’indeterminatezza dei criteri della “dimensione” e della “natura giuridica dell’impresa”, non accompagnati da parametri specificamente individuati, eventualmente di carattere dimensionale, non concorre a circoscrivere in modo adeguato la discrezionalità delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti nelle valutazioni di equivalenza delle tutele (come già sostanzialmente rilevato con riferimento alla novella dell’articolo 41, comma 13, del Codice, con riguardo al corrispondente criterio per la determinazione del costo medio del lavoro).

63.8.- L’articolo 4, comma 2, per il caso di indicazione da parte dell’operatore economico di un contratto collettivo diverso da quello indicato nei documenti di gara, stabilisce criteri per la valutazione di equivalenza da parte della stazione appaltante o dell’ente concedente.

In merito a tali criteri si osserva che andrebbe valutato il potenziale eccesso di scostamento cumulativo, e di conseguente controvertibilità in giudizio, del concetto di marginalità degli scostamenti di cui all’articolo 2, comma 4, ove, come appare logico, si debba considerarli complessivamente. Si fa, in particolare, riferimento alla previsione implicita, ma necessaria, per cui lo scostamento, sia pur marginale, possa simultaneamente riguardare tutti o quasi i parametri del comma 3, derivandone una sommatoria di scostamenti marginali il cui risultato potrebbe essere sostanzialmente rilevante e contraddittorio rispetto all’effetto di equivalenza.

63.9.- L’articolo 4, comma 5, rinvia ad un decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la definizione dei criteri per la determinazione delle modalità di attestazione dell’equivalenza delle tutele di cui al comma 4.

Si osserva che questa disposizione non è coerente con l’intento di mantenere l’autoapplicatività del Codice enunciato nella relazione illustrativa e, comunque, essa dovrebbe avere come contenuto logico – giuridico necessario la precisazione del concetto di marginalità e la determinazione di una soglia oltre la quale il cumulo di scostamenti marginali conduca all’irragionevolezza del giudizio di equivalenza, in coerenza con quanto appena evidenziato. Inoltre, essa non stabilisce alcun termine per l’emanazione del decreto, che deve essere quindi previsto.

63.10.- L’articolo 5, comma 2, prevede che “In sede di valutazione della congruità dell’offerta, la stazione appaltante verifica che il contratto collettivo oggetto della dichiarazione di equivalenza non preveda condizioni riconducibili alle ipotesi di cui all’articolo 110, comma 4”. Quindi, in sede di valutazione dell’offerta anormalmente bassa: “Non sono ammesse giustificazioni: a) in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge;”.

Si osserva che, essendo il contratto collettivo una “fonte autorizzata dalla legge”, la sua indicazione potrebbe non essere autonomamente significativa ai fini di cui all’articolo 110, comma 4, lettera a). Piuttosto, l’oggetto della verifica dovrebbe essere, più logicamente, individuato nella concreta applicazione di tale contratto compiuta nell’offerta dell’operatore economico con riguardo al costo del lavoro e, non secondariamente, tra l’altro, con riguardo alla corrispondenza di inquadramenti, livelli e qualifiche del personale “impiegato” con le prestazioni richieste dall’oggetto dell’appalto.

Si propone pertanto la seguente riformulazione: “In sede di valutazione della congruità dell’offerta, la stazione appaltante o l’ente concedente verificano che l’applicazione del contratto collettivo oggetto della dichiarazione di equivalenza, in rapporto alle condizioni dell’offerta concernenti il costo del lavoro, non conduca ad effetti riconducibili alle ipotesi di cui all’articolo 110, comma 4, lettera a)”.

63.11.- Sotto il profilo formale si osserva che:

– il titolo dell’Allegato richiama solo il comma 2 dell’articolo 11, ma, come per altri allegati che richiamano più di un comma di uno stesso articolo, sarebbe opportuno richiamare anche il comma 4 del medesimo articolo;

– la disposizione dell’articolo 2, comma 2, per cui “le stazioni appaltanti non possono imporre, a pena di esclusione, nel bando di gara o nell’invito l’applicazione di un determinato contratto collettivo quale requisito di partecipazione”, va integrata aggiungendo dopo le parole “stazioni appaltanti” le seguenti “e gli enti concedenti”.

64.- Articolo 64 (Modifiche all’Allegato I. 1 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

64.1.- L’articolo 64 interviene sull’Allegato I.1 “Definizioni dei soggetti, dei contratti, delle procedure e degli strumenti (Articolo 13, comma 6)” – che non è oggetto del meccanismo semplificatorio dell’articolo 226-bis – con modifiche che non sono correlate a interventi sull’articolo 13: esse riguardano sia l’introduzione di nuove definizioni (amministrazione procedente) sia la modifica di definizioni già previste, come quella del contratto di disponibilità.

Per quest’ultima definizione si aggiunge, tra l’altro, la seguente disposizione: “Per la conclusione e l’esecuzione del contratto di disponibilità è possibile fare ricorso a fondi comuni di investimento o Società immobiliari e può essere previsto il conferimento da parte dell’amministrazione in tali fondi o in favore di tali Società di immobili, a titolo di corrispettivo totale o parziale, tenuto conto del relativo valore di mercato, da riqualificare mediante l’utilizzo di risorse finanziarie private e da destinare ad uso pubblico o di interesse pubblico;”.

Si osserva che l’operazione descritta non appare chiara nella formulazione sintattica e sotto il profilo logico – giuridico, ciò pur tenendosi conto della incompletezza e del non perfetto coordinamento della complessiva disciplina degli artt. 196 e 197 del Codice, non oggetto di modifica.

64.2.- Sotto il profilo formale si osserva che:

– all’articolo 64, comma 1, lettera b), nella novella, al quarto periodo, la parola “società” dovrebbe iniziare con la lettera minuscola; inoltre, nello stesso quarto periodo, occorre aggiungere una virgola sia dopo le parole “in tali fondi”, sia dopo le parole “o in favore di tali Società”, in modo da chiarire che sono conferiti “immobili”.

