Consiglio di Stato, sez. V, 25 marzo 2025, n. 2454

Comune e provincia – Assessore comunale – Nomina – Revoca – Sono atti di alta amministrazione – Sindacabilità da parte del giudice amministrativo – Testo integrale della sentenza

Il provvedimento di nomina e di revoca di un assessore comunale rientrano nel perimetro degli atti di alta amministrazione e non in quello degli atti politici, pertanto sono suscettibili di sindacato da parte del giudice amministrativo sia pure con talune particolarità dovute all’ampio margine di discrezionalità che caratterizza tali atti.

Pubblicato il 25/03/2025

N. 02454/2025REG.PROV.COLL.

N. 09543/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9543 del 2023, proposto da
Carmine De Girolamo, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Zaca’, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune Orta Nova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pier Paolo Grimaldi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Francesco Pio Grillo, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) n. 717/2023, resa tra le parti

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune Orta Nova;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2024 il Cons. Diana Caminiti e uditi per le parti gli avvocati Angelo Giuseppe Orfino in delega di Francesco Zacà e Pier Paolo Grimaldi.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Con decreto n. 31 del 06.03.2020, il Sindaco p.t. del Comune di Orta Nova nominava il sig. Carmine De Girolamo, già eletto consigliere comunale, quale assessore, conferendogli le deleghe per i distinti e autonomi servizi “Affari Generali – Personale – Contenzioso”.

Successivamente il Sindaco del predetto ente locale con decreto n. 103 del 15.2.2022, gli revocava la delega al contenzioso, confermando le altre deleghe al personale e agli affari generali.

1.1. Tale decreto veniva impugnato dal sig. De Girolamo innanzi al Tar Puglia, che, con sentenza di accoglimento della sez. I, 29 aprile 2022, n. 583, lo annullava.

1.2. Detta sentenza veniva notificata al comune e passava in giudicato.

Gli organi comunali tuttavia non ottemperavano alla sentenza de qua, reintegrando il ricorrente nella delega al contenzioso, sull’assunto che la stessa non fosse autoesecutiva.

1.3. Pertanto il sig. De Girolamo agiva innanzi al Tar Bari, sia per l’annullamento della nota con cui sia il segretario generale che il responsabile del settore avevano affermato che la sentenza non era autoesecutiva, sia per l’ottemperanza al giudicato, sostenendo che non era necessario alcun provvedimento per essere reintegrato nella delega al contenzioso, formulando i seguenti motivi:

1) Violazione del decreto n. 31/2020 del Sindaco del Comune di Orta Nova. Violazione e/o elusione della sentenza T.a.r. Bari, sez. I, n. 583/2022. Violazione degli artt. 2 e 97 della Costituzione. Violazione dell’art. 46 del d.lgs. n. 267 del 2000;

2) Violazione e elusione del giudicato ex sentenza T.a.r. Bari, I, n. 583 del 2022. Violazione degli artt. 1 e 33 c.p.a.

L’annullamento ex tunc del decreto di revoca n. 103/2022, ad opera della sentenza n. 583/2022, in tesi attorea, avrebbe comportato la reviviscenza dell’originario decreto n. 31 del 2020, di attribuzione al ricorrente delle tre deleghe assessorili.

1.4. In seguito, con decreto n. 116 del 2.9.2022, il sindaco revocava al ricorrente tutte le deleghe da assessore con la seguente motivazione:

CONSIDERATO che la suddetta sentenza, non è stata eseguita poiché, nel contempo è di fatto venuto meno il rapporto di fiducia con il Sindaco, tanto da rendersi opportuno e necessario, procedere alla revoca totale del Decreto Sindacale n. 31 prot. n. 3644 del 09/03/2020 …

DATO ATTO che successivamente alla vicenda sopra descritta, vi è stata una corposa corrispondenza proveniente dall’assessore revocato, da cui emerge chiaramente la volontà di quest’ultimo di creare difficoltà e ostacoli all’attività amministrativa in contrasto con le decisioni del Sindaco, così creando un insanabile rapporto conflittuale con lo stesso Sindaco.

DATO ATTO che da ultimo l’assessore revocato, tra le altre, con nota prot.n. 10420 del 27/06/2022, ha contestato la pubblicazione di alcune delibere di Giunta, così alterando e facendo venir meno il rapporto fiduciario fra sindaco ed assessore, rapporto fiduciario che deve sempre permanere tra il capo dell’amministrazione e il singolo assessore per la serena prosecuzione congiunta dell’attività amministrativa, con ripercussioni sui rapporti politici all’interno della maggioranza.

