Beni culturali – Ritrovamento – Scoperta fortuita – Premio – Erogazione – Condizioni e presupposti – Fattispecie
In tema di beni culturali, la scoperta fortuita si caratterizza per il fatto di essere del tutto occasionale, costituendo un fatto giuridico eccezionale in cui non rileva la volontà dello scopritore, ma solo l’incontro con la cosa. La nozione di scoperta fortuita viene quindi ricavata in via residuale, dovendosi considerare tale ogni rinvenimento intervenuto al di fuori di un programma di scavi archeologici. Da tale impostazione consegue che la scoperta di cose di interesse artistico-archeologico rimane «fortuita» anche laddove avvenga nell’ambito di un’attività di ricerca o di scavo, purché quest’ultima non sia finalizzata al ritrovamento di beni del genere di quelli concretamente ritrovati (come avverrebbe, ad esempio, qualora durante una campagna di scavi per la ricerca di reperti di epoca romana fossero trovati resti di uomini o di animali di epoca preistorica). Il criterio teleologico, quindi, distingue il negativo il ritrovamento fortuito, il quale, per tale ragione, viene a connotarsi come un ritrovamento che avviene «per caso», e come tale non previsto o prevedibile (Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 gennaio 2024, n. 207). Ebbene, facendo applicazione delle suddette coordinate ermeneutiche al caso di specie in cui venivano svolti lavori di ristrutturazione e ricostruzione di un complesso immobiliare in zona classificata a rischio archeologico dal piano regolatore generale, vi è da ritenere che il rinvenimento dei reperti, a prescindere da chi ne sia stato l’effettivo scopritore, non sia stato “fortuito” con conseguente esclusione del diritto al riconoscimento del premio ex art. 92, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 42 del 2004. Nella fattispecie, durante lo svolgimento di lavori di ristrutturazione edilizia veniva ritrovato un recipiente di pietra ollare contenente diverse centinaia di monete d’oro, oltre che altri oggetti d’oro di epoca romana.