64.3.- Sempre sotto il profilo formale, si osserva inoltre che all’articolo 64, comma 1, lettera c), n. 2):

– nella lettera qbis), nella locuzione “un’infrastruttura informatica la cui condivisione è regolata da precisi sistemi di sicurezza” pare superflua la parola “precisi”, semmai sostituibile con la parola “specifici”;

– nella lettera qquater), la definizione “figura che si relaziona al livello dell’organizzazione” sembra carente dell’indicazione del tipo di livello cui si intende riferirsi ovvero, comunque, appare poco comprensibile.

65.- Articolo 65 (Modifiche all’Allegato I. 2 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

65.1.- L’articolo 65 introduce modifiche nell’Allegato I. 2 “Attività del RUP (Articolo 15)”.

In merito ad esse si osserva quanto segue.

65.2.- All’articolo 1, comma 1, lettera a), secondo periodo della novella (così formulato: “Ferma restando l’unicità del RUP, al personale della stazione appaltante, dell’ente concedente, della centrale di committenza ovvero del soggetto aggregatore per lo svolgimento di attività operative nell’ambito del ciclo di vita digitale dei contratti pubblici, incluso l’accesso alle piattaforme di cui all’articolo 25 e ai servizi messi a disposizione dall’ANAC”), si rileva che il responsabile di fase è un responsabile di procedimento e non ha pertanto alcun potere di delegare “lo svolgimento di attività operative”.

65.3.- Inoltre, il concetto di “svolgimento di attività operative nell’ambito del ciclo digitale dei contratti pubblici” è del tutto indeterminato, considerato che rientra nell’attività operativa anche la verifica dei requisiti, sicché delegare l’accesso al fascicolo significa, potenzialmente, delegare la verifica dei requisiti, il che non rientra nei poteri delegabili da parte del responsabile di fase.

Si propone pertanto la seguente riformulazione: “Il RUP può delegare al personale della stazione appaltante, dell’ente concedente, della centrale di committenza ovvero del soggetto aggregatore lo svolgimento di mere operazioni esecutive, esclusa ogni attività di verifica e di valutazione, nell’ambito del ciclo di vita digitale dei contratti pubblici, incluso l’accesso alle piattaforme di cui all’articolo 25 del Codice e ai servizi messi a disposizione dall’ANAC”.

65.4.- All’articolo 1, comma 1, lettera c), che modifica l’articolo 9, comma 6, dell’Allegato (“il RUP e gli eventuali responsabili di fase sono designati unicamente dal modulo associativo o consortile”), non si riscontra quanto affermato nella relazione illustrativa (pagina 85), e cioè che le modifiche in questione “costituiscono un coordinamento con le novelle apportate all’art. 15 del codice”, dato che l’articolo 15 non è modificato dallo schema in esame, salvo che per il coordinamento conseguente all’introduzione dell’articolo 226-bis; resta quindi priva di motivazione nella documentazione di accompagnamento, la ragione giustificativa dell’intervento.

65.5.- Sotto il profilo formale: al comma 1, lettera a), nel periodo “possono delegare al personale della stazione appaltante, dell’ente concedente, della centrale di committenza ovvero del soggetto aggregatore per lo svolgimento di attività operative”, va eliminata la parola “per”.

66.- Articolo 66 (Modifiche all’Allegato I. 3 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

66.1.- L’articolo 66 interviene sull’Allegato I. 3 “Termini delle procedure di appalto e di concessione (Articolo 17, comma 3)”, con modifiche connesse a quelle introdotte dall’articolo 2 dello schema nell’articolo 17 (“Fasi delle procedure di affidamento”) del Codice.

66.2. -Si osserva, sotto il profilo formale, che le disposizioni di tale articolo sono ripartite in quattro lettere tra cui la lettera b) compare due volte (la prima in corsivo), sicché questo refuso va eliminato.

67.- Articolo 67 (Modifiche all’Allegato I. 5 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

67.1.- Le modifiche dell’Allegato I.5 “Elementi per la programmazione dei lavori e dei servizi. Schemi tipo (Articolo 37, comma 6)” non sono connesse con interventi sull’articolo 37, che non è modificato dallo schema.

Nulla da osservare.

68.- Articolo 68 (Modifiche all’Allegato I. 7 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

68.1.- L’articolo 68 interviene sull’Allegato I. 7 “Contenuti minimi del quadro esigenziale, del documento di fattibilità delle alternative progettuali, del documento di indirizzo della progettazione, del progetto di fattibilità tecnica ed economica e del progetto esecutivo (Articoli da 41 a 44)” con numerose modifiche.

68.2.- In particolare nell’articolo 4-bis si prevede che la progettazione di servizi e forniture, articolata in un unico livello, “è predisposta dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti mediante propri dipendenti in servizio”.

In proposito, rilevato il problema ricorrente nelle amministrazioni di scarsa disponibilità di dipendenti dotati delle necessarie competenze per progettare servizi e forniture, si osserva potrebbe rendere inapplicabile la disposizione in commento. Sotto un diverso profilo si osserva che la locuzione “in servizio” – che esclude il ricorso a dipendenti in quiescenza o comunque non più in servizio – potrebbe generare problemi interpretativi con riferimento ad altre disposizioni del codice in cui la parola “dipendenti” non sia seguita dalla medesima locuzione.

68.3.- Piuttosto, potrebbe valutarsi l’opportunità di prevedere aggiuntivamente, che le amministrazioni laddove prive di dipendenti con le necessarie competenze per la progettazione di servizi e forniture possano ricorrere alla facoltà di incaricare idonei professionisti esterni, purché, naturalmente, ciò non comporti impegni di spesa aggiuntivi per le stesse amministrazioni.

69.- Articolo 69 (Modifiche all’Allegato I.8 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

69.1.- L’articolo 1 dell’Allegato I.8 “Verifica preventiva dell’interesse archeologico (Articolo 41, comma 4)” è novellato nei commi 1, 2, 7 e 8.

Nulla da osservare.

70.- Articolo 70 (Modifiche all’Allegato I.9 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

70.1.- L’articolo 70 modifica l’Allegato I.9 “Metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni (Articolo 43)”.