PRECISATO che il venir meno della “fiducia” sulla idoneità del nominato a rappresentare coerentemente gli indirizzi del Sindaco delegante ed a perseguire gli obiettivi programmatici non è, in ogni caso, da intendersi riferibile a qualsivoglia genere di valutazione afferente a qualità personali o professionali dell’Assessore revocato, né è da intendersi sanzionatorio ma piuttosto, meramente finalizzato a salvaguardare la serena prosecuzione del mandato amministrativo, nell’interesse della collettività rappresentata e a tutela di trasparenza, imparzialità e buon andamento, principi cardine dell’attività della Pubblica Amministrazione”.

1.5. Tale atto è stato impugnato dal sig. De Girolamo innanzi al Tar Puglia con ricorso per motivi aggiunti con i quali si è lamentata:

1) Violazione e elusione del giudicato ex sentenza T.a.r. Bari, sez. I, n. 583 del 2022. Violazione degli artt. 1 e 33 c.p.a. Violazione degli artt. 2 e 97 della Costituzione. Violazione dell’art. 46 del d.lgs. n. 267 del 2000.

2) Violazione degli artt. 2 e 97 della Costituzione. Violazione degli artt. 46 e 78 del d.lgs. n. 267 del 2000. Violazione degli artt. 19, 20, 22, 23 dello Statuto comunale. Eccesso di potere per sviamento ed ingiustizia manifesta. Eccesso di potere per contraddittorietà e travisamento dei fatti.

3) Violazione degli artt. 2 e 97 della Costituzione. Violazione degli artt. 46 e 78 del d.lgs. n. 267 del 2000. Violazione degli artt. 19, 20, 22, 23 dello Statuto comunale. Eccesso di potere per sviamento ed ingiustizia manifesta. Eccesso di potere per difetto di motivazione.

4) Violazione degli artt. 2 e 97 della Costituzione. Violazione degli artt. 46 e 78 del d.lgs. n. 267 del 2000. Violazione degli artt. 19, 20, 22, 23 dello Statuto comunale. Eccesso di potere per sviamento ed ingiustizia manifesta. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Violazione degli artt. 1 – 3 della legge n. 241 del 1990.

2. Con sentenza Tar Puglia, Bari, sez. I, 3 maggio 2023 n. 717, si è in primo luogo dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo, sulla base del rilievo che dopo la proposizione dello stesso, con successivo decreto n. 116 del 2.9.2022, il sindaco aveva revocato al ricorrente tutte le deleghe da assessore, con conseguente rinnovazione degli atti del procedimento e riesercizio della discrezionalità di spettanza del sindaco. Da ciò, secondo il Tar, il difetto di interesse del ricorrente alla decisione del ricorso principale.

2.1. Il primo giudice ha poi respinto il ricorso per motivi aggiunti, relativo all’atto di revoca di tutte le deleghe assessorili, dopo avere ricordato che detto atto di revoca, secondo la giurisprudenza amministrativa, non è un atto politico ma un atto di alta amministrazione, pertanto sindacabile dal giudice amministrativo, ma con un sindacato di tipo debole ed estrinseco, ovvero circoscritto alla rilevazione di manifeste illogicità formali e procedurali, richiamando la giurisprudenza in materia.

2.2. Avuto riguardo a tali rilievi il primo giudice ha ritenuto che l’atto fosse legittimo, in quanto motivato con riguardo al venir meno della fiducia per problemi politici e difficoltà nella collaborazione, indicando le ragioni concrete poste alla base della sfiducia così espressa, ovvero la corposa corrispondenza intervenuta, con la conseguente creazione di difficoltà allo svolgimento dell’attività amministrativa in contrasto con le decisioni del sindaco, evidenziando come il ricorrente avesse persino contestato la pubblicazione di alcune delibere di giunta, ritenendo che la motivazione indicata fosse sufficiente ad esplicare le ragioni del venire meno del rapporto fiduciario tra sindaco e assessore, e rientrasse nei profili di ampia discrezionalità dell’apprezzamento a base del provvedimento di alta amministrazione, e in specie di revoca dell’assessore.

3. Avverso tale sentenza con il presente atto di appello il sig. De Girolamo – preliminarmente dichiarando il proprio interesse a ricorrere nonostante l’intervenuto scioglimento dell’ente, anche in vista della futura proposizione di un’azione risarcitoria – ha articolato due motivi, il primo volto a criticare la statuizione di improcedibilità resa dal primo giudice sul ricorso introduttivo e il secondo la statuizione di rigetto sul ricorso per motivi aggiunti.

