Beni culturali – Botteghe storiche – Tutela a livello urbanistico – Prescrizioni e vincoli – Legittimità – Fattispecie in tema di attività economiche storiche e tradizionali nella Città di Firenze – Testo integrale della sentenza
E’ legittima la disposizione che a livello urbanistico dispone limitazioni, divieti e vincoli posti a tutela delle attività svolte da botteghe storiche ubicate nei centri storici. Nella fattispecie, si trattava di una società che svolgeva l’attività di vendita al dettaglio di articoli di pelletteria, valigeria ed accessori sita nel centro di Firenze e più precisamente in Lungarno Archibusieri.
Pubblicato il 20/06/2025
- 05404/2025REG.PROV.COLL.
- 08071/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8071 del 2024, proposto da
Lucia Papini, Cecilia Papini e Società Papini Paolo di Papini L. e C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Elena Cirri e Neri Quentin, con domicilio digitale come da PEC Registri di giustizia;
contro
Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gianna Rogai e Chiara Canuti, con domicilio digitale come da PEC Registri di giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Seconda) n. 322/2024, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 marzo 2025 il Cons. Valerio Perotti e udito per le parti l’avvocato Elena Cirri; dato altresì atto che l’avvocato Gianna Rogai ha depositato domanda di passaggio in decisione senza discussione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso al Tribunale amministrativo della Toscana, il signor Papini Paolo, proprietario dell’unità immobiliare ubicata al piano terra dell’immobile sito in Lungarno Archibusieri n. 10/12R a Firenze, nella quale la Società Papini Paolo & C. s.n.c. svolgeva e tuttora svolge attività di vendita al dettaglio di articoli di pelletteria, valigeria ed accessori, impugnava il provvedimento di cui alla nota prot. 48351 del 13 febbraio 2020, con la quale si comunicava l’approvazione della “prima Lista delle Attività Economiche, Storiche e Tradizionali Fiorentine” di cui alla deliberazione della Giunta comunale n. 25 del 28 gennaio 2020, con inserimento di “Papini Pelletteria” nella “Categoria A – Eccellenze Storiche” della suddetta lista.
Il medesimo ricorrente altresì impugnava gli atti presupposti al detto provvedimento, in particolare la deliberazione della Giunta comunale n. 25 del 28 gennaio 2020, avente ad oggetto “approvazione definitiva della prima Lista delle Attività Economiche, Storiche e Tradizionali Fiorentine”, che nel respingere le osservazioni procedimentali del ricorrente disponeva l’inserimento di “Papini Pelletteria” nella “Categoria A – Eccellenze Storiche” della suddetta lista, indicando i vincoli alla trasformazione imposti sul bene immobile e sull’attività commerciale ivi svolta.
Il ricorrente rappresentava che l’edificio in questione è ubicato in zona ricompresa nel centro storico della Città di Firenze, all’interno dell’area oggetto di tutela UNESCO con la seguente motivazione: “[…] Questo eccezionale bene culturale, a buona ragione, doveva essere inserito già nelle prime liste del Patrimonio Mondiale e qualsiasi giustificazione potrebbe essere impertinente e superflua. ICOMOS vuole sottolineare il fatto che il Centro Storico di Firenze risponde ad ogni criterio stabilito dalla Convenzione. […]”.
In ragione di quanto sopra, il Comune, nell’intento di tutelare in termini conservativi gli elementi qualificanti del centro storico – e tra essi le attività commerciali di particolare pregio storico – già mediante il piano regolatore approvato nel 1993, allegava alle N.T.A. un primo Elenco degli esercizi commerciali ritenuti di particolare interesse storico, artistico e documentario; introduceva inoltre, nelle predette norme tecniche di attuazione (art. 29, comma 3 ed art. 39bis), dei vincoli di non modificazione degli arredi, delle vetrine e delle mostre per detti esercizi, nonché vincoli sulla destinazione d’uso dei locali utilizzati per l’artigianato artistico tradizionale.