70.2.- Sotto il profilo formale si osserva quanto segue:

– al comma 1, lettera a), n. 2), che modifica il comma 2, lettera a), dell’Allegato, dopo le parole “i metodi e”, va aggiunta la parola “agli”;

– al comma 1, lettera a), nn. 4) e 8), che modificano rispettivamente i commi 3 e 8, occorre menzionare, dopo le stazioni appaltanti, anche gli enti concedenti;

– in generale, nelle modifiche così introdotte all’Allegato si riscontra un uso promiscuo dei termini “cespite” e “opera” che andrebbe invece reso omogeneo.

71.- Articolo 71 (Modifiche all’Allegato I.10 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

71.1.- L’articolo 71 modifica l’Allegato I.10 “Attività tecniche a carico degli stanziamenti previsti per le singole procedure (Articolo 45, comma 1)” inserendo anche l’attività di coordinamento dei flussi informativi tra le attività tecniche da remunerare.

71.2.- Secondo la relazione tecnica, la disposizione ha carattere ordinamentale e non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Si osserva che, seppure sia di indubbio rilievo il coordinamento dei flussi informativi, e inoltre sia previsto che la remunerazione di tale attività di coordinamento sia “a carico degli stanziamenti previste per le singole procedure”, tuttavia l’inserimento di ulteriori attività, oltre a quelle già normativamente incombenti, tenuto conto del principio di remunerazione, potrebbe costituire un onere aggiuntivo per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, salva una problematica rimodulazione riduttiva dei compensi delle altre attività attualmente remunerate.

72.- Articolo 72 (Modifiche all’Allegato I.11 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

72.1.- L’articolo 72 modifica l’articolo 8, comma 1, dell’Allegato I.11 “Disposizioni relative all’organizzazione, al funzionamento, alle competenze, alle regole di funzionamento nonché alle ulteriori attribuzioni del Consiglio superiore dei lavori pubblici (Articolo 47, comma 4)” in tema di nomina dei presidenti delle sezioni e del presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici.

Nulla da osservare.

73.- Articolo 73 (Modifiche all’Allegato I.13 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

73.1.- L’articolo 73 modifica l’Allegato I.13 “Determinazione dei parametri per la progettazione (Articolo 41, comma 15)”.

In particolare, l’introduzione dell’articolo 2-bis consegue alle modifiche in tema di equo compenso stabilite dall’articolo 9 con l’inserimento del comma 15-bis nell’articolo 41.

Nulla da osservare.

74.- Articolo 74 (Modifiche all’Allegato I.14 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

74.1. -L’articolo 74 modifica l’Allegato I.14 “Criteri di formazione ed aggiornamento dei prezzari regionali (Articolo 41, comma 13)”.

Nulla da osservare.

75.- Articolo 75 (Modifiche all’Allegato II.2 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

75.1.- L’articolo 75 modifica l’Allegato II.2 “Metodi di calcolo della soglia di anomalia per l’esclusione automatica delle offerte (Articolo 54, comma 2)”, primo paragrafo “METODO A” punto 3), stabilendo l’esclusione degli sconti non solo superiori ma anche pari alla soglia di anomalia, in base al conforme indirizzo giurisprudenziale riportato nella relazione tecnica.

Nulla da osservare.

76.- Articolo 76 (Inserimento dell’Allegato II.2-bis al decreto legislativo 31 marzo 2023)

76.1.- L’articolo 76 inserisce il nuovo Allegato II.2-bis “Modalità di applicazione delle clausole di revisione dei prezzi (articolo 60, comma 4-ter)”, in raccordo con le modifiche introdotte dall’articolo 16 dello schema nell’articolo 60 del Codice.

Premesso quanto già esposto in merito all’articolo 16 dello schema, si osserva quanto segue.

76.2.- Per gli appalti di lavori, l’articolo 4, comma 2, dell’Allegato prevede che “Il progettista, in sede di elaborazione del progetto a base di gara, individua l’indice sintetico da utilizzare per la revisione dei prezzi” (primo periodo) e che “Il valore di riferimento per il calcolo dell’indice sintetico è quello dell’indice revisionale relativo al mese del provvedimento di aggiudicazione” (terzo periodo). Il comma 3, lettera a), dello stesso articolo stabilisce che il progettista “scompone e classifica l’importo complessivo del progetto a base di gara, quale risultante dal provvedimento di aggiudicazione”.

Per le varianti in corso d’opera, per i contratti di lavori, l’articolo 7 stabilisce che “la stazione appaltante, sentito il progettista, ridefinisce l’indice sintetico di revisione dei prezzi”.

Si osserva che la disciplina in esame assegna un ruolo diverso al progettista in diversi momenti delle procedure. Nel caso di progettazione a base di gare è demandata a questa figura l’individuazione dell’indice sintetico da utilizzare per la revisione dei prezzi, mentre in caso di varianti in corso d’opera si prevede che esso sia sentito e se ne postula un mero ruolo consultivo in luogo di quello determinativo rispetto alla stazione appaltante. Si segnala però che, secondo la relazione illustrativa, diversamente da quanto previsto nelle richiamate disposizioni, ai sensi dell’articolo 7, nel caso di varianti in corso d’opera, spetterebbe al progettista la rideterminazione dell’indice.

76.3- Per i contratti di servizi e di forniture, cui la revisione prezzi si applica solo in caso di contratti di durata (articolo 1, comma 3, dell’Allegato), le attività relative all’individuazione degli indici, oltre che di verifica delle variazioni sono poste in capo alla stazione appaltante (articoli 11 e 12) e la variazione degli indici è calcolata con riferimento al corrispondente valore del mese del provvedimento di aggiudicazione.

Dunque, il riferimento temporale per il calcolo della revisione prezzi è individuato nel mese in cui cade la data del provvedimento di aggiudicazione.

Sotto tale profilo, la statuizione appare in linea con i principi enunciati dall’articolo 9, comma 2, del Codice, che stabilisce che l’eventuale rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali deve limitarsi “al ripristino dell’originario equilibrio del contratto oggetto di affidamento” quale risultante dal provvedimento di aggiudicazione.