4. Si è costituito il comune appellato, con memoria di mero stile.

4.1. Il comune, con la memoria di discussione ex art. 73 comma 1 c.p.a., ha peraltro insistito per la declaratoria di inammissibilità dell’appello, che in tesi non potrebbe essere sorretto, stante il successivo scioglimento dell’ente, da un interesse meramente morale, potendo la parte porre a base dell’azione solo un interesse di natura risarcitoria, laddove l’appellante non aveva agito in prime cure per il risarcimento e neanche preannunciato la proposizione di un’azione risarcitoria.

Inoltre, secondo l’ente locale, la nota impugnata con il ricorso introduttivo di primo grado non era un atto impugnabile, atteso peraltro che non preveniva dal sindaco, ma dal segretario generale e dal responsabile del settore; in tesi, neanche l’azione di ottemperanza era ammissibile, potendo il sindaco riesercitare il potere, come in effetti poi avvenuto.

Pertanto, avuto riguardo all’inammissibilità del ricorso introduttivo, il comune ha eccepito come fosse inammissibile anche il ricorso per motivi aggiunti, avuto riguardo al suo carattere accessorio e che lo stesso fosse comunque infondato, comportando un sindacato nel merito dell’esercizio della discrezionalità, riservata al sindaco.

4.2. Con la memoria di replica l’appellante ha controdedotto alle eccezioni di inammissibilità dell’appello e del ricorso di prime cure avanzate dal Comune, assumendo che lo scrutinio della legittimità degli atti impugnati sarebbe ammissibile in vista della futura proposizione di un’azione risarcitoria, preannunciata in prime cure già con la memoria ex art. 73 c.p.a. Inoltre, in tesi del ricorrente, avendo il giudice di prime cure valutato l’ammissibilità del ricorso introduttivo, semplicemente dichiarandolo improcedibile, e del ricorso per motivi aggiunti, il comune avrebbe dovuto proporre appello incidentale avverso la sentenza di prime cure, essendosi formato il giudicato interno sul punto, oppure articolare le eccezioni con memoria ex art. 101 comma 2 c.p.a., nei termini di rito.

Peraltro, in tesi del ricorrente, la nota impugnata con il ricorso introduttivo era lesiva del suo munus, impedendogli l’esercizio delle sue funzioni di assessore e il ricorso per motivi aggiunti, munito di separata procura, ben poteva valere anche come ricorso autonomo.

4.3. Nel merito il sig. De Girolamo ha insistito per l’accoglimento dell’appello, posto che l’atto di revoca non si fondava su ragioni di opportunità politica, ma sull’asserita corposa corrispondenza e su una nota con cui si era contestata la pubblicazione di alcune delibere giuntali.

4.4. Il comune ha poi depositato una memoria di replica alla memoria di replica di parte appellante.

4.5. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 17 ottobre 2024, nella cui sede si è stato avviso alle parti, ex art. 73 comma 3 c.p.a., della possibile inammissibilità della memoria di replica del comune, in quanto non proceduta da una memoria diretta di discussione di parte appellante.

DIRITTO

5. In limine litis, va rimarcato, secondo quanto già preannunciato con avviso a verbale di udienza, ex art. 73 comma 3 c.p.a., come la memoria di replica depositata dal comune sia inammissibile perché non riferita ad una memoria diretta di parte appellante, ma a una memoria di replica.

Infatti a norma dell’art. 73 comma 1 c.p.a. “Le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell’udienza, fino a venti giorni liberi”.

Ciascuna parte è pertanto libera di non presentare memorie dirette di discussione, ma le sole memorie di replica ai documenti e alle memorie di discussione diretta delle controparti; ove si avvalga di tale facoltà non è possibile per le controparti depositare una memoria di replica, che può essere riferita alle sole memorie dirette e ai documenti prodotti dalle altre parti.

5.1. La giurisprudenza ha affermato che nel processo amministrativo la facoltà di replica discende in via diretta dall’esercizio della correlata facoltà di controparte di depositare memoria difensiva nel termine di trenta giorni prima dell’udienza di merito, con la conseguenza che ove quest’ultima facoltà non sia stata esercitata, non può consentirsi la produzione di memoria definita di replica – dilatando il termine di produzione della memoria conclusionale, pari a trenta giorni e non a quello di venti giorni prima dell’udienza, riservato dal menzionato art. 73 c.p.a. alle repliche, non potendo il deposito della memoria di replica  costituire un mezzo per eludere il termine di legge per il deposito delle memorie conclusionali (ex multis Cons. Stato, sez. IV, 22 aprile 2024, n. 3610).