In seguito, con deliberazione consiliare n. 897/214 del 20 giugno 1994 l’amministrazione disponeva, con riferimento agli esercizi di pregio oggetto delle N.T.A. al P.R.G., che fossero considerate compatibili con le relative unità immobiliari “solo le attività commerciali o artigianali ivi esistenti per l’esigenza di tutelarne l’attestata e riconosciuta storicità e tipicità. Conseguentemente è vietata ogni loro utilizzazione e il rilascio di autorizzazioni, licenze e atti di consenso in genere […] che permettano insediamenti diversi in tali unità immobiliari”.
Con Deliberazione consiliare n. 185 del 25 ottobre 1999 il Comune di Firenze istituiva quindi l’Albo degli esercizi Storici e Tradizionali, nel quale erano inserite le attività già incluse nell’Elenco allegato alle NTA al PRG, come risultanti dall’aggiornamento posto in essere con deliberazione consiliare n. 42/3 del 12 gennaio 1998, suddivise in tre categorie: esercizi storici (categoria A), tradizionali (categoria B) e tipici (categoria C).
Nell’Elenco allegato alla Deliberazione n. 42/3 del 1998 era ricompresa, nella lista degli esercizi storici, la Pelletteria Papini, in quanto “attività presente negli stessi locali dal 1896”.
Quindi, nel Regolamento urbanistico comunale approvato con deliberazione consiliare n. 25 del 2 aprile 2015 si prevedeva, all’articolo 23, comma primo delle NTA, che i negozi elencati nel Quadro conoscitivo “Elenco degli esercizi storici” costituivano “gli esercizi commerciali storici […] la cui permanenza è ritenuta elemento qualificante per la città”; altresì stabilendo, al comma 1.1, che “gli esercizi storici di somministrazione specificamente individuati nella tavola “Disciplina del suolo e degli insediamenti” sono considerati elementi di identità e riconoscibilità del particolare contesto in cui storicamente si sono collocati e che pertanto tali esercizi sono sottoposti, in forza dell’art. 42bis del Codice del commercio (l.r. n. 28/2005 e s.m. e i. – n.d.r.), al divieto di mutare la destinazione d’uso funzionale di somministrazione se non previa deliberazione del Consiglio Comunale che accerti l’avvenuta decadenza delle condizioni ambientali che ne hanno determinato la tutela; solo a seguito di tale atto le unità immobiliari possono essere destinate ad un’attività commerciale diversa dalla funzione di somministrazione”.
Infine, con deliberazione consiliare n. 29 del 25 giugno 2018, il Comune di Firenze approvava il “Regolamento per la tutela e la valorizzazione delle attività economiche storiche e tradizionali fiorentine”, che all’art. 1, comma 3 stabiliva che “Obiettivo del presente regolamento è quello di stabilire criteri per selezionare le attività economiche operanti sia in sede fissa che su suolo pubblico, che costituiscono eccellenze, storiche e tradizionali del tessuto produttivo fiorentino, ai sensi dell’art. 52, comma 1bis, del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”), individuandone gli elementi caratterizzanti e di pregio, e di stabilire altresì strumenti che ne favoriscano la tutela, la valorizzazione e la promozione”.
Prevedeva inoltre la formazione di una «Lista delle Attività Economiche Storiche e Tradizionali Fiorentine», che avrebbe dovuto sostituire integralmente sia l’Elenco Esercizi Storici allegato al regolamento Urbanistico comunale, sia l’Albo degli Esercizi Storici e Tradizionali del Comune di Firenze (art. 1, comma 7).
Secondo l’art. 2 del predetto Regolamento, la “Lista” in questione è formata dalle attività che presentano i requisiti descritti al successivo art. 3 e, in sede di prima applicazione, “sarà composta attingendo dall’Elenco degli esercizi Storici” allegato al regolamento urbanistico e “dal più generale Albo degli esercizi Storici e Tradizionali, di cui al regolamento per l’Albo degli esercizi Storici e Tradizionali del Comune di Firenze”, istituito con deliberazione consiliare n. 185 del 1999, ove siano presenti i requisiti di cui al detto art. 3; la stessa, approvata dalla Giunta comunale (art. 2, comma 5), sarebbe stata periodicamente aggiornata dalla Giunta medesima (art. 4 comma 2), che avrebbe dovuto inserirvi sia le nuove attività che chiedano di esservi iscritte, sia quelle che, pur in difetto di domanda, presentino comunque i requisiti per l’inclusione.