76.4. -In merito alla sezione IV dell’Allegato, si nota che l’articolo 16 (“Disposizioni transitorie e finali”), comma 4, primo e secondo periodo, prevede che “Al fine di monitorare con regolarità l’individuazione e l’aggiornamento degli indici revisionali, nonché la loro concreta applicazione nei contratti di lavori, servizi e forniture, è istituito presso il Ministero delle infrastrutture e trasporti l’Osservatorio sulla revisione prezzi. La composizione e le modalità di funzionamento dell’Osservatorio di cui al primo periodo sono definite con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti”.

Ove l’istituzione dell’Osservatorio sia fatta discendere dall’articolo 16, ciò non sembrerebbe del tutto corrispondente alla riserva di legge relativa di cui all’articolo 97, secondo comma, della Costituzione, che postula che la legge fornisca indicazioni, sia pur minime, in merito alla composizione e alle modalità di funzionamento dell’Osservatorio.

Inoltre, pur essendo previsto che ai componenti dell’Osservatorio non spetti alcun emolumento, ciò non toglie che, per connaturate esigenze di supporto organizzativo in termini di risorse umane e logistico – strumentali e considerata la potenziale ampiezza e complessità dei compiti affidati, potrebbe porsi il problema di un onere finanziario aggiuntivo a carico del bilancio, di cui non è indicata una precisa copertura.

76.5.- L’articolo 16 dell’Allegato contiene un rinvio alla fonte secondaria, rilevante sotto il profilo dell’integrità del principio di autoapplicatività del Codice, tanto più che non è assistito dalla previsione di un termine, che, quindi, dovrà essere inserito.

76.6..- Dalla relazione illustrativa non emergono specifiche valutazioni sotto il profilo del coordinamento dell’attività di tale osservatorio con quella svolta da osservatori sui prezzi istituiti a livello regionale e nazionale (Garante per la sorveglianza dei prezzi istituito presso il Ministero dello sviluppo economico ai sensi dell’articolo 2, commi 198-203 della legge n. 244 del 2007, sulla cui disciplina sono intervenute numerose disposizioni tra cui da ultimo l’articolo 3 del decreto-legge n. 5 del 2023 che ha istituito la Commissione di allerta rapida di sorveglianza dei prezzi), profilo anch’esso rilevante ai fini della segnalata problematica riferita all’osservanza dell’articolo 97, secondo comma, della Costituzione

76.7.- Sotto il profilo formale si osserva quanto segue:

– all’art. 2, comma 2, la parola “possibilità” dovrebbe essere sostituita con la parola “facoltà”;

– alla Tabella A, punto 1, le parole “sentita l’Istat” devono essere sostituite con le seguenti: “sentito l’Istat”.

77.- Articolo 77 (Modifiche all’Allegato II. 3 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

77.1.- L’articolo 77 interviene sull’Allegato II.3 “Soggetti con disabilità o svantaggi cui può essere riservata la partecipazione ad appalti (Articolo 61, commi 4 e 5)”, mutandone la denominazione e l’articolo di riferimento, indicato non più nell’articolo 61, ma nell’articolo 57.

Si osserva, in conformità a quanto rilevato per quest’ultimo articolo, che anche la rubrica, rectius “titolo”, dell’Allegato, così come modificata, dovrebbe essere integrata con il riferimento anche agli “inviti”, cui si riferisce il testo dello stesso articolo.

Inoltre, alla luce dei rilievi formulati al punto 14, relativamente alla integrazione della rubrica dell’articolo 57 del Codice, occorre riformulare l’intitolazione dell’Allegato II.3 nei seguenti termini: “Clausole sociali dei bandi di gara, degli avvisi e degli inviti e criteri di sostenibilità energetica e ambientale (Articolo 57, comma 2-bis)”.

78.- Articolo 78 (Modifiche all’Allegato II. 4 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

78.1.- L’articolo 78 modifica l’Allegato II.4 “Qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza (Articolo 62)”.

78.2.- Si osserva preliminarmente, sotto il profilo della conformità dell’Allegato all’articolo 62, comma 3, del Codice, come modificato dall’articolo 18, comma 1, lettera a), dello schema, che esso non contiene alcuna “disciplina” in tema di “incentivi”, la cui previsione è ricondotta dalla relazione illustrativa all’esigenza di attuare il PNRR M1C1; sotto tale profilo non può rilevare l’articolo 13-bis, comma 1, lettera e) che attribuisce al Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori anche l’individuazione degli “incentivi disponibili a legislazione vigente per i soggetti aggregatori specializzati di cui alle lettere c) e d)”, poiché esso si riferisce non solo ad incentivi già previsti (di cui sarebbe stata opportuna la ricognizione) ma anche ad una platea più ristretta di quella individuata dall’articolo 62 con la locuzione “stazioni appaltanti”.

Occorre pertanto integrare l’Allegato in esame con la previsione di una disciplina degli incentivi, considerato che l’articolo 62, comma 3, configura una tale disciplina come contenuto necessario e non meramente programmatico.

78.3..- L’articolo 1, comma 1, lettera d), sostituisce l’articolo 8 (“Qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza per l’esecuzione”.

Il novellato articolo 8, comma 2, prevede che, a decorrere dal 1 gennaio 2025, “la possibilità per le stazioni appaltanti e le centrali di committenza qualificate per la progettazione e per l’affidamento di lavori, di servizi e forniture o di entrambe le tipologie contrattuali di eseguire il contratto per i livelli superiori a quelli di qualifica è valutata sulla base subordinata al soddisfacimento dei seguenti requisiti” – costituiti dal rispetto dei tempi previsti per i pagamenti di imprese e fornitori, dall’assolvimento degli obblighi di comunicazione dei dati sui contratti pubblici che alimentano le banche dati detenute o gestite dall’ANAC e dalla partecipazione al sistema di formazione e aggiornamento del personale – “come definiti per i diversi livelli di qualificazione nella Tabella C-bis, per l’esecuzione di lavori, e nella Tabella C-ter, per l’esecuzione di servizi e forniture”.