5.1.1. Peraltro, a prescindere o meno dall’elusione del termine per il deposito della memoria, nella specie insussistente, avendo il comune in effetti replicato alla memoria avversaria e non prodotto una memoria diretta, ciò che viene a mancare nell’ipotesi de qua è il presupposto della previa memoria diretta di controparte, dovendo la ratio legis individuarsi nella volontà di impedire la proliferazione degli atti difensivi e nel garantire la par condicio delle parti (oltre che nell’evitare elusioni dei termini per la presentazione delle memorie e nel contrastare l’espediente processuale della concentrazione delle difese nelle memorie di replica, con la conseguente impossibilità per l’avversario di controdedurre per iscritto) (Cons. Stato, sez. VI, 15 novembre 2023, n. 9774).

6. Ciò posto, in via preliminare vanno delibate le questioni di rito.

6.1. È infatti noto che l’esame delle questioni preliminari di rito deve precedere la valutazione del merito della domanda (Cons. Stato, ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4), salve esigenze eccezionali di semplificazione che possono giustificare l’esame prioritario di altri aspetti della lite, in ossequio al superiore principio di economia dei mezzi processuali (Cons. Stato, ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5); inoltre l’ordine di esame delle questioni pregiudiziali di rito non rientra nella disponibilità delle parti (Cons. Stato, ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9).

La norma positiva enucleabile dal combinato disposto degli artt. 76, comma 4, c.p.a. e 276, comma 2, c.p.c., impone infatti di risolvere le questioni processuali e di merito secondo l’ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime la priorità dell’accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell’ordine, giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità, contraddittorio, estinzione), rispetto alle condizioni dell’azione (tale fondamentale canone processuale è stato ribadito anche da Cons. Stato, ad. plen., 3 giugno 2011, n. 10).

7. Ciò posto, nell’ordine logico va affrontata l’eccezione di parte ricorrente riferita all’inammissibilità delle eccezioni di rito formulate dal comune, fondata sul rilievo che, essendosi formato il giudicato implicito sull’ammissibilità del ricorso introduttivo – semplicemente dichiarato improcedibile – e del ricorso per motivi aggiunti, il comune avrebbe dovuto proporre appello incidentale avverso la sentenza di prime cure, oppure articolare le dedotte eccezioni con memoria ex art. 101 comma 2 c.p.a., nei termini di rito.

7.1. L’eccezione è destituita di fondamento afferendo l’interesse a ricorrere – sia sub specie di interesse iniziale, sia in ordine alla sua permanenza sino alla decisione – ad una condizione dell’azione (ex multis Cons. Stato, sez. VI, 20/06/2019, n. 4204 ; Cons. Stato Sez. V, 10 settembre 2010, n. 6549), che il giudice di appello può pertanto accertare anche d’ufficio, con la conseguenza che non si verte sulle preclusioni menzionate da parte appellante (ciò in disparte dal rilievo che alcun giudicato implicito poteva intendersi formato sulla mera pronuncia di improcedibilità del ricorso introduttivo).

La correttezza di tale conclusione è evincibile anche dall’orientamento giurisprudenziale che, sulla base dei medesimi presupposti, ritiene che il divieto del c.d. ius novorum in appello non si estenda alle eccezioni e questioni processuali e sostanziali che siano rilevabili anche d’ufficio ma, fatti salvi gli effetti del giudicato interno sulla statuizione (espressa) recata sul punto dalla sentenza di primo grado e lo speciale regime delle questioni di giurisdizione e competenza, consente la delibazione per la prima volta in appello, ad esempio, delle eccezioni di irricevibilità o di inammissibilità del ricorso per carenza di una condizione dell’azione quale l’interesse a ricorrere (Cons. Stato, sez. III, 13 gennaio 2016, n. 73; 18 dicembre 2015, n. 5762).