Competente a deliberare sulla cancellazione dalla “Lista” di quelle attività che ne facciano richiesta, in quanto motivatamente impossibilitate a rispettare i vincoli indicati dall’art. 7 comma 3, è invece il Consiglio comunale.
Ai sensi dell’art. 2, comma 3 del Regolamento, nella “Lista” sono previste tre categorie di attività: Categoria A “Eccellenze storiche”; Categoria B “Attività tradizionali” e Categoria C “Ambulanti storici”: quanto alle prime, i requisiti di inclusione sono previsti dall’art. 3, comma 2, lettera c).
Dall’inserimento in “Lista” discendono i vincoli previsti dall’art. 7 (Vincoli alla trasformazione e monitoraggi), a mente del quale (comma primo) è fatto divieto di trasformare le attività censite tra le “Eccellenze storiche limitatamente alle caratteristiche oggetto di salvaguardia, indicate specificamente per ciascun esercizio in sede di approvazione o aggiornamento della Lista da parte della Giunta Comunale”; in caso poi di cessione di un’attività inserita nella “Lista”, “gli specifici vincoli di tutela che ne vietano la trasformazione resteranno in essere e dovranno essere rispettati anche dai nuovi titolari/gestori” (art. 7, comma 2), mentre per l’ipotesi di cessazione dell’attività “il proprietario dell’immobile dovrà individuare quale affittuario, o a qualsiasi titolo utilizzatore del fondo, una nuova impresa che svolga attività similare a quella cessata e dimostri di rispettare gli eventuali vincoli imposti in fase di inserimento dell’impresa nella Lista”.
Con deliberazione di Giunta comunale n. 41 del 5 febbraio 2019, recante “approvazione in via
provvisoria della nuova Lista delle Attività Economiche Storiche e Tradizionali fiorentine”, una prima “Lista” veniva approvata in via provvisoria, con la precisazione che tutte le attività inserite (ancorché provvisoriamente) nella Categoria A – Eccellenze Storiche non avrebbero potuto apportare modifiche di alcun tipo alla propria attività, pena l’assoggettamento alle sanzioni di Regolamento, fino alla definitiva approvazione della “Lista” da parte della Giunta.
All’esito delle vicende così riassunte, la Pelletteria Papini veniva inserita nella categoria A della “Lista” provvisoria; peraltro, siccome erano allora in corso trattative con terzi per cedere l’attività commerciale, il legale rappresentante della stessa rappresentava all’amministrazione l’impossibilità di riuscire a rispettare i vincoli di tutela, chiedendo per l’effetto la definitiva cancellazione dalla suddetta “Lista”.
Con successiva nota prot. 48351 del 13 febbraio 2020, il Comune di Firenze (che nel frattempo aveva approvato la “Lista” definitiva), respingeva però l’istanza, sul presupposto che la stessa fosse “priva di elementi sufficienti per avviare l’iter previsto dagli artt. 8 e 9 del Regolamento per la Tutela e la Valorizzazione delle Attività Economiche Storiche e Tradizionali Fiorentine. Resta fermo che i titolari delle attività e i proprietari dei fondi potranno, a seguito dell’approvazione definitiva della lista, avviare un dialogo con l’Amministrazione nonché l’iter previsto dagli artt. 8 e 9 del Regolamento, per la richiesta di trasformazione e/o cancellazione dell’attività”.
Avverso tale provvedimento, unitamente agli atti da questo presupposti, i ricorrenti articolavano due autonomi motivi di censura.
Costituitosi in giudizio, il Comune di Firenze concludeva per la reiezione del gravame, in quanto infondato.
Con sentenza 20 marzo 2024, n. 322, il giudice adito in parte respingeva il ricorso, in parte lo dichiarava inammissibile.