Con formulazione identica a quella vigente, il comma 3 stabilisce che “Le stazioni appaltanti non qualificate per la progettazione e l’affidamento di lavori, di servizi e forniture o di entrambe le tipologie contrattuali possono, fino al 31 dicembre 2024, eseguire i contratti se sono iscritte all’AUSA e in possesso di una figura tecnica in grado di svolgere le funzioni di RUP”.

Il comma 4 prevede che “A decorrere dalla data di cui al comma 1”, cioè dal 1° gennaio 2025, la possibilità (rectius la facoltà”) “per le stazioni appaltanti non qualificate per la progettazione e l’affidamento di lavori, di servizi e forniture o di entrambe le tipologie contrattuali di eseguire il contratto è subordinata all’iscrizione all’AUSA, alla disponibilità di una figura tecnica in grado di svolgere le funzioni di RUP, nonché al soddisfacimento dei requisiti di cui al comma 2, come definiti per i diversi livelli di qualificazione nella Tabella C-bis, per l’esecuzione di lavori, e nella Tabella C-ter, per l’esecuzione di servizi e forniture”.

78.4. -Si osserva che i requisiti per l’esecuzione da parte delle stazioni appaltanti non qualificate sono modificati a decorrere dal 1° gennaio 2025, rispetto a quelli previsti al 31 dicembre 2024, con l’introduzione anche del “soddisfacimento dei requisiti di cui al comma 2, come definiti per i diversi livelli di qualificazione nella Tabella C-bis, per l’esecuzione di lavori, e nella Tabella C-ter, per l’esecuzione di servizi e forniture”. Tra i requisiti stabiliti da tali tabelle è previsto il seguente: “Formazione/aggiornamento di almeno un soggetto coinvolto nella gestione della fase esecutiva di ciascun contratto di importo superiore alla soglia di qualificazione”, declinato, a seconda dei livelli di qualificazione, nello svolgimento di uno o più corsi per il numero di ore indicato, completato entro il 2024 o entro 12 mesi dalla richiesta (rectius:“dalla data della richiesta”) di qualificazione.

Tale requisito, nella misura in cui si riferisce ad un importo superiore alla soglia di qualificazione, appare precludere alle stazioni appaltanti non qualificate l’esecuzione di contratti; ciò in quanto ad esse – non essendo appunto qualificate – non paiono riferibili la locuzione “fase esecutiva di ciascun contratto di importo superiore alla soglia di qualificazione”, né la determinazione della durata del corso con riferimento alla (data della) richiesta di qualificazione.

Si segnala pertanto tale aspetto allo scopo di prevedere, in coerenza con l’obiettivo che si intende espressamente raggiungere con il comma 4 dell’articolo 8, un requisito adeguato per le stazioni appaltanti non qualificate per l’esecuzione e sostanzialmente equivalente rispetto a quello richiamato dalle Tabelle C-bis e C-ter, ovvero che sia introdotta una previsione di eccettuazione da tale requisito per le medesime stazioni appaltanti non qualificate per l’esecuzione.

78.5.- Il novellato articolo 8, comma 5, prevede che “Resta ferma la possibilità per le stazioni appaltanti non qualificate ai sensi dell’articolo 63, comma 2, di eseguire i contratti affidati ai sensi dell’articolo 62, comma 6, lettere c) e d)”. Tale rinvio dell’Allegato risulta contenutisticamente coerente con le previsioni delle lettere da esso indicate.

Tuttavia, si segnala ulteriormente che l’articolo 62, comma 6, lettera f), del Codice – non modificato dallo schema del correttivo – si riferisce alle lettere b) e c), quindi non alla lettera d); ciò, pertanto, comporta un erroneo rinvio interno nell’articolo 62 (cioè un richiamo erroneo alla citata lettera b) e un mancato corretto richiamo alla lettera d).

78.6.- L’articolo 13-ter (“Disposizioni transitorie”), introdotto nell’Allegato, riferisce a data successiva all’entrata in vigore dello schema in esame solo le modifiche delle Tabelle A, B e C e i provvedimenti che ANAC adotta su tale base.

In proposito si rileva che la previsione di una nuova disciplina a decorrere dal 1° gennaio 2025, con disposizioni la cui entrata in vigore, con elevata probabilità, si collocherà in una data successiva, comporta una cesura temporale per l’esecuzione dei contratti da parte delle stazioni appaltanti non qualificate – che pure abbiano eseguito contratti fino al 31 dicembre 2024, avendo i requisiti di cui al comma 3 – nel caso in cui non possano vantare il requisito del completamento di corsi nel 2024. Fermo restando che una tale cesura può derivare anche dalla previsione degli altri due requisiti stabiliti dalle tabelle C-bis e C-ter poiché essi non hanno carattere automatico, ma presuppongono adempimenti da parte dei soggetti interessati.

Valutino quindi le Amministrazioni proponenti se il complesso della disciplina sopra descritta sia compatibile con l’osservanza dei termini espressamente stabiliti o se non occorra ragionevolmente introdurre fin d’ora un’adeguata disciplina transitoria.

78.7.- Nell’articolo 11 (“Revisione della qualificazione”) dell’Allegato, con i commi da 4-bis a 4-quater, è introdotta una disciplina di monitoraggio dei tempi di affidamento da parte delle stazioni appaltanti qualificate che – in caso di rilevazione di un tempo medio intercorrente fra la data di presentazione delle offerte, come risultante nei bandi di gara, e la data di stipula del contratto, superiore a 160 giorni – mette capo ad un’interlocuzione della stazione interessata con ANAC, sulla base della presentazione, da parte della stessa stazione, di un piano di riorganizzazione che deve prevedere anche “gli obiettivi temporali di riduzione del tempo medio di svolgimento delle procedure di affidamento” ai sensi del comma 4-bis, lettera b).

78.8.- In particolare, il comma 4-ter, secondo periodo, stabilisce che “Alla scadenza di cui al comma 4-bis, lettera b), ANAC conclude la verifica attribuendo un punteggio premiale ai sensi del comma 2, lettera b-ter) alla stazione appaltante che ha contenuto il tempo medio, di cui al comma 4-bis, entro i centoquindici giorni, sulla base di quanto previsto rispettivamente nelle Tabelle A e B.”.