8. Peraltro l’eccezione di inammissibilità del ricorso in appello e comunque di improcedibilità anche del ricorso per motivi aggiunti di prime cure, fondate sull’intervenuto scioglimento dell’ente, non è fondata, potendo la parte vantare un interesse all’accertamento della illegittimità degli atti impugnati in vista della futura proposizione di un’azione risarcitoria (ex art. 73 comma 1 c.p.a.), interesse che parte appellante ha manifestato con l’atto di appello in vista della futura proposizione di un’azione risarcitoria (pag. 5 dell’atto di appello) e che comunque aveva già manifestato con memoria difensiva, nel corso del giudizio di prime cure, con riferimento al ricorso introduttivo, in quanto riferiti ad un atto e un’azione di ottemperanza da intendersi superati a seguito dell’adozione da parte del sindaco dell’atto di revoca, poi oggetto del ricorso per motivi aggiunti.

8.1. Ed invero, secondo i noti principi elaborato da Cons. Stato, Ad. Plen. n. 8 del 2022, per procedersi all’accertamento dell’illegittimità dell’atto, laddove l’annullamento dell’atto impugnato non sia più utile al ricorrente, ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., è sufficiente dichiarare di avervi interesse a fini risarcitori; non è pertanto necessario specificare i presupposti dell’eventuale domanda risarcitoria né tanto meno averla proposta nello stesso giudizio di impugnazione; la dichiarazione deve essere resa nelle forme e nei termini previsti dall’art. 73 c.p.a.; una volta manifestato l’interesse risarcitorio, il giudice deve limitarsi ad accertare se l’atto impugnato sia o meno legittimo, come avrebbe fatto in caso di permanente procedibilità dell’azione di annullamento, mentre gli è precluso pronunciarsi su una questione in ipotesi assorbente della fattispecie risarcitoria, oggetto di eventuale successiva domanda.

9. Ciò posto, può passarsi alla disamina del primo motivo di appello, con cui il sig. De Girolamo assuma l’erroneità della sentenza di prime cure che avrebbe semplicemente dichiarato l’improcedibilità del ricorso introduttivo, nonostante Egli avesse nella memoria ex art. 73 comma 1 c.p.a. affermato che “Il ricorrente ha interesse all’accoglimento sia del ricorso introduttivo che dei motivi aggiunti, a tutela della sua immagine e per ogni altro ristoro, ed anche perché si riserva di agire in separata sede per il risarcimento di tutti i danni patiti, patrimoniali e non patrimoniali (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., n. 8 del 2022)”.

Il ricorso introduttivo pertanto, in tesi di parte appellante, andava accolto a questi fini, in quanto pienamente ammissibile, posto che la nota impugnata, escludendolo dall’attività del servizio del contenzioso, gli pregiudicava l’esercizio della delega assessorile attribuitagli con il citato decreto sindacale n. 31/2020. Inoltre il ricorrente aveva agito anche con l’azione di ottemperanza, per affermare la piena autoesecutività della sentenza che aveva annullato l’atto di revoca della delega al contenzioso.

9.1. Il comune per contro con la memoria difensiva ex art. 73 comma 1 c.p.a. assume che il ricorso introduttivo di prime cure non fosse ammissibile, in quanto rivolto avverso un atto privo di valenza provvedimentale – nota a firma del segretario generale e del responsabile del settore del contezioso – che aveva escluso il carattere di autoesecutività della sentenza del Tar Puglia, sez. I, 29 aprile 2022, n. 583.

9.2. Il motivo è meritevole di accoglimento, sia quanto al profilo rescindente – mancato accertamento dell’illegittimità dell’azione amministrativa, a fronte della dichiarazione di interesse a fini risarcitori, secondo quanto già evidenziato – sia sotto il profilo di merito, dovendo al riguardo disattendersi l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo di prime cure formulata dal comune appellato, posto che il ricorrente aveva agito anche con l’azione di ottemperanza, al fine di affermare il carattere autoesecutivo della sentenza Tar Puglia, sez. I, 29 aprile 2022, n. 583 e che comunque la nota oggetto di impugnativa era elusiva del giudicato formatosi su tale sentenza, con possibilità pertanto per il giudice, di qualificare la dedotta illegittimità dell’atto impugnato, come nullità ex art. 114 comma 4 lett d) c.p.a., avuto riguardo alla prospettata elusività del giudicato addotta dalla parte.

9.3. Nel merito deve condividersi la prospettazione di parte appellante.

Ee invero con sentenza del Tar Puglia, sez. I, 29 aprile 2022, n. 583, si era annullato il decreto sindacale n. 103 del 15.2.2022 di revoca della delega assessorile al contenzioso, non solo per difetto di motivazione, ma anche per contraddittorietà, in quanto con lo stesso provvedimento di revoca della delega al “Contenzioso”, il sindaco aveva invece confermato la delega (e quindi la sua fiducia) per gli altri due servizi “Affari Generali e Personale”.