Avverso tale decisione le sigg.re Lucia e Cecilia Papini, nel frattempo succedute iure hereditario al ricorrente originario, interponevano appello, deducendo i seguenti motivi di impugnazione:
1) Violazione e/o falsa applicazione di legge nonché erronea, insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia e in particolare riguardo alla dedotta “Violazione e falsa applicazione del diritto di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost. e del diritto di proprietà privata di cui all’art. 42 Cost. Violazione delle norme e dei principi fondamentali vigenti nell’ordinamento sul libero esercizio dell’attività commerciale. Violazione e falsa applicazione dell’art. 52, comma 1 – bis del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42. Violazione e falsa applicazione dei principi di buon andamento dell’attività amministrativa di cui all’art. 97 Cost. nonché di proporzionalità ed adeguatezza. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della carenza dei presupposti, del difetto di istruttoria e della irragionevolezza; sviamento”.
2) Violazione e/o falsa applicazione di legge nonché erronea, insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia e in particolare riguardo alla dedotta “Violazione e falsa applicazione degli artt. 42, 48 e 107 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 e degli artt. 15 e 31 dello statuto del Comune di Firenze. Incompetenza. Eccesso di potere per contraddittorietà e sviamento; carenza di potere”.
Si costituiva in giudizio il Comune di Firenze, insistendo per la reiezione dell’appello, in quanto infondato.
Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 27 marzo 2025 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con il primo motivo di appello si contesta la decisione del primo giudice di considerare legittimi (in quanto conformi al principio di proporzionalità rispetto ai contrapposti interessi di cui è portatrice l’amministrazione comunale) i “vincoli alla trasformazione” imposti dal Comune di Firenze sull’unità immobiliare e sull’attività commerciale di parte ricorrente in conseguenza della loro iscrizione nella Categoria A – “Eccellenze Storiche” della “Lista delle Attività Economiche, Storiche e Tradizionali Fiorentine”, ritenendo sussistenti, ai sensi dell’art. 3 comma c) del “Regolamento per la tutela e valorizzazione della attività economiche storiche e tradizionali fiorentine”, i seguenti presupposti qualificanti:
– “localizzazione all’interno di un edificio di pregio storico/architettonico;
– “continuità storica documentata dell’attività o della funzione;
– “vetrina storica e/o di pregio per il fronte stradale;
– “insegna storica e/o di pregio;
– “arredi fissi, pavimentazioni, soffitto e/o infissi storici e/o di pregio”.
Ad avviso delle appellanti, non sarebbe innanzitutto corretto ricondurre nel contesto dell’art. 9 Cost. l’interesse (ancorché pubblicistico) perseguito dal Comune, quest’ultimo non potendosi ricomprendere, in particolare, nell’interesse pubblico di natura culturale e paesaggistica ivi contemplato: un vincolo di destinazione d’uso del bene immobile (circoscritto ad una specifica vocazione merceologica) del tipo di quello contestato, infatti, in tanto potrebbe essere ricondotto alla previsione di tutela di cui all’art. 9 Cost. in quanto riconducibile al corretto esercizio del potere “di vincolo di particolare interesse storico ed artistico emanato ai sensi dell’art. 1 l. 1 giugno 1939 n. 14 1089 (rilevante pregio artistico) o dell’art. 2 l. cit. (collegamento con la storia della cultura)”, presupposto peraltro non sussistente nel caso di specie.
Di qui l’illegittimità della sentenza del TAR anche per la parte in cui ritiene che il Comune abbia operato in piena consonanza con il criterio di proporzionalità tra i contrapposti interessi: da un lato l’interesse del Comune (asseritamente) riconducibile alla tutela culturale e del paesaggio di cui all’art. 9 della Costituzione, dall’altro gli interessi dei soggetti privati ex artt. 41 e 42 Cost.
Né i suddetti vincoli potrebbero trovare legittimazione nell’art. 52 del d.lgs. n. 42 del 2004, atteso che le “forme di promozione e salvaguardia” dei locali ivi contemplate comunque presupporrebbero il “rispetto della libertà di iniziativa economica di cui all’articolo 41 della Costituzione”.
Neppure l’art. 1 del d.lgs. n. 222 del 2016 potrebbe prestarsi allo scopo, dal momento che ai sensi di tale norma “il comune, d’intesa con la regione, sentito il competente soprintendente del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo” potrebbe solamente adottare deliberazioni volte a vietare, in aree aventi particolare valore storico, artistico e paesaggistico, l’esercizio di una o più attività commerciali, in quanto non compatibili con le esigenze di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.