Al riguardo, appare opportuno precisare che i piani di riorganizzazione devono essere, in assunto, privi di oneri finanziari aggiuntivi per i soggetti che li devono predisporre; tale limite dell’invarianza finanziaria rende difficile immaginare a priori un efficace contenuto degli stessi piani, dovendosi presumere che, per lo più e per fatto notorio, le problematiche derivino sia da difetti qualitativi nelle competenze disponibili nell’organico, sia da difetti quantitativi del medesimo, entrambi normalmente sopperibili attraverso nuove assunzioni. Occorre interrogarsi anche sulla stessa attitudine dell’ANAC, a capacità organizzative e di spesa invariate, a far fronte ad un numero presumibilmente elevato di complesse verifiche estese all’interlocuzione su piani organizzativi di tale delicatezza e complessità, nel quadro di notori limiti di bilancio.

78.9.- Sotto il profilo formale si osserva che:

– all’articolo 8, comma 2, la locuzione “è valutata sulla base subordinata al soddisfacimento” andrebbe sostituita dalla seguente: “è valutata sulla base del soddisfacimento”.

79.- Articolo 79 (Inserimento dell’Allegato II.6-bis al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

79.1.- L’articolo 79 dello schema introduce l’Allegato II.6-bis “Accordo di collaborazione (articolo 82-bis, comma 3)”, composto da quattro articoli, con i quali: è data la definizione dell’accordo e dei relativi contenuti, ne sono individuati le parti, le modalità di adesione, gli obblighi e gli strumenti di risoluzione delle controversie.

79.2.- Premesso quanto già esposto in merito all’articolo 22, con riferimento all’esigenza di espungere l’articolo 82-bis, in ogni caso, laddove si ritenga di mantenerlo, si osserva quanto segue.

79.3.- Con riguardo all’enunciazione di cui all’articolo 1, comma 2, dell’Allegato, secondo cui l’accordo di collaborazione “non sostituisce il contratto principale e gli altri contratti al medesimo collegato, strumentali all’esecuzione dell’appalto, e non ne integra i contenuti”, se ne suggerisce la collocazione nell’art. 82-bis del Codice, in fine al primo comma, trattandosi di proposizione normativa che caratterizza la natura essenziale dell’istituto. Analoga considerazione riguarda anche la locuzione “senza sostituire il contratto principale o integrarne i contenuti” di cui all’articolo 2, comma 3.

79.4.- Si segnala inoltre che, all’articolo 2, comma 2, lettera a), dell’Allegato è prevista l’assunzione della qualità di parte formale dell’accordo del RUP, del direttore dei lavori e delle altre figure che intervengono in questa fase per la stazione appaltante, individuate dall’articolo 114 del Codice, che, peraltro, concentra nel RUP la funzione di direzione dell’esecuzione del contratto nei confronti dell’appaltatore, con strumenti di carattere autoritativo (articoli 15 e 114, comma 1, del codice, e 8 dell’Allegato I.2). Sul punto, in assenza di indicazioni specifiche nelle relazioni e nella documentazione accompagnatoria dello schema, si osserva che l’implicito superamento del principio di tipicità legale dell’immedesimazione organica derivante dall’investitura della qualità di parte delle menzionate figure è di per sé giuridicamente problematico e comporta criticità nel processo decisionale e gestionale dell’accordo di collaborazione per la parte pubblica.

79.5.- Al medesimo riguardo, andrebbe anche considerata la possibile sovrapposizione di strumenti di carattere amministrativo già previsti dal Codice con quelli di tipo negoziale, eventualmente derivanti dall’accordo, laddove in particolare si prevede che quest’ultimo “definisce le funzioni e le attività svolte dai soggetti individuati ai sensi del primo periodo in coerenza con i compiti loro attribuiti dalla legge” (articolo 2, comma 3, ultimo periodo).

79.6.- Ancora, dall’inclusione dei medesimi soggetti tra le parti dell’accordo (articolo 2, comma 2, lettera a) potrebbe derivare uno sbilanciamento a favore della stazione appaltante rispetto all’appaltatore, che, inoltre, può trovarsi in posizione di contrasto con i soggetti indicati alla lett. c) del medesimo articolo 2, comma 2, dell’Allegato (sub-appaltatori, sub-contraenti e fornitori).

79.7.- Appare inoltre necessario che sia chiarito, stabilendo una specifica disciplina, il ruolo del “direttore strategico”, previsto dall’articolo 2, comma 5, lettera a), dell’Allegato – figura soggetta, da un lato, all’esecuzione dell’accordo e, dall’altro, deputata a “coordina[re] le parti anche al fine di migliorare la cooperazione” – in particolare, tra l’altro, quanto a criteri di scelta, preposizione, procedimentalizzazione dei compiti e dei poteri, nonché quanto ai relativi compensi.

79.8.- In merito all’articolo 3 dell’Allegato, si osserva l’opportunità di valutare la possibilità di un ulteriore approfondimento definitorio – in particolare per gli “obiettivi principali” – per superare profili di tendenziale ambiguità che, in concreto, possano suscitare dubbi in rapporto all’oggetto del contratto e ai termini ivi previsti di esecuzione delle prestazioni da parte dell’appaltatore, anche considerata la facoltà di prevedere premialità. In relazione a queste ultime non risulta chiaro il rapporto con il premio previsto dall’articolo 126 del Codice, che l’articolo 38 dello schema modifica anche per renderne obbligatoria la previsione nel bando o nell’avviso di indizione della gara per gli appalti di lavori.

79.9.- Si segnala che l’articolo 3, comma 8, lettera c), prevede tra le premialità dell’accordo “premi economici connessi al raggiungimento degli obiettivi di collaborazione”, che si specifica che siano determinati dalla stazione appaltante nello schema di accordo “in coerenza con l’art. 126 del Codice, tenuto conto della rilevanza dell’obiettivo raggiunto, e comunque nei limiti delle risorse disponibili nell’ambito del quadro economico dell’intervento”.