Tale contraddittorietà pertanto, secondo il primo giudice, rendeva difficilmente ipotizzabile che fosse venuto meno il rapporto fiduciario con l’assessore, posto che esso è di tipo personale e soggettivo e, come tale, non può che essere considerato nella sua integrità.

9.3.1. Sulla base di tali rilievi deve ritenersi che l’annullamento giurisdizionale del decreto di revoca in questione, nelle more dell’eventuale riesercizio del potere, avesse determinato la reviviscenza del decreto n. 31 del 06.03.2020 di conferimento della delega (anche) per il contezioso, venendo in rilievo un interesse oppositivo del ricorrente rispetto all’atto di revoca, con conseguente riviviscenza della situazione giuridica di vantaggio determinata dal decreto di conferimento.

Venendo pertanto in rilievo un interesse di tipo oppositivo, non era pertanto necessario il riesercizio del potere ad opera del comune al fine di reintegrare il ricorrente nell’esercizio delle funzioni assessorili riferite alla delega al contenzioso.

9.3.2. Ciò in disparte dal rilievo che l’atto di revoca da tutte le funzioni assessorili, oggetto poi del decreto impugnato con il ricorso per motivi aggiunti, non aveva inciso sulla posizione di vantaggio iniziale, appunto in quanto atto di revoca motivato in ragione del sopravvenuto venire meno del rapporto di fiduciarietà fra sindaco e assessore, peraltro con riguardo ad eventi successivi alla prima revoca; ciò a ulteriore dimostrazione del fatto che prima dell’adozione del nuovo atto di revoca il ricorrente doveva intendersi reinvestito nelle delega al contenzioso.

9.4. Pertanto il giudice di prime cure avrebbe dovuto, in ragione della manifestazione di interesse della parte all’accertamento dell’illegittimità dell’azione amministrativa, ex art. 34 comma 3 c.p.a., rilevare l’elusività della nota oggetto di impugnativa e comunque accertare l’inottemperanza del comune nell’esecuzione della sentenza del Tar Puglia, sez. I, 29 aprile 2022, n. 583.

10. Con il secondo motivo di appello il sig. De Girolamo contesta la decisione di prime cure nella parte in cui aveva respinto il ricorso per motivi aggiunti, sulla base del rilievo che l’ampia discrezionalità di cui gode il sindaco non potrebbe giammai trasmodare in una sorta di prerogativa arbitraria, da utilizzare all’occorrenza per “regolare i conti” con esponenti politici sgraditi, a tutto detrimento della stabilità della giunta e delle funzioni politico-amministrative attribuite a tale organo.

Pertanto non poteva ritenersi sufficiente una qualsivoglia motivazione.

Come era dato leggere nel decreto n. 116 del 2022, oggetto di impugnativa, la revoca delle deleghe da assessore era stata giustificata, in estrema sintesi dalla “…corposa corrispondenza…” posta in essere dal ricorrente e che sarebbe stata “…in contrasto con le decisioni del Sindaco…” e che avrebbe instaurato un “…insanabile rapporto conflittuale con lo stesso Sindaco…”, tale da pregiudicare il buon andamento.

Si tratterebbe, secondo l’appellante, di circostanze inesistenti nella realtà, in quanto con la corposa corrispondenza Egli, nel doveroso esercizio ex art. 78 del TUEL delle sue funzioni di assessore, aveva segnalato e cercato di correggere le opacità e le disfunzioni registrate nella gestione dei servizi comunali rientranti nell’oggetto delle deleghe ricevute, con particolare riferimento alla situazione deteriorata del servizio contenzioso. Si trattava di note dal contenuto puntuale e argomentato, aventi ad oggetto specifiche e oggettive circostanze di fatto, come, ad esempio: (I) compensi legali triplicati; (II) rimborsi spese mai sostenute; (III) disordine e ritardi nella liquidazione delle fatture; (IV) gestione disinvolta e incomprensibile nella pubblicazione degli atti di Giunta; (V) inosservanze nella protocollazione degli atti; (VI) inosservanza degli obblighi di pubblicazione ex art. 18 d.lgs. n. 33 del 2013 degli incarichi extraistituzionali ai dipendenti. Per quanto riguarda la nota prot. n. 10420 del 27.06.2022 (l’unica citata espressamente nel decreto di revoca) era una semplice richiesta di chiarimenti da Egli fatta al segretario generale.