Più in generale, le appellanti contestano la stessa ricostruzione normativa contenuta nei parr. 2.1ss. della sentenza impugnata, rilevando che il Piano regolatore generale di Firenze del 1993 non prevedeva alcun vincolo sulla destinazione d’uso dei locali utilizzati per l’artigianato artistico tradizionale, laddove l’art. 27 (“Negozi di interesse storico, artistico e documentario”) delle NTA del detto Piano, se da un lato disponeva che “I negozi di interesse storico, artistico e documentario, elencati all’allegato n° 2 delle presenti norme, costituiscono patrimonio tipico della città di Firenze. In detti locali non è ammessa la modificazione degli arredi, delle vetrine e delle mostre”, pur tuttavia consentiva “la modificazione della destinazione d’uso purché compatibile con arredi, vetrine e mostre”.
Ancora, la deliberazione del Consiglio Comunale n. 1317/185 del 25 ottobre 1999 non imponeva alcun vincolo sulla destinazione d’uso dei locali e per le attività artigianali negli esercizi indicati nell’Albo, ma sanciva l’adesione volontaria all’Albo (art. 2, comma primo) e la possibilità per il titolare dell’impresa aderente di “comunicare la volontà di recedere dall’Albo, per qualsiasi motivo ed in ogni momento”.
Infine, il Regolamento urbanistico comunale, approvato con deliberazione 2015/C/00025, disciplina all’art. 23 delle NTA la “tutela di alcuni usi e attività” ed impone un vincolo di destinazione alla conservazione dell’uso in essere solo per “gli esercizi storici di somministrazione”, non anche un vincolo di destinazione dei locali all’uso dell’attività artigianale ivi esercitata.
Sotto diverso ma complementare profilo, obiettano altresì le appellanti che la disciplina data dagli artt. 8 e 9 del Regolamento per le ipotesi di richiesta di trasformazione e/o cancellazione dell’attività dalla “Lista”, oltre ad avere un chiaro carattere di eccezionalità, si caratterizzerebbe per una complessità tale da gravemente compromettere l’effettività delle previste ipotesi di revisione della classificazione vincolistica, così esorbitando dai canoni di proporzionalità e ragionevolezza cui deve essere improntato l’operato dell’amministrazione, anche ai sensi dell’art. 97 Cost.
Né potrebbe sostenersi, come fa il primo giudice, che per l’art. 10 d.lgs. n. 42 del 2004 l’oggetto di tutela sarebbe rilevante sotto un profilo statico e sulla base della sua mera esistenza, a prescindere dall’utilizzo: piuttosto, un vincolo specifico di destinazione d’uso di un bene immobile circoscritto alla vocazione merceologica in essere sarebbe legittimo solo se riconducibile alla fattispecie ed al corretto esercizio del potere di vincolo di particolare interesse storico ed artistico emanato ai sensi dell’art. 1 l. 1 giugno 1939 n. 1089 (rilevante pregio artistico) o dell’art. 2 della medesima legge (collegamento con la storia della cultura), ovvero degli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 42 del 2004, ipotesi che nel caso di specie non ricorrono.
Il motivo non può essere accolto.
Va preliminarmente ricordato, come del resto evidenzia la resistente amministrazione, che l’unicità storico-culturale del Centro storico della Città di Firenze, declinata nelle sue diverse componenti, ne ha determinato, sin dal 1982, l’inserimento nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco; in particolare, per quanto rileva ai fini dell’odierno contenzioso, ancora nel 2014 il World Heritage Committee dell’Unesco ha riconosciuto che “l’unicità dell’artigianato fiorentino e i negozi tradizionali del Centro Storico sono una testimonianza concreta del passato locale. In questo modo, essi garantiscono la continuità̀ di una tradizione eccezionale, in grado di perpetuare l’immagine storica della città”.