La clausola di coerenza non pare di per sé idonea a chiarire in che termini si coordinino gli istituti di premialità dell’accordo con il premio di accelerazione previsto dall’articolo 126 del Codice, cosicché la previsione di tali istituti pare una duplicazione del premio di accelerazione. Qualora si intenda che i medesimi istituti abbiano carattere aggiuntivo o sostitutivo rispetto al premio di accelerazione, la previsione di tali premialità nell’accordo di collaborazione verrebbe ad incidere su obblighi contrattuali, contraddicendo l’articolo 1, comma 2, dell’Allegato II.6-bis. Nel caso in cui si intenda prevedere la possibilità di un cumulo di istituti premiali occorrerebbe anche valutarne il rilievo sotto il profilo di una realistica sostenibilità finanziaria.

79.10.- La successiva lettera d) prevede che le premialità possano consistere in “premi reputazionali […] secondo quanto previsto dall’art. 108, comma 6, del Codice”, disposizione, quest’ultima, che non pare contenere alcuna previsione rilevante ai fini del richiamo.

79.11.- Con riguardo all’articolo 4, comma 1, dell’Allegato, che per le controversie insorte nell’esecuzione dell’accordo rinvia agli “strumenti alternativi di risoluzione in esso previsti”, si osserva che sarebbe opportuno prevedere un coordinamento di tali strumenti con quelli previsti in generale dal Codice. La disposizione in esame sembra inoltre prefigurare un’ulteriore fonte di contenzioso nella fase esecutiva del contratto in contrasto con il principio del risultato enunciato dal Codice.

79.12.- L’articolo 4, comma 2, disciplina il caso in cui sia stato costituito il collegio consultivo tecnico, stabilendo che le parti dell’accordo “si impegnano a garantire osservanza ai pareri o alle determinazioni del collegio, ove incidenti su aspetti regolati dall’accordo di collaborazione”.

Al riguardo, si osserva che non è chiaro se l’impegno debba essere assunto in sede di accordo, come contenuto ulteriore di questo rispetto a quanto già diffusamente previsto dall’articolo 3 dell’Allegato, o se – come preferibile – l’obbligo derivi direttamente dalla disposizione dell’Allegato. In questo secondo caso, in termini di chiarimento e coordinamento di un effetto avente fonte legale e insito nella funzione giustiziale del collegio, la disposizione andrebbe meglio riformulata come segue: “In caso di costituzione di un collegio consultivo tecnico ai sensi degli articoli 215 o 218 del Codice, le parti dell’accordo di collaborazione sono tenute ad osservare i pareri e le determinazioni del collegio, ove incidenti su aspetti da esso regolati”.

79.13.- Sotto il profilo formale, all’articolo 3, comma 5, la parola “connessi”, riferita alle “premialità”, deve essere sostituita con “connesse”.

80.- Articolo 80 (Modifiche all’Allegato II.10 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

80.1.- L’articolo 80 modifica l’Allegato II.10 “Violazioni gravi degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali (Articoli 94, comma 6 e 95, comma 2)”, prevedendo – con riferimento alla disposizione che, ai fini degli artt. 94, comma 6 e 95 comma 2, considera il documento unico di regolarità contributiva (DURC) mezzo di prova per i contributi previdenziali e assistenziali – che il DURC sia acquisito da parte delle stazioni appaltanti attraverso l’accesso alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici anziché presso gli istituti previdenziali.

Nulla da osservare.

81.- Articolo 81 (Modifiche all’Allegato II.12 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo 81 interviene sull’Allegato II.12 “Sistema di qualificazione e requisiti per gli esecutori di lavori. Requisiti per la partecipazione alle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura (Articoli 66, comma 2 e 100, comma 4)”.

Nulla da osservare.

82.- Articolo 82 (Modifiche all’Allegato II.14 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

82.1.- L’articolo 82 interviene sull’Allegato II.14 “Direzione dei lavori e direzione dell’esecuzione dei contratti. Modalità di svolgimento delle attività. della fase esecutiva. Collaudo e verifica di conformità (Articolo 114, comma 5)”, riferito all’articolo 114 che non è modificato dallo schema in esame.

Nulla da osservare nel merito.

82.2.- Sotto il profilo formale, si osserva che, al comma 1, lettera e), alla rubrica dell’articolo 29-bis, occorre sostituire la parola “segretaria” con la seguente: “segreteria”.

83.- Articolo 83 (Modifiche all’Allegato II.18 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36).

L’articolo 83 reca interventi di carattere formale sull’Allegato II.18 “Qualificazione dei soggetti, progettazione e collaudo nel settore dei beni culturali (Articolo 133)”, riferito all’articolo 133 che non è non è modificato dallo schema in esame.

Nulla da osservare.

84.- Articolo 84 (Sostituzione dell’Allegato V.2 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

84.1.- L’articolo 84 sostituisce interamente l’Allegato V.2 “Modalità di costituzione del Collegio consultivo tecnico (Articolo 215, comma 1)”, che, come riformulato, si compone di 8 articoli, relativi rispettivamente alla formazione e ai compensi; ai requisiti e alle incompatibilità; alla costituzione e all’insediamento; alle decisioni; alle ipotesi di decadenza, dimissioni e revoca dei componenti; all’osservatorio; alla costituzione facoltativa del collegio; e alla segreteria tecnico-amministrativa.

Sul piano generale le modifiche rispetto all’attuale Allegato risultano coerenti con la scelta legislativa di restringere l’obbligatorietà del collegio ai soli contratti di lavori soprasoglia e di ampliare le ipotesi di pareri o di determinazioni obbligatorie.