Andava pertanto escluso che questo potesse aver causato la rottura del rapporto fiduciario o che potesse aver creato un rapporto conflittuale con il sindaco, considerato che – pure dopo la contestata nota n. 10420 del 27.06.2022 – il ricorrente aveva partecipato regolarmente alle sedute di giunta, presiedute dal sindaco, durante le quali aveva contribuito all’adozione collegiale e unanime delle deliberazioni.

10.1. Il motivo è destituito di fondamento.

10.2. Come correttamente rilevato dal primo giudice l’atto di revoca (così come di nomina) di un assessore comunale – pur nel rinnovato quadro delle autonomie territoriali tracciato dal decreto legislativo n. 267 del 2000 e dalla l. Cost. n. 3 del 2001- va configurato, secondo la richiamata giurisprudenza di questa sezione, alla stregua di atto di “alta amministrazione” anziché “politico”, considerato che lo stesso non “costituisc[e] espressione della libertà (politica) commessa dalla Costituzione ai supremi organi decisionali dello Stato per la soddisfazione di esigenze unitarie ed indivisibili a questo inerenti” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 giugno 2014, n. 3144), né risulta comunque connotato da libertà nei fini (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 luglio 2011, n. 4502; Idem, 23 gennaio 2007, n. 209, ove si pone in risalto come tale atto “non [sia] libero nella scelta dei fini, essendo sostanzialmente rivolto al miglioramento della compagine di ausilio del sindaco nell’amministrazione del comune”), risultando piuttosto ben “sottoposto alle prescrizioni di legge ed eventualmente degli statuti e dei regolamenti” (cfr. Cons. Stato, sez. I, 20 maggio 2021, n. 936; idem, sez. V, 10 luglio 2012, n. 4057).

Trattasi pertanto di un atto tipicamente espressivo della categoria degli atti di alta amministrazione, riconducibili proprio “in prevalenza [agli] atti di nomina di organi di vertice di amministrazioni ed enti pubblici”, rispetto a cui ben “sono configurabili posizioni giuridiche soggettive per la tutela delle quali è ammesso il diritto di azione” (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 28 febbraio 2023, n.2071 e 2 agosto 2017, n. 3871).

Pertanto, una volta inquadrato l’atto di revoca tra gli atti di alta amministrazione, va applicato l’orientamento giurisprudenziale, citato dal primo giudice, secondo il quale gli atti di alta amministrazione sono una species del più ampio genus degli atti amministrativi e soggiacciono pertanto al relativo regime giuridico, ivi compreso il sindacato giurisdizionale, sia pure con talune peculiarità connesse alla natura spiccatamente discrezionale degli stessi.

Infatti, venendo in rilievo un atto di alta amministrazione riferito ad un incarico fiduciario, il controllo del giudice non è della stessa ampiezza di quello esercitato in relazione ad un qualsiasi atto amministrativo, ma si appalesa meno intenso e circoscritto alla rilevazione di manifeste illogicità formali e procedurali e alla manifesta arbitrarietà (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 5 dicembre 2012, n. 6228; id. 3 aprile 2004, n. 1042).

10.2.1. La stessa motivazione dell’atto di revoca assume connotati di semplicità e il sindacato del giudice risulta complessivamente meno intenso ed incisivo (C.g.a. sez. giur. 25 marzo 2024, n. 219; Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2023, n. 207; 12 luglio 2011, n. 4502).

Nella giurisprudenza si è pertanto affermato (cfr. C.g.a. sez-. giur. 25 marzo 2024, n. 219; Cons. Stato, sez. V,19 gennaio 2017, n. 215; Id., 5 dicembre 2012, n. 6228) che la motivazione può basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrativa rimesse in via esclusiva al sindaco, e segnatamente anche su ragioni afferenti ai rapporti politici all’interno della maggioranza consiliare e sulle ripercussioni sul rapporto fiduciario che deve sempre permanere tra il capo dell’amministrazione e il singolo assessore.

La motivazione dell’atto di revoca, come chiarito anche dal Consiglio di Stato, sez. I, nel parere 13 novembre 2019, n. 2859, con richiamo anche a Cons. Stato, sez. V, 5 dicembre 2012 n. 6228, può pertanto rimandare esclusivamente a valutazioni di opportunità politica e il sindaco ha solo l’onere formale di comunicare al Consiglio comunale la decisione di revocare un assessore, visto che è soltanto quest’ultimo organo che potrebbe opporsi, con una mozione di sfiducia, all’atto di revoca.