Come evidenziato, da ultimo, da Cons. Stato, V, 7 gennaio 2025, n. 86, il centro storico della città di Firenze costituisce infatti un valore inestimabile unico al mondo per i molteplici aspetti artistico, storico e architettonico, cui corrisponde una delicata fragilità, atteso che la massiccia presenza turistica in tutte le ore del giorno e della notte può comportare, per i rilevantissimi interessi economici che è in grado di sollecitare ed in assenza di una idonea regolamentazione, un degrado tale da rilevarsi di estremo pericolo proprio per quei valori che fanno del centro storico di Firenze un esempio unico al mondo. Ciò, anche in considerazione dell’ambito territoriale ridotto, che è dovere, prima che volontà dell’amministrazione comunale, tutelare.
In presenza del progressivo aumento di attività legate alla presenza turistica e a contingenti opportunità commerciali, spesso in contrasto (sia per le loro caratteristiche intrinseche che per le modalità di svolgimento) con i valori dell’ambiente di enorme pregio in cui si inseriscono, il comune di Firenze ha adottato diverse misure di tutela per contenere il graduale degrado del Centro Storico.
Con la deliberazione 18 gennaio 2016, n.4, il Consiglio Comunale di Firenze, intendendo dare una risposta concreta e organica alle esigenze emerse, ha approvato il Regolamento recante “Misure per la tutela e il decoro del patrimonio culturale del Centro Storico” (cd. Regolamento UNESCO), mediante il contemperamento degli interessi dei singoli operatori commerciali con quello comune alla conservazione di un unicum di assoluto valore storico-artistico-architettonico.
Per quanto riguarda l’attività di commercio e somministrazione di alimenti, il Regolamento approvato nel gennaio 2016 prevedeva il divieto di insediamento di nuove attività o di ampliamento di quelle Esistenti. In coerenza con tale decisione, la Giunta provvedeva, altresì, ad aggiornare il Piano di Gestione del Centro Storico (Area UNESCO) con deliberazione del 19 gennaio 2016, mediante l’individuazione di uno specifico progetto avente fra gli obbiettivi il rafforzamento delle norme riguardanti la tutela commerciale del Centro Storico.
L’amministrazione ha, poi, ritenuto opportuno rivedere la disciplina introdotta: il 2 marzo 2017 si svolgeva un primo incontro con il Soprintendente BB.AA.CC. di Firenze, a cui seguivano incontri con gli uffici regionali che portavano alla redazione dello schema di un protocollo d’intesa fra il Comune e la Giunta regionale, approvato con le deliberazioni delle rispettive Giunte e infine sottoscritto il 31 marzo 2017.
Infine, il Consiglio comunale, nella seduta del 27 aprile 2017, adottava la deliberazione n. 27 con cui – riassunti gli atti intercorsi e l’attività di approfondimento svolta – approvava alcune modifiche al Regolamento del 2016, per salvaguardare e valorizzare maggiormente il centro storico della città di Firenze.
Regolamento analogo e ispirato alla medesima ratio è quello di tutela del Centro UNESCO adottato di recente dal Consiglio comunale con la delibera n. 20/2023.
Le limitazioni di cui ai provvedimenti oggetto di esame con il presente appello si inseriscono dunque, del tutto legittimamente e in perfetta coerenza, in un quadro di più ampio respiro finalizzato alla tutela del Centro UNESCO.
Sulla scorta di tali premesse, va confermato l’orientamento più volte espresso da questa Sezione (ex multis, Cons. Stato, V, 16 aprile 2014, n. 1860; 27 maggio 2014, n. 2746), secondo cui la disciplina comunitaria della liberalizzazione delle attività commerciali non può essere intesa in senso assoluto come primazia del diritto di stabilimento delle imprese ad esercitare sempre e comunque l’attività economica, dovendo, anche tale libertà economica, confrontarsi con il potere, demandato alla pubblica amministrazione, di pianificazione urbanistica degli insediamenti, ivi compresi quelli produttivi e commerciali (in termini anche Cons. Stato, IV, 24 maggio 2019, n. 3419; 4 maggio 2017, n. 2026; 7 novembre 2014, n. 5494).