84.2.- Con riferimento all’articolo 1, si osserva quanto segue:

a) al comma 1, può essere omesso il riferimento all’esperienza e qualificazione professionale dei componenti adeguata “alla tipologia dell’opera”, che potrebbe restringere eccessivamente il novero dei soggetti eligibili, laddove sembra più coerente con le esigenze di qualificazione richieste per lo svolgimento dell’incarico, mantenere la formula attualmente prevista: “comprovata esperienza nel settore degli appalti, delle concessioni e degli investimenti pubblici, anche in relazione allo specifico oggetto del contratto”;

b) al comma 2, andrebbe coordinata la previsione della nomina di un componente da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel caso in cui questo “partecipa al finanziamento della spesa” con le modalità di nomina previste nei precedenti periodi dello stesso comma;

c) al comma 5, appare pleonastica la precisazione che il compenso dovuto ai componenti “è sottoposto esclusivamente ai limiti previsti dalla legge”; appare opportuno che i criteri di determinazione del compenso, corredati da tabelle di quantificazione, siano direttamente previsti nell’Allegato, con una formulazione la più chiara ed esauriente possibile; al medesimo comma – in conseguenza di quanto rilevato all’articolo 53 dello schema circa l’esigenza di inserire, dopo il primo periodo, il seguente: “I componenti del collegio in quanto tali esercitano una funzione giustiziale di pubblico interesse e non sono perciò, sotto nessun profilo, qualificabili come operatori economici che prestano servizi a favore delle amministrazioni e degli enti aggiudicatori, né la costituzione del collegio e la scelta dei suoi componenti è riconducibile, in alcun modo, ad una selezione competitiva ad evidenza pubblica disciplinata dal presente Codice.” – occorre aggiungere il seguente periodo: “Ai componenti del Collegio consultivo tecnico non si applica l’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136”.

c) anche in relazione a quanto rilevato per il comma 5, al comma 6 non appare chiara la previsione che aggiunge al compenso dovuto a favore dei componenti le spese “non aventi valore remunerativo” (concetto in sé ossimorico); inoltre, la definizione di tali compensi e spese non dovrebbe essere demandata alle linee guida ministeriali, ma dovrebbe trovare disciplina nel Codice, in modo da renderne nota l’entità in modo trasparente e stabile pur se soggetta a regolamento di delegificazione;

d) dall’osservazione di cui alla lettera a), deriva l’esigenza di un conseguente coordinamento dell’articolo 2, che disciplina in termini generali i requisiti e le incompatibilità.

84.3.- Circa l’articolo 4, si osserva che:

– al comma 3, appare opportuno espungere l’ultimo periodo – in cui si prescrive al collegio il compito di “svolgere riunioni periodiche per monitorare l’andamento dei lavori e a formulare, ove ritenuto opportuno, osservazioni alle parti” – poiché tale prescrizione appare distonica rispetto alla funzione di carattere decisorio dell’organo e rischia di snaturarne la natura giustiziale;

– non sono chiare le ragioni per cui, nel nuovo testo dell’Allegato, è stata eliminata la vigente disposizione (articolo 3, comma 5, dell’Allegato V.2) – secondo cui, in caso di definizione del giudizio corrispondente alla decisione del collegio, è esclusa per la parte vittoriosa la ripetizione delle spese di lite, mentre per quella soccombente, oltre alla condanna alle spese di lite, è previsto il pagamento di un’ulteriore somma a favore dello Stato pari al contributo unificato – che risponde all’esigenza di rafforzare la funzione di natura preventiva dell’organo rispetto a liti insorgende, per cui appare opportuno mantenerla. Si propone, pertanto, di reinserire tale disposizione come periodo aggiuntivo alla fine del comma 4.

84.4.- Sotto il profilo formale si osserva che:

– all’articolo 1, comma 1, le parole “o dal concessionario” vanno sostituite con le seguenti: “o del concessionario”; l’aggettivo “motivata”, riferito alla “complessità dell’opera” appare improprio e comunque privo di plausibile contenuto precettivo; se riferito all’esigenza di motivazione della scelta del numero dei componenti del collegio risulta invece pleonastico;

– all’articolo 3 andrebbero espunti i verbi servili utilizzando l’indicativo presente; in particolare, al comma 1, la locuzione “deve essere costituito” andrebbe riformulata nei seguenti termini: “è costituito”; inoltre dovrebbe farsi ricorso al concetto di “costituzione” in luogo di quello di “istituzione” dell’organo, che pure compare nel comma 2;

– all’articolo 4, comma 4, occorre eliminare un refuso, consistente nella ripetizione in un periodo autonomo della previsione secondo cui “le determinazioni possono essere adottate entro venti giorni dalla comunicazione dei quesiti” in caso di particolari esigenze istruttorie;

– all’articolo 6, comma 2, la previsione dell’avvalimento della “banca dati dell’ANAC” da parte dell’Osservatorio previa stipula “di apposita convenzione” appare superflua rispetto al carattere autoapplicativo della disposizione; occorre al medesimo riguardo specificare che la “banca dati dell’ANAC” è la “Banca dati nazionale dei contratti pubblici”, prevista dall’articolo 23 del Codice; in generale, nei commi di cui la disposizione si compone, l’Osservatorio e il Consiglio superiore dei lavori pubblici vanno indicati con la prima lettera maiuscola.

85.- Articolo 85 (Modifiche all’Allegato V.3 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

L’articolo 85 interviene sull’articolo 1, comma 1, dell’Allegato V.3 “Modalità di formazione della Cabina di regia (articolo 221, comma 1)” integrando la composizione della Cabina con un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze e un rappresentante della Struttura di missione PNRR.

Nulla da osservare.

86.- Articolo 86 (Clausola di invarianza finanziaria)

Nulla da osservare.

87.- Articolo 87 (Entrata in vigore)

Nulla da osservare.

                                                                                                                           P.Q.M.

nei sensi delle considerazioni che precedono è il parere della Sezione.

 

GLI ESTENSORI IL PRESIDENTE
Fabio Franconiero, Valerio Perotti, Stefano Fantini, Giovanni Grasso, Ezio Fedullo, Daniele Ravenna, Giuseppina Luciana Barreca, Sara Raffaella Molinaro, Elena Quadri, Carla Ciuffetti, Giovanni Gallone, Marina Perrelli, Gianluca Rovelli, Annamaria Fasano, Eugenio Tagliasacchi Luciano Barra Caracciolo