10.3. Ciò posto, il collegio non ignora che secondo quanto dedotto da parte appellante l’ampia discrezionalità di cui gode il sindaco non può trasmodare in una sorta di prerogativa arbitraria, da utilizzare all’occorrenza per “regolare i conti” con esponenti politici sgraditi, a tutto detrimento della stabilità della giunta e delle funzioni politico-amministrative attribuite a tale organo (come indirettamente desumibile da Cons. Stato, sez. V, 19 gennaio 2017, n. 215).

10.4. Pertanto nel delicato esercizio del sindacato giurisdizionale degli atti de quibus deve aversi riguardo alla motivazione, sia pure di carattere semplice, posta alla base dell’atto di revoca, e al riscontro anche di tipo documentale posto a base di detta motivazione, al fine di accertare se la stessa sia fondata sul venire meno del rapporto fiduciario al fine di preservare l’equilibrio politico della maggioranza, ovvero se la motivazione sia meramente apparente, disvelandosi dietro di essa un esercizio arbitrario del potere di revoca.

10.4.1. Ciò posto deve ritenersi che il sindacato compiuto al riguardo dal primo giudice sia corretto.

Il provvedimento di revoca è invero motivato in ragione del venire meno del rapporto fiduciario palesato dalla corposa corrispondenza inviata dal sig. De Girolamo e dalla nota con cui Egli aveva finanche contestato la pubblicazione di talune delibere di giunta, in tesi non necessitanti di tale pubblicazione.

Al riguardo deve osservarsi come sebbene sia vero che la corposa corrispondenza era diretta solo per conoscenza al sindaco, essendo diretta al segretario generale e al responsabile del settore del contenzioso, è peraltro del pari palese che anche il segretario generale debba intendersi legato al sindaco da un rapporto fiduciario; pertanto la contestazione dell’operato del segretario generale per qualunque aspetto, anche relativamente alla pubblicazione delle delibere di giunta, a dire dell’appellane non necessitanti di tale pubblicazione, a prescindere delle intenzioni del sig. De Girolamo, seppure giustificabili, non poteva che nuocere ai rapporti all’interno della maggioranza, ed in particolare al rapporto con il sindaco, legato al rapporto fiduciario anche con il segretario generale, al di là del voto espresso dallo stesso nell’adozione delle delibere giuntali, con tutte le conseguenze che ne sarebbero potute derivare nella prosecuzione del rapporto all’interno della giunta.

Peraltro dal tenore aspro della nota di contestazione dell’appellante riferita alla pubblicazione delle delibere di giunta si evince come i rapporti con il segretario generale fossero ormai arrivati allo scontro, avuto riguardo al rilievo che detta pubblicazione, seppure a dire dal ricorrente non supportata normativamente, non si vede quali danni avrebbe potuto cagionare. I toni utilizzati peraltro evidenzia(va)no la volontà di contestazione anche ove non sostenuta da un interesse pubblico, con conseguente difficoltà di prosecuzione del rapporto non solo in sede amministrativa, ma anche in sede politica, come peraltro motivatamente dedotto nella delibera di revoca in cui si è dato atto delle difficoltà e ostacoli all’attività amministrativa, in contrasto con le decisioni del sindaco, dovendo a tal riguardo ritenersi che l’operato del segretario generale fosse condiviso dal sindaco.

10.4.2. Ben diversa pertanto è la situazione posta a base della revoca de qua rispetto a quella presa in considerazione da Cons. Stato, sez. V, 19 gennaio 2017, n. 215, richiamata da parte appellante, in cui la revoca era (immotivatamente) fondata non sull’operato dell’assessore, ma di un soggetto terzo.

11. Alla luce di tali superiori rilievi il secondo motivo di appello va respinto, con conseguente conferma della sentenza appellata nella parte in cui ha respinto il ricorso per motivi aggiunti.

12. In conclusione l’appello va accolto parzialmente, ovvero quanto al primo motivo, e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, va accolto il ricorso introduttivo di prime cure, ai soli fini dell’accertamento dell’illegittimità ex art. 34 comma 3 c.p.a., confermando per il resto la sentenza appellata, laddove ha respinto il ricorso per motivi aggiunti.

13. Stante la soccombenza reciproca le spese di lite possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente, nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso introduttivo, ai soli fini dell’accertamento dell’illegittimità ex art. 34 comma 3 c.p.a., e conferma per il resto la sentenza appellata, laddove ha respinto il ricorso per motivi aggiunti.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Alberto Urso, Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere

Diana Caminiti, Consigliere, Estensore