In quest’ottica, Cons. Stato, V, 13 febbraio 2017, n. 603 (e, più di recente, Cons. Stato, V, 28 novembre 2024, n. 9558) ha ribadito l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui il processo interno di liberalizzazione delle attività economiche perseguito attraverso le disposizioni di legge di recepimento della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (c.d. “Direttiva Bolkestein”), sebbene muova “nella direzione di un più ampio riconoscimento del diritto di iniziativa economica e della contestuale riduzione dei possibili limiti al suo esercizio, nondimeno legittima tuttora la previsione di limiti in funzione del perseguimento di ulteriori e diverse finalità di interesse generale, imponendo che le contrapposte esigenze siano bilanciate secondo i limiti della proporzionalità, della ragionevolezza e del minimo mezzo (da ultimo in questo senso, Cons. Stato, V, 17 novembre 2016, n. 4794, 13 settembre 2016, n. 3857, 22 ottobre 2015 n. 4856; cfr .anche Corte cost., 19 dicembre 2012, n. 291, 20 luglio 2012, n. 200)”.
Sempre in merito al tema che qui interessa, la citata pronuncia della Sezione n. 9558 del 2024 ricorda che “L’area del centro storico fiorentino è dunque assoggettata, quanto alla presenza di attività commerciali, all’art. 52 del […] d.lgs. n. 42/2004, che disciplina l’“Esercizio del commercio in aree di valore culturale e nei locali storici tradizionali”, e al primo comma prevede che: “Con le deliberazioni previste dalla normativa in materia di riforma della disciplina relativa al settore del commercio, i Comuni, sentito il soprintendente, individuano le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l’esercizio del commercio”.
In attuazione di quest’ultima disposizione normativa, il Comune di Firenze, previo accordo con la competente Soprintendenza dei Beni culturali, ha emanato il “Regolamento per la tutela e il decoro del patrimonio culturale del Centro Storico” (c.d. Regolamento UNESCO), di cui alla Deliberazione di Consiglio Comunale n.10 del 4 maggio 2020, in seguito modificato con successiva DCC n. 23/2023. Ai sensi dell’art. 1 di detto Regolamento, il Comune di Firenze ha inteso tutelare l’area del “Centro Storico di Firenze quale Patrimonio Mondiale UNESCO, area di particolare pregio ed interesse storico, artistico, architettonico e ambientale della città, attraverso una generale lotta al degrado contro quegli elementi e quei comportamenti che portano alla lesione di interessi generali, quali la salute pubblica, la civile convivenza, il decoro urbano, il paesaggio urbano storico, l’identità culturale e storico-architettonica del centro della città, anche in coerenza con i programmi di viabilità urbana, con le limitazioni o interdizioni del traffico veicolare e la prevenzione dell’inquinamento sia atmosferico che acustico”.
Ciò in quanto questo Consiglio ha da tempo chiarito che: “la disciplina comunitaria della liberalizzazione non può essere intesa in senso assoluto come primazia del diritto di stabilimento delle imprese ad esercitare sempre e comunque l’attività economica, dovendo, anche tale libertà economica, confrontarsi con il potere, demandato alla pubblica amministrazione, di pianificazione urbanistica degli insediamenti, ivi compresi quelli produttivi e commerciali” (cfr. anche Cons. Stato, IV, 24 maggio 2019, n. 3419).
Sulla base di tali premesse, deve concludersi che – non ostandovi la normativa vigente, né in particolare la richiamata disciplina eurounitaria, ben poteva il Comune di Firenze, nell’ambito della pianificazione urbanistica, porre dei limiti agli insediamenti di vecchi e nuovi esercizi commerciali, al fine di garantire un corretto insediamento delle strutture di vendita nell’ambiente urbano.
Stante la natura – in primis conformativa – di tali vincoli (proprio perché strumentale alla definizione dell’assetto urbanistico del territorio comunale), gli stessi non possono a priori essere circoscritti a formali divieti (in negativo) di installare determinate tipologie di attività commerciali – come sostenuto dalle appellanti – venendo piuttosto a ricomprendere anche eventuali prescrizioni volte comunque ad assicurare (in positivo) la salvaguardia di determinare attività o esercizi già esistenti, ritenuti meritevoli di tutela in ragione di precisi (e predeterminati) criteri selettivi.
Le prescrizioni contenute nel piano di governo del territorio, dovendo assicurare un ordinato assetto di quest’ultimo, ben possono pertanto porre limiti agli insediamenti di esercizi commerciali, sia nel senso di impedirne l’apertura, sia nel senso – come nel caso in esame – di circoscriverne e qualificarne la tipologia, impedendo (o strettamente limitando) il mutamento di destinazione di determinate attività già in essere (id est, imponendo vincoli d’uso limitato).
Con il secondo motivo di appello viene invece contestata la pronuncia del TAR di inammissibilità del secondo motivo di ricorso introduttivo, per non aver parte ricorrente dimostrato l’esistenza di un “interesse attuale e concreto all’impugnazione delle disposizioni procedimentali di cui agli artt. 7, 8 e 9 del Regolamento (con riferimento, in particolare, alla cadenza semestrale delle determinazioni del Consiglio comunale e alla ritenuta incompetenza di tale ultimo organo a decidere sulle istanze di modifica e cancellazione dei privati)”, non avendo la stessa “presentato una domanda di trasformazione ex art. 8 o di cancellazione ai sensi dell’art. 9, respinta dall’Amministrazione comunale”.
Neppure avrebbe potuto rilevare, a tal fine, la richiesta di cancellazione formulata dal sig. Paolo Papini nelle osservazioni presentate ai sensi dell’art. 2 del Regolamento, dal momento che all’epoca dei fatti la lista dalla quale la pelletteria chiedeva di essere cancellata non era ancora stata formata in via definitiva, essendo ancora vigente la lista provvisoria di cui alla deliberazione di Giunta comunale n.41 del 2019, che nelle more si limitava a “cristallizzare” la situazione dei negozi storici fino alla conclusione del procedimento.
Rilevava il primo giudice come, una volta conclusosi il relativo iter con approvazione della Lista definitiva, nessuna istanza in tal senso veniva peraltro (più) proposta dall’esercizio commerciale in questione.
Deducono le appellanti, per contro, l’immediata lesività dei predetti artt. 8 e 9 del Regolamento approvato con deliberazione consiliare n. 29 del 2018, per la parte in cui disciplinano rispettivamente la “richiesta di trasformazione di un’attività storica vincolata” e le “modalità di cancellazione dalla Lista”, con conseguente sussistenza, in re ipsa, dell’interesse alla loro eliminazione.
Neppure questo motivo è fondato.
Premessa la portata di carattere generale delle disposizioni regolamentari in questione, va ribadito il principio, consolidato in giurisprudenza, per cui ai fini della sussistenza, o meno, dell’interesse ad impugnare in via diretta un regolamento o un atto amministrativo a contenuto generale, occorre avere riguardo alla sua immediata concreta lesività, con riferimento all’entità e alle modalità dell’incidenza reale e non meramente ipotetica dell’atto sulla sfera giuridica del ricorrente.
Nel caso di specie le appellanti non deducono in realtà alcun interesse – diretto ed attuale – all’eliminazione delle norme impugnate, limitandosi ad affermarne la natura di “parte integrante e sostanziale dell’intero articolato normativo di cui al Regolamento […] approvato con deliberazione C.C. n. 29/2018”, laddove “il regime vincolistico di cui al contestato Regolamento si pone in palese violazione degli artt. 41, 42 e 97 della Costituzione e dei principi di proporzionalità ed adeguatezza anche perché propone agli artt. 8 e 9 una disciplina chiaramente improntata ad una “eccezionalità” e ad una complessità, anche procedimentale, che compromette gravemente l’effettività delle previste ipotesi di revisione e cancellazione dalla classificazione vincolistica”.
Nulla però deducono in ordine al concreto pregiudizio che deriverebbe loro dalla semplice vigenza delle disposizioni in questione, né danno atto, in ipotesi, di aver tentato infruttuosamente di ottenere una modifica dello status quo aziendale obiettivamente incompatibile con la disciplina vincolistica di cui trattasi.
Alla luce dei rilievi che precedono, l’appello va dunque respinto. Le spese del grado di giudizio possono essere interamente compensate tra le parti, attesa la particolarità delle questioni dedotte.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2025 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Alessandro Maggio, Consigliere
Valerio Perotti, Consigliere, Estensore
Marina Perrelli, Consigliere
Gianluca Rovelli, Consigliere